La questione oggetto di contrasto attiene alla possibilità che la parte che riassume innanzi al giudice civile il giudizio di rinvio disposto all’esito della cassazione della sentenza penale, incorra o meno nelle preclusioni inerenti alla modificazione della domanda.
Il caso e la questione controversa
La questione oggetto di contrasto attiene alla possibilità che la parte che riassume innanzi al giudice civile il giudizio di rinvio disposto all'esito della cassazione della sentenza penale avente a oggetto i soli capi inerenti all'azione civile di risarcimento del danno originariamente esercitata dalla persona offesa costituitasi parte civile, incorra o meno nelle preclusioni inerenti alla modificazione della domanda o alla deduzione di prove nel giudizio civile svoltosi parallelamente al processo penale.
Il principio di diritto
Cass. civ., sez. III, ord., 13 marzo 2025, n. 6644
Dalla natura autonoma rispetto al giudizio penale del giudizio civile conseguente all'annullamento dei capi civili della sentenza penale ex art. 622 c.p.p. discende, da un canto, la possibilità che le parti possano allegare fatti tali da consentire l'emendatio della domanda, secondo i principi affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 12310/2015, dall'altro, l'applicabilità delle regole processuali civilistiche sia in tema di nesso causale, sia di valutazione delle prove, in ragione della diversa funzione della responsabilità civile e della responsabilità penale.
Cass. civ., sez. III, ord., 23 febbraio 2025, n. 4743
In tema di annullamento pronunciato dalla Cassazione penale ai soli effetti civili, il rinvio ex art. 622 c.p.p., operando solo una translatio iudicii, non nullifica la precedente fase del giudizio civile, svoltasi congiuntamente con il giudizio penale perché la parte offesa si è costituita quale parte civile, con la conseguenza che davanti al giudice civile ad quem non sono proponibili domande del tutto nuove.
Il contrasto
Giudizio di rinvio exart. 622 c.p.p. e possibilità di emendare la domanda
Accade assai di frequente che il danneggiato da un reato veda dipanarsi l'accertamento della responsabilità del danneggiante su due piani paralleli: da un lato, attraverso il procedimento penale, originato dalla querela dello stesso danneggiato o d'ufficio, a seconda della tipologia di reato, nel quale il danneggiante si costituisce parte civile e fa espressa istanza di condanna dell'imputato al risarcimento del danno subito come conseguenza dell'accertanda responsabilità penale; d'altro lato, il danneggiante avvia un parallelo giudizio civile avente a oggetto la richiesta di condanna dello stesso danneggiante al risarcimento del danno subito come conseguenze della medesima condotta oggetto di accertamento anche in sede penale.
Ed è altrettanto frequente che, vista la maggiore celerità dei tempi di definizione del processo penale rispetto a quella civile, la definizione del processo penale avvenga assai prima di quella del processo civile.
Nell'ipotesi che l'imputato venga prosciolto in sede penale, ovvero che venga condannato, ma la sentenza penale sia riformata dalla Corte di Cassazione ai soli effetti civili, l'art. 622 c.p.p. prevede la possibilità che il processo sia rimesso in sede civile, al fine dell'accertamento delle conseguenze risarcitorie conseguenti al reato.
In tale evenienza, si pone il problema degli effetti che la disposta translatio iudicii proietta sul giudizio civile originariamente introdotto dal danneggiato e proseguito parallelamente al giudizio penale.
Più in particolare, la questione controversa attiene alla qualificazione del giudizio traslato in sede civile e, più in particolare, alla possibilità di consentire alla parte che riassume il giudizio traslato di formulare nuove domande e dedurre nuovi mezzi di prova rispetto a quelli formulati nel giudizio civile originariamente introdotto in parallelo a quello penale.
Secondo l'ordinanza della Corte di cassazione n. 6644/2025, il giudizio di rinvio riassunto in sede civile è un vero e proprio "nuovo giudizio" rispetto a quello originariamente introdotto in sede civile, atteso il diverso atteggiarsi delle regole di accertamento della responsabilità civile che presidiano il relativo accertamento della responsabilità del danneggiante da parte del giudice civile rispetto a quello penale.
Tanto determina che il danneggiato che riassume in sede civile la domanda di danno originariamente formulata in sede penale, dà vita a un vero e proprio nuovo giudizio su tale domanda, con la conseguenza che deve ritenersi ammissibile la modificazione della domanda originariamente formulata in sede civile, e ciò ai sensi dell'art. 183 e ss. c.p.c. potendo, quindi, la modifica riguardare uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa ("petitum" e "causa petendi"), atteso che la domanda così modificata risulta comunque inerente all'identica vicenda sostanziale dedotta nell'originario giudizio civile, con la conseguente facoltà di dedurre anche nuovi mezzi di prova inerenti alle modifiche apportate alla domanda.
L'ordinanza n. 4743/2025, al contrario, nega che il giudizio civile traslato dalla sede penale abbia una natura del tutto nuova rispetto a quello originariamente intentato dal danneggiato in sede civile, evidenziando come tanto il "petitum" (identificabile nella somma di denaro richiesta a titolo di risarcimento del danno subito) quanto la "causa petendi" (identificabile nell'allegazione del danno aquiliano derivante dal commesso reato) non sono per nulla diversi da quelli originariamente dedotti in sede civile ma, anzi, possono essere ritenuti a essi del tutto sovrapponibili. Da tanto consegue che non può ritenersi consentito al danneggiato che abbia riassunto il giudizio penale in sede civile di introdurre nuove domande o modificare radicalmente quelle originariamente proposte in sede civile, essendo possibile solo una parziale emenda della domanda, se e in quanto l'attore in riassunzione deduca e dimostri che quanto accertato in sede penale ha modificato le circostanze fattuali esistenti al momento della formulazione della domanda civile originaria; con l'ulteriore conseguenze che anche il "thema probandum" della causa riassunto in sede civile non può ritenersi riaperto in senso assoluto, ma solo nei limiti in cui l'eventuale emenda della domanda possa avere reso necessaria la formulazione di nuove istanze di prova, diverse da quelle già formulate in sede civile sin dall'origine e per le quali le preclusioni istruttorie siano già maturate.
La dottrina
Sul tema si veda:
Scorza, Azione civile nel processo penale, ragionevole durata e diritto di accesso al tribunale. Nuove linee direttrici dalla Corte Edu, Cass.pen., fasc.1, 2025, pag. 287;
Vasta, I giudizi di rinvio al giudice civile per il risarcimento del danno da reato, Cass. pen., fasc.10, 1° ottobre 2023, pag. 3462;
Mazza, Nemo testis in causa propria»: nell'incerto scenario del giudizio civile di rinvio post-cassazione penale, tra vecchi feticci e nuove suggestioni, Riv. trim. dir. proc. civ., fasc.2, 1° giugno 2023, pag. 627.
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