La crisi del redditometro
La determinazione del reddito complessivo della persona fisica può, dunque, prescindere dalla conoscenza delle singole fonti di produzione della ricchezza e fondarsi, invece, su indici di capacità contributiva.
Quanto fin d'ora asserito riconduce all'istituto del redditometro, in uso dall'Amministrazione Finanziaria fino all'anno scorso, poi, successivamente abrogato (per un commento sia consentito un rinvio a D. Mendola, L'Amministrazione finanziaria non potrà più avvalersi del redditometro come strumento di rideterminazione della pretesa erariale, in Diritto e Giustizia, 2024).
L'Ufficio, sulla base del redditometro, poteva rideterminare il reddito effettivo per mezzo di indici di capacità contributiva.
Il redditometro era funzionale a individuare il tenore di vita di ciascun contribuente sottoposto a controllo e rappresentava una metodologia integrativa rispetto all'accertamento sintetico senza che intercorresse tra i due metodi alcun rapporto di alternatività.
In concreto il redditometro consentiva di collegare un certo importo alla disponibilità di beni o servizi in capo al contribuente che moltiplicato per un coefficiente consentiva di individuare il valore del reddito del soggetto, secondo criteri presuntivi e considerando anche le somme investite per il mantenimento dei suddetti beni o servizi.
Al fine di ottimizzare l'attività impositiva di recupero delle somme erariali erano, infatti, stati previsti dei parametri di calcolo, definiti fatti indici di capacità contributiva riconducibili al possesso, ad esempio, di automobili, abitazioni, incrementi patrimoniali.
La disciplina era contenuta nell'articolo 38, comma 6, dpr n. 600/73 il quale testualmente prevede che “la determinazione sintetica può essere altresì fondata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuato mediante l'analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell'area territoriale di appartenenza, con decreto del Ministero dell'economia e delle Finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale con periodicità biennale”.
Anche nel caso di specie operava un ragionamento a contrario: il redditometro consentiva di ricostruire i redditi dei contribuenti partendo dagli indici di capacità contributiva indiretti che fanno a loro volta presumere una capacità di spesa che indica la disponibilità di redditi accumulati e impiegati per l'acquisto di beni o per l'acquisizione di diritti (M. Beghin, Gli incrementi patrimoniali nell’ accertamento sintetico alla ricerca della realtà economica, in Corr. Trib., 2012, 26, 1990.).
L'accertamento basato su algoritmi, quale è appunto quello redditometrico, rientrava nel più ampio progetto di semplificazione amministrativa, in quanto dispensava l'Amministrazione finanziaria da una articolata attività di rideterminazione del reddito imponibile a cui si giungeva mediante l'applicazione del parametro.
Anche in tal caso, l'azione impositiva poteva considerarsi legittima laddove si fosse in presenza di uno scostamento qualificato, pari ad un quinto, tra quanto dichiarato e quanto accertato.
Tale metodologia differiva dall'accertamento sintetico puro in quanto in quest'ultima ipotesi l'Ufficio è gravato non soltanto dall'onere di rilevare l'entità della spesa sostenuta dal contribuente, ma anche di procedere alla stima del reddito imponibile; nel caso del redditometro, invece, l'Ufficio è tenuto solo a provare la disponibilità dei beni e dei servizi indicati nel decreto ministeriale, in quanto il valore è calcolato dallo stesso provvedimento ministeriale.
L'utilizzo del redditometro ha prodotto non poche perplessità se si considera che si trattava di un meccanismo che conduceva ad un risultato partendo da un dato, quale il possesso di un bene appunto, di cui l'Ufficio veniva a conoscenza attivando delle verifiche.
I continui dubbi maturati attorno all'istituto del redditometro, soprattutto in un momento storico caratterizzato, anche su impulso eurounitario, dal rafforzamento dei diritti fondamentali dei contribuenti, hanno condotto ad un ripensamento dello strumento redditometrico.
A riprova delle difficoltà di ingresso del redditometro nel nostro ordinamento si cita l'ultimo redditometro pubblicato un G.U. il 20 maggio 2024 e solo qualche giorno dopo sospeso da parte del Mef, perché ritenuto eccessivamente invasivo.
E, allora, la difficoltà di trovare un punto di incontro tra lo strumento algoritmico e le invasioni alla sfera personale del contribuente hanno condotto alla rimozione del redditometro così come formulato nel 2010.
A tal proposito, il Decreto Correttivo recante “Disposizioni integrative e correttive in materia di regime di adempimento collaborativo, razionalizzazione e semplificazione degli adempimenti tributari e concordato preventivo biennale” (D. Lgs. n. 108 del 5 agosto 2024), all'art. 5 del rubricato “Modifiche alla disciplina della determinazione sintetica del reddito delle persone fisiche” ha previsto l'abrogazione dell'ultimo periodo del comma 5 dell'art. 38, dpr n. 600/73.
Quest'ultimo prescriveva, appunto, la possibilità per l'Ufficio di recuperare le somme dovute dal contribuente mediante l'utilizzo di indici di capacità contributiva fissati annualmente con decreto dal Ministro dell'economia e delle finanze e tenendo in considerazione le cd. categorie a rischio.
La scelta è stata, allora, quella di eliminare lo strumento redditometrico, senza intaccare, tuttavia, l'accertamento sintetico, che resta in uso, il quale si fonda sul presupposto spesa=reddito, operando, quindi, un ragionamento a ritroso, partendo da fatti cd. noti.