Codice Penale art. 22 - Ergastolo (1).Ergastolo (1). [I]. La pena dell'ergastolo [1, 2 coord.] è perpetua, ed è scontata in uno degli stabilimenti (2) a ciò destinati, con l'obbligo del lavoro e con l'isolamento notturno [29, 32, 36]. [II]. Il condannato all'ergastolo può essere ammesso al lavoro all'aperto (3). (1) In origine l'articolo constava di un terzo e di un quarto comma. Tali due commi abrogati dall'art. 1, l. 25 novembre 1962 n. 1634 erano così formulati: «[III]. Il Ministro della giustizia può disporre che l'esecuzione della pena abbia luogo in una colonia o in un altro possedimento d'oltremare. [IV]. Il condannato, che sconta la pena in una colonia o in un altro possedimento d'oltremare, può essere ammesso al lavoro al l'aperto, anche prima che sia trascorso il termine indicato nel primo capoverso». La Corte cost., con sentenza 28 aprile 1994, n. 168, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 17 e 22 «nella parte in cui non escludono l'applicazione della pena dell'ergastolo al minore imputabile». Su tale sentenza, v. anche sub artt. 69 e 73. (2) Ora istituti penitenziari ad opera della l. 26 luglio 1975, n. 354, nonché gli artt. 110 e 111 d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230. (3) Comma così sostituito dall'art. 1, l. 25 novembre 1962 n. 1634. Il testo originario recitava: «Il condannato all'ergastolo, che ha scontato almeno tre anni della pena, può essere ammesso al lavoro all'aperto». InquadramentoA seguito dell'abolizione della pena di morte (art. 21), l'ergastolo è la più grave pena prevista dal nostro ordinamento, comportando la reclusione perpetua del condannato. Prevista per i reati dotati di particolare gravità contro la personalità dello Stato o l'incolumità pubblica e la vita, la pena dell'ergastolo si applica anche in ipotesi di concorso di più delitti ognuno dei quali sia punito con la pena della reclusione non inferiore a 24 anni e, nelle ipotesi espressamente indicate, in sostituzione della pena di morte. Quando la legge impone che un determinato delitto sia punito con la pena dell'ergastolo, non trova applicazione la regola di cui all'art. 157, che disciplina la prescrizione del reato. La pena dell'ergastolo è destinata unicamente ai condannati maggiorenni, ritenendosi non derogabile per i soggetti minorenni la funzione rieducativa della pena di cui all'art. 27, comma 3 Cost. Modalità esecutiveLuogo di esecuzione Con la l. 26 luglio 1975, n. 354, che disciplina la normativa dell'ordinamento penitenziario, il nostro legislatore ha disposto che la pena dell'ergastolo sia eseguita all'interno delle case di reclusione (artt. 59 e 61 l. n. 354/1975; art. 110, comma 5, d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230) ed abolito gli “ergastoli”, istituti penitenziari distinti da quelli ordinari, in cui in passato detta pena era scontata. Con la l. 25 novembre 1962, n. 1634 era stato abrogato il terzo comma dell'art. 22, che prevedeva la facoltà per il Ministro della giustizia di disporre che l'esecuzione della pena avesse luogo in una colonia o in un altro possedimento d'oltremare. Isolamento Sebbene l'art. 22 faccia riferimento all'isolamento notturno del condannato (al pari degli artt. 23 e 25 in tema di esecuzione, rispettivamente, dalla reclusione e dell'arresto), detta previsione deve ritenersi abolita ad opera dell'art. 6 l. n. 354/1975, a norma del quale i locali destinati al pernottamento dei condannati consistono in camere a più posti (Cass. I, n. 21309/2016). Trattandosi di una modalità di esecuzione della pena che la rende più gravosa, ad avviso della Suprema Corte deve escludersi che il condannato vanti un diritto soggettivo o un interesse giuridicamente rilevante all'inasprimento delle proprie condizioni di detenzione e che pertanto questi non possa avanzare richiesta di dormire da solo (Cass. I, n. 50005/2009) o dolersi, mediante ricorso per cassazione, del provvedimento del Magistrato di Sorveglianza che ne abbia respinto il reclamo per l'omessa attuazione (Cass. I, n. 21309/2016). È invece applicabile l'isolamento diurno per un periodo da due mesi a tre anni (artt. 72 e 80). Ove unitamente all'applicazione della pena dell'ergastolo il giudice proceda anche alla condanna per reati concorrenti a quello punito con l'ergastolo, l'applicazione dell'isolamento diurno richiede l'indicazione di elementi concreti di riferimento relativi alla determinazione della sanzione irrogabile per i medesimi; ancora, la Suprema Corte ha sancito che l'inasprimento della pena dell'ergastolo con l'isolamento diurno presuppone che la pena inflitta per il reato concorrente sia superiore a cinque anni di reclusione, pena da valutarsi con riferimento alla pena applicata in concreto (Cass. I, n. 15843/2014). Il condannato alla pena dell'ergastolo, al quale sia stata applicata, ai sensi dell'art. 72, comma 2, l'ulteriore sanzione dell'isolamento diurno per il concorso, con la pena perpetua, di pene detentive temporanee di durata complessiva superiore a cinque anni, ha interesse a richiedere l'applicazione del beneficio dell'indulto sulle pene predette (se applicate per reati non ostativi), anche se la sanzione irrogata per tali reati sia già stata eseguita, perchè, anche in tal caso, dall'accoglimento dell'istanza può discendere la conseguenza favorevole della inapplicabilità dell'isolamento diurno, qualora, a seguito della estinzione delle pene condonate, l'entità complessiva delle pene detentive temporanee concorrenti con l'ergastolo risulti inferiore al limite quinquennale di cui al citato art. 72 (Cass. V, n. 12288/2016). Poiché l'isolamento diurno previsto dall'art. 72 ha natura giuridica di sanzione penale, il Magistrato di Sorveglianza non può disporre modalità esecutive tali da renderlo privo di contenuto effettivo, per esempio disponendo l'apertura della porta blindata della cella durante il giorno (Cass. I, n. 9300/2014). L'isolamento diurno è incompatibile con la fruizione di permessi-premioex art. 30-ter l. n. 354/1975, atteso che la possibilità di una tale fruizione non è contemplata dalla legge e si porrebbe in contrasto con l'afflittività che caratterizza l'isolamento stesso, avente natura di sanzione penale temporanea di inasprimento dell'ergastolo per i delitti concorrenti con quello per cui l'ergastolo stesso è inflitto (Cass. I, n. 3763 /2020). Lavoro Analogamente a quanto disposto dagli artt. 23 e 25 in tema, rispettivamente, di reclusione ed arresto, anche l'art. 22 sottolinea la necessità che il condannato all'ergastolo sia impiegato in attività lavorativa. Con la l. n. 354/1975 (art. 20) il lavoro ha perso la sua valenza afflittiva ed anzi è considerato strumento fondamentale del trattamento del condannato, grazia alla sua valenza rieducativa. Il riferimento al «lavoro all'aperto» di cui al secondo comma dell'art. 22 deve essere inteso nel senso che al condannato all'ergastolo è concessa la facoltà di svolgere attività lavorativa non “al di fuori dell'istituto penitenziario” (si parla a tal riguardo di lavoro all'esterno, disciplinato dall'art. 21 l. n. 354/1975), ma “all'aria aperta”, purché si mantenga in uno spazio interno alla recinzione dell'istituto. Durata Nato come pena a durata perpetua, col tempo l'ergastolo ha perso (almeno potenzialmente) detto carattere. Con la l. n. 1634/1962, infatti, il legislatore ha concesso anche all'ergastolano la facoltà di accedere alla liberazione condizionale di cui all'art. 176 dopo aver scontato ventotto anni di pena, periodo poi ridotto a ventisei anni ad opera della l. 10 ottobre 1986, n. 663. La l. n. 663/1986 ha introdotto altresì la possibilità per l'ergastolano di fruire della semilibertà, quando abbia scontato venti anni di pena (art. 50, comma 5, l. n. 354/1975). Decorrenza della pena In ipotesi di cumulo tra ergastolo e pene temporanee, la pena dell'ergastolo decorre dalla data di inizio della carcerazione per il reato cui si riferisce (Cass. I, 3123/2011). Il c.d. ergastolo ostativoAl fine di contrastare la criminalità mafiosa, il legislatore è intervenuto per differenziare il regime esecutivo dell'ergastolo per i condannati che abbiano collegamenti con la criminalità organizzata. Con il d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, conv., con modif. in l. 15 marzo 1991, n. 82 e poi modificato dalla l. 13 febbraio 2001, n. 45, è stata infatti introdotta una disciplina di favore per i condannati che abbiano prestato una collaborazione con la giustizia ritenuta di particolare importanza; precisamente, a norma dell'art. 16-nonies, comma 4, d.l. n. 8/1991 si è prevista la possibilità per gli ergastolani di accedere alla liberazione condizionale dopo aver espiato solo dieci anni di pena (anziché ventisei) in caso di collaborazione con la giustizia. Al contrario, per gli ergastolani che non forniscano una collaborazione utile ai sensi dell'art. 58-ter l. n. 354/1975 (salva l'ipotesi di collaborazione impossibile ovvero oggettivamente irrilevante), sussiste un divieto assoluto di accesso ai benefici penitenziari ed alle misure (art. 4-bis, comma 1, l. n. 354/1975). Parte della dottrina dubita della legittimità costituzionale dell'ergastolo ostativo ritenendo illegittima la presunzione assoluta di non avvenuta rieducazione del reo in ipotesi di sua mancata collaborazione, osservando come anche in ipotesi di rottura dei collegamenti con l'organizzazione criminale di provenienza, ben potrebbe il condannato decidere di non collaborare per ragioni che non possono essere considerate riprovevoli: si pensi all'ipotesi di timore di ritorsioni verso i familiari o all'ipotesi in cui gli stessi criminali da denunciare fossero suoi familiari (Eusebi 2012, 1220; Pugiotto 2012, 126). Parte della dottrina rileva altresì come l'ergastolo ostativo si ponga in contrasto con il principio del nemo tenetur se detegere di cui all'art. 24 Cost. (Eusebi 2012, 1220; Filippi-Spangher, 237). Sul punto la giurisprudenza ha recentemente affermato che il sistema delineato dall'ordinamento penitenziario vigente in materia di accesso ai benefici del detenuto in espiazione della pena dell'ergastolo per condanne relative a reati contemplati dall'art. 4-bis ord. pen. (c.d. ergastolo ostativo) è compatibile con i principi costituzionali e con quelli della CEDU, in quanto, in caso di provato ravvedimento, il condannato può essere ammesso alla liberazione condizionale ex art. 176, comma 3 anche per i predetti reati, in relazione ai quali la richiesta collaborazione e la perdita di legami con il contesto della criminalità organizzata costituiscono indici legali di tale ravvedimento (Cass. I, n. 7428/2017, la quale ha precisato che ciò è sufficiente - alla stregua dell'elaborazione giurisprudenziale della Corte Edu - ad escludere che il condannato sia privato "in radice" del diritto alla speranza; Cass. I, n. 27149/2016, che osserva come la possibilità per il condannato di scegliere se collaborare o meno escluda che possa ritenersi vanificato, in concreto, il perseguimento della finalità rieducativa della pena). Da ultimo, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 253 del 2019, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 4-bis, comma 1, l. n. 354/1975, nella parte in cui non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l'attualità della partecipazione all'associazione criminale sia, più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata. La Suprema Corte ha chiarito che il ristoro in forma specifica previsto dall'art. 35-ter l. n. 354/1975 in caso di violazione dell'art. 3 CEDU è utilmente esperibile anche dal condannato all'ergastolo, sia comune che ostativo, senza che, in contrario, rilevi l'insussistenza al momento della domanda delle condizioni per accedere alla liberazione anticipata (compresa, nel caso di ergastolo ostativo, la collaborazione con la giustizia), atteso che il riconoscimento di tale forma di ristoro, destinato a rimanere privo di concreta utilità per il condannato all'ergastolo ostativo che si determini per una scelta non collaborativa, è suscettibile di incidere sulla determinazione della pena scontata in funzione dell'ammissione del detenuto, ricorrendone i presupposti, alla liberazione condizionale e alle altre misure premiali (Cass. I, n. 41649/2019). Sanzioni accessorieAlla condanna all'ergastolo consegue ipso iure l'interdizione perpetua del condannato dai pubblici uffici (art. 29 c.p., cui si rinvia). Ipotesi di esclusioneLa Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 17 e 22 c.p. in riferimento agli artt. 27, comma 3 e 31, comma 2, Cost., nella parte in cui non escludono l'applicabilità della pena dell'ergastolo al minore imputabile (Corte cost., n. 168/1994; per approfondimenti della dottrina: Gallo; Gemma). Nella medesima pronuncia la Consulta ha altresì dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 69, comma 4, c.p. nella parte in cui prevede l'applicabilità del primo comma dell'art. 69 c.p. al minore degli anni diciotto ove si tratti di circostanze aggravanti che accedono ad un reato per il quale è prevista la pena base dell'ergastolo. Per completezza espositiva, si rileva come la Suprema Corte ha infine ritenuto manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 72 c.p., in tema di concorso dei reati che importano l'ergastolo e di reati che importano pene detentive temporanee, laddove stabilisce che detta previsione si applichi anche a soggetti di età compresa tra diciotto e ventuno anni. Ad avviso della Corte, avendo già raggiunto la maggiore età, il “giovane-adulto” ha acquisito tutti i diritti, i doveri e le responsabilità connesse con l'età adulta (Cass. I, n. 7337/2006). Recentemente, la Suprema Corte si è altresì pronunciata enunciando che la pena dell'ergastolo applicata all'imputato infraventicinquenne che abbia commesso il delitto in età maggiore degli anni diciotto non può essere sostituita dal giudice dell'esecuzione con una pena temporanea, dal momento che la pena dell'ergastolo è legittimamente irrogabile a tutti i soggetti maggiorenni (Cass. I, n. 34111/2015). Sostituzione dell'ergastolo con altra penaPer brevità espositiva, si rinvia a quanto enunciato sub artt. 65 e 67 c.p. in tema di sostituzione della pena dell'ergastolo con la reclusione da venti a ventiquattro anni in presenza di una o più circostanze attenuanti. Vicende estintiveLe uniche cause di estinzione del reato che operano in relazione ai reati puniti con la pena dell'ergastolo sono la morte del reo prima della condanna (art. 150) e l'amnistia (art. 151). Non opera la prescrizione (art. 157, ultimo comma). Si segnala che la Suprema Corte, a Sezioni Unite, ha chiarito che il delitto punibile in astratto con la pena dell'ergastolo, commesso prima della modifica dell'art. 157, per effetto della l. 5 dicembre 2005, n. 251, è imprescrittibile, pur in presenza del riconoscimento di circostanza attenuante dalla quale derivi l'applicazione di pena detentiva temporanea (Cass. S.U., n. 19756/2015) Tra le cause di estinzione della pena non può essere annoverato il decorso del tempo; l'art. 172 infatti disciplina esclusivamente l'estinzione delle pene della reclusione e della multa per decorso del tempo, mentre l'art. 173 disciplina l'estinzione per decorso del tempo delle pene dell'arresto e dell'ammenda. L'indulto (art. 174) può estinguere anche l'ergastolo. A tal riguardo la giurisprudenza di legittimità ha precisato che per sua natura l'indulto estingue solo le pene detentive temporanee, non potendosi estinguere solo in parte la pena perpetua; nondimeno, il legislatore può appositamente prevedere che l'indulto sia applicato anche all'ergastolo, disponendo che detta pena sia condonata in toto ovvero convertita in una pena di specie diversa (Cass. I, n. 22760/2008). L'ergastolo può essere estinto anche a seguito di concessione della grazia (art. 174). Quando l'ergastolo non deve essere eseguito per intervenuta concessione dell'indulto o della grazia, il condannato è sottoposto a libertà vigilata per un periodo non inferiore a tre anni (art. 210). Problemi di legittimità costituzionaleIl principio di rieducazione della pena di cui all'art. 27, comma 3, Cost. ha fatto apparire a taluno la previsione della pena dell'ergastolo in contrasto con il dettato costituzionale (Carnelutti, 2); altri hanno invece enunciato la compatibilità costituzionale della previsione dell'ergastolo evidenziando invece come detta pena non precluda comunque una rieducazione interiore della persona condannata (Bettiol, 565). Sul tema si è pronunciata in più occasioni la Suprema Corte, sempre dichiarando la questione di legittimità costituzionale dell’ergastolo manifestamente infondata, in considerazione, da un lato, della connotazione polifunzionale della misura, in quanto comprensiva delle finalità di prevenzione, generale e speciale, nonchè di difesa e di rieducazione sociale, e dall'altro, dell'esistenza di una disciplina di esecuzione che consente di escludere, in concreto, la perpetuità della stessa (Cass. I, n. 33018/2012; Cass. I, n. 43711/2015; Cass. I, n. 34199/2016). Più precisamente, la Corte ha interpretato restrittivamente la previsione di cui all'art. 27 Cost. enunciando la necessità di far riferimento alla possibilità della rieducazione morale del reo (Cass. S.U., n. 7/1956) e precisando che il costituente non ha voluto eliminare l'ergastolo dal novero delle pene applicabili (come invece ha fatto con la pena di morte), pertanto detta pena deve ritenersi pienamente conforme all'assetto costituzionale (Cass. I, n. 319/1971). La Corte di Cassazione ha ribadito a più riprese (da ultimo Cass. I, n. 34199/2016) la manifesta infondatezza della questione di legittimità dell'ergastolo proposta in relazione all'art. 3 Cost. anche a seguito della nota pronuncia (Corte cost. n. 264/1974) con cui la Corte costituzionale ha ritenuto che l'ergastolo non possa considerarsi di per sé ostativo alla rieducazione ed al reinserimento del condannato nella società, non potendosi più considerare pena perpetua, alla luce della facoltà concessa all'ergastolano di fruire della liberazione condizionale (v. supra). La pena dell'ergastolo ha altresì sollevato dubbi di legittimità costituzionale in ragione della sua natura di pena fissa, ritenendosi che detto carattere impedisse l'individualizzazione della pena, strumento necessario a garantire la finalità rieducativa della pena (art. 27 Cost.) e con il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) (Bricola, 203; Dolcini, 354; Paliero, 729). La Consulta non si è mai pronunciata sulla legittimità della pena dell'ergastolo sotto il profilo della sua natura di pena fissa, nondimeno, pronunciandosi in altre circostanze sul tema delle pene fisse, ha affermato che dette pene, sebbene non appaiano prima facie in armonia con il sistema costituzionale, sono invero legittime ove ragionevolmente proporzionate « all'intera gamma di comportamenti riconducibili allo specifico tipo di reato » (Corte cost., n. 50/1980). In dottrina si sostiene da più parti che la pena dell'ergastolo si pone in insanabile contrasto con il divieto di trattamenti contrari al senso di umanità di cui all'art. 27, comma 3, Cost. (Pugiotto 2013, 15; Pugiotto 2012, 125). La Consulta non si è mai pronunciata sul tema, mentre a livello sovranazionale significative sono le affermazioni della Corte Edu, secondo la quale detta pena non può dirsi di per sé incompatibile con l'art. 3 Cedu ove non sia gravemente sproporzionato rispetto al fatto che intenda punire, che la sua esecuzione sia funzionale al raggiungimento degli scopi della pena e che l'ordinamento preveda una qualche possibilità di rimessione in libertà del condannato (Corte EDU, 4 settembre 2014, Trabelsi c. Belgio; Pugiotto 2013, 11; Galliani). Diritto penitenziarioL'ergastolano che abbia scontato almeno dieci anni di pena può fruire dei permessi premio (art. 30-ter l. n. 354/1975) ed essere ammesso al lavoro all'esterno (art. 21 l. n. 354/1975). Scontati venti anni di pena, l'ergastolano può fruire della semilibertà (art. 50, comma 5, l. n. 354/1975) e decorsi ventisei anni può essere ammesso alla liberazione condizionale (art. 176). Al condannato all'ergastolo può essere concessa la liberazione anticipata (art. 54 l. n. 354/1975), che può essere computata ai fini della determinazione della pena espiata per la fruizione dei benefici appena indicati. Si rileva che prima della l. n. 663/1986, con cui il legislatore ha consentito anche all'ergastolano la fruizione dei sopra menzionati benefici, la Suprema Corte si era espressa nel senso di ritenere non concedibile al condannato all'ergastolo il beneficio della liberazione anticipata, ritenendo che essa presupponesse una pena detentiva temporanea (Cass. I, n. 42/1980). Successivamente, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 54 l. n. 354/1975 per contrasto con gli artt. 3 e 27, comma 3, Cost., nella parte in cui non prevedeva la possibilità di concedere anche all'ergastolano la riduzione di pena di cui all'art. 54 citato ai fini del computo della quantità di pena espiata per richiedere la liberazione condizionale (Corte cost., n. 274/1983). Recependo le osservazioni della Consulta, con la l. n. 663/1986 il legislatore ha dipoi espressamente previsto l'applicabilità della liberazione anticipata anche agli ergastolani. Salva l'ipotesi di condanna per uno dei reati di cui all'art. 4-bis l. n. 354/1975, non è stata negata agli ergastolani la facoltà di beneficiare della c.d. liberazione anticipata speciale di cui all'art. 4 d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, convertito con modificazioni dalla l. 21 febbraio 2014, n. 10. Profili processualiÈ stata a lungo dibattuta la possibilità per l'ergastolano di beneficiare di uno sconto di pena a seguito della richiesta di definizione del giudizio mediante rito abbreviato(artt. 438 ss. c.p.p.). La disciplina originaria dell'art. 442 c.p.p. disponeva che la condanna dell'ergastolo fosse sostituita con la pena della reclusione per trenta anni in caso di giudizio abbreviato; tale normativa è stata dichiarata costituzionalmente illegittima per eccesso di delega (Corte cost., 176/1991) e la previsione è stata reintrodotta con la l. 16 dicembre 1999, n. 479. Successivamente, con d.l. 24 novembre 2000, n. 341, conv. in l. 19 gennaio 2001, n. 4 il legislatore ha chiarito che con l'espressione « pena dell'ergastolo » deve intendersi l'ergastolo senza isolamento diurno ed ha aggiunto un inciso all'art. 442, comma 2, c.p.p. disponendo, dopo aver enunciato che la pena dell'ergastolo è sostituita con quella della reclusione per trenta anni, che alla pena dell'ergastolo con isolamento diurno è sostituita quella dell'ergastolo nei casi di concorso di reati e di reato continuato. Da ultimo, la l. 12 aprile 2019, n. 33 ha escluso la possibilità di accedere al giudizio abbreviato per gli imputati accusati di un reato punito con la pena dell'ergastolo (v. art. 438, comma 1-bis, c.p.p.). La Corte costituzionale ha ritenuto legittima, sotto il profilo della conformità agli artt. 2,3,24,27,111, co. 1, e 117, comma 1, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 6 e 7 CEDU, sia la previsione dell'inammissibilità del giudizio abbreviato per i delitti puniti con la pena dell'ergastolo, sia la previsione (art. 5 della suddetta legge) che limita l'applicazione della nuova preclusione ai fatti commessi successivamente al 20 aprile 2019, data di entrata in vigore della riforma (Corte cost. n. 260/2020). Per coloro che sono stati condannati all'ergastolo con rito abbreviato ammesso tra il 2 gennaio ed il 24 novembre 2000 (cioè nella vigenza dell'art. 30, comma 1, lett. b, l. n. 479/1999), la Suprema Corte, recependo il dictum della Corte Edu (Scoppola c. Italia, 17 settembre 2009), ha statuito che il condannato può ottenere in sede esecutiva la riduzione nella pena temporanea massima soltanto se si tratta di reati che non comportano l'applicazione della misura aggiuntiva dell'isolamento diurno e se nel corso del giudizio di cognizione sia stato ammesso al rito abbreviato e la sentenza di condanna sia stata pronunciata all'esito di quel giudizio (Cass. I, n. 34158/2014). Sempre in tema di giudizio abbreviato, è utile accennare ad una problematica recentemente risolta dalle Sezioni Unite in tema di continuazione . Vigente la disciplina che consentiva di procedere nelle forme del rito abbreviato anche per i delitti puniti con la pena dell'ergastolo (che in caso di condanna veniva sostituita con la pena detentiva di trent'anni), ci si è chiesti se, in caso di riconoscimento della continuazione tra reati giudicati separatamente con rito abbreviato, per “pena più grave inflitta”, che identifica la violazione più grave ai sensi dell'art. 187 disp. att. c.p.p., debba intendersi quella antecedente alla riduzione per il rito premiale (nel nostro caso, l'ergastolo) o quella conseguente a tale riduzione (nel nostro caso, la reclusione per trent'anni). Le Sezioni Unite hanno scelto la seconda soluzione, statuendo che “ai sensi dell'art. 187 disp. att. cod. proc. pen ., il giudice dell'esecuzione deve considerare come "pena più grave inflitta", che identifica la "violazione più grave", quella concretamente irrogata dal giudice della cognizione siccome indicata nel dispositivo di sentenza”. Ne consegue che “ai sensi degli artt. 671 c.p.p. e 187 disp. att. c.p.p ., in caso di riconoscimento della continuazione tra reati giudicati separatamente con rito abbreviato, fra cui sia compreso un delitto punito con la pena dell'ergastolo per il quale il giudice della cognizione abbia applicato la pena di anni trenta di reclusione per effetto della diminuente di un terzoex art. 442, comma 2, terzo periodo, c.p.p. (nel testo vigente sino al 19 aprile 2019), il giudice dell'esecuzione deve considerare come "pena più grave inflitta" che identifica la "violazione più grave" quella conseguente alla riduzione per il giudizio abbreviato» ( Cass. S.U., n. 7029/2024 ). Rapporti con le autorità straniereIn giurisprudenza si è posto il problema se la condizione che la pena dell'ergastolo sia convertita in pena che non comporti inevitabilmente la privazione della libertà personale per l'intera vita, posta da uno Stato estero che abbia concesso l'estradizione, debba operare anche in relazione ad altra condanna alla pena dell'ergastolo, per la cui esecuzione sia stata concessa in precedenza, dal medesimo Stato estero, l'estradizione senza l'apposizione della stessa condizione, e che sia stata, insieme alla prima, oggetto di unificazione delle pene ai sensi dell'art. 663 c.p.p. Al riguardo La Suprema Corte, nella sua composizione più autorevole (Cass. S.U., n. 30305/2021), ha avuto modo di osservare che la commutazione dell'ergastolo in pena temporanea, in attuazione di una condizione apposta da uno Stato estero in relazione ad un provvedimento estradizionale esplica i suoi effetti limitatamente all'ergastolo oggetto della decisione di condanna assunta dall'autorità giudiziaria italiana in virtù del positivo epilogo di quella procedura estradizionale e non ha rilievo sulle altre pene dell'ergastolo eventualmente irrogate in forza di condanne per la cui esecuzione siano stati richiesti ed emessi altri provvedimenti di estradizione non condizionati. La pena dell'ergastolo cui accede la condizione - convertita in una pena temporanea - confluisce in sede esecutiva con l'altra, di eguale natura, interessata da un provvedimento di estradizione non condizionato, dando luogo all'applicazione di una pena perpetua accompagnata dalla misura dell'isolamento diurno per effetto della regola del cumulo di cui all'art. 72, comma 2, valendo soltanto sulla prima di esse l'effetto commutativo. Ne discende che, operata siffatta commutazione in pena detentiva temporanea, la successiva necessaria confluenza con l'altra, che mantiene la sua originaria natura di pena perpetua, determina l'esecuzione della pena dell'ergastolo, senza alcun temperamento obbligato di temporaneità della pena complessiva risultante dal cumulo. BibliografiaBettiol, Sulle massime pene: morte ed ergastolo, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1956, 555; Bricola, Pene pecuniarie, pene fisse e finalità rieducativa, in Aavv, Sul problema della rieducazione del condannato, Padova, 1964; Carnelutti, La pena dell'ergastolo è incostituzionale?, in Riv. dir. proc., 1956, I, 1; Dall'Ora, L'ergastolo e la Costituzione, in Riv. dir. proc., 1956, 485; Dolcini, Note sui profili costituzionali della commisurazione della pena, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1972, 354; Eusebi, L'ergastolano “non collaborante” ai sensi dell'art. 4 bis co. 1 Ord. penit. e i benefici penitenziari: l'unica ipotesi di detenzione ininterrotta, immodificabile e senza prospettabilità di una fine?, in Cass. pen., 2012, 1220; Eusebi, La riforma ineluttabile del sistema sanzionatorio penale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2013, 1307; Filippi-Spangher, Manuale di diritto penitenziario, Milano, 2011; Galliani, Il diritto di sperare. La pena dell'ergastolo dinanzi alla Corte di Strasburgo, in costituzionalismo.it, 3/2013; Gallo, Un primo passo per il superamento dell'ergastolo, in Giur. cost., 1994, 1267; Gemma, Pena dell'ergastolo per i minori: davvero incostituzionale?, in Giur. cost., 1994, 1271; Marinucci, L'abbandono del codice Rocco; tra rassegnazione e utopia, in Quest. giust., 1981, 487; Paliero, Pene fisse e Costituzione: argomenti vecchi e nuovi, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1981, 729; Pugiotto, Quando la clessidra è senza sabbia. Ovvero: perché l'ergastolo è incostituzionale, in Corleone-Pugiotto (a cura di), Il delitto della pena. Pena di morte ed ergastolo, vittime del reato e del carcere, Roma, 2012, 113; Pugiotto, Una quaestio sulla pena dell'ergastolo. Sull'incostituzionalità del carcere a vita, in penalecontemporaneo.it 5 marzo 2013; Parodi, Ergastolo senza liberazione anticipata, estradizione e art. 3 Cedu, in penalecontemporaneo.it 3 novembre 2014; Stella, Il problema della prevenzione della criminalità, in Romano-Stella (a cura di), Teoria e prassi della prevenzione generale dei reati, Bologna, 1980, 30; Vassalli, La pena in Italia, oggi, in Studi Nuvolone, vol. I, Milano, 1991, 642. |