Secondo l'art. 326 c.p.c., per accelerare il decorso del termine per impugnare è necessario notificare alla controparte il provvedimento oggetto dell'eventuale impugnazione; in mancanza di notificazione, trova applicazione il c.d. “termine lungo” di cui all'art. 327 c.p.c.
Gli effetti acceleratori della notificazione del provvedimento da impugnare si producono tanto per il notificante che per i destinatari della notificazione medesima: tanto si ricava ulteriormente dalla lettura dell'art. 326 c.p.c.
Occorre, tuttavia, interrogarsi se esistano, e quali siano, le ipotesi in cui l'accelerazione del termine può essere ricollegata alla notificazione tra le parti di altri atti processuali che, diversi da quello letteralmente previsto dall'art. 326 c.p.c., abbiano tuttavia in sé caratteristiche implicitamente equipollenti e cui, pertanto, possano attribuirsi i medesimi effetti.
Il caso in esame attiene, in particolare, all'ipotesi in cui una parte notifichi all'altra il proprio atto di impugnazione avverso il provvedimento reso nel grado inferiore.
Ma altri esempi potrebbero individuarsi anche nelle ipotesi in cui una parte notifichi all'altra il provvedimento non già ai fini dichiaratamente acceleratori di cui all'art. 326 c.p.c., bensì per fini esecutivi e, in generale, ogniqualvolta il provvedimento depositato sia citato e/o allegato a un atto processuale notificato alle controparti nella pendenza del termine per impugnare.
Secondo l'ordinanza 21 novembre 2024, n. 30031, la mera ricezione della notificazione di un atto di impugnazione non consente di ritenere che colui che l'ha ricevuta abbia avuto legale conoscenza della sentenza impugnata, né direttamente, posto che l'impugnazione si limita a citare il provvedimento, ma non ne contiene l'integrale trascrizione, né in via presuntiva, posto che per far decorrere il termine breve di impugnazione occorre la certezza che il soggetto abbia avuto conoscenza dell'intero provvedimento. Si aggiunge che se il legislatore avesse collegato la presunzione di conoscenza alla mera possibilità di conoscere il contenuto del provvedimento, tale circostanza sarebbe esistente per il solo fatto della sua pubblicazione, di talché il sistema previsto dal codice di rito, per effetto del combinato disposto degli artt. 326 e 327 c.p.c., non avrebbe alcun senso, dal momento che, al contrario, l'effetto acceleratorio è individuato dalla citata normativa non già in via presuntiva, bensì in via legale come effetto di un preciso atto processuale: la notificazione del provvedimento da impugnare. Tanto comporta che, in difetto di notificazione, per tutte le diverse ipotesi in cui il provvedimento da impugnare sia meramente citato nel diverso atto processuale posto in essere, trova applicazione il solo termine c.d. “lungo”, questo sì certamente decorrente in via automatica dalla data di pubblicazione del provvedimento da impugnare. La previsione del secondo comma dell'art. 326 c.p.c., laddove sembra equiparare notifica dell'impugnazione e notifica della sentenza, si spiega in realtà in maniera del tutto diversa, giacché prevede l'ipotesi in cui ci si trovi in presenza di un processo con pluralità di parti in cause scindibili, in cui la sentenza sia stata validamente impugnata da e nei confronti di una delle parti e ha lo scopo di evitare che il giudice debba disporre l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 332 c.p.c.
L'ordinanza 20 novembre 2020, n. 26427, al contrario, afferma che la notificazione di un'impugnazione equivale in ogni caso, anche per la parte destinataria, alla notificazione della sentenza stessa ai fini della decorrenza del termine breve per proporre impugnazione, la cui tempestività va, quindi, accertata in tal caso non già con riferimento al termine di sei mesi dal deposito della pronuncia impugnata (art. 327 c.p.c.), ma con riferimento a quello accelerato di cui all'art. 325 c.p.c.
A tale regola fa eccezione la sola ipotesi di sospensione del termine di impugnazione, ove prevista dalla legge, la quale, peraltro, non incide sull'effetto acceleratorio connesso alla notificazione dell'atto di impugnazione, bensì si limita a sterilizzarne il decorso sino al venir meno della condizione di sospensione, decorso il quale il termine accelerato riprende a decorrere.
Tale affermazione si spiega con il principio secondo cui la notificazione dell'impugnazione determina nel suo destinatario non già una mera presunzione di conoscenza, bensì una piena legale conoscenza del provvedimento, di cui è sintomatica la proposizione della prima impugnazione, sicché anche in tali ipotesi trova applicazione direttamente l'art. 326 c.p.c.
Tale interpretazione trova conferma nell'ipotesi in cui la stessa parte abbia proposto, avverso la medesima sentenza, due successivi appelli, il primo dei quali inammissibile, senza tuttavia che, alla data di proposizione del secondo, l'inammissibilità sia stata dichiarata e senza che si sia verificata, quindi, la consumazione del potere d'impugnazione: anche in tal caso, infatti, il termine per la proposizione della seconda impugnazione decorre dalla notificazione della prima atteso che essa, al fine della conoscenza legale, deve ritenersi parimenti equipollente alla notificazione della sentenza.
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