Osservatorio immobiliare: le principali questioni della settimana
La Redazione
15 Settembre 2025
Il presente osservatorio evidenzia le novità normative e giurisprudenziali settimanali. Uno “sguardo” sull'attuale scenario delle dinamiche immobiliari, non solo sul contenzioso (condominio, locazione o compravendita), ma anche sugli aspetti collegati come quelli edilizi e fiscali. Settimana 8 settembre – 14 settembre 2025.
Gli aspetti normativi
Lo scopo della presente trattazione è quella di fornire agli utenti le principali novità settimanali del settore immobiliare, uno strumento immediato e pensato per l'approfondimento dell'attività professionale.
Tra le questioni di interesse, in àmbito normativo, la regione Trentino Alto Adige con il provvedimento del 26 agosto 2025, n. 661 (pubblicato nel BUR Trentino Alto Adige del 4 settembre 2025, n. 36), si è occupata dei criteri per la concessione di contributi per la sostituzione di impianti termici esistenti alimentati a legna. La misura del contributo viene espressa come una percentuale massima dei costi ammissibili riconosciuti dal GSE: 65% nel caso di persone fisiche, enti senza scopo di lucro, micro e piccole imprese con incluse le imprese individuali; 55% nel caso di medie imprese.
Le questioni della giurisprudenza di legittimità
Di seguito le questioni di interesse affrontate dai giudici di legittimità.
La presentazione della querela da parte del singolo condomino
La questione riguardava l'abusiva introduzione di estranei nell'autorimessa di un condominio e le contestazioni riguardanti la legittimità della presentazione della querela. Secondo la Suprema Corte, qual che sia l'inquadramento dogmatico della veste dell'amministratore nella prospettiva di assicurare la tutela penale agli interessi del condominio, deve da un lato affermarsi che l'amministratore è titolare dei poteri-doveri di compimento degli atti di conservazione delle parti comuni dell'edificio condominiale, di cui rappresenta espressione il potere di promuovere querela anche indipendentemente da uno specifico investimento da parte dell'assemblea dei condomini; dall'altro lato, il diritto soggettivo di promuovere querela spetta parimenti e, comunque, alla persona offesa in senso stretto. Pertanto, il singolo condomino, che gode del diritto reale di comproprietà tipico dell'istituto della comunione sulle parti comuni, tra le quali sono annoverabili le autorimesse è, in relazione ad esse, persona offesa dal reato lesivo dell'interesse penalmente protetto dalla norma incriminatrice di cui all'art. 614 c.p. (Cass. pen., sez. V, 9 settembre 2025, n. 30472).
Il mancato avveramento della condizione sospensiva del contratto preliminare
Nella vicenda, il contratto preliminare subordinava l'efficacia del vincolo all'approvazione del piano integrato di intervento da parte dell'Amministrazione comunale (condizione sospensiva), ma prevedeva, altresì, una condizione risolutiva potestativa (diritto dell'acquirente di risolvere il contratto in caso di diniego espresso o silenzio dell'amministrazione per oltre sei mesi dalla richiesta). Successivamente era stata domandava ai promittenti venditori la restituzione della caparra confirmatoria, ritenendo integrata la condizione risolutiva; in sede di opposizione, invece, i promittenti venditori sostenevano che la condizione risolutiva non si fosse verificata in quanto il Comune non aveva pronunciato alcun diniego, bensì aveva ritenuto di non dar corso alla procedura. Secondo la Suprema Corte, in una controversia riguardante un contratto preliminare di compravendita, il mancato avveramento della condizione sospensiva, che prevede l'approvazione di un piano integrato di intervento, determina l'inefficacia del contratto ab origine, indipendentemente dall'avveramento o meno della condizione risolutiva. Tale inefficacia può essere rilevata d'ufficio dal giudice in presenza di elementi già risultanti dagli atti di causa (Cass. civ., sez. II, 9 settembre 2025, n. 24860).
Le questioni della giurisprudenza di merito
Di seguito le questioni di interesse affrontate dai giudici di merito.
L'opponibilità della scrittura privata nei confronti del condominio
Gli opponenti eccepivano che tra le somme richieste appariva un generico “conguaglio gestione precedente”, senza alcuna spiegazione o riferimento temporale. Tale circostanza aveva portato i nudi proprietari a dover pagare sùbito la somma a causa dell'esecutività del decreto ingiuntivo, senza aver avuto la possibilità di conoscere prima la natura del credito né di rivalersi tempestivamente sull'usufruttuaria, nel frattempo deceduta. Inoltre, l'usufruttuaria aveva sottoscritto una scrittura privata con cui nominava l'avvocato fiduciario, incaricandolo, tra le altre cose – dopo la sua morte e con il ricongiungimento della piena proprietà – di provvedere al pagamento, con il proprio patrimonio, delle spese condominiali, e tale documento era stato sottoscritto per accettazione; sicché, in forza di tale scrittura, i nudi proprietari sostenevano che l'obbligo di saldare le spese condominiali dovesse gravare sul patrimonio dell'usufruttuaria e che l'avvocato, in quanto procuratore post mortem, dovesse rispondere dell'esborso da loro sostenuto. Secondo il giudicante, in relazione al debito, ove sia maturato un inadempimento dell'usufruttuario per il pagamento delle spese che attengono all'ordinaria amministrazione condominiale, ne rispondono anche i nudi proprietari in via solidale e dunque il condominio, legittimamente, può richiedere il decreto ingiuntivo nei loro confronti per il pagamento delle stesse spese. Quanto alla scrittura privata, invece, questa non poteva considerarsi opponibile, non essendo stata sottoscritta né accettata dal condominio e non avendo data certa; la stessa produceva effetti solo interni tra usufruttuaria e nudi proprietari, ma non poteva liberare questi ultimi dall'obbligo solidale verso il condominio. Pertanto, l'opposizione su questi punti è stata rigettata (Trib. Milano 10 settembre 2025, n. 6785).
La revisione delle tabelle millesimali
Parte attrice contestava alcune anomalie nell'imputazione e consistenza delle spese rispetto alla reale situazione dell'edificio (posti auto, locali lavatoio e caldaia condominiale, ecc.). Inoltre, nel corso degli anni, erano stati realizzati nelle unità immobiliari facenti parte dell'ampliamento, frazionamenti e cambi di destinazione che avevano reso non più attuali le tabelle millesimali che già risultavano in origine affette da evidenti errori. Secondo il giudice, la domanda di revisione delle tabelle avanzata dagli attori trovava conferma negli accertamenti della consulenza tecnica d'ufficio, la quale aveva accertato l'intervento negli anni di innovazioni, ampliamenti e frazionamenti che avevano reso le tabelle in vigore e risalenti agli anni '60 non più corrispondenti al valore dei singoli appartamenti. Difatti, nessuna diversa convenzione era possibile ricavare dalla lettura del regolamento e dalle tabelle allegate, né risultava in alcun modo dedotto o provato che l'assemblea, all'unanimità dei partecipanti al condominio, avesse adottato una diversa convenzione negoziale in tale senso. Pertanto, la domanda di revisione è stata accolta (Trib. Roma 10 settembre 2025, n. 12356).
La ripartizione delle spese idriche del condominio
I condomini impugnavano le delibere con cui l'assemblea ordinaria aveva addebitato pro capite a carico della proprietà attorea le spese di consumo dell'acqua. Difatti, con le contestazioni in esame, i condomini ritenevano la normativa fosse stata effettivamente violata dall'amministratore, poiché il Legislatore privilegia l'installazione dei contatori all'interno di ciascuna unità immobiliare, al fine di agevolare un maggior risparmio idrico ed una più corretta ripartizione dei consumi anche in sede assembleare; sicché, essendo il convenuto inadempiente, era necessario stabilire quale fosse il criterio corretto nel riparto di tali spese. Secondo il giudice, sino a quando il condominio non riuscirà a trovare una maggioranza assembleare ai fini dell'approvazione e della realizzazione di un sistema integrato di contatori posti all'interno di ciascuna singola unità abitativa, l'unico criterio residuale concretamente utilizzabile, essendo stato presunto dal Legislatore, è quello dei millesimi. Pertanto, avendo l'amministratore applicato un criterio di riparto contrario all'art. 1123 c.c., la delibera è stata annullata. Spetterà al condominio valutare se dotarsi in futuro dei contatori autonomi indispensabili per la misurazione effettiva del consumo imputabile a ciascuna singola unità abitativa, ovvero decidere di seguire il criterio residuale a millesimi previsto dall'art. 1123 c.c., trattandosi di una decisione di merito riservata all'organo assembleare e su cui il giudice non può incidere (Trib. Monza 10 settembre 2025, n. 1609).
La rivendicazione del diritto di veduta in appiombo
Il ricorrente lamentava che le nuove coperture fossero state realizzate dal resistente in violazione del diritto di veduta diretta, obliqua e in appiombo. Il convenuto, invece, sosteneva che l'immobile di proprietà del ricorrente si trovasse a oltre sette metri di distanza e, pertanto, non potesse esservi stata alcuna violazione della normativa di legge, con conseguente richiesta di rigetto della domanda attorea. Secondo il giudice, l'elemento rilevante era quello del limite minimo dei tre metri, al di sotto del quale il diritto di veduta del proprietario risultava violato. Era evidente che tale distanza minima (tre metri) ricorresse per tutte le possibili proiezioni della veduta (diretta, obliqua, radiale e in appiombo); sicché, non era condivisibile l'interpretazione della parte attrice, secondo cui il diritto di veduta in appiombo sarebbe senza limiti e potrebbe essere rivendicato – come nel caso di specie – anche a distanza di quasi nove metri. Tale interpretazione contrasta in primo luogo con il dato letterale dell'art. 907 c.c., che parla espressamente “di tre metri senza alcuna eccezione”. Diversamente opinando, si dovrebbe sostenere che il proprietario dell'attico in un palazzo posto al quarantesimo piano possa impedire al proprietario dell'immobile a piano terra di porre una copertura nel proprio giardino, lamentando la perdita di aria e luce per un immobile posto a diverse decine di metri di distanza, nel punto più luminoso e arieggiato del condominio. Infine, la tesi del ricorrente porta ad un sacrificio del diritto di proprietà non previsto dalla norma e non giustificato, in contrasto con la natura propria di tale diritto (che ammette limiti solo nei casi previsti dalla legge). Pertanto, il ricorso è stato rigettato (Trib. Lecce 11 settembre 2025, n. 2500).
L'abusiva delibera di chiusura del cancello privato
Nell'edificio insisteva un cancello carrabile che consentiva l'accesso, esclusivamente, agli immobili degli attori dal piazzale di parcheggio e relativa rampa di accesso. Del predetto cancello automatico scorrevole, in un primo momento e con delibera condominiale, veniva disposta l'apertura permanente, ma poi, con successiva delibera, oggetto di odierna impugnativa, questa veniva all'unanimità revocata, disponendo, invece, la completa e permanente chiusura del cancello, con lesione dei diritti dei condomini. Difatti, il cancello serviva, in via esclusiva, gli immobili posti al piano seminterrato, piano terra e primo. Secondo il giudice, l'assise condominiale deliberando all'unanimità di chiudere in maniera permanente il cancello carrabile, aveva invaso la sfera dei diritti individuali dei condomini esclusivisti. Per le ragioni esposte, la delibera è stata dichiarata nulla poiché incideva su diritti individuali dei singoli condomini (beni di proprietà esclusiva o a uso esclusivo come per l'appunto è l'uso esclusivo di un'area comune attribuita a un singolo condomino). Difatti, l'assemblea non può modificare o limitare tale diritto con delibera a maggioranza e, se adottata, questa è nulla per contrasto con un diritto individuato e tutelato contrattualmente (Trib. Cosenza 9 settembre 2025, n. 1374).
Le questioni della giurisprudenza amministrativa
Di seguito le questioni di interesse affrontate dai giudici amministrativi.
La demolizione della serra bioclimatica
In tal vicenda, parte ricorrente contestava il provvedimento di rimozione della serra solare bioclimatica realizzata nell'immobile. Secondo il giudice amministrativo, successivamente alla presentazione della domanda di condono edilizio e prima che quest'ultima sia decisa, il proprietario non può effettuare alcuna opera ampliativa e/o modificativa dell'immobile abusivo, valendo il principio in forza del quale è la prosecuzione in sé dei lavori ad essere preclusa, a prescindere dal regime edilizio a tali opere applicabile, anche in termini di trattamento sanzionatorio. Pertanto, le ulteriori opere eseguite dopo la presentazione dell'istanza di condono - ancorché interne, pertinenziali o di ridotto impatto urbanistico, oppure astrattamente riconducibili alle categorie della manutenzione ordinaria/straordinaria, del restauro e/o del risanamento conservativo, o della ristrutturazione edilizia - devono dirsi abusive e in prosecuzione dell'indebita attività edilizia pregressa, ripetendo le caratteristiche di illiceità dell'opera principale cui ineriscono strutturalmente. In termini, le opere innovative e modificative eseguite su beni oggetto di domanda di condono ne ripetono il carattere dell'abusività. Nella vicenda, non vi era dubbio che le difformità rilevate nel corso del sopralluogo effettuato presso l'immobile del ricorrente, rispetto alla rappresentazione dei luoghi contenuta nella documentazione allegata all'istanza di condono, integrasse modifiche che avevano portato a un organismo edilizio differente rispetto a quello preesistente, con conseguente violazione del divieto, vigente in pendenza di condono, di effettuare opere eccedenti la mera conservazione del bene (TAR Lazio-Roma 9 settembre 2025, n. 16108).
Riferimenti
Sostituzione di impianti termici, in Bollettino.Regione.Taa.it, 4 settembre 2025.
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