Contenzioso immobiliare: l'utilizzo dell’intelligenza artificiale nella soluzione di casi pratici

28 Maggio 2025

Il presente approfondimento operativo analizza i provvedimenti giurisprudenziali con l'utilizzo dell'intelligenza artificiale applicata al caso pratico, integrato con il ragionamento del professionista. Un nuovo approccio di elaborazione ed interpretazione della giurisprudenza con gli strumenti innovativi dell'IA, coordinato con l'esperienza dei professionisti del settore immobiliare. Oggetto del presente contenzioso è “la rimozione della tettoia in violazione delle distanze rispetto ai balconi dell'edificio”. 

L'approccio sistematico

Lo scopo della presente trattazione è quella di fornire agli utenti un primo approccio della soluzione di un caso pratico con l'integrazione dell'intelligenza artificiale (d'ora in poi, breviter, solo IA). L'obbiettivo di questa sperimentazione rappresenta un esempio di come l'IA, se ben integrata con l'esperienza e la supervisione di un professionista, possa contribuire in modo efficace all'approfondimento della materia, evitando, al contempo, il rischio di derive formalistiche o riduttive nell'applicazione del diritto.

Attualmente, molte società hanno introdotto sul mercato diversi applicativi di IA e, tra questi, spicca il nuovo Sapient-IA di Lefebvre  Giuffrè, il nuovo sistema di intelligenza artificiale nato per supportare i professionisti e le aziende fornendo soluzioni concrete e mirate attraverso diverse funzionalità.

Il caso pratico

Nella vicenda in esame (Trib. Caltagirone 13 maggio 2025), i condomini sostenevano che sin dalla nascita del condominio utilizzavano lo spiazzo con ingresso di pertinenza dei locali commerciali, per il passaggio pedonale e per brevi soste con qualsiasi mezzo. A seguito della locazione dei predetti locali commerciali (attività di ristorazione), la ditta conduttrice aveva realizzato, nello spiazzo in oggetto, una tettoia interclusa da ingombranti e pesanti fioriere che impedivano ai condomini sia il transito pedonale, sia la breve sosta con qualsiasi mezzo. La tettoia era stata fissata alla facciata del palazzo, senza autorizzazione dei condomini, ad una distanza di “pochi centimetri dai balconi del primo piano” e, quindi, in violazione delle distanze legali. Per le ragioni esposte, i ricorrenti condomini adivano l'autorità giudiziaria lamentando di essere stati spogliati, con un atto violento, del possesso del passaggio sul citato spiazzo, non avendo più la possibilità di raggiungere a piedi i loro appartamenti, nonché la servitù di veduta pregiudicata dall'apposizione della tettoia.

Dunque, la questione sollevate dai ricorrenti erano sostanzialmente due: l'azione di reintegrazione nel possesso con riguardo al dedotto spoglio del possesso della servitù di passaggio sullo spiazzo; l'azione di manutenzione con riguardo alla lamentata lesione del diritto di veduta, cagionata dalla apposizione della tettoia in violazione delle distanze legali.

La questione giuridica

In quali casi la realizzazione di una struttura fissa in ambito condominiale può essere legittimamente contrastata in sede possessoria, in particolare mediante le azioni di reintegrazione o manutenzione?

Il ragionamento del magistrato

Quanto alla domanda di reintegrazione, a seguito dell'istruttoria, non era emerso che, prima del presunto spoglio, i ricorrenti avessero esercitato il passaggio sull'area in questione, in modo continuativo, pacifico e non interrotto. Infatti - come sottolineato dal giudice - colui che assume di aver subìto una molestia possessoria, onde conseguire la predetta tutela, deve fornire la prova, sia pure presuntiva ma non per questo meno rigorosa, del concreto esercizio del potere di fatto di cui lamenta l'avvenuta privazione; ovvero, la prova del possesso ultrannuale, continuativo, non interrotto ed acquisito in modo non violento e clandestino, esercitato con riguardo al bene oggetto della denunciata condotta di turbativa. In tema, come precisato in giurisprudenza, ciò che rileva ai fini della reintegrazione nel possesso di una servitù di passaggio, non è un possesso che abbia i requisiti occorrenti per l'usucapione, essendo sufficiente la prova del durevole e pacifico utilizzo del passaggio in epoca prossima a quella dello spoglio, dal quale è consentito presumere l'utilizzo nel momento dello spoglio stesso ed, altresì, che il transito fosse effettuato nella qualità di possessore di un fondo cui si accede mediante quello attraversato (Cass. civ., sez. II, 17 febbraio 2012, n. 2367). Quindi, in assenza dei presupposti, la domanda di reintegrazione è stata rigettata.

La seconda azione (manutenzione del possesso), invece, è stata accolta. Difatti, le violazioni delle distanze legali tra costruzioni, così come qualsiasi atto posto in essere dal vicino, idoneo a determinare situazioni di fatto corrispondenti all'esercizio di servitù, sono denunciabili ex art. 1170 c.c. con l'azione di manutenzione nel possesso, costituendo “attentati alla libertà del fondo di fatto gravato” e, pertanto, turbative nell'esercizio del relativo possesso (Cass. civ., sez. II, 23 gennaio 1995, n. 724). Ai fini del rispetto della distanza in parola, deve intendersi qualsiasi opera, di qualsiasi natura, che si elevi stabilmente dal suolo e che ostacoli l'esercizio della veduta, intesa come possibilità sia di inspectio che di prospectio (Cass. civ., sez. II, 6 settembre 2005, n. 17802).

Premesso ciò, nella vicenda in esame, risultava provato che il possessore dell'immobile de quo aveva manifestato il proprio dissenso all'apposizione della tettoia, tramite la produzione della lettera di diffida. Era dunque, incontestabile la violazione del precedente possesso, esercitato in conformità al diritto di veduta. Inoltre, la domanda di manutenzione nel possesso era fondata alla luce dell'istruzione sommaria espletata: dall'esame delle fotografie era possibile apprezzare ictu oculi la violazione delle distanze tra il balcone e la tettoia realizzata con struttura fissa e rigida.

L'utilizzo dell'IA

Dopo aver sottoposto il provvedimento all'IA, con prompt ben definiti sulla problematica del caso in esame, l'IA ha fornito il suo ragionamento con aspetti obbiettivi e critici.

Nell'analisi del documento, l'IA identifica l'oggetto principale come una controversia possessoria, articolata in due distinte pretese: il ripristino del possesso di una servitù di passaggio su un'area comune; la cessazione di una turbativa al possesso di una servitù di veduta. L'intelligenza artificiale considera fondamentale il bilanciamento tra le esigenze commerciali e la tutela possessoria dei condomini, ritenendo essenziale che il giudice verifichi le prove della continuità del possesso, evitando di attribuire servitù inesistenti solo sulla base di usi sporadici. Oltre a ciò, l'IA effettua le seguenti considerazioni.

Sintesi del ragionamento

Opera una distinzione funzionale tra le due domande proposte dai ricorrenti: da un lato l'azione di reintegrazione nel possesso, fondata sull'allegato spoglio della servitù di passaggio; dall'altro l'azione di manutenzione, relativa alla turbativa del diritto di veduta per violazione delle distanze legali. Il ragionamento dell'IA si è sviluppato attraverso una lettura sistematica delle norme civilistiche e dei precedenti giurisprudenziali, che le hanno consentito di ricostruire le condizioni delle due azioni possessorie.

La valorizzazione degli aspetti di causa

Elabora con attenzione i nessi logico-temporali tra i fatti allegati e gli atti compiuti dalla controparte, cercando di ricostruire un filo cronologico coerente. In particolare, l'IA tiene conto della prova dell'esercizio continuativo del passaggio, come elemento imprescindibile per fondare il possesso tutelabile ex art. 1168 c.c. (escluso nella vicenda); della documentazione fotografica, utilizzata per accertare ictu oculi l'ingombro fisico e visivo della tettoia, in funzione dell'art. 1170 c.c. Infine, della mancata opposizione dell'autore della turbativa alla diffida, quale indice del carattere volontario della condotta lesiva, rilevante ai fini dell'animus turbandi (contumace nella vicenda).

L'interpretazione della decisione del giudice

Interpreta correttamente la ratio della decisione giudiziaria. In particolare, ha colto la centralità dell'onere probatorio per l'azione di reintegrazione e, soprattutto, la sufficienza del dato oggettivo-fotografico e della diffida stragiudiziale per ritenere integrata la turbativa alla servitù di veduta, accogliendo quindi la relativa domanda. L'IA ha quindi riconosciuto che il giudice si è mosso lungo una linea giurisprudenziale consolidata, senza deviazioni né innovazioni sostanziali, applicando correttamente i principi in materia di azioni possessorie.

L'ammissione delle difficoltà interpretative

Ammette di incontrare difficoltà nell'identificazione del possesso qualificato in ambito condominiale, dove la linea tra uso comune e possesso esclusivo è labile. Invero, una difficoltà tipica nei casi come questo riguarda la coesistenza di pretesa possessoria (reintegrazione o manutenzione) e eventuale diritto reale sottostante (servitù legittima). L'IA tende a ragionare in modo “pulito”, per compartimenti stagni, mentre il giudice deve spesso gestire: i titoli che rilevano solo indirettamente nel giudizio possessorio; gli eventuali fatti interruttivi, come la tolleranza o la rinuncia implicita. L'IA fatica a navigare questo terreno, dove il diritto formale si intreccia con prassi mutevoli e con la percezione soggettiva dei soggetti coinvolti.

Possibili suggerimenti e considerazioni

Suggerisce di effettuare una “valutazione preventiva” sulla natura della lesione, orientando la scelta tra: reintegrazione (art. 1168 c.c.), se c'è stato spoglio violento, attuale e riferibile a un possesso certo; manutenzione (art. 1170 c.c.), se la turbativa è progressiva, persistente o legata a violazioni edilizie (esempio, distanze legali).

Le considerazioni del professionista

Una delle maggiori difficoltà dell'IA è stata quella di distinguere, nel quadro dei rapporti condominiali, tra uso tollerato di uno spazio (come accade frequentemente nelle aree comuni occupate da attività commerciali o da altri condomini) e possesso effettivo e autonomo, presupposto essenziale per l'esperibilità delle azioni.

Nel caso specifico, i ricorrenti affermavano di aver utilizzato per anni lo spiazzo per il transito pedonale e carrabile. Tuttavia, tale uso poteva essere saltuario (ad esempio, “in occasione di traslochi”), permissivo (con il consenso implicito dei condomini) e privo di segnali esteriori di possesso autonomo (nessuna delimitazione, né specifica opposizione all'uso da parte di altri). Questa ambiguità era difficile da sciogliere per l'IA, poiché le testimonianze parlavano di comportamenti e consuetudini, ma senza una chiara qualificazione giuridica.

In questo, l'IA ammette che “solo un giurista umano può cogliere i tratti culturali, relazionali o psicologici che distinguono l'uso con mera tolleranza da un possesso tutelabile”. Un ulteriore limite per l'IA era rappresentato dalla difficoltà di collocare la vicenda nel suo contesto sociale e urbanistico concreto. Per meglio dire, l'installazione della tettoia da parte della ditta di ristorazione aveva modificato lo stato dei luoghi, ma il significato di tale intervento - la sua “gravità” per la vita condominiale - non poteva essere apprezzato pienamente da un sistema computazionale.

In sintesi, l'IA può affermare che la tettoia vìola le distanze legali, ma non può cogliere il fastidio quotidiano generato ai residenti e il possibile impatto sulle limitazioni di luci-vedute o sul decoro; elementi centrali nella vicenda per la percezione della lesione e nel bilanciamento dei diritti tra condomini e terzi.

Nonostante ciò, l'IA coglie e suggerisce per il professionista “una valutazione preventiva sulla natura della lesione”, orientando la scelta tra reintegrazione (art. 1168 c.c.) o la manutenzione (art. 1170 c.c.). Trattasi sicuramente di aspetto di particolare importanza in ambito processuale. A questo proposito, di seguito alcune considerazioni generali sul rispetto delle distanze e le questioni generali di reintegrazione e manutenzione.

Il rispetto della distanza

Secondo l'art. 907 c.c., al proprietario del fondo gravato da una servitù di veduta è vietato costruire a meno di tre metri dal lato inferiore dell'apertura dalla quale si esercita la veduta, distanza che va rispettata sia nella sua proiezione orizzontale, sia in quella verticale, e ciò comporta che ogni costruzione che venga a cadere in questa zona è illegale e va rimossa. Per l'art. 907 c.c., in sostanza, il diritto di veduta opera in ogni direzione: in orizzontale, in verticale, sia eventualmente obliqua ed impone conseguentemente che la nuova costruzione non possa comunque essere posizionata ad una distanza inferiore di tre metri, nella duplice proiezione orizzontale e verticale (ed eventualmente obliqua) dalla soglia dell'apertura dalla quale si esercita la preesistente veduta. Come sottolineato dai giudici, la ratio della richiamata disposizione - per la quale la veduta consiste nell'inspicere e nel prospicere in alienum - è la completa e piena visione del fondo servente, la cui violazione impone la rimozione della costruzione eventualmente realizzata in spregio alle predette distanze legali (Trib. Roma 6 novembre 2023, n. 15912).

Il rapporto tra l'azione di reintegrazione e l'azione di manutenzione

In tema di azioni possessorie, la distinzione tra spoglio e molestia riguarda la natura dell'aggressione all'altrui possesso, nel senso che il primo incide direttamente sulla cosa che ne costituisce l'oggetto, sottraendola in tutto o in parte alla disponibilità del possessore, mentre la seconda si rivolge contro l'attività di godimento di quest'ultimo, disturbandone il pacifico esercizio, ovvero rendendolo disagevole e scomodo, altresì costituendo la qualificazione della fattispecie concreta un apprezzamento discrezionale del giudice di merito, da effettuarsi in base alle prove acquisite nel processo e sottratto al sindacato di legittimità ove scevro da vizi logici e di diritto (Cass. civ., sez. II, 30 settembre 2016, n. 19586). Le azioni possessorie di reintegrazione e di manutenzione non sono cumulabili fra loro, nel senso che la medesima situazione di fatto, considerata in tutte le sue componenti, non può dare luogo ad entrambe le forme di tutela. Sono, tuttavia, proponibili simultaneamente, in via alternativa fra loro, essendo poi compito del giudice qualificare esattamente la situazione di fatto prospettatagli dalla parte istante ed individuare il rimedio giuridico più adeguato. La giurisprudenza ha infatti avuto modo di puntualizzare che la proposizione dell'azione di reintegrazione (art. 1168 c.c.) non preclude al giudice di qualificare i fatti prospettati quali mere turbative, con conseguente possibilità di attuare i rimedi di cui all'art. 1170 c.c., senza violare il principio della corrispondenza fra il chiesto e pronunciato, poiché l'azione di reintegrazione comprende quella di manutenzione, costituendo la semplice turbativa un minus rispetto alla privazione totale del possesso (Cass. civ., sez. II, 14 aprile 2015, n. 7480).

Lo spoglio attuato con violenza e con clandestinità

La chiusura di un cancello con un lucchetto ed una catena, oltre che con l'apposizione di un palo appuntito in ferro battuto, a ridosso dello stesso cancello ed all'interno dell'area demaniale, sì da impedire l'esercizio di un diritto di servitù di passaggio, rappresenta di certo un comportamento lesivo della situazione possessoria, sussumibile nella fattispecie civilistica dello spoglio attuato con violenza e con clandestinità. Ed infatti, la violenza, presupposto dell'azione di spoglio ex art. 1168 c.c., richiede che lo stesso sia commesso con atti arbitrari, che, ponendosi contro la volontà espressa o tacita del possessore, sottraggono a costui il possesso o gli impediscono il relativo esercizio, con la consapevolezza, da parte dell'autore dello stesso spoglio, di agire proprio al fine di privare il possessore della res posseduta (Trib. Larino 9 ottobre 2015, n. 313).  Nel caso di specie, pertanto, riscontrati anche il requisito della clandestinità dello spoglio, nonché dell'animus spoliandi, si riteneva fondata la domanda di reintegrazione nel possesso della servitù di passaggio, con conseguente condanna della convenuta a reintegrare parte attrice nel possesso della predetta servitù, mediante la rimozione di ogni impedimento materiale all'accesso alla pista in terra battuta, così da permettere il ripristino integrale dello stato dei luoghi in maniera tale da consentire il passaggio indicato.

Lo spoglio attuato senza violenza e clandestinità

L'azione di manutenzione ex art. 1170 c.c. è diretta a reintegrare nel possesso la vittima di uno spoglio non violento né clandestino, oppure a far cessare le molestie e le turbative sofferte dal possessore. Legittimato attivamente è il possessore di un immobile, di un'universalità di mobili o di un diritto reale su un immobile, purché sia possessore da almeno un anno, in modo continuativo e non interrotto. In tal senso deve rilevarsi come non ogni attività materiale posta in essere dal terzo sulla res da altri posseduta configuri una molestia del possesso. Secondo i giudici è tale solo quella che rispetto ad esso abbia un congruo ed apprezzabile contenuto di disturbo e denoti di per sé una pretesa del soggetto agente in contrasto con la posizione del possessore, così da rendere il suo estrinsecarsi impossibile, gravoso oppure notevolmente difficoltoso. Ne deriva che sono esclusi quei comportamenti che, non compromettendo né limitando apprezzabilmente l'esercizio del potere di fatto, siano con questo compatibili. L'elemento materiale della molestia è, dunque, atipico, potendosi inquadrare all'interno di una “soglia superiore”, oltre la quale è integrato lo spoglio, e una "inferiore", al di sotto della quale si ha sì ingerenza ma lecita (Trib. La Spezia 4 gennaio 2020).

Riferimenti

Tarantino, Intelligenza artificiale: applicazioni innovative in condominio, in IUS Condominioelocazione.it, 28 aprile 2025.

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