Licenziamento e obbligo di accomodamento ragionevole: la Cassazione conferma l'onere probatorio a carico del datore di lavoro

La Redazione
20 Agosto 2025

La Cassazione conferma che in caso di licenziamento di lavoratore disabile, il datore deve provare di aver tentato ogni accomodamento ragionevole per evitarlo. L’onere non si esaurisce nel repêchage ordinario e richiede atti concreti, non semplici allegazioni.

Un autista, dopo un infortunio ha riportato una limitazione permanente: idoneità alla mansione con il limite di non sollevare colli oltre 15 kg. La società lo licenzia il 21/7/2017.

La Corte d'Appello di Roma dichiara illegittimo il licenziamento, ordina la reintegra e il risarcimento. La società ricorre in Cassazione contestando, tra l'altro, la valutazione sulle prove relative alla disponibilità di un “corriere jolly”, la durata dell'accompagnamento, l'obbligo di accomodamento ragionevole e la verifica della disabilità.

La Cassazione conferma che, in caso di disabilità (ai sensi dell'art. 3, comma 3 bis, d.lgs. 216/2003), il datore non solo deve provare di aver cercato una ricollocazione (repêchage), ma anche di aver attuato “accomodamenti ragionevoli” per mantenere il lavoratore in servizio.

Tale obbligo probatorio grava integralmente sul datore, che deve dimostrare di avere compiuto atti concreti, non bastando l'allegazione dell'assenza di posti disponibili.

L'adempimento non può essere delegato al lavoratore o al giudice: il datore deve attivarsi proattivamente.

Nel caso di specie, la società non ha fornito prova di aver tentato accomodamenti ragionevoli; tale carenza è sufficiente a confermare la decisione di reintegra.

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