Regime 41-bis e colloqui: legittimo il diniego della telefonata supplementare alla figlia malata

La Redazione
06 Agosto 2025

La sentenza n. 28597/2025 ribadisce dunque la legittimità delle restrizioni previste per i detenuti sottoposti al regime 41-bis, anche alla luce delle più recenti evoluzioni normative che invece ampliano i diritti per i detenuti ordinari. Il diniego della telefonata supplementare, pur in presenza di esigenze familiari e di salute, non viola la Costituzione né la CEDU, in quanto espressione di un bilanciamento ragionevole tra diritti individuali e interessi collettivi di sicurezza.

La Corte di cassazione, con la sentenza n. 28597/2025, ha respinto il ricorso presentato da un detenuto sottoposto al regime speciale 41-bis, che contestava il diniego da parte dell'amministrazione penitenziaria di una telefonata aggiuntiva alla figlia minorenne con gravi problemi di salute, rispetto a quella mensile già consentita.

La difesa del detenuto aveva sostenuto che il divieto di colloqui supplementari, sia visivi che telefonici, imposto dall'ordinamento penitenziario (legge 354/1975) nei confronti di chi è sottoposto a 41-bis, anche in presenza di esigenze familiari di salute o economiche, costituisse una lesione del diritto alla vita familiare, tutelato dall'art. 8 della CEDU. Si evidenziava inoltre una disparità di trattamento rispetto ai detenuti ordinari, disparità resa ancora più evidente dalle recenti modifiche normative introdotte dal d.l. 92/2024 (cd. "decreto Carceri"), che amplia la possibilità di colloqui anche in favore dei condannati per reati ostativi (art. 4-bis).

La Cassazione ha però ritenuto legittima la scelta dell'amministrazione penitenziaria, valorizzando il principio – già avallato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 30/2025 – secondo cui il regime speciale di cui all'art. 41-bis può prevedere maggior rigore anche nella limitazione dei contatti familiari, compreso il minor tempo trascorso fuori dalla cella rispetto al resto della popolazione detenuta. Secondo la Suprema Corte, tale disciplina restrittiva è giustificata dalla necessità di ridurre al minimo i rischi di comunicazione con l'ambiente criminale esterno e di neutralizzare il pericolo di scambio di messaggi, in un'ottica di prevenzione e sicurezza pubblica.

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