Il pignoramento di immobile locato

05 Settembre 2025

Con alcune recenti pronunce, la Corte di cassazione ha fornito importanti coordinate di riferimento e regole operative applicabili nel caso di pignoramento che colpisce immobili concessi in locazione.

L'opponibilità del contratto di locazione

Per stabilire se la locazione che ha per oggetto l'immobile pignorato sia opponibile o meno alla procedura esecutiva, occorre fare riferimento alle regole dettate dall'art. 2923 c.c., secondo cui:

- la locazione è opponibile se ha data certa anteriore al pignoramento;

- se la locazione ha durata superiore a nove anni, occorre anche che sia stata trascritta prima del pignoramento, altrimenti è opponibile nei limiti del novennio dal suo inizio (ovviamente in quanto abbia pur sempre data certa);

- se la locazione non ha data certa, ma la detenzione del conduttore è anteriore al pignoramento, è opponibile per la durata corrispondente a quella stabilita per le locazioni a tempo indeterminato;

- in ogni caso, la locazione non è opponibile quando il canone pattuito sia vile, ovvero inferiore di un terzo al giusto prezzo o a quello risultante da precedenti locazioni.

La congruità o meno del canone va valutata avendo riguardo al corrispettivo dovuto alla data del pignoramento e non a quello previsto dal contratto originariamente concluso che sia stato, nel frattempo, modificato con atto stipulato anch'esso anteriormente al pignoramento, giacché va considerato l'assetto negoziale vigente nel momento in cui si genera il vincolo di indisponibilità del bene funzionale al soddisfacimento delle ragioni dei creditori, che cristallizza la situazione giuridica e patrimoniale del debitore esecutato (Cass. civ., sez. III, 23 marzo 2024, n. 7909).

Al fine di valutare la ricorrenza o meno di un canone vile, Cass. civ., sez. III, 27 luglio 2022, n. 23508, ha affermato che il giudice può fare ricorso a qualsiasi elemento e argomento di prova offerto dalle parti, compreso il raffronto del canone della locazione con quello di una successiva sublocazione avente per oggetto il medesimo immobile, anche se concesso in godimento con un'estensione diversa rispetto a quella della locazione originaria.

Nella fattispecie esaminata dai giudici di legittimità, originata da un'opposizione proposta dal subconduttore - detentore dell'immobile - avverso il precetto di rilascio intimato dal creditore che se ne era reso assegnatario, era stata contestata la possibilità di operare la valutazione di congruità del canone ai sensi dell'art. 2923, comma 3, c.c., comparando il corrispettivo della locazione con quello previsto dal contratto di sublocazione concluso pochi mesi dopo dal conduttore, visto che, da un lato, la norma fa riferimento al prezzo risultante da precedenti (e non da successive) locazioni e che, dall'altro lato, la sublocazione aveva un oggetto più ampio, comprendendo anche un vano escluso dalla locazione.

La Corte di cassazione ha respinto tale impostazione, osservando che quello della locazione precedente è solo uno dei parametri di raffronto assunti dal legislatore per la valutazione di congruità prescritta dall'art. 2923, comma 3, c.c., che non pone alcuna limitazione in ordine agli elementi di prova dai quali desumere la sussistenza o meno di detta congruità; nulla vieta, pertanto, di prendere in considerazione il corrispettivo previsto dal contratto di sublocazione, che può sintomaticamente rappresentare un indice della viltà del prezzo della locazione, trattandosi del corrispettivo pattuito per il godimento del medesimo immobile; eventuali differenze di estensione dell'oggetto dei due contratti, lungi dal precludere il confronto, possono essere apprezzate e valutate procedendo a una comparazione in termini percentuali, ovvero facendo applicazione dei criteri di estimo.

Il giusto prezzo cui fa riferimento la norma, d'altra parte, è quello desumibile dalla locazione di immobili aventi caratteristiche simili, ma che non per forza debbono essere diversi da quello acquistato dall'acquirente in sede esecutiva, visto che non si rinviene alcun divieto di prendere in considerazione il contratto di sublocazione che abbia per oggetto il medesimo immobile pignorato.

Allo stesso tempo, non può considerarsi di ostacolo il fatto che la locazione e la sublocazione abbiano un oggetto parzialmente diverso: infatti, se l'art. 2923 c.c., ammettendo che il canone sia parametrato al giusto prezzo, contempla addirittura la possibilità di prendere in considerazione locazioni che riguardano immobili diversi, deve escludersi che la non perfetta e completa sovrapponibilità tra l'immobile concesso in locazione e quello concesso in sublocazione impedisca di effettuare il confronto richiesto dalla disposizione in esame, giacché a ciò potrà ovviarsi adottando gli opportuni accorgimenti volti a valorizzare adeguatamente gli elementi di diversità e a consentire in questo modo la formulazione di un giudizio ponderato.

Le interferenze tra pignoramento dell'immobile locato e pignoramento dei canoni di locazione

Ai sensi dell'art. 2912 c.c., il pignoramento di un bene assoggetta al vincolo espropriativo i suoi accessori, le sue pertinenze e i suoi frutti.

Quando a essere pignorato sia un immobile locato, dunque, anche i canoni di locazione, quali frutti civili ai sensi dell'art. 820, comma 3, c.c., sono attinti dal pignoramento e, al pari del prezzo ricavato dalla vendita dell'immobile, asserviti al soddisfacimento dei creditori partecipanti all'esecuzione; va da sé che, in caso di occupazione dell'immobile pignorato in assenza di titolo opponibile, ossia di un valido ed efficace contratto di locazione, anche l'indennità dovuta da chi si trova nella materiale detenzione del bene fino al suo rilascio è qualificabile alla stregua di frutto civile ai sensi e per gli effetti previsti dall'art. 2912 c.c. (Cass. civ., sez. III, 22 luglio 2025, n. 20696).

Il credito del locatore al pagamento dei canoni è, d'altra parte, suscettibile di essere aggredito esecutivamente attraverso il pignoramento presso terzi.

Cosa accade quando siano contemporaneamente pendenti due procedure esecutive, aventi per oggetto, rispettivamente, l'immobile locato e il credito da corrispettivo della locazione, lo hanno spiegato due recenti pronunce della Corte di cassazione, che hanno individuato le regole di coordinamento da applicare.

Con la sentenza n. 11698 del 30 aprile 2024, è stata esaminata una fattispecie in cui al conduttore dell'immobile, nella sua qualità di terzo pignorato, era stato ordinato, con provvedimento emesso ai sensi dell'art. 553 c.p.c., di versare i canoni di locazione al creditore assegnatario; nel contempo, anche il custode giudiziario del medesimo immobile gli aveva chiesto il pagamento dei canoni, rappresentando che il bene era stato assoggettato a pignoramento prima ancora che fosse stata avviata l'espropriazione mobiliare presso terzi.

La Corte di cassazione ha, dunque, spiegato che il conduttore che sia destinatario di un pignoramento presso terzi e sia a conoscenza della pendenza di una preesistente esecuzione immobiliare (per esempio, perché il custode giudiziario lo ha reso edotto del pignoramento), dovrà fornire evidenza di tale circostanza attraverso la dichiarazione prescritta dall'art. 547 c.p.c., onde consentire al giudice del pignoramento presso terzi:

- di astenersi dall'assegnare un credito di cui il terzo non può disporre, perché già vincolato - ai sensi dell'art. 2912 c.c. - alla soddisfazione dei creditori partecipanti all'espropriazione immobiliare;

- di trasmettere il fascicolo al giudice di questa, affinché proceda alla riunione delle procedure, fatta salva una contraria volontà o la rinuncia del creditore procedente.

In presenza di plurime azioni esecutiveavviate da creditori diversi su beni parzialmente coincidenti (in relazione alle quali il pignoramento successivo, espressamente consentito dall'art. 493 c.p.c., ha gli effetti di un intervento nell'espropriazione avviata in forza di quello precedente), il ruolo di coordinamento viene affidato al giudice dell'espropriazione immobiliare, quando il pignoramento successivo riguardi canoni di locazione già ricompresi nel pignoramento dell'immobile ai sensi dell'art. 2912 c.c., come si evince dalla regola dettata dall'art. 483, comma 2, c.p.c., in materia di limitazione dei mezzi di espropriazione, ossia proprio nel caso in cui il debitore sia destinatario di più azioni esecutive concorrenti.

Disposta la riunione delle procedure, il creditore che ha pignorato i canoni di locazione avrà diritto di concorrere alla distribuzione della sola massa costituita da detti canoni; qualora intenda partecipare anche alla ripartizione del ricavato dalla vendita dell'immobile, dovrà manifestare idoneamente la propria volontà in proposito, spiegando intervento, che andrà considerato tempestivo o tardivo a seconda che il ricorso ex art. 499 c.p.c. sia stato depositato prima o dopo l'udienza fissata per l'autorizzazione della vendita, secondo quanto stabilito dagli artt. 564 e 565 c.p.c.

Qualora, invece, il conduttore terzo pignorato non dichiari la preesistenza di una procedura esecutiva immobiliare (al limite, perché non ne è a conoscenza) e renda dichiarazione positiva, cui faccia seguito l'ordinanza di assegnazione dei canoni ai sensi dell'art. 553 c.p.c., si determina un conflitto tra il creditore che ha eseguito il pignoramento presso terzi e quello che ha promosso l'espropriazione immobiliare; il terzo pignorato, destinatario dell'ordinanza di assegnazione, si vede dal canto suo esposto al rischio di dovere pagare il medesimo debito due volte (al creditore assegnatario e al custode giudiziario dell'immobile).

In questo caso, il giudice dell'esecuzione immobiliare non ha alcun potere di disporre delle sorti dei canoni di locazione che hanno già formato oggetto di un'ordinanza di assegnazione emessa da altro giudice ai sensi dell'art. 553 c.p.c., nell'ambito di un'espropriazione mobiliare presso terzi svoltasi e conclusasi autonomamente, perché l'ordinanza di assegnazione determina una modificazione soggettiva dell'obbligazione di pagamento dei canoni ex latere creditoris (sostituendo al locatore – debitore esecutato – il creditore assegnatario, che diviene in questo modo l'unico legittimato a incassare il corrispettivo della locazione).

L'atto con cui il giudice dell'esecuzione immobiliare, facendo leva sulla regola di cui all'art. 2912 c.c., disponga della sorte dei canoni di locazione e ordini al custode giudiziario di acquisirli, nonostante sia già intervenuta un'ordinanza di assegnazione emessa ex art. 553 c.p.c. all'esito di autonomo pignoramento presso terzi, va qualificato come abnorme e deve, come tale, essere tempestivamente impugnato con l'opposizione ex art. 617 c.p.c. dal conduttore (quale terzo che, pur estraneo al processo esecutivo, risulta leso nella propria sfera giuridica dall'atto ivi posto in essere e che si assume illegittimo).

A fronte del rischio di rimanere esposto a un doppio pagamento (richiestogli sia dal creditore assegnatario dei canoni pignorati in forza dell'ordinanza di assegnazione, sia dal custode giudiziario dell'immobile pignorato per effetto di quanto disposto dall'art. 2912 c.c.), il conduttore può altresì ricorrere al sequestro liberatorio ex art. 687 c.p.c., trattandosi di rimedio offerto anche a colui che, tenuto all'adempimento di un'obbligazione, si veda destinatario della relativa pretesa da parte di due o più soggetti che si affermano titolari esclusivi del diritto e sono tra loro in contesa.

Una fattispecie speculare è stata invece affrontata da Cass. civ., sez. III, 26 giugno 2025, n. 17195: in questo caso, infatti, il pignoramento dei canoni di locazione era intervenuto prima del pignoramento dell'immobile locato, esitando in un'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. di cui il custode giudiziario aveva dato evidenza al giudice dell'espropriazione immobiliare; ciononostante, quest'ultimo aveva dato istruzioni affinché i canoni fossero appresi per concorrere alla formazione della massa attiva da distribuire tra i creditori partecipanti all'esecuzione.

Essendo pacifica la prevalenza dell'ordinanza di assegnazione emessa prima che fosse eseguito il pignoramento immobiliare ed essendo altrettanto incontestabile il conseguente mutamento che essa aveva determinato quanto al soggetto legittimato a pretendere il pagamento dei canoni (individuabile nel creditore assegnatario), la quaestio iuris che i giudici di legittimità hanno dovuto affrontare e risolvere atteneva alla possibilità che anche i canoni maturati dopo l'avvio dell'espropriazione immobiliare dovessero reputarsi esclusi dal fuoco della disposizione di cui all'art. 2912 c.c., in virtù e per effetto dell'assegnazione precedentemente intervenuta ai sensi dell'art. 553 c.p.c.

La risposta è stata positiva, facendosi leva sul fatto che il credito del locatore è un bene autonomamente pignorabile, sicché, qualora sia stato efficacemente espropriato e assegnato al creditore pignorante, fuoriesce definitivamente dal patrimonio del proprietario dell'immobile locato, sicché il pignoramento di quest'ultimo non vi si può estendere.

La situazione non muta per il fatto che il credito avente per oggetto canoni di locazione inerisce a un rapporto di durata, destinato a prolungarsi nel tempo, con la conseguenza che, con riguardo ai ratei non ancora scaduti, il credito matura in un momento successivo all'emissione dell'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c.

Anche se ciò potrebbe indurre a ritenere che il credito del locatore rimane suscettibile di essere attinto dall'espropriazione immobiliare, in virtù della regola dettata dall'art. 2912 c.c., relativamente ai canoni scaduti dopo l'esecuzione di un pignoramento immobiliare successivo all'emissione dell'ordinanza ex art. 553 c.p.c., non vi è dubbio che il pignoramento presso terzi può colpire crediti futuri, non esigibili, condizionati e persino eventuali, purché riconducibili a un rapporto giuridico identificato ed esistente al momento del pignoramento (com'è dimostrato anche dall'art. 72 d.p.r. n. 602/1973, che, in materia di riscossione coattiva a mezzo ruolo, fa espresso riferimento ai fitti e alle pigioni a scadere alle rispettive scadenze).

Poiché l'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. determina l'immediato e definitivo trasferimento del credito dal patrimonio del debitore esecutato a quello del creditore assegnatario, non vi è spazio per ammettere che a quest'ultimo non spettino i canoni scaduti successivamente all'esecuzione del pignoramento immobiliare, perché scaturiscono pur sempre direttamente dal credito di cui è divenuto unico ed esclusivo titolare, in sostituzione del locatore.

In senso contrario non depongono né l'art. 821, comma 3, c.c. (a mente del quale i frutti civili si acquistano giorno per giorno, in ragione della durata del diritto, giacché la norma si limita a determinare il momento in cui si realizza l'effetto acquisitivo del frutto, ma non comporta la necessaria coincidenza, in quel momento, tra titolarità del bene fruttifero e titolarità del diritto di fare propri i frutti, atteso che, diversamente, sarebbe esclusa in radice l'ammissibilità dell'assegnazione di crediti futuri o periodici), né gli artt. 2812 e 2918 c.c. (che hanno riguardo ad atti dispositivi dei canoni compiuti dal debitore in danno dei suoi creditori, tra i quali non rientra senz'altro l'ordinanza di assegnazione, vista la sua natura di provvedimento giudiziale alla cui formazione il debitore non concorre).

Di conseguenza, il pignoramento immobiliare successivo alla pronuncia dell'ordinanza di assegnazione, ossia intervenuto quando si è già determinato in modo irreversibile il trasferimento della titolarità del credito per canoni (compresi quelli non ancora scaduti) in capo a colui che se ne è reso assegnatario ai sensi dell'art. 553 c.p.c., non può esplicare alcun effetto sulla validità e sull'efficacia dell'assegnazione, né il giudice dell'esecuzione immobiliare può validamente assumere provvedimenti che abbiano incidenza su di essa.

Pertanto, il creditore assegnatario conserva senz'altro il diritto di incassare dal conduttore il corrispettivo della locazione, fino alla concorrenza dell'importo assegnato.

L'opponibilità della liberazione e del pagamento di canoni

Un ulteriore limite all'estensione del pignoramento dell'immobile locato ai canoni di locazione deriva dalle regole dettate dall'art. 2918 c.c., che fissano le condizioni di opponibilità al creditore pignorante e ai creditori intervenuti nell'esecuzione (nonché al custode giudiziario, quale soggetto incaricato ex lege dell'amministrazione dell'immobile nel corso del processo esecutivo) delle cessioni e delle liberazioni di canoni.

Dalla menzionata disposizione, applicabile sia in caso di espropriazione diretta dei canoni nelle forme del pignoramento presso terzi, sia in caso di pignoramento dell'immobile locato che a essi si estenda ai sensi dell'art. 2912 c.c., si evince, infatti, che:

- le liberazioni inferiori al triennio di canoni già scaduti al momento del pignoramento sono sempre opponibili ai creditori;

- le liberazioni eccedenti il triennio di canoni già scaduti al momento del pignoramento sono sempre opponibili ai creditori;

- le liberazioni inferiori al triennio di canoni non ancora scaduti al momento del pignoramento sono opponibili se anteriormente trascritte o, se non trascritte e in quanto risultino da atto avente data certa anteriore al pignoramento, al massimo per un anno dalla data di questo;

- le liberazioni eccedenti il triennio di canoni non ancora scaduti al momento del pignoramento sono opponibili ai creditori se trascritte anteriormente, o, in difetto di trascrizione, non oltre il termine di un anno dalla data del pignoramento, se risultano da atto avente data certa anteriore al pignoramento.

La liberazione per un periodo eccedente i tre anni, per avere effetto nei confronti dei creditori, deve quindi essere stata trascritta prima del pignoramento.

Sul tema, è intervenuta Cass. civ., sez. III, 24 settembre 2024, n. 25584, che ha precisato come, ai fini dell'opponibilità della liberazione in parola (da intendersi sia come pagamento anticipato dei canoni, sia come remissione del relativo debito), non sia sufficiente la sola trascrizione del contratto di locazione da cui risulti il pagamento anticipato, anche se accompagnata dall'indicazione di esso nel quadro “D” della nota.

Al contrario, è necessaria un'autonoma formalità pubblicitaria, da espletarsi ai sensi dell'art. 2643, n. 9), c.c. e avente per oggetto proprio la fattispecie estintiva del credito del locatore, mentre l'opponibilità della liberazione infratriennale o di quella ultra-triennale non trascritta resta subordinata all'esistenza di un atto avente data certa - anteriore al pignoramento - che la dimostri, essendo in ogni caso limitata al periodo di un anno dalla data di apposizione del vincolo.

Con la medesima pronuncia, i giudici di legittimità hanno affermato, altresì, che affinché abbiano efficacia liberatoria i pagamenti eseguiti in corso di procedura dal conduttore in favore dell'esecutato (quale custode ex lege ai sensi dell'art. 559, comma 1, c.p.c., o perché intervenuti prima della conoscenza della sua sostituzione nella custodia dell'immobile da parte del giudice dell'esecuzione), anziché del custode giudiziario (titolare esclusivo della legittimazione a riscuoterli nell'interesse dei creditori partecipanti all'esecuzione fino all'emissione del decreto di trasferimento, posto che da quel momento in poi vanno pagati all'aggiudicatario o all'assegnatario), occorre fornire la prova dell'avvenuto pagamento.

Da questo punto di vista, occorre considerare la terzietà del custode giudiziario rispetto alle parti del rapporto locatizio, assumendo egli il compito di amministrare il compendio pignorato nell'interesse del ceto creditorio senza sostituirsi al debitore nella titolarità del bene, ma più limitatamente nella gestione e nell'amministrazione di esso, essendo da questo punto di vista l'unico legittimato a compiere atti di gestione del rapporto locativo, compresa la comunicazione della disdetta, che, se effettuata dal debitore esecutato (proprietario-locatore) che abbia agito senza spendere la qualità di custode eventualmente ancora rivestita o in mancanza della preventiva autorizzazione del giudice dell'esecuzione, deve ritenersi tamquam non esset (Cass. civ., sez. III, 5 giugno 2024, n. 15678).

Data la sua terzietà, non sono quindi opponibili al custode la confessione giudiziale e il giuramento del locatore, così come non possono costituire idonea prova del pagamento effettuato dal conduttore eventuali ricevute, copie di partitario e, più in generale, documentazione formata dalla stessa parte che intende avvalersene, ovvero da soggetti portatori di interessi economici contrapposti a quelli della procedura esecutiva (che, come tali, potrebbero indurre a fare figurare come avvenuti pagamenti in realtà mai effettuati).

Pertanto, la quietanza rilasciata dall'esecutato-locatore - data la sua natura di confessione stragiudiziale del fatto estintivo dell'obbligazione ai sensi dell'art. 2735 c.c. -consente al conduttore di essere esonerato dal provare l'adempimento e la data certa del pagamento nella misura in cui sia fatta valere nella controversia in cui siano parti, anche in senso processuale, gli stessi soggetti che sono, rispettivamente, autore e destinatario della dichiarazione confessoria.

Al contrario, nel giudizio promosso dal custode giudiziario, la quietanza non può assumere il valore di confessione stragiudiziale del pagamento, proprio perché si tratta di una parte processuale diversa, caratterizzata da terzietà, rispetto al locatore (esecutato); al limite, essa potrà essere considerata alla stregua di un documento probante l'avvenuto pagamento rimesso al libero e prudente apprezzamento del giudice (al pari della confessione giudiziale resa dall'esecutato in litisconsorzio con il conduttore e il custode, ai sensi dell'art. 2733, comma 3, c.c.).

Fermo restando ciò, la documentazione prodotta dal conduttore per dimostrare il pagamento del canone dev'essere munita di data certa, in difetto della quale non è possibile verificare se il pagamento sia stato eseguito a favore del soggetto che, in quel momento, era legittimato a riceverlo.

Una volta che sia stato provato il pagamento eseguito nelle mani del locatore-debitore esecutato, l'effetto liberatorio a beneficio del conduttore è subordinato alla sussistenza dei presupposti dettati dall'art. 1189 c.c.: in quest'ottica, può assumere rilievo il fatto che i canoni siano stati corrisposti al soggetto che li aveva sempre riscossi in precedenza, in assenza di comunicazione da parte del custode giudiziario dell'avvenuta nomina e di avvisi prescritti dalla legge processuale circa la pendenza della procedura esecutiva (posto che la trascrizione effettuata ai sensi dell'art. 555 c.p.c. non costituisce, per il conduttore, mezzo di pubblicità idoneo ai fini della conoscenza del pignoramento dell'immobile), potendosi valorizzare tali circostanze al fine di ritenere integrati i requisiti dell'apparenza e della buona fede richiesti dal menzionato art. 1189 c.c.

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