Trascrizione del pignoramento immobiliare

27 Giugno 2025

La trascrizione del pignoramento assume rilevanza centrale nell'espropriazione immobiliare, perché costituisce adempimento indispensabile per perfezionare il vincolo e consentire la messa in vendita del bene, sicché ne va attentamente esaminata la disciplina, tenendo conto delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 164/2024.

La trascrizione del pignoramento e i suoi effetti

Il pignoramento immobiliare è una fattispecie complessa, ovvero a formazione progressiva, dal momento che si compone di due momenti tra loro complementari.

L'atto di pignoramento, contenente l'esatta individuazione dei beni e del diritto oggetto di esecuzione, nonché l'intimazione di non disporne rivolta dall'ufficiale giudiziario al debitore, va innanzitutto notificato a quest'ultimo: attraverso tale adempimento, gli immobili indicati dal creditore vengono assoggettati al vincolo derivante dal pignoramento, verificandosi così la cristallizzazione del patrimonio del debitore quanto agli stessi in funzione della successiva vendita forzata, affinché, tramite la conversione dei beni pignorati in denaro, i creditori aventi diritto a concorrere alla distribuzione del ricavato possano soddisfare le proprie ragioni.

Una volta eseguita la notificazione, il pignoramento dev'essere trascritto nei pubblici registri immobiliari: è in questo modo – e solo in questo modo – che il vincolo impresso sui beni pignorati viene reso conoscibile e opponibile ai terzi, così da rendere inefficaci, nei confronti del creditore pignorante e dei creditori intervenuti nell'esecuzione, gli atti traslativi o costitutivi di diritti sui beni pignorati compiuti dal debitore, come risulta dalle norme che disciplinano gli effetti del pignoramento.

Più precisamente:

- gli artt. 2913 e 2914 c.c. sanciscono l'inefficacia delle alienazioni dei beni sottoposti a pignoramento che siano avvenute, rispettivamente, dopo e prima del pignoramento, ma che siano state trascritte successivamente a esso. Le disposizioni menzionate comminano agli atti di disposizione compiuti dal debitore un'inefficacia di carattere processuale, dal momento che l'atto traslativo trasferisce validamente la proprietà del bene pignorato, ma non consente al terzo acquirente di opporre il proprio acquisto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti nell'esecuzione, al fine di impedire – attraverso la proposizione di un'opposizione di terzo all'esecuzione – la vendita coattiva del bene. In questo modo, i creditori procedente e intervenuti vengono equiparati, nel conflitto con gli aventi causa del debitore esecutato, a un avente causa del debitore stesso ai sensi e per gli effetti previsti dall'art. 2644 c.c., a mente del quale, nel caso di doppio atto di disposizione avente per oggetto lo stesso immobile, prevale chi ha trascritto il proprio per primo;

- l'art. 2915 c.c., al comma 1, sancisce l'inefficacia, nei confronti del creditore pignorante e dei creditori intervenuti nell'esecuzione, degli atti che limitano la disponibilità dei beni pignorati – tra i quali rientrano quelli che, pur non trasferendo la proprietà del bene pignorato o non costituendo su di esso un diritto reale minore (essendo questi assimilati agli atti di alienazione), riducono il valore della cosa pignorata come bene di scambio – e che, avendo per oggetto immobili, siano stati trascritti dopo il pignoramento, mentre, al comma 2, condiziona l'opponibilità degli atti e delle domande da trascrivere perché siano efficaci nei confronti dei terzi acquirenti alla loro trascrizione prima del pignoramento;

- l'art. 2916 c.c. stabilisce, ai fini della distribuzione della somma ricavata dalla vendita del bene pignorato, l'inefficacia delle ipoteche e dei privilegi soggetti a iscrizione quando questa sia effettuata dopo il pignoramento;

- l'art. 2918 c.c. prevede che le cessioni e le liberazioni di canoni non ancora scaduti al momento del pignoramento sono opponibili se trascritte prima di questo (e, a tale proposito, Cass. civ., sez. III, 24 settembre 2024, n. 25584, ha affermato la necessità di dare corso a un'autonoma formalità pubblicitaria, non essendo sufficiente la trascrizione del solo contratto di locazione da cui risulti il pagamento anticipato o la mera indicazione dell'evento solutorio nel cosiddetto quadro “D” della nota), salvo che la cessione o la liberazione risulti da atto avente data certa anteriore al pignoramento, fermo restando che, in questo caso, l'opponibilità è limitata a un anno dalla data del pignoramento;

- l'art. 2923 c.c. prevede, al comma 2, che le locazioni immobiliari eccedenti i nove anni sono opponibili per la loro intera durata solo se trascritte prima del pignoramento (mentre, in caso contrario, lo sono nei limiti di un novennio dall'inizio della locazione);

- l'art. 2919 c.c., infine, estende all'aggiudicatario del bene pignorato il medesimo regime di opponibilità valevole per i creditori che hanno partecipato al processo esecutivo.

Le richiamate disposizioni, nel delineare le condizioni di inopponibilità degli atti dispositivi aventi per oggetto i beni espropriati, fanno tutte riferimento al pignoramento, senza ulteriori specificazioni: potrebbe, quindi, dedursene che tali atti, anche quando riguardano immobili, siano inefficaci per il semplice fatto di essere stati stipulati o compiuti dopo la notifica del pignoramento al debitore, a prescindere dalla sua trascrizione e, dunque, dall'anteriorità o meno di essa rispetto alla trascrizione dell'atto in questione.

In realtà, che non sia così, lo si evince, in primo luogo, dal fatto che le norme sopra menzionate stabiliscono una regola analoga a quella dettata, in materia di pubblicità immobiliare, dall'art. 2644 c.c., che sancisce il criterio della prevalenza della formalità trascritta per prima, indipendentemente dalla data in cui è stato posto in essere l'atto cui essa si riferisce, equiparando, con riguardo agli atti ivi considerati, il creditore procedente a un avente causa dal debitore esecutato e accordando così la prevalenza a chi ha trascritto per primo; in secondo luogo, dall'art. 2693 c.c., che, con riferimento all'espropriazione di beni mobili iscritti in pubblici registri, impone che, dopo la notificazione, l'atto di pignoramento venga trascritto per gli effetti disposti dagli artt. 2913,2914,2915 e 2916 c.c., a conferma del fatto che è la trascrizione del pignoramento ad assumere rilievo determinante al fine di stabilire l'opponibilità o meno degli atti dispositivi aventi per oggetto il bene assoggettato a espropriazione forzata e parimenti soggetti a trascrizione, derivando la necessità di tale espressa previsione dal fatto che, nel nostro ordinamento, la trascrizione è una forma di pubblicità avente efficacia normalmente dichiarativa, sicché le norme che in materia immobiliare le attribuiscono efficacia costitutiva sono da considerarsi eccezionali e, come tali, insuscettibili di estensione analogica.

D'altra parte, ancorare l'opponibilità del vincolo derivante dal pignoramento non già alla notificazione dell'atto al debitore, ma alla sua trascrizione, è l'unica soluzione che consente di contemperare gli interessi dei creditori con quelli dei terzi, che sono in grado di venire a conoscenza dell'esistenza di un tale vincolo solo grazie alle risultanze della pubblicità immobiliare, sicché sarebbe incongruo e irragionevole fare retroagire la sanzione dell'inefficacia a un momento antecedente all'espletamento della formalità, ovvero al compimento di un atto (la notifica del pignoramento) di cui non possono obiettivamente avere contezza per non esserne destinatari e non partecipandovi in alcun modo.

Di qui, la fondamentale importanza che la legge riconnette alla trascrizione del pignoramento, che, secondo la ricostruzione accolta dalla giurisprudenza (si veda, in particolare, Cass. civ., sez. III, 20 aprile 2015, n. 7998), rappresenta vero e proprio elemento costitutivo del pignoramento immobiliare, che ha inizio con la notifica, ma si completa e si perfeziona – nella sua forma particolare delineata dall'art. 555 c.p.c. – solo con la trascrizione, che il sistema individua quale momento rilevante al fine di stabilire l'opponibilità o meno degli atti che comportano l'alienazione o limitazioni di disponibilità dei beni pignorati.

Infatti, se è vero che alla notificazione dell'atto deve riconoscersi e attribuirsi un'efficacia autonoma, giacché segna, da un lato, l'insorgenza del vincolo di indisponibilità del bene e degli obblighi di custodia in capo al debitore e, dall'altro lato, l'inizio del processo esecutivo (assumendo rilievo sia ai fini della verifica dell'osservanza del termine di efficacia del precetto previsto dall'art. 481 c.p.c., che dovrà quindi considerarsi rispettato se, prima della sua scadenza, il pignoramento sia stato notificato al debitore, sia per individuare il momento iniziale di decorrenza di quello per il deposito dell'istanza di vendita stabilito dall'art. 497 c.p.c.), la trascrizione ha un peculiare rilievo a fini tanto sostanziali (in virtù delle regole che ricollegano a essa le condizioni di opponibilità degli atti che hanno per oggetto i beni pignorati), quanto processuali (non potendo il giudice dell'esecuzione ordinare la vendita dell'immobile se il pignoramento non è stato trascritto).

A questo proposito, è bene sottolineare che l'impedimento alla vendita del bene pignorato che deriva dalla mancata trascrizione del pignoramento ha una giustificazione non dissimile da quella che discende dall'eventuale assenza di continuità delle trascrizioni, che costituisce anch'essa elemento ostativo alla liquidazione dell'immobile assoggettato a espropriazione forzata (come ribadito, da ultimo, da Cass. civ., sez. III, 17 ottobre 2023, n. 28846).

Fermo restando, infatti, che il pignoramento e la sua trascrizione non determinano la perdita della proprietà (o del diverso diritto reale pignorato) in danno del debitore, che la mantiene fino all'emissione del decreto di trasferimento, non fungendo quindi la trascrizione del pignoramento da elemento di collegamento tra l'esecutato (dante causa) e l'aggiudicatario o assegnatario (avente causa) nella catena di acquisti che riguardano l'immobile assoggettato a espropriazione forzata, in entrambi i casi le fattispecie che vengono in considerazione partecipano della medesima ratio, che è quella di consentire al processo esecutivo di conseguire il suo scopo, da identificarsi nella soddisfazione dei creditori attraverso il ricavato dalla liquidazione del bene pignorato mediante la sua vendita: obiettivo che non potrebbe raggiungersi se l'acquisto dell'aggiudicatario o dell'assegnatario fosse pregiudicato o vanificato da terzi titolari di diritti opponibili, visto che la regola dettata dall'art. 2921 c.c. consente all'acquirente in sede esecutiva che abbia subito l'evizione di rivalersi nei confronti di coloro che si siano visti assegnare le somme ricavate dalla vendita del bene.

Di qui, la preclusione a disporre la liquidazione dell'immobile sia quando manchi la continuità delle trascrizioni, sia quando manchi la trascrizione del pignoramento, stante il rischio che, in entrambi i casi, soggetti diversi dal debitore esecutato possano fondatamente rivendicare la proprietà del bene pignorato o la titolarità di altri diritti reali capaci di condizionare l'acquisto dell'aggiudicatario in virtù di atti che, in quanto regolarmente trascritti, risultano opponibili, ai sensi dell'art. 2919 c.c., tanto ai creditori, quanto all'acquirente in sede esecutiva.

La trascrizione del pignoramento, dunque, integra elemento perfezionativo della fattispecie delineata dall'art. 555 c.p.c. perché, combinando i propri effetti con la trascrizione del successivo decreto di trasferimento, risulta teleologicamente destinata a preservare la fruttuosità dell'acquisto (a titolo derivativo) del diritto immobiliare staggito da parte dell'aggiudicatario o dell'assegnatario, poiché la sua assenza mina in radice la stessa possibilità di realizzare un'efficace traslazione del bene staggito (Cass. civ., sez. III, 14 marzo 2024, n. 6873).

Occorre, peraltro, considerare che la trascrizione del pignoramento, ovvero il momento in cui essa è effettuata, assume rilievo anche al fine di verificare la completezza della documentazione che il creditore procedente è tenuto a depositare ai sensi dell'art. 567 c.p.c., visto che la norma fa decorrere proprio da essa il ventennio a ritroso rispetto al quale vanno acquisti e dimessi i certificati delle trascrizioni e delle iscrizioni relative all'immobile pignorato o va prodotto il certificato notarile sostitutivo.

In virtù di quanto stabilito dall'art. 2668-ter c.c., la trascrizione del pignoramento ha efficacia per vent'anni dalla data in cui è stata eseguita, sicché, perché continui a mantenere e produrre i propri effetti, va rinnovata prima che sia decorso tale lasso di tempo, analogamente a quanto è a dirsi per l'ipoteca (art. 2847 c.c.), per il sequestro conservativo (si veda sempre l'art. 2668-ter c.c.) e per le domande giudiziali (art. 2668-bis c.c.).

Nel caso in cui il pignoramento sia stato preceduto da un sequestro conservativo (che, quando ha per oggetto beni immobili, si esegue con la trascrizione del provvedimento che l'ha autorizzato presso la conservatoria dei registri immobiliari del luogo in cui sono situati i beni, come dispone l'art. 679 c.p.c.), non occorre, una volta verificatasi la conversione della misura cautelare in pignoramento a termini dell'art. 686 c.p.c., procedere a una nuova trascrizione, ma bisogna annotare la sentenza di condanna esecutiva ottenuta dal creditore sequestrante a margine della trascrizione del sequestro nel termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione della pronuncia, com'è previsto dall'art. 156, comma 2, disp. att. c.p.c.

La giurisprudenza ha chiarito, a più riprese, che tale adempimento è condizione non già della conversione del sequestro in pignoramento (che si verifica ope legis nel momento in cui viene emessa la sentenza di condanna esecutiva), bensì di efficacia del pignoramento in cui si è automaticamente convertito il sequestro conservativo eseguito, sicché la sua mancata tempestiva esecuzione determina la chiusura anticipata dell'espropriazione.

Il contenuto della nota di trascrizione

L'art. 555 c.p.c., nel disciplinare la forma del pignoramento immobiliare, si limita a stabilire il modo in cui nell'atto debbono essere indicati i beni e i diritti assoggettati a espropriazione, attraverso il riferimento alle disposizioni dettate in materia di ipoteca: così, in virtù di quanto previsto dall'art. 2826 c.c., occorre menzionare specificamente la natura dell'immobile, il comune in cui è ubicato e i suoi dati di identificazione catastale (ovvero quelli del terreno su cui insiste, se si tratta di fabbricato in corso di costruzione).

Anche nella nota di trascrizione del pignoramento, nella Sezione B, andranno riportati i medesimi dati, giacché la corrispondenza tra quanto riportato nell'atto di pignoramento e quanto risultante dalla nota rappresenta elemento indispensabile affinché il giudice dell'esecuzione possa disporre la vendita del bene, proprio per la natura costitutiva della formalità pubblicitaria, onde preservare la fruttuosità dell'acquisto (a titolo derivativo) del diritto immobiliare staggito da parte dell'aggiudicatario o dell'assegnatario.

Fermo restando ciò, non sempre l'indicazione – sia nell'atto di pignoramento, sia nella nota di trascrizione – di dati catastali non attuali, in quanto superati da variazioni intervenute prima del pignoramento, è causa di invalidità e inefficacia: la giurisprudenza, con orientamento che può ormai definirsi consolidato, ritiene, infatti, che, analogamente a quanto stabilito dall'art. 2841 c.c. in materia di ipoteca, nessun effetto invalidante si verifica quando non vi sia comunque incertezza sulla fisica identificazione dei beni e sussista continuità tra i dati catastali precedenti e quelli esistenti al momento dell'imposizione del vincolo, non comportando l'erroneità, di per sé considerata, alcuna confusione sui beni che si intende pignorare (in questi termini, da ultimo, Cass. civ., sez. III, 23 dicembre 2024, n. 34128).

Alla (solo apparente) discrasia derivante dalla menzione di dati catastali obsoleti può porsi rimedio avvalendosi delle risultanze della documentazione depositata ai sensi dell'art. 567 c.p.c. (qualora dia contezza dell'evoluzione degli identificativi, consentendo di ravvisare continuità tra quelli precedenti e quelli attuali), nonché delle indagini affidate all'esperto stimatore e delle relative risultanze riportate nella perizia di stima redatta ai sensi dell'art. 173-bis disp. att. c.p.c. (che, nell'individuarne il contenuto minimo, menziona proprio l'identificazione del bene, comprensiva dei suoi confini e dei dati catastali).

Ciò non toglie che l'indicazione di un identificativo catastale superato e sostituito da un altro può ingenerare quell'incertezza idonea a determinare l'invalidità del pignoramento, quando il vecchio dato catastale sia rimasto associato a un altro bene, diverso da quello che è stato pignorato: in questo, in effetti, non potrebbe affermarsi con certezza che il creditore abbia voluto pignorare un immobile (quello cui in passato era associato un identificativo catastale che ora è riferito a un diverso bene), piuttosto che l'altro (quello che è ora identificato in modo diverso rispetto a quanto riportato nell'atto di pignoramento).

Sebbene l'art. 2912 c.c. preveda l'estensione del pignoramento agli accessori, alle pertinenze e ai frutti della cosa pignorata, quand'anche non espressamente menzionati, va prestata attenzione all'indicazione – tanto nell'atto di pignoramento, quanto nella nota di trascrizione – dei beni che, pur costituendo pertinenza o accessione di quello principale pignorato, siano catastalmente identificati in modo autonomo: la mancata indicazione espressa, nel pignoramento e nella relativa nota di trascrizione, dei dati catastali – propri, esclusivi e univoci – di una pertinenza, a fronte dell'espressa indicazione di quelli – diversi e distinti – di altri beni, integra, in difetto di ulteriori e altrettanto univoci elementi deponenti in senso contrario (eventualmente ricavabili, per esempio, da idonee menzioni contenute nel quadro relativo alla descrizione dell'oggetto o nel quadro “D” della nota di trascrizione), una diversa risultanza dell'atto di pignoramento e della sua nota di trascrizione, idonea a rendere inoperante la presunzione di cui all'art. 2912 c.c. (Cass. civ., sez. III, 21 maggio 2014, n. 11272).

Nella Sezione C della nota di trascrizione vanno inseriti i dati del creditore (quale soggetto a favore del quale è presa la trascrizione) e quelli del soggetto passivo dell'espropriazione (vale a dire, il debitore, ovvero il terzo proprietario).

Come noto, in virtù di quanto affermato da Cass. civ., sez. III, 14 marzo 2013, n. 6575, quando si tratti di immobile assoggettato al regime di comunione legale, il pignoramento va effettuato nei confronti non solo del coniuge debitore, ma pure dell'altro, da ritenersi, dunque, parte del processo di espropriazione forzata, sicché pure i suoi dati andranno riportati nella nota di trascrizione del pignoramento (nella sezione dedicata ai soggetti contro i quali viene presa la formalità).

La trascrizione deve riguardare un soggetto esistente: così, è stata affermata l'invalidità, ex artt. 2659 e 2665 c.c., della trascrizione del pignoramento eseguita contro il trust (che non è un ente dotato di personalità giuridica, né di soggettività, ma un mero insieme di beni e rapporti destinati a un fine determinato), anziché contro il trustee (unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi, non quale legale rappresentante del trust, ma come colui che dispone del diritto), per assoluta indeterminatezza sotto il profilo del soggetto (inesistente) cui la formalità si riferisce, non potendo tale invalidità essere evitata attraverso l'indicazione del nominativo del trustee nella Sezione D della nota di trascrizione, dal momento che le informazioni facoltativamente ivi inserite sono volte a specificare e chiarire le informazioni contenute nelle sezioni precedenti (e non già a modificarle), sicché l'erronea indicazione nella Sezione C del soggetto contro cui viene presa la trascrizione non può essere sanata in questo modo (Cass. civ., sez. III, 27 gennaio 2017, n. 2043 e, da ultimo, Cass. civ., sez. III, 23 dicembre 2024, n. 34075).

Infine, l'art. 561 c.p.c., al comma 1, impone al conservatore di fare menzione, nella nota di trascrizione che restituisce, dei pignoramenti precedentemente trascritti che hanno colpito i medesimi immobili, affinché, avendo evidenza di tale circostanza e ricorrendone le condizioni, sia consentito lo svolgimento di un unico processo esecutivo.

Il deposito della nota di trascrizione

Sulla scorta di quanto previsto dall'art. 555 c.p.c., una volta notificato l'atto di pignoramento, la trascrizione può essere effettuata:

- dall'ufficiale giudiziario (comma 2);

- dal creditore pignorante (comma 3), che, a tale scopo, dovrà farsi rilasciare dall'ufficiale giudiziario copia autentica dell'atto, da presentare, unitamente alla redigenda nota di trascrizione, al competente conservatore dei registri immobiliari (da individuarsi in quello del luogo nella cui circoscrizione sono situati i beni immobili pignorati, giusta quanto stabilito dall'art. 2663 c.c.).

Il successivo art. 557 c.p.c., nella versione risultante dalle modifiche apportate dal d.lgs. n. 164/2024, stabilisce che, eseguita l'ultima notificazione, l'ufficiale giudiziario consegna al creditore l'atto di pignoramento e la nota di trascrizione restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari (comma 1), onde consentire l'iscrizione a ruolo del processo esecutivo mediante il deposito di copie (munite di attestazione di conformità all'originale), oltre che del titolo esecutivo, del precetto e dell'atto di pignoramento, anche della nota di trascrizione, entro quindici giorni da detta consegna, a pena di inefficacia del pignoramento (comma 2); l'ultimo inciso del medesimo comma 2, peraltro, prevede che, nell'ipotesi contemplata dal comma 3 dell'art. 555 c.p.c., ossia quando alla trascrizione del pignoramento non abbia provveduto l'ufficiale giudiziario, ma il creditore pignorante, questi deve depositare la nota di trascrizione appena restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari.

Sotto tale profilo, il contenuto della disposizione non diverge sostanzialmente da quello vigente prima della modifica introdotta dal d.lgs. 164/2024, se non per il fatto che la sanzione dell'inefficacia del pignoramento per tardivo deposito della documentazione prescritta era allora comminata dal comma 3 dell'art. 557 c.p.c., che, tuttavia, non faceva menzione della nota di trascrizione.

Così, proprio per effetto di questo disallineamento tra la precedente formulazione dei commi 2 e 3 dell'art. 557 c.p.c., erano sorti dubbi sulla necessità di depositare, nel termine di quindici giorni dalla restituzione degli atti da parte dell'ufficiale giudiziario, anche copia della nota di trascrizione.

Dubbi alimentati da una discutibile pronuncia di legittimità (il riferimento è a Cass. civ., sez. III, 11 marzo 2016, n. 4751), invero rimasta isolata e disattesa in molti uffici giudiziari proprio per l'opinabilità della conclusione cui era giunta (peraltro in via di obiter dictum), secondo cui, per evitare una manifesta contraddizione con il disposto del comma 2 dell'art. 557 c.p.c., che accomunava al deposito del titolo esecutivo, del precetto e dell'atto di pignoramento, anche quello della nota di trascrizione, occorreva dedurre che, nonostante il silenzio del legislatore, anche quest'ultima andasse depositata entro quindici giorni dalla sua restituzione da parte del conservatore, nel caso in cui alla formalità avesse provveduto il creditore, dovendosi così interpretare – per ragioni di coerenza del sistema e per evitare censure di illegittimità costituzionale della norma per manifesta irragionevolezza – il sintagma “appena restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari” contenuto nell'ultimo periodo del comma 2 dell'allora vigente art. 557 c.p.c.

Va detto, peraltro, che le modifiche apportate dal d.lgs. n. 164/2024 al testo dell'art. 557 c.p.c. con l'obiettivo di fare definitiva chiarezza sul punto, non hanno per ciò solo eliminato tutte le perplessità suscitate dalla previgente formulazione della norma.

In effetti, l'attuale comma 2 dell'art. 557 c.p.c. stabilisce che “Il creditore iscrive a ruolo il processo presso il tribunale competente per l'esecuzione depositando copie conformi del titolo esecutivo, del precetto, dell'atto di pignoramento e della nota di trascrizione entro quindici giorni dalla consegna dell'atto di pignoramento, a pena di inefficacia del pignoramento stesso. La conformità di tali copie è attestata dall'avvocato del creditore ai soli fini del presente articolo. Nell'ipotesi di cui all'articolo 555, ultimo comma, il creditore deve depositare la nota di trascrizione appena restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari”.

Fermo restando che l'art. 555 c.p.c. continua a prevedere la duplice possibilità che alla trascrizione del pignoramento provveda l'ufficiale giudiziario (comma 2) o il creditore pignorante (comma 3), è stato adombrato il dubbio che, imponendo al creditore che iscrive a ruolo il pignoramento di depositare copie conformi del titolo esecutivo, del precetto, dell'atto di pignoramento e della nota di trascrizione entro quindici giorni dalla consegna dell'atto di pignoramento e non facendo alcuna distinzione a seconda che la restituzione di esso sia accompagnata o meno dalla consegna della nota di trascrizione, l'art. 557 c.p.c. non distingua, ai fini dell'operatività della sanzione dell'inefficacia, a seconda che il pignoramento sia stato trascritto dall'ufficiale giudiziario piuttosto che dal creditore.

Tuttavia, poiché una tale distinzione risulta dall'ultimo periodo del comma 2 dell'art. 557 c.p.c., dove viene precisato che, nell'ipotesi di cui all'ultimo comma dell'art. 555 c.p.c. (ossia quando la trascrizione sia stata curata dal creditore pignorante), il deposito della nota dev'essere effettuato non appena avvenutane la restituzione da parte del conservatore, si è condivisibilmente osservato che, nonostante la non impeccabile formulazione della norma, l'intentio legis che traspare dall'intervento riformatore consente di affermare che, in realtà, l'unica soluzione ragionevole è quella che esclude l'inefficacia del pignoramento quando la trascrizione sia curata dal creditore pignorante e la nota non sia depositata entro quindici giorni dalla restituzione dell'atto di pignoramento da parte dell'ufficiale giudiziario.

Di conseguenza:

- se alla trascrizione del pignoramento ha provveduto l'ufficiale giudiziario, il creditore, entro quindici giorni dalla restituzione dell'atto di pignoramento, deve depositare anche la nota di trascrizione contestualmente restituitagli dall'ufficiale giudiziario, a pena di inefficacia;

- se alla trascrizione del pignoramento ha provveduto il creditore pignorante, egli deve depositare la nota (non già nel termine di quindici giorni dalla consegna dell'atto di pignoramento notificato da parte dell'ufficiale giudiziario, ma) non appena gli sia stata restituita dal conservatore dei registri immobiliari, senza che tale omissione sia sanzionata con l'inefficacia del pignoramento.

Si è, dunque, concluso che ciò che rileva è che la trascrizione del pignoramento e il deposito della relativa nota – sempre nell'ipotesi in cui la formalità sia stata curata dal creditore pignorante – intervengano prima dell'udienza in cui il giudice dell'esecuzione, deliberando sull'istanza di vendita, emetta l'ordinanza prevista dall'art. 569 c.p.c. (tesi sostenuta dalla giurisprudenza di merito pronunciatasi sul tema: si vedano, per esempio, Trib. Verona, 19 dicembre 2024 e Trib. Torino, 10 gennaio 2025), anche se non manca un'interpretazione più rigorosa, che sostiene la necessità che il deposito avvenga prima del decorso del termine stabilito per la produzione della documentazione prescritta dall'art. 567 c.p.c., determinandosi, in caso contrario, una causa di improcedibilità dell'esecuzione, da cui dovrebbe farsi derivare l'estinzione atipica del processo esecutivo.

A questo proposito, è stato precisato che, costituendo la trascrizione elemento perfezionativo del pignoramento immobiliare, il giudice dell'esecuzione è tenuto a verificarne l'avvenuto compimento, quando sia chiamato a delibare sull'istanza di vendita, sicché la mancata trascrizione (o la mancata prova di essa) osta all'avvio della fase di liquidazione del bene e determina la chiusura anticipata del processo esecutivo per impossibilità dello stesso di pervenire al suo esito fisiologico, rappresentato dal trasferimento dell'immobile staggito che sia opponibile ai terzi, con provvedimento impugnabile non mediante reclamo ai sensi dall'art. 630 c.p.c. (non trattandosi di ipotesi di estinzione tipica del processo esecutivo), bensì con l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 14 marzo 2024, n. 6873).

L'art. 557 c.p.c. prescrive che della nota di trascrizione – così come del titolo esecutivo, del precetto e dell'atto di pignoramento – venga depositata copia conforme, ossia munita di attestazione di conformità ai sensi degli artt. 196-nonies e 196-undecies disp. att. c.p.c.

La prescrizione, peraltro, si riferisce testualmente all'ipotesi in cui la nota di trascrizione viene restituita dall'ufficiale giudiziario, quando lo stesso abbia curato direttamente l'esecuzione della formalità, essendo contenuta nel periodo del comma 2 dell'art. 557 c.p.c. che fissa il termine di quindici giorni dalla consegna dell'atto di pignoramento per il suo deposito; non vi è motivo, tuttavia, di escludere che lo stesso valga anche nel caso in cui la trascrizione sia effettuata dal creditore – come, del resto, avviene pressoché sempre – e, di conseguenza, che l'attestazione di conformità debba essere apposta pure quando la nota sia consegnata (non dall'ufficiale giudiziario, ma) dal conservatore.

A questo proposito, va segnalato che presso alcuni uffici è stata avviata la prassi di non rilasciare più il duplo cartaceo della nota di trascrizione del pignoramento, bensì un duplicato informatico, che il creditore può scaricare autonomamente dall'apposito sito dell'Agenzia delle Entrate; a rigore, dunque, non sarebbe né necessario, né possibile attestare la conformità di detto duplicato informatico, vuoi perché quello che viene depositato nel fascicolo del processo esecutivo è esattamente lo stesso file scaricato dal sito dell'Agenzia delle Entrate (sicché non si verifica alcun mutamento di stato – da documento analogico a documento informatico, o viceversa – che giustifica la necessità di attestare la conformità tra le due versioni del documento), vuoi perché l'avvocato può attestare la conformità solo di ciò che è presente nel fascicolo informatico del processo (e non di quanto acquisito o estrapolato da siti, banche dati o pubblici registri).

La prudenza, tuttavia, consiglia di inserire comunque un'attestazione di conformità, per quanto irrituale possa essere considerata alla luce di quanto innanzi osservato, al fine di attenersi a ciò che tutt'ora continua a prescrivere l'art. 557 c.p.c.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.