Fase distributiva dell'espropriazione immobiliare

23 Luglio 2025

La riforma del processo esecutivo ha riguardato anche la fase distributiva dell'espropriazione immobiliare: attraverso la devoluzione al professionista delegato dei relativi incombenti, è stata recepita la prassi già utilizzata in molti uffici giudiziari per rendere ancora più rapida ed efficiente l'esecuzione.

La fase distributiva prima della riforma

La fase distributiva dell'espropriazione immobiliare ha la propria disciplina, oltre che nelle regole generali dettate dagli artt. 509,510,511 e 512 c.p.c., nelle norme alla stessa specificamente dedicate e recate dagli artt. 596, 597 e 598 c.p.c., che, a differenza delle prime, sono state interessate dalla riforma introdotta con il d.lgs. n. 149/2022.

Prima dell'entrata in vigore di quest'ultima, le menzionate disposizioni prevedevano una forma di collaborazione tra professionista delegato e giudice dell'esecuzione, fermo restando che la gestione dell'intera fase restava saldamente in capo a quest'ultimo.

Nello specifico:

- il professionista delegato era tenuto a predisporre, entro trenta giorni dal versamento del saldo del prezzo di aggiudicazione o di assegnazione, il progetto di distribuzione della somma ricavata dalla vendita dei beni pignorati e degli altri importi che concorrono a formarla ai sensi dell'art. 506 c.p.c., contenente la graduazione dei creditori (sulla base delle eventuali cause legittime di prelazione da uno o da alcuni di essi vantate) e l'indicazione delle somme a ognuno di essi spettanti (va ricordato, infatti, che, a termini dell'art. 179 disp. att. c.p.c., è residuale l'ipotesi in cui il piano di riparto dev'essere limitato alla sola graduazione dei crediti partecipanti all'esecuzione e aventi diritto alla distribuzione);

- il professionista delegato doveva, quindi, depositare il progetto così predisposto in cancelleria, affinché i creditori e il debitore (nonché, ovviamente, il giudice dell'esecuzione) potessero esaminarlo, in vista della sua approvazione;

- a quel punto, doveva essere fissata l'udienza per l'audizione delle parti, da comunicarsi alle stesse almeno dieci giorni prima della data in cui si sarebbe celebrata.

In molti tribunali era invalsa la prassi di demandare al professionista delegato, oltre alle operazioni di vendita propriamente intese, tutte quelle inerenti alla fase distributiva e, tra queste, non solo le attività propedeutiche al suo svolgimento vero e proprio (riguardanti, come detto, la predisposizione e il deposito del piano di riparto da sottoporre alla discussione delle parti, secondo quanto stabilito dagli artt. 591-bis e 596, comma 1, c.p.c.), ma anche quelle concernenti l'approvazione del progetto di distribuzione.

Pertanto, mentre, secondo l'impostazione emergente dal dettato normativo, una volta fissata l'udienza per l'audizione delle parti, le relative attività processuali dovevano svolgersi innanzi al giudice dell'esecuzione (il quale, secondo quanto stabilito dall'art. 598 c.p.c., doveva dichiarare approvato il piano di riparto – in caso di mancata comparizione delle parti, ovvero nel caso in cui fosse stato raggiunto l'accordo fra le stesse – e ordinare l'esecuzione dei pagamenti o, qualora fossero insorte contestazioni, assumere i provvedimenti previsti dall'art. 512 c.p.c.), non era affatto infrequente che anche tutti questi incombenti (fatta eccezione per quelli – di carattere prettamente giurisdizionale – riservati al giudice dell'esecuzione dal menzionato art. 512 c.p.c.) si compissero innanzi al professionista delegato.

In ordine a questa prassi, si è registrato l'intervento della Corte di cassazione, che, con la pronuncia n. 9412/2023, ha avuto cura di perimetrare in maniera molto netta i compiti e le funzioni che potevano essere svolti nell'ambito della fase distributiva dal professionista delegato.

I giudici di legittimità hanno così evidenziato che innanzi a quest'ultimo poteva tenersi non già una vera e propria udienza (visto che la sua celebrazione costituisce prerogativa specifica del giudice, in quanto titolare esclusivo della funzione giurisdizionale, salvo che un'espressa disposizione di legge non stabilisca diversamente), bensì – più semplicemente – un'audizione preventiva delle parti, propedeutica alla migliore predisposizione del piano di riparto da sottoporre al giudice dell'esecuzione ai fini della sua discussione e dell'approvazione vera e propria, che doveva avvenire in un'apposita udienza da svolgersi necessariamente innanzi a lui.

Pertanto, quand'anche l'ordinanza di vendita emessa ai sensi dell'art. 569 c.p.c. – che, come noto, costituisce lex specialis – avesse previsto la comparizione delle parti innanzi al professionista delegato per l'approvazione del progetto di distribuzione, cionondimeno la loro audizione (informale) così svoltasi doveva essere indefettibilmente seguita da una (vera e propria) udienza davanti al giudice dell'esecuzione, affinché potessero avere corso le attività contemplate dagli artt. 597 e 598 c.p.c.

In altre parole, l'udienza di approvazione costituiva momento ineludibile e ineliminabile della fase distributiva, di competenza esclusiva del giudice dell'esecuzione e in alcun modo surrogabile dall'audizione delle parti che fosse stata demandata al professionista delegato.

Ne discendeva che, prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 149/2022 e sulla scorta della ricostruzione operata dalla Corte di cassazione con la pronuncia sopra menzionata, la fase distributiva veniva ad articolarsi in due o tre momenti, a seconda che fosse stata seguita l'impostazione fatta propria dal legislatore o quella adottata dalla prassi (che non si è esitato a definire non conforme alla legge, in quanto – come pure poteva accadere – ne fosse risultato escluso qualsiasi intervento del giudice dell'esecuzione):

- una prima fase necessaria, in cui il professionista delegato predisponeva il progetto di distribuzione e lo depositava in cancelleria;

- una seconda fase eventuale, in cui il professionista delegato doveva sentire le parti per discutere il progetto di distribuzione così predisposto;

- una terza fase necessaria, in cui le parti – sia che fossero già state convocate dal professionista delegato per essere informalmente sentite, sia che ciò non fosse avvenuto – dovevano comparire innanzi al giudice dell'esecuzione in un'udienza deputata alla vera e propria approvazione del piano di riparto, da tenersi, quindi, tanto nel caso in cui vi fosse stata la loro preventiva audizione davanti al professionista delegato, quanto – a maggior ragione – ove ciò non fosse avvenuto.

In tutti i casi, ovviamente, qualora fosse insorta una controversia nel corso dell'audizione o dell'udienza di approvazione, si sarebbe reso necessario dare corso agli incombenti prescritti dall'art. 512 c.p.c.

Vi è da dire, peraltro, che uno degli argomenti utilizzati dalla Corte di cassazione per sostenere la necessità dello svolgimento innanzi al giudice dell'esecuzione dell'udienza prevista dall'art. 596 c.p.c. risiedeva nell'impossibilità di concepire un progetto di distribuzione approvato senza che vi fosse stata alcuna preventiva interlocuzione con lo stesso (scenario ipotizzabile qualora, depositato il piano di riparto in cancelleria e convocate le parti, queste non fossero comparse innanzi al professionista delegato o, pur essendo comparse, non avessero sollevato contestazioni, secondo lo schema previsto dagli artt. 597 e 598 c.p.c.).

In realtà, nei tribunali nei quali era in uso la prassi su cui si sono concentrate le critiche dei giudici di legittimità, si era perlopiù soliti subordinare la fissazione della data di convocazione delle parti innanzi al professionista delegato e la sua comunicazione a opera di quest'ultimo a una sorta di visto preventivo del giudice dell'esecuzione, che, qualora avesse riscontrato la necessità di apportare modifiche o variazioni al progetto di distribuzione predisposto e depositato, poteva in questo modo impartire le opportune istruzioni, al corretto recepimento delle quali avrebbe, quindi, fatto seguito lo svolgimento delle ulteriori attività finalizzate all'approvazione del piano di riparto così emendato.

La fase distributiva dopo la riforma

Con l'entrata in vigore del d.lgs. n. 149/2022, il legislatore ha recepito le modalità di svolgimento della fase distributiva adottate nella prassi, che spesso ha dimostrato di sapere individuare soluzioni in grado di rendere non solo più spedito, ma pure più efficace ed efficiente il processo di espropriazione forzata.

Innanzitutto, è stata modificata la previsione di cui al n. 12) del comma 3 dell'art. 591-bis c.p.c., che, nella versione previgente, stabiliva che il professionista delegato doveva provvedere “alla formazione del progetto di distribuzione ed alla sua trasmissione al giudice dell'esecuzione che, dopo avervi apportato le eventuali variazioni, provvede ai sensi dell'art. 596”, mentre ora prescrive che il professionista delegato provvede “alla formazione del progetto di distribuzione ed alla sua trasmissione al giudice dell'esecuzione, nei modi e termini stabiliti dall'art. 596”.

Il nuovo art. 596 c.p.c., infatti, contempla una nuova scansione della fase distributiva, prescrivendo che:

- entro trenta giorni dal versamento del saldo prezzo di aggiudicazione o di assegnazione (termine rimasto invariato rispetto a quello stabilito in precedenza), il professionista delegato provvede alla formazione del progetto di distribuzione, attenendosi alle direttive impartite dal giudice dell'esecuzione (verosimilmente già con l'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 569 c.p.c. per la delega delle operazioni di vendita);

- predisposto il piano di riparto, il professionista delegato lo deposita nel fascicolo del processo esecutivo perché sia esaminato dal giudice dell'esecuzione entro i dieci giorni successivi;

- apportate le eventuali variazioni, ovvero impartite al professionista delegato le istruzioni volte a recepire le modifiche o le integrazioni individuate come necessarie, sulla scorta del generale potere di controllo demandatogli dal comma 11 dell'art. 591-bis c.p.c., il giudice dell'esecuzione deposita il progetto di distribuzione (così come originariamente predisposto dal professionista delegato, in assenza di rilievi, o come riformulato in virtù di quanto innanzi osservato) nel fascicolo del processo esecutivo, affinché possa essere esaminato dai creditori e dal debitore, disponendone la comunicazione al professionista delegato;

- quest'ultimo, entro i successivi trenta giorni, deve sentire le parti per la discussione sul progetto di distribuzione, fissando la data dell'audizione, che, analogamente a quanto stabilito dal previgente art. 596 c.p.c., dovrà tenersi non prima che siano decorsi dieci giorni dalla comunicazione dell'invito a comparire.

Il nuovo art. 597 c.p.c., d'altra parte, equipara, ai fini dell'approvazione del progetto di distribuzione, la mancata comparizione innanzi al professionista delegato alla mancata partecipazione all'udienza innanzi al giudice dell'esecuzione nell'ipotesi – da reputarsi ormai assolutamente residuale – in cui, secondo quanto prevede il comma 4 dell'art. 596 c.p.c., questi abbia ritenuto di avocare a sé lo svolgimento di tutte le attività inerenti alla vendita dell'immobile pignorato, ivi comprese quelle riguardanti la fase distributiva (non essendo invece contemplata dalla norma la possibilità che la riserva al giudice dell'esecuzione riguardi solo le seconde e non le prime e che, dunque, queste sole vengano delegate e non pure le altre).

È quindi evidente che, nell'attuale assetto, la comparizione delle parti davanti al giudice dell'esecuzione, nel caso in cui siano state sentite dal professionista delegato per la discussione sul progetto di distribuzione, non è più necessaria (come ritenuto, invece, dalla Corte di cassazione nella vigenza del precedente regime), ma resta confinata al caso in cui, nel corso dell'audizione disposta ai sensi del comma 2 dell'art. 596 c.p.c., sorgano contestazioni che impediscano l'approvazione del progetto di distribuzione.

In quel caso, infatti, resta confermato che il professionista delegato deve dare conto, nel processo verbale dell'audizione, dei rilievi formulati dalle parti per opporsi all'approvazione del piano di riparto e rimettere gli atti al giudice dell'esecuzione, affinché possa assumere i provvedimenti previsti dall'art. 512 c.p.c.

Un tanto è stabilito dal comma 2 dell'art. 598 c.p.c., il cui comma 1, invece, continua a prevedere che, in caso di comparizione delle parti e di approvazione del progetto di distribuzione (anche a fronte di contestazioni sollevate, ma sulle quali le parti raggiungano un accordo), il professionista delegato – o il giudice dell'esecuzione, sempre e solo nell'ipotesi residuale contemplata dall'art. 596, comma 4, c.p.c. – ordina che vengano eseguiti i pagamenti agli aventi diritto entro sette giorni.

È questa – ossia l'indicazione espressa di un termine entro cui disporre i pagamenti – una novità, che supera, di fatto, la prassi di posticipare l'erogazione delle somme in esecuzione del progetto di distribuzione approvato una volta che sia decorso il termine – di venti giorni – per proporre opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617 c.p.c.

Il legislatore, in tale modo, ha mostrato di riconoscere al progetto di distribuzione approvato natura di atto immediatamente autoesecutivo, alla stessa stregua di quanto la giurisprudenza ha fatto con riguardo al decreto di trasferimento (il riferimento è alla pronuncia di Cass. civ., sez. un., 12 dicembre 2020, n. 28387, con cui è stato affermato che, nel procedimento di espropriazione forzata immobiliare, il decreto di trasferimento del bene, recante l'ordine di cancellazione dei gravami, determina il trasferimento del diritto pignorato libero da quei pesi e, quindi, la loro contestuale estinzione, dei quali il conservatore dei registri immobiliari è tenuto a eseguire la cancellazione immediatamente, a prescindere dal decorso del termine di proponibilità delle opposizioni esecutive a norma dell'art. 617 c.p.c., trattandosi di atto o provvedimento che, al pari di tutti quelli emessi dal giudice dell'esecuzione e funzionalizzati all'ordinato sviluppo della sequenza procedimentale in cui si inseriscono, producono di per sé soli, in via immediata e definitiva, gli effetti loro propri non appena venuti a giuridica esistenza).

In verità, alla medesima conclusione poteva giungersi anche prima della riforma dell'art. 598 c.p.c., visto che già l'art. 16-bis, comma 9-sexies, d.l. n. 179/2012, con disposizione ora recepita nel nuovo comma 14 dell'art. 591-bis c.p.c., onerava il professionista delegato di depositare, entro dieci giorni dalla comunicazione dell'approvazione del progetto di distribuzione, il rapporto riepilogativo finale delle attività svolte, essendo difficilmente sostenibile che detto rapporto – non a caso definito finale – potesse non contemplare, perché non ancora eseguiti, i pagamenti disposti in favore degli aventi diritto: opinando diversamente, infatti, sarebbe stato sottratto al controllo del giudice dell'esecuzione uno degli adempimenti di maggiore rilievo affidati al professionista delegato, perché direttamente e ontologicamente influente sull'esito del processo esecutivo, vale a dire sulla concreta ed effettiva soddisfazione dei creditori.

Resta da dire che, dando seguito alla distinzione operata dalla Corte di cassazione tra audizione innanzi al professionista delegato e udienza innanzi al giudice dell'esecuzione, non sembra che si possano estendere alla prima le modalità di svolgimento alternativo della seconda disciplinate dagli artt. 127-bis e 127-ter c.p.c., trattandosi di disposizioni che riguardano proprio e solo l'udienza.

Altrettanto dubbia è la possibilità che l'audizione delle parti avvenga, anziché attraverso la comparizione innanzi al professionista delegato (alla quale fanno riferimento sia l'art. 569 c.p.c., sia il successivo art. 597 c.p.c.), mediante lo scambio di comunicazioni scritte (da veicolarsi, per esempio, attraverso posta elettronica certificata), anche se, in epoca di digitalizzazione della giustizia e di processo civile telematico, la propensione del legislatore a deformalizzare l'attività processuale potrebbe indurre a vedere con favore modalità alternative di instaurazione e di svolgimento del contraddittorio, in quanto funzionali ad assicurare una maggiore celerità e speditezza.

Questioni processuali

Le innovazioni introdotte dal legislatore in relazione alla fase distributiva dell'espropriazione immobiliare non dissipano tutti i dubbi che possono prospettarsi all'interprete e all'operatore giuridico.

Vi sono, a questo proposito, almeno due aspetti – in qualche misura collegati – che meritano di essere esaminati, senza la pretesa di dare delle soluzioni definitive.

Il primo di essi attiene alla necessità che, in caso di approvazione del progetto di distribuzione all'esito dell'audizione delle parti innanzi al professionista delegato, occorra o meno un provvedimento del giudice dell'esecuzione che ne dia atto.

Le perplessità nascono, innanzitutto, dal fatto che l'art. 598, comma 1, c.p.c. stabilisce che, in caso di approvazione, il professionista delegato ordina senz'altro il pagamento agli aventi diritto delle singole quote, dovendovi provvedere entro lo stringente termine di sette giorni; il già menzionato comma 14 dell'art. 591-bis c.p.c., tuttavia, individua nella comunicazione dell'approvazione del progetto di distribuzione il momento a partire dal quale decorre il termine di dieci giorni per depositare il rapporto riepilogativo finale, facendo riferimento, quindi, a un'attività (la comunicazione dell'intervenuta approvazione del piano di riparto, per l'appunto) cui nessuna delle norme che disciplinano la fase distributiva fa cenno.

Il che, a onor del vero, accadeva anche prima della riforma: ma, in quel caso, il coordinamento tra la disposizione recata dall'art. 598 c.p.c. e l'(allora vigente) art. 16-bis, comma 9-sexies, d.l. n. 179/2012, poteva individuarsi in ragione del fatto che, seguendo l'impostazione patrocinata dalla Corte di cassazione con la pronuncia n. 9412/2023, l'approvazione del progetto di distribuzione doveva necessariamente avvenire o quantomeno completarsi innanzi al giudice dell'esecuzione, sicché era giocoforza ritenere che, una volta intervenuta, il professionista delegato dovesse esserne notiziato, per potere dare corso ai pagamenti.

Ora, invece, questa divaricazione non c'è più, giacché, in assenza di contestazioni, l'approvazione può esaurirsi con l'audizione delle parti disposta dal professionista delegato ai sensi del comma 1 dell'art. 596 c.p.c.

Si potrebbe, pertanto, sostenere che sia il professionista delegato medesimo, in questi casi, a dovere dare la comunicazione dell'approvazione del progetto di distribuzione – cui continua a fare riferimento il comma 14 dell'art. 591-bis c.p.c. – al giudice dell'esecuzione, oltre che alle parti che non fossero comparse per la discussione (visto che anche l'art. 597 c.p.c. conferma tale modalità di formazione tacita del consenso sul piano di riparto depositato), per dare notizia dell'esito dell'audizione in ogni caso e non solo quando siano insorte contestazioni che rendano necessario l'intervento del giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 512 c.p.c.

A ben vedere, è solo in questo modo che il giudice è messo nelle condizioni di controllare se la fase distributiva – ora demandata in via sostanzialmente integrale al professionista delegato – si sia svolta nel rispetto delle regole dettate dalla legge processuale, verificando, per esempio:

- che tutte le parti aventi diritto di essere sentite siano state ritualmente convocate per la prescritta audizione;

- che l'audizione medesima e la conseguente discussione abbiano avuto per oggetto il progetto di distribuzione licenziato dal giudice dell'esecuzione, come eventualmente emendato o integrato a seguito delle istruzioni appositamente impartite al professionista delegato;

- che lo svolgimento e l'esito dell'audizione siano effettivamente tali da consentire di ritenere conclusa e definita l'esecuzione e, di conseguenza, di dare corso ai pagamenti.

Si vuole dire, in altre parole, che, venuta meno la indefettibile necessità che la fase distributiva culmini in ogni caso in un'udienza deputata – com'era a dirsi nel precedente regime – a formalizzare l'approvazione del piano di riparto, riesce difficile pensare che ora sia venuta meno la necessità di una supervisione del giudice dell'esecuzione, che gli consenta di accertare il regolare svolgimento degli incombenti demandati al professionista delegato.

Pertanto, pur in assenza di un'espressa disposizione normativa in tale senso, pare senza dubbio preferibile ritenere che, avvenuta l'audizione delle parti, il professionista delegato debba depositare il relativo verbale, accompagnato dalla documentazione attestante le attività svolte successivamente alla comunicazione del progetto di distribuzione depositato dal giudice dell'esecuzione, affinché questi possa sancirne l'avvenuta approvazione e dichiararne la definitività.

In questo modo, peraltro, si individua un atto o un provvedimento del giudice dell'esecuzione che si pone come conclusivo della procedura e che, come tale, resta attingibile da un'eventuale opposizione ex art. 617 c.p.c.

Si intercetta, così, il secondo aspetto in ordine al quale persistono perplessità ricostruttive e interpretative, vale a dire il regime di impugnabilità degli atti inerenti alla fase distributiva.

Poiché il compimento della maggior parte di essi è ora demandato al professionista delegato, infatti, ci si chiede se sia esperibile il reclamo che l'art. 591-ter c.p.c. individua come rimedio tipico (e necessario) per dedurre le irregolarità che dovessero affliggere gli atti compiuti dal professionista delegato.

Il dubbio è alimentato dal fatto che la norma di riferimento (ossia il predetto art. 591-ter c.p.c.) è contenuta nella sezione III del capo IV del libro III del codice di procedura civile, dedicata alla vendita e all'assegnazione nell'espropriazione immobiliare, mentre della fase distributiva si occupa la successiva sezione V.

A parere di chi scrive, l'argomento topografico non è dirimente, perché anche l'art. 591-bis c.p.c., che disciplina la delega delle operazioni di vendita ed è contenuto nella medesima sezione III, contempla disposizioni che riguardano la fase distributiva e addirittura attività alla stessa successive (quali, come già rilevato, il pagamento delle somme assegnate ai creditori e agli altri aventi diritto, nonché il deposito del rapporto riepilogativo finale, cui fa riferimento il comma 14).

È senz'altro, invece, più conforme allo spirito che ha animato il legislatore della riforma ritenere che tutti gli atti del professionista delegato, compresi quelli riguardanti la fase distributiva, siano impugnabili con lo strumento tipicamente e tassativamente individuato, vieppiù che ora il reclamo dev'essere proposto a pena di decadenza entro un termine perentorio (venti giorni dal compimento dell'atto o dalla sua legale conoscenza), sicché non è più possibile recuperare il motivo di contestazione in seguito, svolgendo opposizione agli atti esecutivi contro il primo atto del giudice dell'esecuzione successivo a quello in cui si è manifestata la denunciata irregolarità o illegittimità.

Stante la controversa applicabilità dell'art. 591-ter c.p.c. agli atti che si collocano nella fase distributiva, a maggior ragione risulta opportuno che l'atto che sancisce la definitiva approvazione del piano di riparto e che conclude l'esecuzione (sulla scia di quanto affermato da un più che consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità: si veda, tra le altre, Cass. civ., sez. III, 20 novembre 2023, n. 32143) promani dal giudice dell'esecuzione e sia, come tale, giustiziabile – a differenza di quanto è a dirsi per gli atti del professionista delegato – con l'opposizione ex art. 617 c.p.c.

In caso contrario, infatti, si correrebbe il rischio di dovere ammettere che l'esecuzione possa concludersi con un atto sostanzialmente incensurabile, visto che quelli del professionista delegato non possono essere impugnati con l'opposizione formale, riservata ai provvedimenti assunti dal giudice dell'esecuzione.

Qualora, peraltro, si propendesse per l'applicabilità dell'art. 591-ter c.p.c. anche nella fase distributiva, ne deriverebbe che:

- l'atto compiuto dal professionista delegato che si assume viziato dev'essere impugnato con reclamo entro venti giorni dal suo compimento o dalla sua conoscenza legale;

- in assenza di tale impugnazione, il vizio, anche se sussistente, viene, di fatto, a sanarsi, non essendo più invocabile attraverso l'opposizione proposta avverso l'atto successivamente compiuto dal giudice dell'esecuzione che presuppone il compimento dell'atto viziato.

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