Cariche sindacali, contribuzione figurativa e confini interpretativi del “servizio effettivamente prestato”
24 Giugno 2025
Massima Il beneficio della maggiorazione contributiva, riconosciuto dall'art. 80, comma 3, l. n. 388/2000, spetta, al ricorrere delle condizioni d'invalidità stabilite dalla norma, anche ai lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali, per la durata dell'aspettativa non retribuita prevista dall'art. 31, della l. n. 300/1970. Il caso La Corte d'Appello di Milano, in riforma della pronuncia del Tribunale di Lecco, ha accolto il gravame del lavoratore, dichiarando il diritto di quest'ultimo di fruire della maggiorazione contributiva prevista dall'art. 80, comma 3, l. n. 388/2000, per i periodi di aspettativa sindacale goduti in virtù dell'art. 31 l. n. 300/1970. La Corte territoriale ha argomentato che la maggiorazione contributiva, riconosciuta ai lavoratori sordomuti e agli invalidi in misura superiore al 74%, richiede un servizio effettivamente svolto e che tale requisito doveva ritenersi soddisfatto in caso di aspettativa sindacale, essendo essa equiparata sotto ogni profilo al lavoro effettivo ex l.n. 300/1970. Diversamente, sarebbe disincentivata l'assunzione delle cariche sindacali, con i connessi dubbi di legittimità costituzionale. La decisione è stata impugnata dall'INPS innanzi alla Corte di Cassazione. Con l'unico motivo di ricorso l'Istituto ha asserito la violazione o falsa applicazione dell'art. 80, comma 3, l. n. 388/2000, avendo il giudice di appello considerato utile ai fini della maggiorazione contributiva anche il periodo di aspettativa sindacale, non correlato a un'attività lavorativa effettiva e coperto da contribuzione figurativa. La questione Il beneficio di cui all'art 80, comma 3, l. n. 388/2000 spetta anche per il periodo di aspettativa non retribuita richiesta dal lavoratore ex art. 31 St. Lav.? Le soluzioni giuridiche Il ricorso è stato rigettato. La Corte ha evidenziato che il legislatore attribuisce il beneficio della maggiorazione contributiva di cui all'art. 80, comma 3, l. n. 388/2000 ancor prima del verificarsi degli ulteriori eventi che condizionano il diritto all'erogazione del trattamento pensionistico, tutelando in tal modo determinate categorie di lavoratori, svantaggiati dalle loro condizioni di salute. Con riferimento al periodo di aspettativa non retribuita concessa ai lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali, i giudici di legittimità hanno osservato che durante tale periodo il rapporto di lavoro passa in uno stato di temporanea quiescenza, con la sospensione delle obbligazioni principali che lo caratterizzano. Tuttavia, i periodi di aspettativa sono considerati utili, a richiesta dell'interessato, ai fini del riconoscimento del diritto e della determinazione della misura della pensione secondo quanto previsto dal terzo comma dell'art. 31 St. Lav. La Corte ha precisato che la ratio della disciplina, interpretata in correlazione con l'art. 51 Cost., risiede nella necessità di porre il lavoratore chiamato a ricoprire cariche sindacali nella condizione migliore per svolgere l'incarico. Pertanto, il periodo di aspettativa per motivi sindacali deve essere considerato, ai fini previdenziali, sotto ogni profilo, come periodo di effettivo lavoro. Nel dirimere la questione prospettata dall'INPS, la Corte ha ritenuto necessario considerare la ratio ispiratrice del beneficio contributivo e, al contempo, la specialità dell'aspettativa sindacale. Il beneficio contributivo è limitato al periodo durante il quale l'attività lavorativa è prestata in presenza della condizione d'invalidità che ne accentuano il carattere usurante. Il legislatore, dunque, ha ritenuto meritevole di particolare tutela, sul versante previdenziale, la condizione di chi continui a lavorare in presenza di un'invalidità grave, idonea a rendere più penosa l'attività svolta. Tale esigenza di protezione non è meno cogente quando il lavoratore ricopre una carica sindacale e presta un'attività che, pur distinta da quella inerente al rapporto lavorativo (medio tempore sospeso), trovi in esso la sua genesi. La sospensione del rapporto di lavoro, quindi, è determinata dallo svolgimento di una diversa attività, nell'esercizio di un diritto fondamentale presidiato dagli artt. 39 e 51 Cost. Secondo la Corte proprio tale caratteristica della fattispecie non ne consentirebbe il raffronto con altre ipotesi in cui il rapporto di lavoro è sospeso. I giudici hanno, pertanto, ravvisato le condizioni di attribuzione del beneficio, non cessando la condizione d'invalidità di ripercuotersi anche durante lo svolgimento della carica sindacale, connotando come più gravosa la funzione che il lavoratore ricopre. A corroborazione della propria tesi ermeneutica, la Corte di Cassazione ha richiamato la sentenza n. 171/2002 della Corte Costituzionale in materia di copertura assicurativa dei lavoratori in aspettativa perché chiamati a ricoprire cariche sindacali, con onere in capo alle organizzazioni sindacali per conto delle quali essi svolgono attività comportanti esposizione a rischio professionale. Una diversa interpretazione, nel disancorare la nozione di servizio effettivo dalla ratio della maggiorazione contributiva e dal regime protettivo che lo Statuto dei lavoratori delinea, penalizzerebbe chi presta l'attività sindacale in condizioni di grave compromissione dell'integrità psicofisica e negherebbe l'applicabilità di un beneficio indissolubilmente connesso con quella salvaguardia della posizione pensionistica che presiede alle previsioni dettate dall'art. 31, terzo comma, dello Statuto. Sarebbe poi vanificata la tutela dei lavoratori svantaggiati, che la maggiorazione contributiva garantisce (Cass., sez. lav., n. 30636/2022), e un esito siffatto sarebbe disarmonico con l'art. 31 St. Lav., il quale, nel confermare la spettanza dei trattamenti di malattia a chi beneficia dell'aspettativa sindacale, mostra di conferire speciale rilievo alla tutela della salute del lavoratore anche in questa particolare vicenda del suo percorso professionale. Infine, una diversa interpretazione frapporrebbe ostacoli ingiustificati all'esercizio dell'attività sindacale, pregiudicando proprio i lavoratori che si trovino in condizioni di maggiore vulnerabilità, svilendo parimenti l'art. 38 Cost. Osservazioni Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione richiede alcune brevi riflessioni preliminari. La richiesta di aspettativa non retribuita può essere determinata da diverse ragioni (es. aspettativa per motivi personali, familiari, per stato di tossicodipendenza, per studio e formazione, etc). e per tutto il periodo oggetto della richiesta il lavoratore ha diritto alla conservazione del proprio posto di lavoro, sicché il datore di lavoro non potrebbe intimare un licenziamento per il solo fatto dell'assenza dovuta all'aspettativa. In via generale, essendo sospesi gli obblighi gravanti sulle parti del rapporto di lavoro (i.e. prestazione lavorativa e retribuzione), non è previsto il versamento dei contributi previdenziali, sebbene in alcuni casi si preveda la possibilità di riscatto a favore del dipendente. Appare, quindi, evidente la peculiarità della fattispecie regolata dall'art. 31 St. Lav. con riferimento ai lavoratori chiamati a ricoprire cariche elettive ovvero cariche sindacali provinciali e nazionali. I periodi di aspettativa sono considerati utili, a richiesta dell'interessato, ai fini pensionistici (sia per il riconoscimento del diritto che per la determinazione della misura della pensione), con onere posto a carico delle gestioni previdenziali (Cass., sez. lav., n. 7698/2020). Tuttavia, il terzo comma dell'art. 31 non trova applicazione qualora a favore del lavoratore siano previste forme previdenziali per il trattamento di pensione in relazione all'attività espletata durante il periodo di aspettativa. Tali ipotesi, pertanto, consentono di ottenere una contribuzione figurativa, con il fine di evitare che i lavoratori subiscano un pregiudizio al futuro godimento delle prestazioni previdenziali a causa dell'esercizio di funzioni rappresentative elettive o sindacali, tenuto conto della rilevanza costituzionale che tali attività possiedono. È bene precisare, inoltre, che l'art. 3 del d.lgs. n. 564/1996 pone delle condizioni perché la tutela di cui all'art. 31 prefato possa operare: il decorso del periodo di prova previsto dai contratti collettivi e, comunque, di un periodo non inferiore a 6 mesi dall'assunzione; la tipologia di carica sindacale, che sarà tra quelle previste dalle norme statuarie e formalmente attribuite per lo svolgimento di funzioni rappresentative e dirigenziali a livello nazionale, regionale e provinciale o di comprensorio, anche in qualità di componenti di organi collegiali dell'organizzazione sindacale. Con riferimento al beneficio previdenziale esaminato nella sentenza, per ogni anno di servizio effettivamente svolto presso PP.AA. o aziende private ovvero cooperative, l'art. 80, co.3, l. n. 388/2000 prevede, a favore di determinate categorie di lavoratori, la maggiorazione di anzianità contributiva. L'enunciato “effettivamente svolto” porterebbe ad escludere i periodi coperti da contribuzione figurativa, risultando il rapporto di lavoro sospeso, sicché, fermandoci al dato letterale, la soluzione espressa dai giudici di legittimità non sembrerebbe corretta. Tuttavia, sposando un'ottica prettamente teleologica, la Corte ha ritenuto di dare maggior rilievo allo spessore costituzionale degli interessi coinvolti e alla delicatezza della situazione personale del lavoratore che dovrebbe beneficiare del beneficio previdenziale. Pertanto, ad avviso dei giudici di legittimità, anche lo svolgimento della carica sindacale deve essere incluso nel perimetro semantico del “servizio effettivamente svolto”, anche se l'attività effettivamente svolta è diversa da quella oggetto del contratto di lavoro. In coda a quanto sopra riportato, sembra opportuna un'ultima considerazione, appena accennata in sentenza. Al di là delle ragioni espresse dalla Corte circa la non condivisibilità della posizione dell'INPS, è da evidenziare il potenziale effetto discriminatorio che potrebbe derivare dalla mancata operatività del prefato art. 80 qualora il lavoratore, in particolari situazioni psico-fisiche, ricopra una carica sindacale. Tale aspetto non risulta essere di poco conto, in particolare alla luce della giurisprudenza sovranazionale sul tema. Nel caso di specie, infatti, il lavoratore sordomuto o invalido verrebbe, di fatto, a subire un trattamento sfavorevole, dal momento che, diversamente da altri prestatori di lavoro, lo svolgimento della carica sindacale inciderebbe, negandolo, sul suddetto beneficio previdenziale. Riferimenti B. Cartillone, Distacchi sindacali. Quando una opportunità diventa un problema (anche penale), in LavoroDirittiEuropa, 8 novembre 2022 M. Barbera - S. Borelli, Principio di eguaglianza e divieti di discriminazione, WP C.S.D.L.E. Massimo D'Antona, n. 451, 2022. M. T. Goffredo - V. Meleca, Assenze del lavoratore per motivi sindacali, in Diritto & Pratica del Lavoro 6/2021, pp. 383 ss. E. Falletti, L'applicazione del principio di non discriminazione nel diritto del lavoro, Il Corriere Giuridico, n. 8-9, 1° agosto 2012, pp. 1027 ss. |