Nuove garanzie difensive del paziente sottoposto a TSO dopo la Corte costituzionale

22 Luglio 2025

La disciplina dettata dagli artt. 33, 34 e 35 legge n. 833/1978 è conforme a Costituzione?

Massima

E' incostituzionale l'art. 35 legge n. 833/1978 (Istituzione del servizio sanitario nazionale) nella parte in cui non prevede, al primo comma, dopo le parole "deve essere", le parole "comunicato alla persona interessata o al suo legale rappresentante, ove esistente, e"; nella parte in cui non prevede, al secondo comma, dopo le parole "assunte le informazioni", le parole ", sentita la persona interessata"; nella parte in cui non prevede, al secondo comma, dopo le parole "ne dà comunicazione al sindaco", le parole "e ne dispone la notificazione alla persona interessata o al suo legale rappresentante, ove esistente".

In via consequenziale, è incostituzionale l'art. 35 legge n. 833/1978 nella parte in cui non prevede, al comma 4, dopo le parole "ne dà comunicazione", le parole "alla persona interessata o al suo legale rappresentante, ove esistente, e".

Il caso

Con ordinanza n. 24124, pronunziata in data 9 settembre 2024, la Corte di cassazione  (in IUS Processo civile (ius.giuffrefl.it), 6 dicembre 2024, con nota adesiva di MASONI, Insufficienti garanzie difensive per il paziente psichiatrico sottoposto a t.s.o.: il dubbio di legittimità costituzionale sollevato dalla Suprema Corte) ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale in ordine all'illegittimità costituzionale - per contrasto con gli artt. 2, 3, 13, 24, 32 e 111 Cost., nonché con l'art. 117 Cost. in relazione agli artt. 6 e 13 Cedu - degli artt. 3334 e 35 della legge n. 833/1978, nella parte in cui non prevedono che il provvedimento motivato con il quale il Sindaco dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera sia tempestivamente notificato all'interessato, o al suo eventuale legale rappresentante, con l'avviso che il provvedimento sarà sottoposto a convalida del giudice tutelare entro le 48 ore successive, e con l'avviso che l'interessato ha diritto di comunicare con chiunque ritenga opportuno, e di chiedere la revoca del suddetto provvedimento, nonché di essere sentito personalmente dal Giudice tutelare prima della convalida; nonché nella parte in cui non prevedono che l'ordinanza motivata di convalida del giudice tutelare sia tempestivamente notificata all'interessato, o al suo eventuale legale rappresentante, con l'avviso che può presentare ricorso ai sensi dell'art. 35 legge n. 833/1978. Invero il diritto ad un ricorso effettivo contro i provvedimenti di trattamento sanitario obbligatorio richiede che l'interessato sia tempestivamente informato del suo status giuridico e delle motivazioni alla base del provvedimento sindacale e della successiva convalida giurisdizionale. La possibilità di presentare un ricorso ex art. 35 l. n. 833/1978 deve essere concretamente attuabile, e non resa praticamente impossibile dalla mancata notifica degli atti e dalla limitata possibilità di difesa in una condizione di soggezione fisica e psichica.

La questione

La disciplina dettata dagli artt. 3334 e 35 della legge n. 833/1978 è conforme a Costituzione?

Le soluzioni giuridiche

Anzitutto, la Corte costituzionale ha ricostruito i termini dell'istituto del t.s.o. in aderenza al quadro normativo.

Si evidenzia che gli artt. 3334 e 35 della legge n. 833/1978 disciplinano i presupposti sostanziali e le condizioni procedimentali.

Sotto il  profilo sostanziale, il trattamento può essere adottato "solo se", ai sensi dell'art. 34, comma 4, della citata legge, ricorrono tre presupposti: a) l'esistenza di alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici; b) la mancata accettazione degli stessi da parte dell'infermo; c) l'assenza di condizioni e circostanze per l'adozione di tempestive e idonee misure extra-ospedaliere.

In relazione al secondo presupposto sostanziale (la mancata accettazione degli interventi), l'art. 33, comma 5, prevede che i trattamenti "devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato», prospettando il trattamento coattivo quale extrema ratio, in coerenza con il principio espresso dal primo comma della stessa disposizione, per cui «[g]li accertamenti ed i trattamenti sanitari sono di norma volontari".

La legge, inoltre, circonda il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera di garanzie procedimentali e processuali.

Tali garanzie che precedono l'adozione del provvedimento sindacale consistono in un duplice parere medico. Il provvedimento è adottato su proposta motivata di un medico (art. 33, comma 3) sottoposta a "convalida" - così testualmente l'art. 34, comma 4, ultimo periodo - di un secondo medico dell'unità sanitaria locale, dunque appartenente al servizio sanitario nazionale, normalmente uno specialista in psichiatria.

A sua volta, il sindaco adotta il provvedimento che dispone il trattamento entro quarantotto ore dalla convalida da parte dello specialista (art. 35, comma 1), motivando espressamente in ordine all'esistenza dei tre presupposti sostanziali sopra richiamati, tra cui la ricerca dell'alleanza terapeutica e l'assenza di soluzioni per ovviare al ricovero ospedaliero (art. 34, comma 4, ultimo periodo).

Costituiscono garanzie procedimentali, inoltre, il diritto della persona, nel corso del trattamento sanitario obbligatorio, di comunicare con chi ritenga opportuno e il diritto, esercitabile da chiunque, di chiedere al sindaco la revoca o la modifica del provvedimento che ha disposto il trattamento o della sua proroga (art. 33, commi 6 e 7).

Il provvedimento sindacale deve essere notificato, entro quarantotto ore dal ricovero, tramite messo comunale, al giudice tutelare nella cui circoscrizione rientra il comune (art. 35, comma 1). Il giudice tutelare, entro le successive quarantotto ore, assunte le informazioni e disposti gli eventuali accertamenti, provvede con decreto motivato a convalidare o a non convalidare il provvedimento e ne dà comunicazione al sindaco. In caso di mancata convalida, il sindaco dispone la cessazione del trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera (art. 35, comma 2). La proroga del trattamento oltre il settimo giorno ripete lo schema originario della proposta motivata del medico, del provvedimento sindacale e della convalida giurisdizionale (art. 35, quarto comma).

Il controllo giurisdizionale sui provvedimenti adottati, avviene nella forma del contraddittorio differito, dato che la persona sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio e chiunque vi abbia interesse possono proporre ricorso contro il provvedimento sindacale convalidato avanti al tribunale competente per territorio (art. 35, comma 8).

Nel giudizio di opposizione, la parte può stare in giudizio personalmente o assistita da un difensore. Il decreto di fissazione dell'udienza è notificato alle parti e al pubblico ministero. Su istanza della parte o del pubblico ministero, il presidente del tribunale può disporre la sospensione del trattamento prima dell'udienza di comparizione, evidentemente laddove sia ancora in corso (art. 35, commi 10 e seguenti).

Continua la pronunzia evidenziando che il t.s.o., in quanto misura applicabile coattivamente, in difetto di consenso ed anzi contro il consenso della persona che vi è sottoposta, è provvedimento soggetto alle garanzie di cui agli artt. 32 e 13 Cost. che è finalizzato, come insegna la giurisprudenza di legittimità, “alla tutela della salute mentale del paziente stesso” e per il quale “non vengono in questione esigenze costituzionali di ordine pubblico e sicurezza riconoscibili in capo alla collettività”.

Nel quadro normativo dato, proprio il soggetto destinatario della misura coattiva non è posto in condizione di conoscerla e viene escluso dal relativo procedimento di convalida giurisdizionale, che invece lo concerne (§ 6.2).

E' escluso che le persone, soltanto perchè affette da infermità fisica o psichica “siano per ciò stesso private dei diritti costituzionali, compreso il diritto di agire e difendersi in giudizio, in violazione del principio personalista e del principio di pari dignità sociale espressi dagli artt. 2 e 3, primo comma, Cost.” (§7.2).

Si evidenzia quindi l'incostituzionalità della disciplina normativa impugnata (per violazione dei parametri di cui agli artt. 13,24,32 e 111 Cost.), dato che la stessa non prevede che al paziente sottoposto a t.s.o. venga comunicato il provvedimento sindacale che lo dispone, come pure il decreto di convalida successivo pronunziato da parte del g.t. e, ancor prima, laddove non è prevista audizione della persona, prima dell'adozione del provvedimento.

In particolare, osserva, ancora, la Corte che “l'audizione costituisce presidio giurisdizionale minimo, parte dello statuto costituzionale della libertà personale ai sensi degli artt. 13,24 e 111 Cost. Essa è necessaria per la verifica in concreto dei presupposti sostanziali che giustificano il trattamento ed è funzionale alla sua convalida, atteso che la mancata convalida consegue la cessazione della restrizione della libertà personale” (§ 8.2.1.).

Viene pure dichiarato incostituzionale il comma quarto dell'art. 35 legge n. 833/1978, in via consequenziale, nella parte in cui non prevede, dopo le parole, “ne dà comunicazione” le parole “alla persona interessata o al suo legale rappresentante, ove esistente”.

Osservazioni

I. Da tempo la disciplina normativa dettata in tema di del t.s.o., che era stata introdotta nel trapasso dal vecchio sistema ancillare alla nuova disciplina dettata dalla legge n. 833/1978 sul servizio sanitario nazionale, abolitiva dei manicomi, aveva prestato il fianco alla critica. La stessa era stata concepita in una temperie culturale oggi divenuta vetusta ed inattuale, quando la partecipazione del disabile al procedimento che lo concerneva, era puramente formale limitata al piano medico (non anche giuridico), senza alcun suo diretto effettivo coinvolgimento.

Senza dire che lo strumento di difesa del paziente dalla malattia psichiatrica che l'affligge non si rivelava conforme a principi e valori costituzionali e, pertanto, correttamente la disciplina dettata dall'art. 35 della legge n. 833/1978 è stata dichiarata incostituzionale per violazione delle garanzie difensive ex art. 24 e 111 Cost.

Molteplici sono le problematiche applicative ed organizzative che la pronunzia della Corte suscita negli operatori pratici.

Anzitutto con riguardo all'audizione del paziente sottoposto a misura.

È assodato che all'incombente debba provvedere il g.t. che, come precisa la Corte (8.2.2.§), costituisce “garanzia che il trattamento venga eseguito nel rispetto dell'art. 13, comma 4, Cost., che sancisce il divieto di violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni della libertà personale, e nei limiti imposti dal rispetto della persona umana, ai sensi dell'art. 32, comma 2, Cost.”.

Tuttavia non è ipotizzabile che, visto lo statisticamente assai rilevante numero di t.s.o., la stessa persona fisica che ricopre la funzione tutelare sia chiamato ad effettuare tutte le audizioni, date le gravi ricadute organizzative che tale scelta determinerebbe sull'efficienza degli uffici giudiziari (consapevole di ciò, in data 12 giugno 2025, il cons. Andrea Mirenda ha richiesto al C.S.M. l'apertura di “una pratica in sesta e settima Commissione al fine di esaminare le delicate ricadute organizzative sugli uffici giudiziari derivante dalla sentenza n. 76/2025 della Corte Costituzionale”).

È ipotizzabile che, organizzativamente, per espletare l'incombente, vengano coinvolti tutti i magistrati del civile, con appositi turni periodici.

Anzitutto, v'è da chiedersi se all'atto dell'audizione possano essere coinvolti solo i togati ovvero, anche gli onorari.

L'art. 1 della legge n. 51/2025 (che ha modificato l'art. 30 d.lgs n. 116/2017) espressamente inibisce l'assegnazione ai giudici onorari dei “procedimenti cautelari e possessori”.

Consegue che, qualificando la convalida del t.s.o. “misura cautelare”, come pare, l'espletamento dell'attività istruttoria di audizione dei malati psichiatrici sarebbe precluso agli onorari, in quanto retaggio solo dei togati.

Con riguardo alle concrete modalità con le quali il g.t. è tenuto a procedere ad audizione della persona interessata, la Corte Costituzionale ha chiarito l'importanza essenziale di tale atto.

La decisione osserva che l'adempimento “assume la valenza di strumento di primo contatto, che consente di conoscere le reali condizioni in cui versa la persona interessata, anche dal punto di vista dell'esistenza di una rete di sostegno familiare e sociale” (8.2.2.§), oltrechè essere “adempimento essenziale della procedura” (8.3.§), un “presidio giurisdizionale minimo... necessario per la verifica in concreto dei presupposti sostanziali che giustificano il trattamento, funzionale alla sua convalida” (8.2.1.§).

A tale atto, evidentemente, deve provvedere il giudice tutelare e (o altro magistrato all'uopo designato per turno), non un soggetto estraneo alla giurisdizione (quale, ad es., un membro dell'Ufficio del processo, etc.).

Per non vanificare la ratio che presiede all'audizione, quale strumento di verifica della sussistenza delle condizioni per la convalida del trattamento sanitario obbligatorio, il g.t. può procedere ad audizione in presenza, ovvero tramite videoconferenza, come appare logico ritenere.

Più che il richiamo all'art. 473-bis.54 c.p.c. (“se l'interdicendo o l'inabilitando non può comparire per legittimo impedimento o la comparizione personale può arrecargli grave pregiudizio, il giudice, con l'intervento del pubblico ministero, si reca per sentirlo nel luogo in cui si trova. Valutata ogni circostanza, può disporre che l'udienza si svolga mediante collegamento audiovisivo a distanza, individuando le modalità idonee ad assicurare l'assenza di condizionamenti”) che è disposizione specifica, concernente procedura volta alla pronunzia di interdizione o inabilitazione (oltrechè di amministrazione di sostegno: art. 473-bis.58 c.p.c.), vale il richiamo alla disposizione generale inserita nel primo libro della procedura, di cui all'art. 127-bis c.p.c., con riguardo all'udienza svoltasi in videoconferenza (“lo svolgimento dell'udienza, anche pubblica, mediante collegamenti audiovisivi a distanza può essere disposto dal giudice quando non è richiesta la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice. Il provvedimento di cui al primo comma è comunicato alle parti almeno quindici giorni prima dell'udienza. Ciascuna parte costituita, entro cinque giorni dalla comunicazione, può chiedere che l'udienza si svolga in presenza. Il giudice, tenuto conto dell'utilità e dell'importanza della presenza delle parti in relazione agli adempimenti da svolgersi in udienza, provvede nei cinque giorni successivi con decreto non impugnabile, con il quale può anche disporre che l'udienza si svolga alla presenza delle parti che ne hanno fatto richiesta e con collegamento audiovisivo per le altre parti. In tal caso resta ferma la possibilità per queste ultime di partecipare in presenza”).

In applicazione di quest'ultimo dettato, l'interessato, seppur in tempi molto ristretti, potrebbe esercitare il diritto di opposizione, chiedendo che l'audizione si svolga in presenza.

Nelle 48 ore dalla notificazione del provvedimento sindacale che dispone il t.s.o., va tenuta l'udienza di ascolto. L'udienza si può svolgere anche in videoconferenza, tramite piattaforma Microsoft Teams fornita dal Ministero della giustizia agli operatori della rete giustizia ma accessibili anche ad utenti esterni.

La cancelleria, ovvero i funzionari dell'ufficio del processo, concordano l'orario dell'audizione, col personale del reparto, avendo curare, ove possibile, di evitare che il paziente sia ascoltato quando sia stato farmacologicamente sedato, rendendo con ciò impossibile un'effettiva interlocuzione.

Tra le “informazioni” che il g.t. può assumere non è escluso l'ascolto dei medici (che può rivelarsi molto utile per la decisione), come pure quello, eventuale, dei familiari.

II. Può rivelarsi particolarmente delicata l'audizione, nelle 48 ore, di paziente straniero, non in grado di comprendere la lingua italiana.

La difficoltà ad avere la disponibilità in tempi così celeri di un interprete (nominato ex art. 122 c.p.c.) è evidente.

In tal caso si è ipotizzato l'utilizzo di un traduttore simultaneo, quale Microsoft Translator, per quanto lo strumento potrebbe rivelarsi utile più che altro in presenza di un testo scritto da tradurre.

Può, invece, suggerirsi, quale extrema ratio (in caso di impossibilità di nomina del traduttore), l'applicazione analogica dell'art. 407, comma 3, c.c., dettato in tema di audizione del beneficiario di a.d.s.

La norma dispone che il g.t., “in caso di mancata comparizione dell'interessato provvede comunque sul ricorso”.

Questo significa che, se nessuna interlocuzione è possibile nelle 48 ore, in quanto il soggetto non comprende l'italiano e non è possibile a nominare l'interprete (come pure in ipotesi di paziente trasferito in luogo di cura privo di video collegamento e non sia possibile audirlo in presenza; ovvero, in caso di paziente oppositivo che rifiuta ogni dialogo, ovvero che sia in sedazione, ovvero, si trovi in gravi condizioni cliniche, etc.), il g.t., tenuto comunque a provvedere a pena di inefficacia sulla richiesta di convalida, potrebbe utilizzare le fonti di conoscenza a sua disposizione che sono presenti nel fascicolo telematico. Tali fonti, proprio in difetto di effettiva audizione dell'interessato ben potrebbero essere integrate, ad es., dall'ascolto, se del caso, di medici e familiari.

Dell'audizione compiuta va redatto processo verbale di udienza (redatto in modalità telematica: art. 196-quater, comma 2, disp. att. c.p.c.). In esso sono descritte le attività compiute, le dichiarazioni rese dal paziente in t.s.o., le sue condizioni cliniche, le risposte che egli fornisce,  oltrechè le dichiarazioni rilasciate dai medici intervenuti, senza peraltro necessità di sottoscrizione del verbale, ma solo di darne lettura (ex art. 126, capoverso, c.p.c., novellato dal d.lgs. n. 164/2024).

All'esito dell'audizione, il g.t. provvede con decreto.

Il decreto viene depositato nell'applicativo consolle del magistrato.

Per effetto della pronunzia additiva della Corte, il decreto va “notificato all'interessato o al suo legale rappresentante, ove esistente” (leggi a.d.s.), oltrechè al sindaco.

Non è prevista notifica ai famigliari del paziente.

La comunicazione tutela il diritto di difesa dell'interessato, permettendogli di dispiegare tempestiva  opposizione.

Dato che nel procedimento di convalida il paziente in t.s.o. può stare in giudizio personalmente (ex art. 35 legge n. 833/1978, per la fase di opposizione), dovrebbe trovare applicazione l'art. 170,  comma 3, c.p.c., con previsione di “notifica all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante dagli pubblici elenchi”.

Tuttavia, onde permette al destinatario del decreto (che trovasi ricoverato presso il reparto di diagnosi e cura) di averne effettiva contezza, garantendo il diritto di difesa sancito dalla pronunzia della Corte, l'art. 149-bis c.p.c., richiamato dall'art. 170 c.p.c., dispone che la notificazione (non possibile tramite PEC) “può essere eseguita con le altre modalità previste dalla presente sezione” (settimo comma).

Fondandosi su tale richiamo normativo, taluni uffici giudiziari applicano l'art. 151 c.p.c.(“forme di notificazione ordinate dal giudice”), in particolare, disponendo che alla notifica provveda la polizia locale del Comune che ha disposto il t.s.o.

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