Nuovi termini per i reclami dei permessi di necessità

09 Giugno 2025

La Consulta ha dichiarato illegittimo il termine di 24 ore relativamente al reclamo dei detenuti sui permessi di necessità, estendendolo a quindici giorni per assicurare un effettivo diritto di difesa.

Con la sentenza n. 78 del 2025 la Corte costituzionale ha dichiarato «l'illegittimità costituzionale  dell'art. 30-bis, comma 3, della l. 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui prevede che il provvedimento relativo ai permessi di cui all'art. 30 è soggetto a reclamo, da parte del detenuto, entro ventiquattro ore dalla sua comunicazione, anziché  entro quindici giorni».

Il riferimento è ai cosiddetti  permessi di necessità  distinti da quelli dei permessi premio (art. 30-ter) ove si prevede in relazione a quanto disposto dall'art. 35-bis ord. penit. che il provvedimento positivo o negativo sia suscettibile di reclamo entro quindici giorni.

Secondo la Corte, come evidenziato dal giudice  a quo, la questione sollevata in relazione alla brevità del termine confliggerebbe con l'art. 4 Cost., come unanimemente interpretato dove per l'esercizio di difesa si devono considerare il tempo e le facilitazioni per il suo esercizio. Il dato trova altresì riscontro nell'art. 111 terzo comma Cost.

Non può negarsi che, al di là della condizione soggettiva del detenuto, il termine non consenta – come nel caso evidenziato – lo svolgimento di una  efficace capacità dimostrativa di confutazione  del rigetto del provvedimento.

La Consulta, dovendo recuperare dal sistema un termine di riferimento, non potendo lei stessa identificarlo, richiama la disciplina prevista per i permessi premio con una doppia precisazione.

Da un lato, la Corte evita di fare riferimento al termine (24 ore) per l'esercizio dell'opposizione del pubblico ministero, ritenendo che un termine maggiore determinerebbe una  sospensione del provvedimento  richiesto dal detenuto; dall'altro, la Consulta – per la ragione indicata – rimette al legislatore  nella sua discrezionalità  l'individuazione di un termine maggiore o minore.

Alla luce dei termini nei quali si è sviluppata la vicenda relativa alla sorella del detenuto, affetta da patologia tumorale, (confutata dal medico legale) deve ritenersi che il tempo per la decisione del giudice, definito in dieci giorni, dalla presentazione della domanda del detenuto, trattandosi di  termine ordinatorio, imponga al magistrato una decisione rapida che tenga conto della situazione di urgenza.

*Fonte: DirittoeGiustizia

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