La sospensione della prescrizione tra le associazioni non riconosciute e i loro amministratori

26 Agosto 2025

Il contributo analizza la recente pronuncia con cui la Corte Costituzionale ha ritenuto che anche nel caso delle associazioni non riconosciute va sospesa la prescrizione delle azioni di responsabilità contro gli amministratori, finché sono in carica.

Massima

La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2941, comma 1, n. 7), del c.c., nella parte in cui non prevede la sospensione della prescrizione tra le associazioni non riconosciute e i loro amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi.

Il caso

Nel 2019 il commissario liquidatore di un'impresa sociale in liquidazione coatta amministrativa dall'ottobre del 2014 ha esercitato azione di responsabilità nei confronti dell'amministratore, ai sensi dell'art. 18 c.c., contestando condotte distrattive poste in essere tra il 1° gennaio 2004 e il 19 novembre 2014, quando l'ente era un'associazione non riconosciuta, prima della trasformazione in società a responsabilità limitata.

Costituitosi in giudizio l'amministratore, sul presupposto dell'avvenuta notifica dell'atto introduttivo in data 23 ottobre 2019, eccepiva l'intervenuta prescrizione dei diritti azionati per il periodo antecedente al 23 ottobre 2009, stante il decorso del termine ordinario decennale stabilito in materia di mandato con riguardo all'azione di responsabilità nei confronti dell'amministratore.

Il commissario liquidatore invocava, allora, la sospensione della prescrizione ai sensi dell'art. 2941, comma 1, n. 7), c.c., concernente i rapporti tra persone giuridiche e loro amministratori, e, in subordine, prospettava un contrasto della richiamata disposizione, ove non applicabile alle associazioni non riconosciute, con i principi costituzionali.

Il giudice a quo ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2941, comma 1, n. 7), c.c., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.

La questione

Il Tribunale ordinario di Napoli, sezione specializzata in materia d'impresa, investito della controversia, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2941, comma 1, numero 7), del codice civile, nella parte in cui non prevede la sospensione della prescrizione tra le associazioni non riconosciute e i loro amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi.

La censura appare rilevante, in quanto, in mancanza della sospensione ex art. 2941, comma 1, n. 7), c.c., tutte le pretese risarcitorie, fatte valere a titolo di responsabilità contrattuale e maturate prima del 23 ottobre 2009, risulterebbero prescritte, non potendosi ritenere, come sostenuto da parte attrice che il termine di prescrizione debba decorrere dalla data di trasformazione dell'associazione in società a responsabilità limitata, in quanto fenomeno meramente modificativo, che «non determina l'estinzione di un ente e la successione ad esso di un nuovo soggetto ma solo una modificazione della forma e dell'organizzazione dello stesso soggetto giuridico che mantiene la sua identità e dunque non può incidere sulla decorrenza del termine prescrizionale».

La questione di legittimità costituzione presuppone, inoltre, l'impossibilità di applicare in via diretta o analogica l'art. 2941, comma 1, n. 7), c.c. alle associazioni non riconosciute, così come di poter conseguire il medesimo effetto attraverso una interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione, tenuto conto sia del carattere tassativo delle ipotesi di sospensione del termine prescrizionale sia dell'approccio adottato dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 262 del 2015 e n. 322 del 1998.

Nel merito, il giudice a quo ha motivato il contrasto con l'art. 3 Cost. nella irragionevole disparità di trattamento fra associazioni non riconosciute e associazioni riconosciute, nonché fra le prime e le società in accomandita semplice e in nome collettivo, cui la norma censurata già trova applicazione grazie alle citate sentenze n. 262 del 2015 e n. 322 del 1998, in quanto la ratio della causa di sospensione in esame – individuabile nella difficoltà per l'ente di accertare gli illeciti degli amministratori, fintantoché questi sono in carica – non sembra in grado di giustifica il diverso regime, quanto al decorso del termine di prescrizione per l'esercizio dell'azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori, tra persone giuridiche ed enti non muniti di personalità giuridica e soprattutto tra società di persone prive di personalità giuridica (quali s.a.s. e s.n.c.) ed associazioni non riconosciute. La duplice disparità di trattamento sopra richiamata determinerebbe, inoltre, secondo il giudice a quo, anche una lesione dell'art. 24 Cost., risolvendosi in una minorazione del diritto di difesa dell'ente nei confronti degli illeciti compiuti dai propri amministratori.

Le soluzioni giuridiche

Perimetrata la questione di legittimità costituzionale, con la sentenza in commento la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2941, comma 1, n. 7), del codice civile, nella parte in cui non prevede la sospensione della prescrizione tra le associazioni non riconosciute e i loro amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi.

L'art. 2941, comma 1, n. 7), c.c. dispone che il decorso del termine di prescrizione rimane sospeso «tra le persone giuridiche e i loro amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi».

Trattasi di una norma insuscettibile di applicazione analogica, in quanto connotata da eccezionalità, e che la Corte Costituzionale ha già dichiarato costituzionalmente illegittima, nella parte in cui non trova applicazione a due tipologie di società prive della personalità giuridica: le società in accomandita semplice (sentenza n. 322 del 1998) e quelle in nome collettivo (sentenza n. 262 del 2015), sulla base della riscontrata ratio di natura sostanziale, costituita dalla difficoltà che l'ente incontra sia nell'avere piena cognizione dell'operato degli amministratori, sì da poter acquisire informazioni idonee a evidenziare una loro eventuale responsabilità, sia nel promuovere l'azione, fintantoché i destinatari della stessa conservino l'incarico gestionale e una posizione di preminenza decisionale.

L'inapplicabilità analogica della norma impone, dunque, una sua valutazione di incostituzionalità con riguardo alle associazioni non riconosciute, quali enti privi – al pari delle società di persone - di personalità giuridica.

Sulla scorta della riconosciuta soggettività giuridica delle associazioni non riconosciute e dell'applicazione alle stesse delle norme dettate in tema di associazioni riconosciute che non presuppongono l'acquisto della personalità giuridica, la Corte ritiene che la persistenza di una disciplina che subordini alla titolarità della personalità giuridica dell'ente la sospensione del termine prescrizionale per l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori determini una diversità di trattamento palesemente irragionevole, identica essendo la ratio sottesa all'applicazione della norma dell'art. 2941 n. 7 c.c. anche nelle associazioni senza personalità giuridica, proprio in quanto il riconoscimento giuridico non incide sui rapporti interni fra gli amministratori e l'ente.

Osservazioni

La sentenza della Corte Costituzionale n. 86 del 21 maggio 2025 costituisce spunto ed occasione di interessanti osservazioni in tema di associazioni non riconosciute.

In primo luogo, la Corte, nella sentenza in commento, ricorda come il riconoscimento della personalità giuridica, diversamente da quanto si riteneva nell'epoca in cui è stato emanato il codice civile del 1942, non tracci più una linea di demarcazione correlata alla dimensione della soggettività. Anche gli enti privi di personalità giuridica, fra cui le associazioni non riconosciute, sono autonomi centri di imputazione di situazioni giuridiche soggettive, in virtù di un principio di alterità che si fonda sulla loro struttura organizzativa (art. 36 c.c.), sull'elemento patrimoniale (art. 37 c.c.) e su quello teleologico (artt. 1420,1446 e 1449 c.c.).

Le associazioni non riconosciute sono quelle che non hanno chiesto il riconoscimento giuridico o l'hanno chiesto ed è stato loro negato, a cui sono dedicate dal codice civile solo tre norme (artt. 36,37,38 c.c.) che si palesano insufficienti in caso di enti di grandi dimensioni, necessitanti di trasparenza, controlli, regole chiare e una disciplina analitica. Esse sono considerate dall'ordinamento soggetti di diritto — ossia enti collettivi costituenti centri autonomi di interessi e di imputazione di situazioni giuridiche soggettive — distinti dalle persone fisiche che le compongono, anche se prive di personalità giuridica e di autonomia patrimoniale perfetta. Da tale qualificazione discende un diverso regime di responsabilità degli operatori, in quanto, mentre nelle persone giuridiche, quali le associazioni riconosciute, la responsabilità è limitata al patrimonio dell'ente, nelle associazioni non riconosciute, aventi soggettività ma non personalità, la responsabilità è estesa anche alle persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione (art. 38 c.c.).

La differenza delle associazioni non riconosciute rispetto a quelle dotate di personalità giuridica riguarda, quindi, essenzialmente il piano dei rapporti esterni (art. 38 c.c.), in quanto proprio la mancanza del riconoscimento si frappone all'autonomia patrimoniale perfetta dell'ente. L'art. 38 c.c. prevede, infatti, che i creditori dell'associazione non riconosciuta sono legittimati a far valere i propri diritti indistintamente nei confronti del fondo comune o di coloro che hanno agito in nome e per conto dell'associazione, senza, in tale secondo caso, procedere alla preventiva escussione del patrimonio dell'associazione. Anche nelle associazioni senza personalità giuridica il fondo comune (art. 37 c.c.), costituito dai contributi degli associati e dai beni acquistati con questi contributi, rappresenta il patrimonio dell'associazione del tutto distinto e autonomo da quello dei singoli soci, i quali non possono chiederne la divisione finché dura l'associazione né pretenderne la quota in caso di recesso, così come i creditori particolari del singolo associato non possono in alcun modo agire contro l'associazione rivalendosi su di esso. Non appartenendo in comunione agli associati e non essendo, d'altro canto, configurabile come un patrimonio senza soggetto, il fondo comune non può che appartenere all'associazione non riconosciuta, la quale, anche per tale capacità di essere titolare di rapporti giuridici patrimoniali, viene considerata dall'ordinamento come autonomo centro di imputazione di situazioni giuridiche soggettive (Cass. n. 4252/1976).

L'autonomia patrimoniale imperfetta comporta, quindi, la responsabilità di alcuni dei partecipanti per i debiti dell'associazione e, nello stesso tempo, l'esistenza di uno schermo giuridico che difende il patrimonio dell'ente dai debiti dei singoli partecipanti, assicurando, in ogni caso, la destinazione preferenziale dell'attivo dell'ente alla soddisfazione dei creditori dell'ente stesso.

La responsabilità personale e solidale di colui che agisce in nome e per conto dell'associazione non riconosciuta non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell'associazione, bensì all'attività concretamente svolta per conto di essa, a prescindere dalle possibili indicazioni di ordine formale (Cass. n. 25748/2008Cass. n. 16344/2008Cass. n. 26290/2007; Trib. Genova 6 aprile 2007; Cass. n. 7906/2023). La ratio di tale previsione è diretta, nelle associazioni non riconosciute, a controbilanciare l'assenza di un sistema di pubblicità legale che garantisca i terzi che entrano in contatto con l'ente, nell'impossibilità per questi di conoscerne l'effettivo patrimonio. Quindi, la presenza del legale rappresentante funge da garanzia verso i terzi creditori, trascendendo dal ruolo formale che esso ricopre all'interno della compagine associativa, e collegandosi, invece, alla reale ingerenza nell'attività dell'associazione. Trova applicazione, in tema di associazioni non riconosciute, in mancanza di ogni forma di pubblicità dei poteri di rappresentanza, il principio dell'apparenza, in base al quale il convincimento, non derivante da errore colpevole, di trovarsi in presenza di persona legittimata ad impegnare l'associazione è sufficiente alla valida stipulazione del contratto e al sorgere delle conseguenti obbligazioni, sia per il terzo stipulante, che per l'associazione non riconosciuta.

Quanto alla natura giuridica della responsabilità personale e solidale di colui che ha agito in nome e per conto dell'associazione non riconosciuta, due sono le tesi principalmente sostenute in dottrina: la tesi della responsabilità per debito proprio e quella della responsabilità per debito altrui. Per la tesi della responsabilità per debito proprio, minoritaria sia in dottrina che in giurisprudenza, la norma dell'art. 38 c.c., relativa alla responsabilità personale di coloro che “hanno agito”, denoterebbe l'assenza della soggettività giuridica delle associazioni non riconosciute, di guisa che coloro che hanno agito per l'associazione risponderebbero per debito proprio e non per debito altrui. Alla tesi della responsabilità per debito proprio si contrappone la tesi maggioritaria, avallata dalla giurisprudenza dominate, della responsabilità di colui che ha agito per l'associazione, quale responsabilità concorrente con quella dell'ente, ma per debito altrui.  In particolare, pur con diversi accenti, la responsabilità per debito altrui viene intesa come fideiussione ex lege a favore del terzo creditore. Ne consegue, quale corollario, l'applicazione della disposizione di cui all' art. 1944 c.c., con esclusione del beneficio della preventiva escussione. Pertanto, in tema di responsabilità per le obbligazioni assunte in nome e per conto di un'associazione non riconosciuta, ai sensi dell'art. 38 c.c., il soggetto che ha concretamente agito deve essere riconosciuto responsabile, in via personale e solidale, con l'associazione stessa, senza beneficio della preventiva escussione del patrimonio di quest'ultima, in quanto la suddetta norma prevede per il creditore solo la possibilità, non anche l'obbligo, di far valere i propri diritti sul fondo comune. Inoltre, ove il creditore intenda avvalersi del disposto dell'art. 38 c.c., dovrà convenire in giudizio il soggetto che ritiene solidalmente obbligato con l'associazione, chiedendo che ne sia accertata la responsabilità e la condanna, unitamente all'ente, al pagamento di quanto dovuto.

Tale essendo la differenza fondamentale, nei rapporti esterni, tra associazioni riconosciute e associazioni non riconosciute, occorre verificare la disciplina applicabile alle seconde in caso di mancata previsione normativa.

Per la teoria che rinviene identità di struttura tra le due figure, ossia, identità di tipo contrattuale tra associazioni riconosciute e associazioni non riconosciute, consegue l'identità della disciplina applicabile, di guisa che le norme dettate per le associazioni riconosciute e non collegate al riconoscimento della personalità giuridica possono essere estese anche all'associazione non riconosciuta. Si verifica, quindi, un'applicazione diretta di tutte quelle norme sull'associazione riconosciuta che non si collegano al riconoscimento della personalità giuridica. Ne discende, ancora, che le norme dettate per le associazioni riconosciute, e ritenute inderogabili dalla volontà degli associati, lo sono anche per le associazioni non riconosciute. Per altra teoria, invece, associazioni riconosciute e associazioni non riconosciute, pur essendo riconducibili al medesimo genus dell'associazione, apparterrebbero a due tipi contrattuali differenti, contraddistinti da rilevanti differenze: il patrimonio, elemento essenziale per il riconoscimento, ma non per le associazioni non riconosciute; la struttura organizzativa dell'ente e la responsabilità dei soggetti che vi partecipano (art. 38 c.c.); la forma richiesta per l'atto costitutivo, libera nelle associazioni non riconosciute e vincolata per quelle riconosciute (art. 14 c.c.). A tale differenziazione conseguirebbe l'ulteriore scissione tra associazioni non riconosciute ed associazioni in attesa di riconoscimento, costituendo la prima una fattispecie completa, la seconda, invece, una fattispecie a formazione progressiva non ancora perfezionatasi.

Poiché le disposizioni del codice civile riguardanti le associazioni non riconosciute appaino scarne e sintetiche, in considerazione di quanto previsto dall'art. 12 delle preleggi, si ritiene che, in difetto di normativa più dettagliata, siano gli accordi interni a regolarne l'ordinamento e, solo in assenza di una diversa volontà espressa degli associati, sarebbe possibile fare ricorso, di volta in volta, in via analogica, alle disposizioni “neutre” che disciplinano analoghe fattispecie nelle associazioni riconosciute e, anche, nelle società, ove indipendenti dal requisito della personalità giuridica. Pertanto, si ritengono applicabili anche alle associazioni non riconosciute le norme previste per quelle riconosciute, ove non strettamente correlate alla personalità giuridica. In particolare, è riferibile alle associazioni non riconosciute, in quanto diretto a disciplinare solo i rapporti interni fra l'ente e gli amministratori, l'art. 18 cod. civ., secondo cui questi ultimi «sono responsabili verso l'ente secondo le norme del mandato».

Tanto evidenziato a livello sistematico, la persistenza di una disciplina che subordina alla titolarità della personalità giuridica dell'ente la sospensione del termine prescrizionale per la citata azione di responsabilità dell'associazione nei confronti degli amministratori determina una diversità di trattamento palesemente irragionevole, tenuto conto che la ratio della sospensione non mostra alcuna relazione con la sussistenza o meno della personalità giuridica, proprio in quanto il riconoscimento giuridico non incide sui rapporti interni fra gli amministratori e l'ente. Pertanto, la stessa difficoltà che incontra l'associazione riconosciuta nell'avere contezza della responsabilità dei suoi amministratori e nel farla valere, fintantoché essi sono in carica, si rinviene, tal quale, nel caso dell'ente privo di personalità giuridica. Ne consegue che la sospensione della prescrizione, ai fini di una tutela effettiva dell'ente nell'esercizio dell'azione di responsabilità verso gli amministratori, non è meno necessaria, nel caso dell'associazione non riconosciuta, di quanto lo sia nell'ipotesi dell'associazione dotata di personalità giuridica, a maggior ragione ove si consideri l'intervenuta dichiarazione d'illegittimità costituzionale della mancata sospensione della prescrizione nel caso delle richiamate società di persone (sentenze n. 262 del 2015 e n. 322 del 1998), nonostante la presenza in esse di strumenti di garanzia che operano a favore dei soci (quali, nelle società in nome collettivo, l'art. 2293 c.c., che richiama l'art. 2261 c.c. in tema di società semplice; nelle società in accomandita semplice, l'art. 2320, comma 3, c.c.) che, nel caso delle associazioni non riconosciute, non sono, invece, contemplati, determinando un vulnus all'effettività del diritto di difesa dell'ente nei confronti degli amministratori fintantoché essi sono in carica.

Da sottolineare la precisazione effettuata, incidenter tantum, dalla Corte in tema di trasformazione eterogenea da associazione non riconosciuta a società a responsabilità limitata, allorquando afferma di non potendosi ritenere, come sostenuto da parte attrice, che il termine di prescrizione debba decorrere dalla data di trasformazione dell'associazione in società a responsabilità limitata, in quanto fenomeno meramente modificativo, che «non determina l'estinzione di un ente e la successione ad esso di un nuovo soggetto ma solo una modificazione della forma e dell'organizzazione dello stesso soggetto giuridico che mantiene la sua identità e dunque non può incidere sulla decorrenza del termine prescrizionale». Attraverso tale affermazione la Corte mostra di aderire all'interpretazione preferibile della trasformazione quale mera modificazione dell'atto costitutivo, che non determina l'estinzione di un soggetto e la creazione, in sua vece, di un altro soggetto, né il trasferimento dei beni facenti capo al soggetto trasformato. L'adesione alla tesi evolutiva-modificativa dell'operazione trasformativa spiega perché l'ente trasformato conservi tutti i diritti e gli obblighi e prosegua in tutti rapporti facenti capo all'ente trasformato, anche in caso di passaggio da un ente senza personalità giuridica, quale l'associazione non riconosciuta, ad un ente con autonomia patrimoniale perfetta, quale la società di capitali.

Conclusioni

La sent. n. 86 del 21 maggio 2025, con cui la Corte Costituzionale ha dichiaratol'illegittimità costituzionale dell'art. 2941, comma 1, n. 7), del codice civile, nella parte in cui non prevede la sospensione della prescrizione tra le associazioni non riconosciute e i loro amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi, si fonda, sul piano sistematico, sulla riconosciuta soggettività giuridica delle associazioni non riconosciute e, in ragione del vulnus normativo della relativa disciplina, sull'applicazione alle stesse di tutte le norme dettate in tema di associazioni riconosciute e, anche società, che si palesino “neutre” rispetto alla sussistenza della personalità giuridica.

Tuttavia, l'impossibilità di applicare in via diretta o analogica l'art. 2941, comma 1, n. 7), c.c. alle associazioni non riconosciute, così come di poter conseguire il medesimo effetto attraverso una interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione, tenuto conto sia del carattere tassativo delle ipotesi di sospensione del termine prescrizionale sia dell'approccio adottato dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 262 del 2015 e n. 322 del 1998, ha condotto la Corte a ritenere, in base all'eadem ratio sottostante, l'illegittima persistenza di una disciplina che subordini alla titolarità della personalità giuridica dell'ente la sospensione del termine prescrizionale per l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori.

Guida all'approfondimento 

F. Galgano, Delle associazioni non riconosciute e dei comitati, in Comm. Scialoja Branca, Bologna-Roma, 1976.

F. Loffredo, Le persone giuridiche e le organizzazioni senza personalità giuridica, Milano, 2004.

G. Capozzi, Le associazioni in attesa di riconoscimento, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1970.

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