La fusione per incorporazione non è causa di estinzione della rappresentanza fiscale
04 Agosto 2025
Massima La società, avente la rappresentanza fiscale di altra società, poi estinta a seguito di fusione per incorporazione, è legittimata a proporre, in nome e per conto dell'incorporata, istanza di rimborso dell'eccedenza IVA, in quanto, ai sensi dell'art. 1722, comma 1, n. 4, c.c., l'estinzione del soggetto rappresentato non produce l'estinzione del mandato che ha per oggetto il compimento di atti relativi all'esercizio di un'impresa e l'esercizio dell'impresa è continuato, salvo il diritto di recesso delle parti (o degli eredi). Inoltre, l'identificazione diretta ai fini IVA effettuata nel territorio dello Stato dalla società incorporante ai sensi dell'art. 35-ter del d.p.r. n. 633/1972 non fa venir meno la legittimazione del rappresentante fiscale per le operazioni compiute anteriormente a quella identificazione, senza che ciò possa costituire violazione del principio di alternatività tra rappresentanza fiscale ex art. 17, comma 2, del d.p.r. n. 600/1973 ed identificazione diretta ex art. 35-ter del medesimo d.p.r. Il caso La società M.S. GmbH, quale rappresentante fiscale della T.-C. Germany GmbH, società di diritto tedesco e senza stabile organizzazione in Italia, in data 26/02/2015 avanzava, in nome e per conto della predetta società, nonostante la stessa in data 26/08/2013 fosse stata incorporata dalla S.C. Gmbh, istanza di rimborso dell'eccedenza IVA maturata nell'anno 2014. Il provvedimento di diniego emesso dall'Agenzia delle entrate in data 09/01/2018 veniva impugnato dalla predetta rappresentante fiscale ed il ricorso veniva accolto dalla Commissione tributaria di primo grado di Bolzano che rigettava l'eccezione sollevata dall'Ufficio di difetto di legittimazione della M.S. Gmbh a richiedere il rimborso sostenendo che «ai sensi dell'art. 2504-bis c.c., la società incorporante, assumendone i diritti e gli obblighi e anche i crediti e debiti, è successore universale in tutti i rapporti giuridici della società incorporata. La S.C. Gmbh è subentrata pertanto anche “ex lege” nel rapporto di rappresentanza fiscale instaurato tra la M.S. Gmbh e la T.-C. Germany Gmbh». L'appello proposto dall'Agenzia delle entrate veniva rigettato dalla Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano. In particolare, i giudici di appello sostenevano che «essendo la T.C. Gmbh stata incorporata nella S.C. Gmbh, le due società sono diventata una, è cambiata semplicemente la ragione sociale, ma la persona giuridica è rimasta la stessa. Da ciò consegue necessariamente che: 1) è la S.C. Gmbh l'avente diritto al rimborso, avendo la T.C. Gmbh cessato di esistere ed essendo la prima succeduta alla seconda in tutti i rapporti compresi quelli processuali; 2) la M.S. Gmbh, quale rappresentante del successore della T.-C. Gmbh, continua ad essere rappresentante fiscale; 3) l'intestazione delle fatture di cui si chiedeva il rimborso è irrilevante, trattandosi della medesima persona giuridica». Avverso tale statuizione l'Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. La questione La questione che la Suprema Corte è chiamata ad affrontare è se il fenomeno della fusione per incorporazione produce l'effetto estintivo del potere rappresentativo conferito dalla società incorporata al rappresentante fiscale. La questione interseca tre distinte problematiche giuridiche e segnatamente 1) quella degli effetti della fusione per incorporazione tra società; 2) quella delle cause di estinzione del mandato; 3) quella dei rapporti tra identificazione diretta ex art. 35-ter del d.p.r. n. 633 del 1972 e rappresentanza fiscale ex art. 17, comma 3 del medesimo d.p.r. Le soluzioni giuridiche La Suprema Corte, dopo avere esaminato ciascuna delle tre problematiche giuridiche prima elencate, giunge alla conclusione in base alla quale la circostanza che M.S. Gmbh aveva avanzato l'istanza di rimborso del credito IVA, in veste di rappresentante fiscale della società incorporata e non della incorporante, non è idonea ad inficiare il diritto al rimborso del credito IVA, atteso che, da un lato, la società incorporante subentra in tutti i diritti e gli obblighi della società incorporata e, dall'altro, una tale irregolarità non è, comunque, tale da privare il soggetto passivo del diritto di ottenere il rimborso dell'IVA. Secondo l'interpretazione nomofilattica dell'art. 2504-bis c.c., la fusione per incorporazione estingue la società incorporata (Cass., sez. un., sent. n. 21970 del 30/07/2021, Rv. 661864 - 01) e, per espressa previsione contenuta del primo comma della citata disposizione, «La società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione». Pertanto, la fusione tra società (anche nella forma dell'incorporazione), determinando l'estinzione dell'incorporata (Cass. Sez. I, sent. n. 18261 del 03/07/2024, Rv. 671666 - 01), dà luogo ad una vicenda estintivo-successoria simile alla successione "mortis causa" a titolo universale tra persone fisiche (Cass. Sez. I, ord. n. 13685 del 18/05/2023, Rv. 667905 - 01). Le Sezioni Unite sono pervenute all'affermazione di quel principio facendo applicazione di quello reiteratamente affermato dalla Corte di giustizia UE (cfr. Corte di giustizia dell'Unione europea 7 agosto 2018, cause riunite C-61/17, C-62/17 e C-72/17, Bichat, punto 29; 11 maggio 2017, C-59/16, The Shirtmakers BV, punto 21; 1° dicembre 2016, C-395/15, Daouidi, punto 50; 29 ottobre 2015, C-174/14, Saudagor, punto 52; 5 marzo 2015, n. 343/13, Modelo Continente Hipermercados SA, punto 27), di necessaria uniformità di interpretazione delle disposizioni del diritto dell'Unione nella prospettiva dell'armonizzazione del diritto societario. A tal riguardo le Sezioni unite hanno osservato che, essendo unitario il fenomeno della fusione societaria, «la disciplina finale non può non essere omogenea, nelle sue linee essenziali e portanti, avendo una comune radice: sarebbe, invero, distonico sostenere in teoria (e gestire in pratica) effetti delle fusioni societarie diversi, a seconda che essi si producano nell'ordinamento italiano o in altri ordinamenti dell'Unione, come avverrebbe ove una società fosse esistente per il primo ed estinta per i secondi». Così come puntualizzato dalle citate Sezioni unite, svariate sono le disposizioni di diritto unionale che prevedono l'estinzione della società a seguito di fusione, anche per incorporazione. Vengono richiamati gli artt. 3 e 19 della terza direttiva 78/855/CEE del consiglio del 9 ottobre 1978, relativa alle fusioni tra società per azioni, successivamente abrogata dalla direttiva 2011/35/UE, relativa alle fusioni delle società per azioni che, però, all'art. 19, par. 1, riprende l'art. 19, par. 1, della abrogata direttiva 78/855 in termini identici; gli artt. 2 e 23 della direttiva 2005/56/CE, relativa alle fusioni transfrontaliere delle società di capitali, da cui si traggono «indicazioni ancor più stringenti»; infine, la direttiva 2017/1132/UE, pubblicata il 30 giugno 2017 ed entrata in vigore il successivo 20 luglio 2017, come da ultimo novellata dalla direttiva 2019/2121/UE del 27 novembre 2019, che «ha offerto una codificazione del diritto europeo societario, mediante l'unificazione in un unico testo delle precedenti direttive in materia societaria» in cui “sia gli artt. 105 e 109, sia l'art. 131, rispettivamente sugli «Effetti della fusione » e sugli «Effetti della fusione transfrontaliera», continuano […] a prevedere che «la società incorporata si estingue» e «le società che partecipano alla fusione si estinguono», per le prime precisandosi «ipso iure e simultaneamente»”. Quanto agli effetti dell'incorporazione, deve richiamarsi Cass. n. 5461 del 2023, che ha condivisibilmente affermato che «le sezioni unite, nell'illustrare gli aspetti sostanziali della vicenda della fusione societaria – che si possono riassumere nella concentrazione, nella successione e nell'estinzione – hanno evidenziato che, in virtù della concentrazione, la fusione, dando vita a una vicenda modificativa dell'atto costitutivo per tutte le società che vi partecipano, determina un fenomeno di "integrazione" o "compenetrazione", dal quale consegue che i rapporti giuridici, attivi e passivi, di cui era titolare la società incorporata o fusa, sono imputati a quella incorporante (Cass., sez. un., n. 21970/21)»; che «In caso di fusione per incorporazione l'art. 35, comma 3, del d.p.r. n. 633 del 1972, nel testo vigente all'epoca dei fatti, prevede che «...la dichiarazione è presentata unicamente dal soggetto risultante dalla trasformazione», configurando l'obbligo esclusivo del nuovo soggetto di presentare la dichiarazione iva anche per il soggetto incorporato per il periodo antecedente alla fusione (Cass. n. 24472/18); e il comma 2 dell'art. 5-bis del d.p.r. n. 322/98 specifica che la società risultante dalla fusione o incorporante deve presentare «...la dichiarazione relativa alla frazione di esercizio delle società fuse o incorporate compresa tra l'inizio del periodo d'imposta e la data in cui ha effetto la fusione entro l'ultimo giorno del nono mese successivo a tale data in via telematica». Sicché – è stato chiarito - l'esposizione di un credito IVA della società incorporata nella dichiarazione annuale di questa, anziché in quella della società incorporante, costituisce una violazione, ma di carattere meramente formale (Cass., Sez. V, sent. n. 22774 del 23/10/2006, Rv. 593476-01). In tema di rappresentanza fiscale, poiché il rappresentante fiscale è il soggetto normativamente preposto alla rappresentanza nel territorio nazionale della società priva di sede legale o di stabile organizzazione (cfr. Cass. Sez. V, Ord. n. 25218 del 24/08/2023), il rapporto tra soggetto non residente e suo rappresentante fiscale è inquadrabile nel rapporto di mandato con rappresentanza (arg. da Cass., Sez. V, n. 15518 del 4/06/2024). Il rappresentante fiscale, infatti, agisce in qualità di mandatario del soggetto non residente ed è responsabile con quest'ultimo per eventuali irregolarità commesse nei confronti dell'Erario, anche se, sotto tale ultimo profilo, la responsabilità solidale discende non tanto dal contratto che lega rappresentante e rappresentato, ma dalla specifica previsione contenuta nell'art. 17, comma 3, del d.p.r. n. 633 del 1972. Si è affermato che «in tema di IVA, il rappresentante fiscale ex art. 17, comma 2, d.p.r. n. 633 del 1972, avendo una soggettività passiva parziale, limitata alle sole operazioni passive specificamente attribuitegli dal mandante non residente (in nome e per conto del quale agisce), è solidamente responsabile con quest'ultimo, non per la mera esistenza del rapporto di mandato, ma per aver effettivamente posto in essere operazioni irregolari nell'interesse del soggetto rappresentato, la cui prova si desume dall'ingerenza attiva del rappresentante, indipendentemente e anche in violazione degli obblighi del mandato, nelle operazioni contra legem perfezionate direttamente dal mandante non residente, non essendo invece sufficiente la mera conoscenza o conoscibilità dell'esistenza di tali operazioni» (Cass. Sez. V, Ordinanza n. 591 del 08/01/2024, Rv. 670178 - 01). La tesi qui sostenuta (in condivisione con quanto affermato da Cass. n. 591/2024, appena citata) è in linea con la stessa funzione attribuita al rappresentante fiscale dalla giurisprudenza comunitaria, la quale ha avuto modo di precisare che «il meccanismo della rappresentanza ha unicamente lo scopo di consentire al fisco di avere un interlocutore nazionale quando il soggetto passivo è stabilito all'estero» (CGUE, sentenza 19 febbraio 2009 in causa C1/08, Athesia Druck Srl contro Ministero dell'economia e delle finanze e Agenzia delle entrate). Infine, l'identificazione diretta ai fini IVA effettuata nel territorio dello Stato dalla società incorporante ai sensi dell'art. 35 ter del d.p.r. n. 633 del 1972 opera soltanto per le operazioni successive e non per quelle ad essa anteriori (Cass., Sez. V, n. 21411 del 15/09/2017). E' ben vero che, secondo la giurisprudenza di legittimità, l'identificazione diretta ha natura meramente formale, allo scopo di favorire il controllo da parte dell'autorità, sicché il rimborso del credito IVA può essere richiesto anche se detta identificazione sia stata effettuata dall'istante dopo il compimento dell'operazione cui la richiesta si riferisce, purché, nonostante l'inosservanza dell'obbligo di anticipata identificazione, ai sensi degli artt. 17, comma 3, e 35-ter del d.p.r. n. 633 del 1972, l'autorità sia messa nelle condizioni di verificare che sussistano i requisiti per l'accoglimento della richiesta di rimborso, che la stessa non persegua finalità fraudolente od abusive e che l'identificazione sia effettuata, tenuto conto delle peculiarità del caso concreto e delle giustificazioni che l'istanza abbia ritenuto di dare, entro un termine ragionevole (Cass., Sez. V, sent. n. 2746 del 30/01/2023, Rv. 666624 - 01). In tale pronuncia si è comunque riaffermato l'obbligo di anticipata identificazione per i soggetti non residenti e senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, ai fini dell'esercizio dei diritti connessi all'IVA, sicché, ove la società non residente, ma identificata nel territorio dello Stato, non esercita il diritto di rimborso per le operazioni compiute anteriormente a quella identificazione, permane la legittimazione del rappresentante fiscale, senza che ciò possa costituire violazione del principio di alternatività tra rappresentanza ed identificazione diretta ex art. 35 ter del medesimo d.p.r. Conclusioni In conclusione, l'estinzione per incorporazione non fa venir meno il potere rappresentativo del rappresentante fiscale della società incorporata. E ciò sulla base dell'art. 1722, comma 1 n. 4, c.c. in base al quale l'estinzione del mandante non comporta automaticamente la cessazione del potere di rappresentanza in capo al mandatario. Né, d'altra parte, tale potere di rappresentanza viene a cessare per effetto dell'identificazione diretta da parte della società incorporante, in quanto gli effetti dell'identificazione si producono ex nunc e non riguardano le operazioni compiute anteriormente. Osservazioni La soluzione adottata dalla Suprema Corte – che salvaguarda la legittimazione del rappresentante fiscale a richiedere il rimborso delle eccedenze IVA, ancorchè sia stato estinta per incorporazione la società mandante – è in linea con Ia giurisprudenza unionale secondo cui i diritti spettanti ai soggetti passivi in materia di IVA costituiscono un principio fondamentale del sistema comune attuato dalla normativa dell'Unione, che, in linea di massima, non può essere soggetto a limitazioni, così garantendosi la neutralità dell'imposizione per le attività economiche (Corte di giustizia, sentenze Idexx, T¢th, Fatoriè). Perciò, le formalità istituite dallo Stato membro interessato e che devono essere assolte dal soggetto passivo ai fini dell'esercizio di tale diritto non devono oltrepassare lo stretto necessario e non devono rimettere in discussione la neutralità dell'IVA (Corte di giustizia, sentenze Idexx, Collè e, Ecotrade, Fatorie, Bockemuhl). |