Le azioni esperibili dal creditore avverso l’atto costitutivo del fondo patrimoniale
11 Settembre 2025
Massima La sottrazione di determinati beni alla garanzia patrimoniale generica per destinarli ai bisogni della famiglia è atto di per sé lecito, rispondendo ad uno scopo che il legislatore ha ritenuto meritevole di tutela e salva la possibilità di esperire l’azione revocatoria ordinaria pacificamente ammessa in giurisprudenza. Il caso I coniugi Tizio e Tizia costituivano un fondo patrimoniale avente ad oggetto, quale unico bene, la loro casa di abitazione. La Ausl, creditrice di Tizio - suo dipendente, in seguito licenziato per essere stato condannato dopo essersi appropriato di determinate somme – agiva in giudizio per far dichiarare la simulazione del detto atto costitutivo del fondo patrimoniale. Il Tribunale accoglieva la domanda, avverso la quale i coniugi proponevano appello. La Corte di merito sottolineava come nel caso in esame non vi fossero i presupposti per parlare di simulazione non essendovi divergenza tra l'apparenza contrattuale e la situazione realmente voluta dai coniugi. Questi ultimi avevano inteso esattamente porre in essere una costituzione di fondo patrimoniale, con i relativi effetti tipici ex lege: non vi era stata divergenza tra gli effetti realmente voluti dai coniugi e quelli ascrivibili tipicamente al contratto in oggetto. Conseguentemente, non essendo stata proposta nessuna altra domanda subordinata in giudizio (annullamento, revocatoria o altro), la Corte accoglieva l'appello dei coniugi. Contro la sentenza della Corte di Appello, la Ausl proponeva ricorso in Cassazione ed i coniugi si difendevano con controricorso. Il procuratore generale concludeva per il rigetto del ricorso, sottolineando che la Corte di Appello aveva fatto corretta applicazione degli articoli 167 e 170 c.c.: il vincolo sui beni che costituiscono il fondo al soddisfacimento dei bisogni della famiglia comporta che l'esecuzione su di essi sia consentita solo per debiti contratti per tali bisogni, restando però ferma la facoltà dei creditori che non possono soddisfarsi sul fondo, di proporre l'azione revocatoria avverso l'atto costitutivo del fondo stesso che, in quanto atto a titolo gratuito, è soggetto all'azione ex 2901 c.c., ricorrendone i presupposti. La questione La questione in esame è la seguente: quale rimedio è esperibile dal creditore – laddove il debito sia estraneo ai bisogni della famiglia - avverso l’atto costitutivo del fondo patrimoniale? Le soluzioni giuridiche Al fine di comprendere correttamente la problematica posta dal caso in esame, occorre previamente inquadrare i differenti presupposti dell'azione di simulazione (art. 1414 c.c.) -proposta dal creditore - e dell'azione revocatoria (art 2901 c.c.) - considerata dalla Corte il mezzo più appropriato nel caso di specie - per valutare in quali circostanze ciascuna possa risultare il mezzo di tutela più soddisfacente per il creditore pregiudicato dall'atto costitutivo del fondo patrimoniale. La simulazione del contratto consiste nell'apparenza negoziale creata intenzionalmente dalle parti per dimostrare una realtà non corrispondente in tutto o in parte all'effettivo assetto di interessi, realizzandosi in particolare una simulazione assoluta laddove non esiste in realtà alcuna volontà negoziale, ovvero relativa quando il negozio effettivamente voluto dalle parti è diverso da quello apparente. In sostanza, le parti realizzano una consapevole divergenza tra il contenuto della dichiarazione (fittizia) e il contenuto della volontà (effettiva); l'azione di simulazione è pertanto volta ad accertare l'esistenza di un negozio apparente: è di tutta evidenza che laddove non vi sia alcuna divergenza tra volontà e sua manifestazione (come nel caso di specie), non vi siano i presupposti per l'azione di simulazione. Diversamente, l'azione revocatoria, pur non perseguendo scopi specificamente restitutori, mira a ricostruire la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del debitore ex art. 2740 c.c. - la cui consistenza sia ridotta (o anche soltanto compromessa) dall'atto dispositivo del debitore - attraverso la declaratoria di inefficacia di ogni atto dispositivo compiuto da quest'ultimo e quindi di contratti esistenti e realmente voluti (previo accertamento dell'eventus damni e, nei negozi a titolo oneroso, anche dell'esistenza del consilium fraudis. Cfr. Corte Appello, Napoli, sez. III, 26/07/2022, n. 3528). La differenza rilevante pertanto è che il negozio impugnato per simulazione esiste solo apparentemente, mentre il negozio impugnato con l'azione revocatoria esiste ed è realmente voluto, e pertanto l'azione revocatoria ha la finalità di renderlo inefficace per ricostruire la generica garanzia costituita dal patrimonio del debitore. In conclusione le due azioni, pur diverse per contenuto e finalità, possono essere proposte nello stesso giudizio in forma alternativa tra loro oppure in via subordinata l'una all'altra, senza che la possibilità di esercizio dell'una precluda la proposizione dell'altra; nel caso in esame l'errore commesso dal creditore è stato proprio quello di proporre l'azione di simulazione e non anche altra domanda, seppure subordinata, e segnatamente l'azione revocatoria che, come chiarito dalla Corte di Cassazione “è la azione appropriata per far accertare che l'atto era scientemente rivolto o dolosamente preordinato al fine di pregiudicare il soddisfacimento del creditore”. Osservazioni La fattispecie in esame fornisce un'interessante occasione per una riflessione di più ampio respiro sui possibili strumenti di tutela dei creditori dei soggetti che costituiscono il fondo patrimoniale - aventi differenti coloriture correlate alla natura dei relativi crediti - e, prima ancora, sulla individuazione della natura giuridica e finalità del fondo patrimoniale, con particolare riferimento alla esatta definizione della causa del relativo contratto costitutivo. Quest'ultimo, analogamente ad altri istituti (quali il vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c. o il conferimento di beni in trust) integra un negozio segregativo, cioè istitutivo di un patrimonio separato e destinato, per volontà di legge, alla garanzia di specifici creditori e segnatamente i creditori della famiglia; tale fattispecie negoziale importa la creazione di un vincolo di destinazione su detti beni, assoggettati ad un peculiare regime di amministrazione (art. 168-169 c.c.) e sottratti alla garanzia patrimoniale generica. Il bilanciamento tra gli interessi della famiglia e quello dei creditori viene realizzato dal legislatore nell'art. 170 c.c., ovvero nel prevedere che l'esecuzione sui beni del fondo e relativi frutti non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia. In sostanza, il legislatore ha correlato il limite all'espropriazione alla qualità del credito ed allo stato soggettivo del titolare dello stesso. La Corte di Cassazione ha ribadito come nella fattispecie in esame non vi era stata alcuna divergenza tra la volontà dei coniugi e la relativa manifestazione, poiché l'intenzione dei coniugi era stata esattamente quella di creare uno schermo tra il bene oggetto del fondo patrimoniale – destinandolo solo ai bisogni della famiglia – e le azioni dei creditori che non rientrassero tra quelle previste dall'art. 170 c.c.: la sottrazione di determinati beni alla garanzia patrimoniale generica per destinarli ai bisogni della famiglia è un atto di per sé lecito, rispondendo ad uno scopo che il legislatore ha ritenuto meritevole di tutela ex art. 167 c.c., riconoscendo al contempo ai creditori non tutelati ex art. 170 c.c., la possibilità di esperire l'azione revocatoria ordinaria. Al riguardo è interessante sottolineare che, a dispetto del tenore letterale dell'art. 2901 c.c. (che considera gli atti di “disposizione” compiuti dal debitore) e alla luce dello scopo dell'azione revocatoria, i giudici di legittimità, con un orientamento consolidato, ne hanno esteso l'àmbito applicativo considerando possibile oggetto di revocatoria anche atti non qualificabili in senso proprio come di disposizione del patrimonio (ovvero che non importano una fuoriuscita del bene dal patrimonio del debitore riducendone l'entità), ma soltanto in via mediata incidenti in maniera limitativa sulla garanzia patrimoniale generica. Tra questi è stato altresì ricompreso in giurisprudenza proprio l'atto di costituzione del fondo patrimoniale, quale atto non concretante una vicenda dispositivo traslativa dei beni che ne sono oggetto, eppure idoneo a cagionare pregiudizio alle ragioni dei creditori in quanto comportante una più difficile o incerta esazione del credito. Giova sottolineare come secondo la giurisprudenza tale atto sia a titolo gratuito non ravvisandosi alcuna causa onerosa ricollegabile all'adempimento delle obbligazioni di cui agli art. 143 e 147 c.c. o al vantaggio per la categoria dei creditori non estranei ai bisogni della famiglia, contemplata dall'art. 170 c.c.: per l'effetto, lo stesso può essere dichiarato inefficace, nei confronti dei creditori, con l'azione revocatoria ordinaria, purché ricorrano le condizioni di cui all'art. 2901 c.c. Alla luce delle considerazioni che precedono è agevole comprendere il ragionamento della Corte di Cassazione - la cui posizione si inserisce nel solco dell'orientamento giurisprudenziale sopra indicato - che, con atteggiamento critico, ha sottolineato come nel caso in esame le scelte della AUSL non siano state appropriate per conseguire un'idonea tutela, rilevando che piuttosto la stessa avrebbe dovuto introdurre, quanto meno in subordine, l'actio pauliana. |