La riforma sulla responsabilità civile dei sindaci

11 Giugno 2025

La Legge 14 marzo 2025 n. 35, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 73 del 28 marzo 2025 ed entrata in vigore il 12 aprile 2025, ha introdotto una significativa modifica dell'art. 2407 c.c., ridefinendo il regime di responsabilità dei sindaci. Questa riforma rappresenta un cambiamento epocale che risponde alle esigenze di lungo corso espresse dai professionisti del settore e mira a ristabilire un equilibrio tra la funzione di garanzia dell'organo di controllo e i rischi professionali connessi, riparametrando la responsabilità dei sindaci rispetto a quella degli amministratori. L'articolo analizza in sintesi il contesto normativo precedente, le novità introdotte dalla riforma, nonché le principali questioni interpretative che la nuova disciplina pone all'attenzione degli operatori.

Il quadro normativo prima della riforma

L'art. 2407 c.c., nel testo previgente la riforma, prevedeva una duplice forma di responsabilità dei sindaci: una responsabilità diretta ed esclusiva (primo comma) e una responsabilità concorrente e solidale con gli amministratori (secondo comma).

In particolare, il primo comma dell'art. 2407, rimasto invariato, stabilisce che "I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell'incarico; sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio".

Si tratta quindi di una responsabilità esclusiva dei sindaci che deriva dall'inadempimento diretto da parte degli stessi ai propri doveri, legali e statutari, da adempiere con professionalità e diligenza parametrate alla natura dell'attività svolta.

Il previgente secondo comma, invece, interamente sostituito a opera della riforma, prevedeva che i sindaci “sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica".

Tale disposizione configurava una responsabilità concorrente e solidale dei sindaci con gli amministratori, fondata sulla culpa in vigilando, ossia sull'omessa o inadeguata vigilanza sull'operato dell'organo amministrativo, in violazione dei doveri posti a carico dei sindaci.

Il terzo comma, anch'esso rimasto invariato, prevede che "all'azione di responsabilità contro i sindaci si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli artt. 2393, 2393-bis, 2394, 2394-bis e 2395".

Questa disposizione estende ai sindaci le azioni di responsabilità esperibili nei confronti degli amministratori da parte della società, dei soci di minoranza, dei creditori sociali, degli organi preposti alle procedure concorsuali, nonché del singolo socio o del terzo.

L'interpretazione giurisprudenziale e le criticità emerse

L'applicazione pratica del previgente regime di responsabilità dei sindaci aveva generato numerose criticità, principalmente legate all'interpretazione giurisprudenziale del secondo comma dell'art. 2407 c.c.

La giurisprudenza, infatti, aveva progressivamente ampliato i confini della responsabilità dei sindaci, in particolare ritenendo sussistente in capo agli stessi un dovere di vigilare sulla legittimità, non solo formale, ma anche sostanziale dell'attività sociale, ovvero sul merito della gestione degli amministratori.

Così, in ambito penale, è stato affermato che i poteri-doveri di controllo attribuiti ai sindaci ex artt. 2403 e ss. c.c. “non si esauriscono nella mera verifica contabile della documentazione messa a disposizione dagli amministratori ma, pur non investendo in forma diretta le scelte imprenditoriali, si estendono al contenuto della gestione sociale … Peraltro, il controllo cui i sindaci sono chiamati… non si risolve in una mera verifica contabile limitata alla documentazione messa a disposizione dagli amministratori, ma comprende anche il riscontro tra la realtà effettiva e la sua rappresentazione contabile…” (Cass. pen. 19 marzo 2019, n.12186).

Nella giurisprudenza di merito si è osservato che “ai sensi degli artt. 2401, 2403 e 2407 c.c. - i componenti del collegio sindacale sono onerati del controllo costante e continuativo sulla capienza del patrimonio sociale, oltre che investiti di un dovere di verifica sulla legalità (non solo formale ma) sostanziale dell'operato degli amministratori” e quindi essi sono onerati di un controllo “anche rivolto all'esame degli atti di natura gestoria. Solo ammettendo tale invasività, può comprendersi il riferimento normativo alla verifica del corretto funzionamento dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società, ascritta all'organo di controllo dall'art. 2403” (Trib. Napoli, 26 luglio 2023).

A supporto di tale dovere di vigilanza dei sindaci sul merito della gestione dell'organo amministrativo, dottrina e giurisprudenza hanno spesso invocato anche il dovere-potere dell'organo collegiale di procedere in qualsiasi momento ad “atti di ispezione e di controllo” nonché di chiedere informazioni agli amministratori sull'andamento generale della società e su specifiche operazioni ritenute dubbie ai sensi dell'art. 2403-bis c.c.

Altre volte, sempre al fine di fondare un dovere di vigilanza dei sindaci esteso alla gestione sostanziale della società, è stato richiamato l'art. 2403 c.c., avente ad oggetto “l'osservanza della legge e dello statuto, nonché il rispetto dei doveri di corretta amministrazione” da parte dei sindaci, essendo “evidente che il controllo di legalità inevitabilmente comprenda anche il controllo sulla corretta amministrazione e conseguentemente deve riguardare qualsiasi aspetto amministrativo e gestionale, estendendosi quindi alla legittimità sostanziale di tutta l'attività sociale” (Trib. Catanzaro, 6 agosto 2024).

Il sistema previgente presentava inoltre una significativa disparità tra sindaci e revisori legali in materia di prescrizione dell'azione di responsabilità: mentre per i revisori legali l'art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 39/2010 prevede un termine di cinque anni decorrente dalla data della relazione di revisione, per i sindaci la prescrizione poteva arrivare fino a dieci anni a seconda della tipologia di azione di responsabilità esercitata tra quelle richiamate dall'art. 2407, comma 3, c.c.

Si era poi assistito, nella prassi, a un crescente ricorso alle azioni di responsabilità contro i sindaci, specialmente nell'ambito delle procedure concorsuali. Le curatele fallimentari tendevano infatti a chiamare in causa i sindaci quasi "automaticamente", unitamente agli amministratori, al fine di ampliare il novero dei soggetti responsabili e, soprattutto, di attingere alle polizze assicurative dei professionisti.

Inoltre, la c.d. Business Judgment Rule (secondo cui il giudice non può sindacare il merito delle scelte gestorie degli amministratori) non trovava adeguata applicazione con riferimento ai sindaci, i quali rispondevano per omessa vigilanza anche quando l'inadempimento degli amministratori risultava difficilmente percepibile o derivava da decisioni gestorie complesse.

L'evoluzione giurisprudenziale e la prassi sopra richiamate avevano quindi comportato un crescente rischio per i professionisti chiamati a svolgere il ruolo di sindaci, acuito dall'introduzione del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14), che, come noto, ha ampliato le responsabilità dei sindaci in materia di adeguati assetti organizzativi e di tempestiva rilevazione della crisi.

La riforma

In questo contesto si inserisce la riforma in esame che risponde alle richieste avanzate da tempo dai professionisti del settore, in primis i commercialisti, per riequilibrare la responsabilità dell'organo di controllo rispetto a quella dell'organo gestorio, oltre che per parametrare razionalmente e ragionevolmente la funzione di garanzia dei sindaci e i rischi professionali connessi con i differenti potere e ruolo che l'ordinamento riservava a tale figura di controllo rispetto alla figura del gestore.

La riforma incide radicalmente sul regime di responsabilità dei sindaci e si inserisce in un più ampio contesto di modernizzazione del sistema di governance societaria italiano, avvicinandolo agli standard europei.

In particolare, la riforma sostituisce il secondo comma dell'art. 2407 c.c., prevedendo una limitazione alla responsabilità solidale dei sindaci, e aggiunge un nuovo comma finale in punto di prescrizione delle azioni di responsabilità esperibili nei confronti dell'organo di controllo.

Il nuovo secondo comma dell'art. 2407 c.c. ribadisce che i sindaci che abbiano agito od omesso di agire in violazione dei propri doveri sono responsabili per i danni cagionati alla società, ai suoi soci, ai creditori e ai terzi, ma ne circoscrive l'ambito di responsabilità.

Il sindaco sarà quindi responsabile solo per un multiplo del compenso annuo, in base a un coefficiente moltiplicatore che è inversamente proporzionale all'entità di tale compenso, secondo il seguente schema che prevede tre scaglioni:

  • fino a 10.000 euro, 15 volte il compenso;
  • da 10.000 a 50.000 euro, 12 volte il compenso;
  • oltre 50.000 euro, 10 volte il compenso.

È importante evidenziare che la limitazione opera solo nei casi di colpa (negligenza, imprudenza o imperizia), mentre in caso di dolo la responsabilità dei sindaci rimane illimitata per l'intero danno da essi cagionato.

Parametrando la responsabilità al compenso annuo e ponendo un tetto massimo, il legislatore ha quindi voluto differenziare la responsabilità dei sindaci rispetto a quella degli amministratori, evitando che i primi, pur avendo un ruolo di vigilanza, siano esposti alle stesse richieste risarcitorie svolte nei confronti degli amministratori che hanno assunto le scelte gestorie ritenute foriere di danno.

Il nuovo quarto comma dell'art. 2407 c.c. introduce un termine di prescrizione quinquennale per l'azione di responsabilità nei confronti dei sindaci, decorrente dal deposito della relazione che gli stesso devono redigere ai sensi dell'art. 2429 c.c., allegata al bilancio dell'esercizio in cui si è verificato il danno.

La scelta di individuare un unico termine di prescrizione per l'azione di responsabilità verso i sindaci è stata motivata nella Relazione illustrativa al disegno di legge in commento con la necessità di allineare la disciplina con quella prevista per i revisori legali, per “ragioni di equità” e per “la circostanza che, frequentemente, il collegio sindacale svolge la funzione di revisione legale”. Si rammenta infatti che, ai sensi dell'art. 15, comma 3, d.lgs. n. 39/2010, l'azione risarcitoria nei confronti dei revisori legali si prescrive nel termine di cinque anni decorrente dalla data della relazione di revisione.

La riforma si applica a tutti i sindaci che siano nominati negli organi di controllo delle società di capitali, ivi comprese S.p.A., S.a.p.A., S.r.l. e società cooperative. La limitazione della responsabilità riguarda sia i sindaci unici sia i componenti dei collegi sindacali, indipendentemente dal fatto che essi svolgano anche la funzione di revisione legale dei conti ai sensi dell'art. 2409-bis, comma 2, c.c. (ossia nei casi in cui ciò sia previsto dallo statuto e si tratti di società che non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato).

Profili interpretativi e questioni rimaste aperte

La riforma, pur rappresentando un significativo passo avanti nella definizione di un sistema di responsabilità più bilanciato per i sindaci che contenga i rischi professionali entro confini economicamente sostenibili, lascia aperte diverse questioni interpretative.

Una delle principali tematiche riguarda l'applicabilità della nuova disciplina ai processi in corso o alle condotte poste in essere dai sindaci in data antecedente alla sua entrata in vigore.

In assenza di disposizioni transitorie esplicite, il principio di irretroattività della legge, sancito dall'art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale, sembrerebbe escludere l'applicazione del tetto di responsabilità ai giudizi pendenti.

Tuttavia, ad avviso di chi scrive, i precedenti giurisprudenziali della Cassazione (ordinanze Cass. n. 5252/2024 - in questo portale, con nota di Monti, Dughetti, Davide, Funzione e ambito applicativo dell’art. 2486, comma 3, c.c.: la lettura della Cassazione - e Cass. n. 8069/2024), che hanno ammesso l'applicazione retroattiva di una norma in materia di determinazione del danno per illecita prosecuzione dell'attività sociale, in quanto unicamente "rivolta a stabilire un criterio valutativo del danno, rispetto a fattispecie integrate dall'accertata responsabilità degli amministratori", sono perfettamente applicabili alla fattispecie in esame.

In tal senso si è espressa la recentissima ordinanza del Tribunale di Bari del 24 aprile 2025, che, a quanto ci risulta, è stata la prima pronuncia ad avere applicato la nuova normativa.

Il Tribunale ha ritenuto che la previsione sulla decorrenza del nuovo regime della prescrizione non sia retroattiva, in quanto istituto di diritto sostanziale cui è applicabile il citato art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale, in mancanza di una espressa previsione del legislatore sulla retroattività della riforma; ha invece ritenuto applicabile retroattivamente ai fatti pregressi all'entrata in vigore della riforma la nuova disciplina circa il tetto massimo di responsabilità dei sindaci, trattandosi di previsione “procedimentale” circa la quantificazione del danno, richiamando le citate ordinanze della Suprema Corte n. n. 5252/2024 e n. 8069/2024.

Al riguardo sarà interessante conoscere l'orientamento che si formerà in ordine al novellato art. 2407 c.c. e soprattutto verificare se la Corte di Cassazione confermerà l'orientamento espresso dalle citate ordinanze in tema di danno per illecita prosecuzione dell'attività sociale.

Un'ulteriore questione riguarda i criteri di applicazione del tetto massimo di responsabilità introdotto dal nuovo secondo comma dell'art. 2407 c.c.

Parte della dottrina ritiene che non sia chiaro se il limite di responsabilità debba riferirsi ad ogni singolo inadempimento, al complesso degli inadempimenti per tipologia di responsabilità, o a tutti gli inadempimenti dannosi verificatisi nell'anno.

Ad avviso di chi scrive pare difficile sostenere che il danno possa essere riferito a ogni singolo inadempimento alla luce di un'interpretazione letterale e sistematica della norma in commento, anche considerando che l'attività di vigilanza dei sindaci si esplica in un insieme di comportamenti correlati che rappresentano un unicum e che sono difficilmente scindibili.

Di diverso avviso la menzionata ordinanza del Tribunale di Bari del 24 aprile 2025 che ha ritenuto che tale limite vada riferito a ogni singolo evento dannoso causato dalla violazione degli obblighi del sindaco e non, quindi, cumulativamente a tutte le condotte dannose, anche alla luce della lettera della norma che, facendo riferimento alla violazione dei doveri da cui deriva un danno, comporterebbe la necessità di un nesso di causalità tra ciascuna violazione e il danno. Il Tribunale ha inoltre specificato che il compenso rilevante ai fini della base di calcolo è quello annuo (netto) deliberato dall'assemblea di soci anche se non è stato poi percepito dal sindaco, pena, in caso contrario, una mancata applicazione della norma in caso di inadempimento della società nei confronti del sindaco.

Altra questione interpretativa riguarda il dies a quo della prescrizione di cui all'ultimo comma dell'art. 2407 c.c.

La scelta legislativa di far decorrere il termine di prescrizione dell'azione di responsabilità dal deposito della relazione ex art. 2429 c.c. solleva interrogativi alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 115 del 1° luglio 2024 (in questo portale, con nota di Legnani-Ciliberti, La Corte costituzionale sulla decorrenza del termine di prescrizione dell’azione di responsabilità nei confronti del revisore legale).

La Consulta, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale del regime di prescrizione dei revisori, ha stabilito che il dies a quo della prescrizione dell'azione di responsabilità contrattuale può decorrere dalla consumazione dell'illecito, mentre il dies a quo delle azioni di responsabilità esperibili da soci e terzi deve essere individuato nel momento di effettiva percepibilità del danno.

Il nuovo art. 2407, comma 4, c.c., fissando un unico termine di decorrenza per tutte le azioni di responsabilità contro i sindaci, potrebbe quindi presentare profili di criticità in relazione alle azioni promosse da soci e terzi, in virtù del principio generale ex art. 2935 c.c., secondo cui la prescrizione non può decorrere prima che il diritto possa essere fatto valere. Al riguardo si ritengono condivisibili le argomentazioni svolte dalla Corte Costituzionale che, quindi, imporrebbero un diverso dies a quo a seconda della tipologia di azione di responsabilità esercitata nei confronti dei sindaci. In tal senso si è pronunciato anche il citato Tribunale di Bari.

È stato inoltre evidenziato che la riforma non ha esteso l'applicazione della nuova disciplina ai soggetti incaricati della sola revisione legale, come ad esempio i revisori delle S.r.l. nominati ai sensi dell'art. 2477 c.c., i quali restano soggetti al regime di responsabilità previgente, con conseguente disparità di trattamento rispetto ai sindaci che svolgono anche funzioni di revisori.

Tale scelta è stata motivata durante i lavori parlamentari con la considerazione che l'attività di revisione legale è disciplinata dal d.lgs. n. 39/2010 e l'introduzione di specifiche disposizioni all'interno del codice civile avrebbe potuto generare ambiguità interpretative. Ci pare invece che le ambiguità siano create dalla irragionevole disparità di trattamento tra revisori e sindaci della S.r.l.

La Commissione Giustizia del Senato ha infatti chiesto al Governo di valutare l'estensione delle limitazioni di responsabilità anche ai revisori legali, suggerendo un possibile futuro intervento legislativo in tal senso.

Con riferimento poi al criterio della proporzionalità tra compenso e responsabilità, si è giustamente osservato che potrebbe verificarsi che un sindaco con compensi minori venga sanzionato più pesantemente, in proporzione al suo compenso, rispetto a un collega che percepisca compensi maggiori.

Inoltre, la norma non considera la dimensione e la complessità della società quale parametro utile a integrare gli scaglioni di reddito previsti, elemento che avrebbe potuto rendere più equo il sistema di limitazione della responsabilità.

Infine, la riforma ha escluso dall'ambito di applicazione della limitazione di responsabilità le sole ipotesi di dolo e non anche quelle di colpa grave. Questa scelta del legislatore comporterà, ad avviso di chi scrive, non poche difficoltà nell'applicazione e nell'interpretazione della norma, considerata la difficoltà di distinguere, in concreto, tra le due fattispecie.

In conclusione

Questa riforma rappresenta un passo importante verso un sistema di responsabilità più equilibrato e calibrato rispetto all'effettivo ruolo di vigilanza dei sindaci, che tiene conto della specificità dell'incarico e delle differenze, in termini di poteri e conoscenze della società, rispetto al ruolo degli amministratori e si allinea al panorama internazionale.

L'approvazione della riforma è stata infatti accolta con grande entusiasmo dagli ordini professionali, dalle associazioni di categoria e dal mondo imprenditoriale, segnando una svolta attesa da anni nel panorama della governance societaria. Il timore di una responsabilità illimitata, infatti, aveva allontanato molti validi professionisti dall'incarico di sindaco, indebolendo il sistema di controllo societario: grazie alla riforma, si auspica che molti professionisti di valore e rigore torneranno a ricoprire questo ruolo, contribuendo a rafforzare la tutela del sistema economico nazionale.

Tuttavia, le questioni interpretative sopra evidenziate suggeriscono che l'efficacia concreta della riforma e il suo successo in termini di “attrattiva” per i professionisti, dipenderanno in larga misura dall'interpretazione che ne darà la giurisprudenza. Al riguardo si auspica che l'applicazione dei limiti di responsabilità dei sindaci avvenga nel pieno rispetto dei principi di correttezza e buona fede, tenendo conto della ratio ispiratrice della riforma, per evitare che si riproponga una situazione di penalizzazione eccessiva per i sindaci che, di fatto, annullerebbe l'obiettivo della riforma stessa.

In parallelo, sarebbe auspicabile un'evoluzione dei modelli organizzativi e dei sistemi di compliance interni alle società per rafforzare le procedure di controllo interno e, dunque, mitigare in modo strutturale e alla radice il rischio di responsabilità.

In questo contesto ampio e articolato, riteniamo che possano svolgere un ruolo fondamentale gli ordini professionali e le associazioni di categoria, chiamati a fornire linee guida e a promuovere best practices che possano orientare i professionisti nell'adeguarsi al nuovo quadro normativo.

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