Illegittimità dell’anticipazione mensile del TFR senza causale e conseguenze sul piano contributivo
02 Luglio 2025
Massima È da escludere che le condizioni di maggior favore che il patto individuale del contratto di lavoro può introdurre al regime legale di anticipazione del TFR, ai sensi dell'art. 2120, ult. co., c.c., possano concretarsi in una anticipazione mensile del TFR non sostenuta da alcuna specifica causale. Il caso In riforma della pronuncia di primo grado, la Corte di Appello di Bologna dichiarava insussistente l'obbligazione contributiva contestata dall'INPS in un verbale di accertamento emesso nei confronti di una società. In particolare, secondo la Corte territoriale, l'anticipazione del TFR corrisposta mensilmente in busta paga ai lavoratori in un determinato periodo temporale, sulla base di un accordo contenuto nel contratto di lavoro era legittima. Il Giudice di seconde cure, riteneva, infatti, che l'autonomia negoziale privata abbia la possibilità di pattuire un regime dell'anticipazione del TFR più favorevole per le parti rispetto a quello legale. Avverso la predetta decisione ricorreva in cassazione l’INPS ribadendo il proprio diritto all’assoggettamento dell’erogazione in questione a trattamento contributivo. Resisteva la società, richiamando anche la precedente sentenza 4133/2007 con cui il Supremo Collegio si era pronunciata in favore dell’azienda su questione analoga. La questione Si tratta di valutare se sia legittimo concordare con i lavoratori l’anticipazione mensile del TFR al di fuori delle condizioni normative, atteso il disposto, lo schema giuridico e le finalità dell’art. 2120 c.c.. Le soluzioni giuridiche La Corte di cassazione, con la sentenza in commento ha accolto il ricorso dell'INPS ritenendo che sia da escludere che le condizioni di maggior favore che il patto individuale del contratto di lavoro può introdurre al regime legale di anticipazione del TFR ai sensi dell'art.2120, ult. co., c.c., possano concretarsi in una anticipazione mensile del TFR non sostenuta da alcuna specifica causale. La Suprema Corte previene alla predetta conclusione partendo dall'analisi dei presupposti previsi per lo schema legale dell'anticipazione del TFR che vengono così sintetizzati:
L'ultimo comma dell'art. 2120 c.c. prevede che condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi o da patti individuali e che i contratti collettivi possono altresì stabilire criteri di priorità per l'accoglimento delle richieste di anticipazione. Secondo la Corte, le predette condizioni di maggior favore devono intendersi volte ad ampliare i limiti fissati dai commi precedenti ai presupposti dell'anticipazione, non anche a snaturare il meccanismo dell'anticipazione e, correlativamente, del TFR. Così, il patto individuale può ad esempio prevedere importi di anticipazione superiori al 70% o causali di anticipazione ulteriori rispetto a quelle fissate dall'art. 2120 c.c. Quest'ultimo era il caso affrontato dal precedente richiamato dalla controricorrente (Cass. 4133/2007) che aveva ritenuto legittima l'anticipazione una tantum per ragioni diverse da quelle indicate all'art. 2120 c.c. (i.e. erogazione effettuata da parte dell'azienda al dipendente per le spese funerarie a seguito del decesso della moglie). Detta sentenza, però, non statuiva la possibilità che l'anticipazione avvenga non già una tantum ma mensilmente, e nemmeno riteneva che l'anticipazione possa essere svincolata da qualsiasi causale, come è invece nel caso di specie. In definitiva, il Supremo Collegio ha ritenuto che l'anticipazione del TFR operata in modo continuativo mediante accredito mensile nella busta paga snaturi la funzione dell'anticipazione quale deroga, per ragioni eccezionali da soddisfare una tantum, alla regola generale per cui il TFR deve essere accantonato mensilmente. L'anticipazione mensile, peraltro senza causale, contrasta irrimediabilmente con l'accantonamento mensile del TFR, e fa sì che l'anticipazione non sia più una deroga eccezionalmente prevista alla regola di accantonamento mensile, ma si ponga quale sistema pattizio capace di contrastare, e svuotare, il meccanismo di funzionamento legale del TFR. Osservazioni La pronuncia di legittimità in commento fa eco all'intervento dell'INL che, con nota 3 aprile 2025 n. 616, ha fornito un parere rispetto alla legittimità della prassi, riscontrata in sede ispettiva, di anticipare mensilmente il TFR come rateo in busta paga. L'Ispettorato Nazionale, dopo aver ripercorso la natura, i presupposti e i requisiti previsti e le deroghe ammesse dall'art. 2120 c.c. – seguendo l'iter logico-giuridico analogo a quello della sentenza della Corte - ritiene che la pattuizione collettiva o individuale in deroga alla regola generale, possa avere ad oggetto un'anticipazione dell'accantonamento maturato al momento della pattuizione (escludendo quindi le quote non ancora maturate) e non un mero trasferimento automatico del rateo mensile in busta paga, che costituirebbe una mera integrazione retributiva rilevante ai fini contributivi. Per quanto riguarda le conseguenze sul piano ispettivo, l'INL ritiene che, laddove si ravvisino ipotesi irregolari di anticipazione del TFR, il personale ispettivo dovrà intimare al datore di lavoro di accantonare le quote di TFR illegittimamente anticipate attraverso l'adozione del provvedimento di disposizione (art. 14 d.lgs. 124/2004). Cercando di trovare un punto mediano sul tema alla luce di predetti interventi giurisprudenziali e amministrativi che hanno già suscitato commenti e osservazioni critiche dai primi commentatori (cfr. Marco Menegotto, Anticipo del TFR: una inspiegabile querelle in Bollettino ADAPT 26 maggio 2025, n. 20; Enrico Maria D'Onofrio e Arturo Maresca, Un accordo individuale può consentire di erogare il Tfr mensilmente in ilSole24Ore 6 maggio 2025), la questione sembra vertere sui due seguenti punti di attenzione. Da un lato - sotto il profilo giuslavoristico – rileva la natura di retribuzione differita del TFR che non ne consente la maturazione del diritto da parte del lavoratore se non con la cessazione del rapporto (tra le molte Cass. 3894/2010) e che ne ammette l'anticipazione parziale solo alle condizioni, normativamente previste, ricordate dalla sentenza della Corte di Cassazione in commento. In merito, vi è una lettura restrittiva in chiave di tutela del lavoratore, secondo cui le ipotesi di di anticipazioni ammesse sarebbero tassative in quanto si tratterebbe di una somma destinata a sostenere economicamente il lavoratore, anche in funzione previdenziale, nel periodo successivo alla cessazione del rapporto (è l'interpretazione dell'INL nella nota 616/2025). Secondo questa lettura, in mancanza delle predette condizioni, l'erogazione in questione perderebbe la natura di TFR con ogni conseguenza in termini di riqualificazione sul piano giuridico, contributivo e fiscale. Di contro, vi è un'interpretazione che ritiene che i casi tipici di anticipazione del TFR normativamente previsti sarebbero volti a tutelare le aziende nella misura in cui sarebbero stati previsti per evitare che le stesse siano chiamate a continui esborsi, inconciliabili con le esigenze di una corretta pianificazione finanziaria (Massimo Cundari, L'anticipazione del Tfr tra ipotesi tassative e libertà contrattuale in ilSole24Ore 13 gennaio 2025 e già Giuseppe Pera, Il Trattamento di Fine Rapporto, in Foro It., 5/1986, pag. 217). Conseguenza di questa lettura sarebbe che, in considerazione del dettato normativo dell'art. 2120 c.c. secondo cui “condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi o da patti individuali”, le condizioni previste per l'anticipazione del TFR non possono ritenersi inderogabili ed, anzi, sono sempre derogabili anche ad opera dell'autonomia contrattuale delle parti del singolo rapporto di lavoro, facilitando l'accesso all'anticipazione, che, in questo senso, è di miglior favore per il lavoratore. Dall'altro lato, vi sono considerazioni di carattere fiscale e contributivo. Il TFR e le sue anticipazioni non costituiscono retribuzione imponibile ai fini previdenziali e, pertanto, su tali somme non sono dovuti contributi previdenziali. Dal punto di vista fiscale per il TFR trova applicazione il regime della tassazione separata, rispetto a quella ordinaria prevista per la retribuzione. Ne segue che, tornando alla fattispecie decisa dalla Suprema Corte, in mancanza delle condizioni previste dalla norma per l'anticipazione del TFR, le erogazioni non possono essere ritenute anticipazioni del TFR stesso e, quindi, si traducono in elementi retributivi assoggettati ad obbligo contributivo (come già indicato da Cass. 4670/2021), nonché a diverso regime fiscale, più penalizzante per il lavoratore. La posizione della Corte di Cassazione nella sentenza in commento, così come quella esposta dall'INL predetta nota, pare fondarsi su una qualificazione discutibile della natura e della funzione del TFR (che forse andrebbe rivalutata anche alla luce dell'evoluzione storica e sociale dell'istituto e dell'attuale contesto lavorativo), esprimendosi in base a precedenti giurisprudenziali non perfettamente sovrapponibili (e comunque non risolutivi nei termini esposti) ed omettendo di considerare che esistono ipotesi ammesse di accordi di conglobamento del TFR nella retribuzione sia a livello collettivo (cfr. CCNL per gli operai agricoli e florovivaisti del 27 novembre 1991 e successivi rinnovi che permette il conglobamento del TFR nella paga giornaliera e/o oraria con erogazione mensile; cfr. sulla fattispecie Cass. 10546/2007, Cass. 935/2011, Cass. 562/2011.) sia a livello individuale, richiamando la giurisprudenza che ritiene legittimi i c.d. patti di conglobamento purché dagli stessi risultino gli specifici titoli cui è riferibile la prestazione patrimoniale complessiva (cfr. Cass. 27027/2008, Cass. 8255/2010, Cass. 46/2017, Cass. 1644/2018) e l'erogazione mensile del TFR anticipato risulti nella busta paga in modo distinto dalle altre attribuzioni e indennità. Inoltre, la predetta interpretazione pare non aver considerato le implicazioni pratiche nei rapporti tra datore di lavoro, lavoratore ed enti che la diversa qualificazione della natura delle anticipazioni di TFR erogate in corso di rapporto possono provocare. Il venir meno del titolo che ha portato alla richiesta del lavoratore e all'anticipazione da parte del datore di lavoro dell'erogazione economica (che si fonda pur sempre su un accordo tra le parti), infatti, porterebbe non solo alle ovvie incertezze e iniziative che coinvolgerebbero gli enti pensionistici-assicurativi e l'Agenzia delle Entrate per motivi impositivi conseguenti alla diversa qualificazione del titolo e alla relativa imponibilità (retribuzione, prestito, liberalità?), ma coinvolgerebbe inevitabilmente anche lo stesso lavoratore che potrebbe essere destinatario di azione di restituzione da parte del datore di lavoro (venuto meno il titolo) vanificando, così, l'obiettivo di agevolazione del lavoratore sotteso alla norma. |