Revocabilità della rinuncia al giudizio in seguito al mancato perfezionamento della rottamazione
21 Luglio 2025
La fattispecie La fattispecie al vaglio del Supremo Consesso trae origine dalla notifica di una cartella esattoriale nei confronti di una s.r.l., emessa a seguito di controllo automatizzato in esito al quale era stato richiesto il pagamento di oltre 120.000,00 euro. Al fine di tutelare i propri interessi, la contribuente interponeva istanza di autotutela e, contestualmente, proponeva ricorso dinanzi alla competente autorità giudiziaria tributaria. L'Ufficio erariale accoglieva parzialmente l'istanza di autotutela e il Giudice di primo grado accoglieva il ricorso societario. Pertanto, l'Agenzia delle Entrate proponeva appello che, successivamente, veniva accolto dalla Corte di giustizia di secondo grado. Avverso la sentenza di gravame, la contribuente proponeva ricorso per Cassazione, per poi rinunciarvi in ragione dell'accesso alla definizione agevolata dei carichi pendenti ex art. 3, D.L. n. 119/2018, medio tempore intervenuta. Detta rinuncia, invero, scaturiva dall'errata percezione indotta dall'Amministrazione finanziaria, rea di aver comunicato alla contribuente l'assenza di somme da versare all'atto della domanda di accesso al beneficio; somme che, in realtà, risultavano solo momentaneamente pari “a zero”, in ragione dello sgravio totale della cartella occorso in seguito alla pronuncia di primo grado favorevole alla società. A distanza di tre anni dalla rinuncia, la società depositava in atti un'istanza di revoca con cui rendeva edotta la Corte del predetto mancato perfezionamento e, di conseguenza, del venir meno del presupposto della rinuncia al giudizio, quest'ultima subordinata proprio al buon esito della procedura di definizione agevolata. La decisione della Corte Nonostante le vicissitudini giudiziarie e la gestione erariale alquanto disorientata nel caso di specie, la Suprema Corte ha statuito la legittimità della revoca della rinuncia al giudizio presentata dalla contribuente, in quanto rispondente alle soluzioni interpretative già fornite in materia dalla precedente giurisprudenza. La rinuncia resa in seguito all'accesso alla definizione agevolata dei carichi, spiega la Corte, si inserisce nella fattispecie tipica delineata dalla disciplina recata nell'art. 3, D.L. n. 119/2018 citato; il fine ultimo del contribuente non è quello di far passare in giudicato la sentenza impugnata ma quello di “sostituire alla situazione dedotta in giudizio, il regolamento emergente dalla dichiarazione di avvalimento della definizione agevolata”. Se tale “sostituzione” non avviene, in ragione del mancato perfezionamento della definizione agevolata, la rinuncia al giudizio – peraltro frutto di un'errata percezione indotta dalla stessa Amministrazione finanziaria – può legittimamente revocarsi, in modo tale che venga ristabilito l'ordine giudiziale e il ricorrente possa proseguire nell'esperimento della propria azione e, dunque, nella tutela dei propri diritti. In buona sostanza, la Corte di legittimità ha ritenuto legittimo il comportamento tenuto dalla contribuente, sottolineando come la rinuncia – al pari di ogni altro atto dispositivo delle parti nel processo civile e tributario – debba fondarsi su un presupposto effettivo che, nel caso di specie, era originariamente rappresentato dalla effettiva definizione della controversia per intervenuta rottamazione dei ruoli oggetto di giudizio. Il principio enunciato nella pronuncia in commento, per quanto semplice possa apparire, in realtà, giunge a compimento di un percorso logico che muove dall'analisi dei profili sostanziali e processuali delle disposizioni in materia di rottamazione dei ruoli. Al riguardo, si legge in Sentenza, la Corte ha già avuto modo di chiarire che: “sotto il profilo sostanziale: la dichiarazione di avvalimento del contribuente è espressione di un diritto potestativo che realizza un potere di conformazione, cioè di sostituire al regolamento della situazione sostanziale sub iudice, la nuova regolamentazione anche quantitativa del dovuto. Tale sostituzione non necessita di un'accettazione da parte dell'esattore che ha solo la possibilità di contestare la ricorrenza dei presupposti per l'applicazione della norma”. Mentre, sotto il profilo processuale, la norma prescrive l'impegno del ricorrente a rinunciare al giudizio con contestuale “avvertimento” alla Corte di Cassazione della formulazione della dichiarazione di avvalimento della definizione agevolata attraverso formale rinuncia (ovvero, indirettamente, con una richiesta che abbia anche diversa natura, quale quella tesa a dichiarare la cessata materia del contendere) intesa quale adempimento dell'impegno de quo e quindi come una rinuncia ai sensi dell'art. 390 c.p.c. sebbene disciplinata direttamente dalla legge (si veda, Cass. Sent. n. 24083/2018). Altra giurisprudenza, prosegue la Corte, si è fatta carico di dirimere la diatriba sorta in ragione dell'ambiguità delle locuzioni utilizzate nell'art. 3 del D.L. n. 119 citato, con riferimento alle nozioni di “effettivo perfezionamento della definizione agevolata” e di “documentazione attestante i pagamenti effettuati”. Ne sono scaturiti due distinti orientamenti: l'uno, in virtù del quale, ai fini dell'estinzione si rende necessario il pagamento integrale degli importi dovuti (vedi Cass., sent. n. 24479/2024); l'altro, all'opposto, che ritiene sufficiente il solo perfezionamento della procedura amministrativa di rottamazione (ex multis, Cass., sent. n. 24428/2024). La pronuncia in commento, invece, come sottolineato dalla stessa Corte ha ad oggetto una questione che si pone a monte della diatriba già oggetto dei precedenti arresti. Pertanto, può essere decisa nei termini che seguono. Nella fattispecie in esame, è la stessa procedura amministrativa della rottamazione a non essersi perfezionata. Ne discende che, la rinuncia resa a seguito di accesso alla rottamazione si inserisce nella fattispecie di cui alla disciplina specifica dell'art. 3 cit., conseguentemente “la stessa deve essere interpretata avendo riguardo al fine ultimo voluto dal dichiarante, che non è quello di far passare in cosa giudicata la sentenza impugnata, ma di sostituire alla situazione dedotta in giudizio il regolamento emergente dalla dichiarazione di avvalimento della definizione agevolata, sicché se detto effetto ultimo non si è realizzato la rinuncia – per altro indotta dall'errore dell'amministrazione finanziaria – può legittimamente essere revocata. Con riguardo ai riflessi processuali del procedimento di rottamazione, deve essere ribadito che solo la regolamentazione sopravvenuta della vicenda sostanziale rende inutile il proseguimento del processo e che tale inutilità discende direttamente dalla legge”. In virtù di tali assunti è principio di diritto quello per cui: “in tema di definizione agevolata dei carichi affidati all'agente della riscossione di cui all'art. 3, del D.L. 119 del 2018, convertito con modificazioni dalla legge n. 136 del 2018 (c.d. rottamazione – ter), la rinuncia al giudizio – presentata dal contribuente in adempimento dell'impegno assunto contestualmente alla dichiarazione di volersi avvalere della definizione- è revocabile laddove la regolamentazione sostanziale del rapporto sottesa alla definizione non sia avvenuta”. La normativa di riferimento L'Art. 372 del Codice di Procedura Civile, rubricato “Produzione di altri documenti” dispone che: “Non è ammesso il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi di giudizio, tranne di quelli che riguardano la nullità della sentenza impugnata e l'ammissibilità del ricorso e del controricorso. Il deposito dei documenti relativi all'ammissibilità può avvenire indipendentemente da quello del ricorso e del controricorso, fino a quindici giorni prima dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio”. L'art. 3 del D.L. n. 118 del 2018 rubricato “Definizione agevolata dei carichi affidati all'agente della riscossione” dispone al comma 1 che “I debiti, diversi da quelli di cui all'articolo 5 risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1°gennaio 2000 al 31 dicembre 2017, possono essere estinti, senza corrispondere le sanzioni comprese in tali carichi, gli interessi di mora di cui all'articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, ovvero le sanzioni e le somme aggiuntive di cui all'articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, versando integralmente le somme: b) maturate a favore dell'agente della riscossione, ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, a titolo di aggio sulle somme di cui alla lettera a) e di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notifica della cartella di pagamento. Il medesimo articolo al comma 4 dispone che “l'agente della riscossione fornisce ai debitori i dati necessari ad individuare i carichi definibili presso i propri sportelli e in apposita area del proprio sito internet.”. Al comma 5, dispone che: “il debitore manifesta all'agente della riscossione la sua volontà di procedere alla definizione di cui al comma 1 rendendo, entro il 30 aprile 2019, apposita dichiarazione, con le modalità e in conformità alla modulistica che lo stesso agente pubblica sul proprio sito internet nel termine massimo di venti giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto; in tale dichiarazione il debitore sceglie altresì il numero di rate nel quale intende effettuare il pagamento, entro il limite massimo previsto dal comma 1. Al comma 6, dispone che: “nella dichiarazione di cui al comma 5 il debitore indica l'eventuale pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi in essa ricompresi e assume l'impegno a rinunciare agli stessi giudizi, che, dietro presentazione di copia della dichiarazione e nelle more del pagamento delle somme dovute, sono sospesi dal giudice. L'estinzione del giudizio è subordinata all'effettivo perfezionamento della definizione e alla produzione, nello stesso giudizio, della documentazione attestante i pagamenti effettuati; in caso contrario, il giudice revoca la sospensione su istanza di una delle parti.” L'articolo 390 del Codice di Procedura Civile rubricato “Rinuncia” dispone che: “La parte può rinunciare al ricorso principale o incidentale finché non sia cominciata la relazione all'udienza, o sino alla data dell'adunanza camerale. La Rinuncia deve farsi con atto sottoscritto dalla parte e dal suo avvocato o anche da questo solo se è munito di mandato speciale a tale effetto. Dal deposito dell'atto di rinuncia è data comunicazione alle parti costituite a cura della cancelleria”. L'articolo 391 del Codice di Procedura Civile rubricato “Pronuncia sulla rinuncia” dispone che: “Sulla rinuncia e nei casi di estinzione del processo disposta per legge la Corte provvede con ordinanza in camera di consiglio, salvo che debba decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento fissati per pubblica udienza. Provvede il presidente, con decreto, se non è stata ancora fissata la data della decisione. Il decreto o l'ordinanza o la sentenza che dichiara l'estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese Il decreto ha efficacia di titolo esecutivo se nessuna delle parti chiede la fissazione dell'udienza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione. La condanna non è pronunciata, se alla rinuncia hanno aderito le altre parti personalmente o i loro avvocati autorizzati con mandato speciale. In conclusione La pronuncia in commento si innesta in un filone giurisprudenziale in via di consolidamento definitivo, per cui va certamente salutata con favore. Il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte risulta valido non solo in relazione alla rottamazione-ter ma, stante le analogie presentate in relazione al perfezionamento della procedura amministrativa delle varie definizioni agevolate, esso risulta applicabile ad ognuna delle edizioni succedutesi, permettendo dunque la revoca della rinuncia al giudizio precedentemente depositata, a condizione che non vi sia stata una reale definizione della fattispecie sostanziale. Ciò comportando che il Giudice debba proseguire il giudizio, precedentemente rinunciato, senza tenere in conto la procedura instaurata dal contribuente. |