Codice Penale art. 348 - Esercizio abusivo di una professione 1 .

Pierluigi Di Stefano

 Esercizio abusivo di una professione1.

[I]. Chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000.

[II].La condanna comporta la pubblicazione della sentenza e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e, nel caso in cui il soggetto che ha commesso il reato eserciti regolarmente una professione o attività, la trasmissione della sentenza medesima al competente Ordine, albo o registro ai fini dell'applicazione dell'interdizione da uno a tre anni dalla professione o attività regolarmente esercitata.

[III].Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 15.000 a euro 75.000 nei confronti del professionista che ha determinato altri a commettere il reato di cui al primo comma ovvero ha diretto l'attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo.

competenza: Trib. monocratico

arresto: non consentito (1° comma);  facoltativo (3° comma)

fermo: non consentito

custodia cautelare in carcere: non consentita (1° comma); consentita (3° comma)

altre misure cautelari personali: non consentite (1° comma); consentita (3° comma)

procedibilità: d'ufficio

[1] Articolo sostituito dall'art. 12, comma 1, l. 11 gennaio 2018, n. 3, il testo dell'articolo era il seguente: <<Abusivo esercizio di una professione. - Chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato [2229 c.c.], è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da 103 euro a 516 euro>>.

Inquadramento

La disposizione che sanziona l''abusivo esercizio di una professione” è la norma penale che completa, sul piano sanzionatorio, la scelta normativa di esercitare un controllo sull'esercizio di professioni che abbiano particolare rilievo per la comunità mediante un formale provvedimento di abilitazione ed iscrizione in albo/elenco che garantisca la qualità professionale del singolo esercente.

Tale natura di completamento delle singole discipline è confermato dall'essere la disposizione in esame una norma penale in bianco, destinata, quindi, a vedere integrato il precetto con le singole discipline delle professioni.

L'interesse tutelato è, evidentemente, quello pubblico di garanzia di controllo dell' esercizio della professione da parte di chi sia in possesso dei necessari requisiti di idoneità e di capacità. L'interesse è, quindi, della amministrazione. che, in questo caso, rappresenta in modo particolare la comunità

È invece esclusa la tutela diretta di altri interessi che pur possono venire in questione, ovvero quelli di 1) l'utente che si rivolge all'esercente abusivo; 2) l'ente di rappresentanza della categoria professionale; 3) i singoli esercenti regolarmente la professione. Costoro, quindi, non hanno la qualità di persone offese (Cass. V, n. 32987/2017) ma, ovviamente, potranno essere soggetti danneggiati nei singoli casi (Cass. VI n. 17203/2007).

La l. n. 3/2018, nell'ambito della disciplina di riordino delle professioni sanitarie, ha integralmente sostituito il testo dell'articolo mantenendo immutato il precetto, ora collocato nel primo dei tre commi della nuova disposizione, ma con un rilevatissimo incremento della pena edittale, ancora più alta nella ipotesi del terzo comma. Inoltre, è stata introdotta la confisca obbligatoria delle cose servite o destinate a commettere il reato nonché una ipotesi di sanzione amministrativa accessoria della interdizione dalla “professione o attività regolarmente esercitata” da applicare, a definitività della sentenza, dal competente “Ordine, albo o registro”. Si noti come, a dimostrazione dell'essere di mira maggiormente il fenomeno dell'abusivismo nel settore medico, è stato introdotto anche l'art. 86-ter delle disposizioni di attuazione che prevede particolari destinazioni dei beni immobili confiscati per essere stati utilizzati al fine di esercizio abusivo di una professione sanitaria.

I soggetti

Il reato è comune, potendo essere commesso da “chiunque”. Nell’ipotesi del terzo comma il soggetto è il “professionista”.

Materialità

Il reato è a condotta libera e, in quanto norma penale in bianco, l'area riservata all'esercizio di ciascuna professione protetta va individuata in base alle disposizioni integrative del precetto penale, che definiscono l'area riservata all'esercizio di determinate professioni. Si noti che, nella nuova disposizione, nel primo comma resta il termine “professione” mentre, nel secondo comma, si parla di “professione o attività”. La futura elaborazione giurisprudenziale chiarirà se a ciò corrisponda un ampliamento della nozione di professione.

L'ambito delle professioni va individuato sulla scorta della clausola generale “richiesta una speciale abilitazione”di cui al comma 1; la giurisprudenza ha quindi ritenuto di distinguere tra le professioni e le attività che tali non sono utilizzando la definizione fornita dalla Corte di Giustizia Cee nella sentenza 11 ottobre 2001 nella causa C 267/99. (“le libere professioni [...] sono le attività che presentano un pronunciato carattere intellettuale, richiedono una qualificazione di livello elevato e sono normalmente soggette a una normativa professionale precisa e rigorosa. Nell'esercizio di un'attività del genere l'elemento personale assume rilevanza particolare e presuppone una notevole autonomia nel compimento degli atti professionali”). In tale senso Cass. VI, n. 18713/2012 che, in conseguenza, escludeva che la esistenza di un albo dei soggetti abilitati alla riscossione renda l'attività di riscossione dei tributi una “professione”.

Va poi considerato quali attività, nell'ambito tipico di una professione, siano precluse ai non abilitati, dovendosi tenere conto della differenza tra atti tipici riservati ed atti che siano riferibili alla stessa professione in quanto strumentali rispetto a quelli tipici. La regola è stata definita dalle Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 11545/2011; vedi anche Cass. VI, n. 33464/2018) nel senso che l'esercizio abusivo si realizza sia con lo svolgimento, anche occasionale e gratuito, degli atti attribuiti in via esclusiva a una determinata professione che con lo svolgimento di quegli atti che, pur non esclusivi della professione, siano univocamente individuati come di competenza specifica di una data professione; per tali atti, però, il reato sussiste laddove vengano compiuti con modalità tali, per continuità, onerosità e organizzazione, da creare l'apparenza oggettiva del regolare esercizio di una professione.

La norma sanziona l'esercizio senza abilitazione professionale, condizione che ricorre anche per chi ha il titolo di studio corrispondente ma non l'abilitazione (Cass. VI n. 14302/2014), nonché quando siano intervenuti provvedimenti sospensivi quali la sanzione disciplinare della sospensione dell'esercizio della professione (Cass. VI n. 14013/2014). Il reato è stato ritenuto commesso anche da chi, apparentemente abilitato, mancava dei requisiti sostanziali avendo ottenuto l'iscrizione all'Albo attraverso la produzione di falsa documentazione (Cass. VI n. 3785/1994).

Abitualità e continuazione

ll reato si perfeziona anche con il compimento di un solo atto abusivo che realizza definitivamente il verificarsi dell'evento lesivo (Cass. VI, n. 30068/2012; Cass. VI, n. 16265/2015) quindi non richiede necessariamente un'attività continuativa o organizzata.  Si deve trattare, però, di un atto di per sé sintomatico di un'attività tendenzialmente continuativa, per cui si esclude il reato in presenza di un atto certamente occasionale (quale la redazione di una denuncia, ritenuta non essere un adeguato indice dell' attività di avvocato) (Cass. VI, n. 32952/2017). L'evento lesivo, tuttavia, è unico anche quando si realizza con più atti professionali abusivi (Cass. VI, n. 11493/2013) per cui il reato è eventualmente abituale. Quindi, nel caso di plurime condotte di esercizio della professione, queste si unificano in un unico reato (Cass. VI, n. 7086/2014) e il termine della prescrizione decorre dalla data dell'ultima condotta (Cass. VI, n. 20099/2016 ). Solo in presenza di particolari condizioni, ovvero l'esercizio di attività diversificate o in modo frazionato, si è ritenuto ricorrere la diversa situazione di una pluralità di reati unificati per continuazione (Cass. VI, n. 21464/2015).

In ragione delle caratteristiche del reato, è stata esclusa la applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art.131-bis in quanto il reato è caratterizzato da ripetitività, continuità o, comunque, dalla pluralità degli atti tipici (Cass. VI, n. 6664/2017) pur se, in altro caso, si è affermato che tale esclusione ricorre solo quanto siano state accertate effettive condotte reiterate (Cass. VII, n. 13379/2017).

Finalità della attività abusiva

La norma ha di mira solo la tutela dell'interesse collettivo all'esercizio di determinate attività da parte di soggetti dotati delle specifiche competenze e sottoposti a verifiche di professionalità. Questo rende di per sé irrilevante la ragione dello svolgimento dell'attività, in particolare non essendo significativo che venga perseguito un fine di lucro o si tratti di una  prestazione gratuita (Cass. V, n. 24283/2015) né rilevando la accettazione della prestazione da parte dell'utente nonostante la consapevolezza della assenza di abilitazione (Cass. VI, n. 11493/2014); quindi il fatto che non vi sia scopo di lucro non produce alcun effetto esimente (Cass. VI, n. 6467/2015).

Elemento psicologico

Il dolo è generico, identificandosi con la coscienza e volontà di svolgere una attività non autorizzata. In presenza di una norma penale in bianco, le disposizioni che disciplinano la professione diventano norme extra penali integratrici e, quindi, l'errore di diritto su queste è equiparato all'errore inescusabile sulla legge penale (Cass. VI , n. 43646/2011).

Consumazione e tentativo

Il reato si perfeziona anche con il compimento di un solo atto abusivo che realizza definitivamente il verificarsi dell'evento lesivo (Cass. VI n. 30068/2012). Il tentativo è configurabile, con riguardo alla predisposizione della attività professionale non autorizzata, come risulta da un invero unico precedente — un soggetto privo di abilitazione che aveva distribuito biglietti pubblicitari della apertura del suo studio medico, poi impedita per l'intervento della polizia giudiziaria (Cass. VI n. 3072/1984).

Forme di manifestazione

Il reato non si perfeziona se non vi sia prestazione professionale ma semplice uso di mezzi che non richiedono alcun apporto professionale (si veda, per il test audiometrico, Cass. VI n. 22534/2015) e non richiedono alcuna particolare cognizione tecnico scientifica. Né si realizza con la presentazione di una parcella che non è atto di esercizio della professione; tale atto deve essere espressivo della competenza e del patrimonio di conoscenze tutelati dal legislatore (Cass. VI, n. 7086/2014).

Concorso del professionista abilitato

 

Il nuovo terzo comma prevede l'ipotesi in cui il “professionista” determini altri a commettere il reato o diriga l'attività dei concorrenti. La stretta corrispondenza testuale con due delle aggravanti di cui all'art. 112 c.p. fa ritenere che si tratti di aggravanti e non di un'ipotesi autonoma di reato. Può quindi farsi riferimento alla disciplina di cui al predetto articolo, anche quanto alla ipotesi della direzione o determinazione al reato di soggetto non imputabile o non punibile. La condizione di professionista rilevante è quella del soggetto abilitato al tipo di attività svolta dai concorrenti privi di abilitazione.

Il nuovo terzo comma, quindi, disciplina casi già tipizzati dalla giurisprudenza secondo la quale risponde a titolo di concorso nel delitto di esercizio abusivo della professione il professionista abilitato il quale consenta o agevoli lo svolgimento di attività professionale da parte di persona non autorizzata, consentendo, ad esempio, l'uso della propria struttura, o la copertura formale firmando documentazione medica etc. (Cass. VI, n. 13170/2012; Cass. VI, n. 18154/2012). È però anche stato diversamente affermato che il professionista non si trova in posizione di garanzia rispetto al reato  commesso da altri nel suo studio, per cui va dimostrato il suo consenso, anche tacito, all'esercizio arbitrario della professione (Cass. VI. n. 22779/2022). Va, comunque, considerato che vi è obbligo del professionista di verificare i titoli formali dei suoi collaboratori (Cass. VI, n. 21220/2013) per cui il concorso è fondato sul suo assenso, anche tacito, all'esecuzione di atti professionali (Cass. VI. n. 21989/2020).

Casistica

Professioni legali

L'esercizio abusivo della professione legale si realizza non solo con la spendita della falsa qualità al cospetto del giudice o di altro pubblico ufficiale ma già con attività di cura di pratiche legali di clienti, predisposizione di atti poi presentati a nome di altri soggetti abilitati (Cass. VI n. 646/2013), mantenendo contatti con i clienti detenuti tenendo numerosi colloqui difensivi in carcere (Cass. VI n. 18745/2014). Nel processo penale, vi rientra qualunque atto idoneo ad incidere sulla progressione del procedimento compiuto in rappresentanza dell’ interessato, anche in riferimento al compimento di atti che potevano comunque essere redatti personalmente dallo stesso (Cass. II, n. 26113/2019). Il reato è integrato anche per lo svolgimento di attività fuori del perimetro consentito dalla abilitazione, ricorrendo quindi nel caso del praticante avvocato che eserciti la propria attività in una controversia di valore superiore a quello per il quale è abilitato (Cass. VI, n. 11493/2014). Come già detto, il reato è stato escluso in un caso di redazione occasionale di una denuncia, ancorché su carta intestata.

Professione medica

L'ambito degli atti riservati alla professione medica, rilevante per la norma in esame, non è il solo trattamento terapeutico, ma anche qualunque operazione che interferisca sull'integrità fisica e non possa prescindere dall'attenta valutazione delle condizioni di salute del soggetto che la subisce (Cass. VI, n. 43646/2011). Pertanto è stato ritenuto reato lo svolgimento dell'attività di diagnosi e cura di patologie per mezzo di prodotti omeopatici in assenza della prescritta abilitazione (Cass. n. 34200/2007), l’attività di diagnosi del fisioterapeuta perché la relativa laurea autorizza solo lo svolgimento di attività esecutiva della prescrizione medica (Cass. VI, n. 29667/2018) nonché lo svolgimento della attività chiropratica che implichi il compimento di operazioni riservate alla professione medica, quali l'individuazione e diagnosi delle malattie, la prescrizione delle cure e la somministrazione dei rimedi, anche se diversi da quelli ordinariamente praticati (Cass. VI, n. 30590/2003). Si noti che la stessa l. 11 gennaio 2018, n. 3, nel riordino delle professioni sanitarie, all'art. 7 individua “nell'ambito delle  professioni  sanitarie  …  le professioni dell'osteopata  e  del  chiropratico”. È stato altresì configurato in caso di esercizio dell'agopuntura, attività di competenza del medico abilitato in quanto pratica terapeutica che, ancorché “non convenzionale” prevede atti propri della professione medica (Cass. VI, n. 22528/2003). L'odontoiatria è attività consentita anche sulla base di diplomi di altri paesi europei ma l'attività è legittima solo previa iscrizione all'ordine professionale competente (Cass. VI, n. 47532/2013). Quanto alle possibili attività dell'odontotecnico di invasione del campo dell'odontoiatra, si afferma come lo stesso possa accogliere i pazienti nello studio (Cass. VI, n. 43225/2013) ma non svolgere alcuna attività quali la diretta rilevazione delle impronte dentarie di un paziente, ispezionare la cavità orale del paziente per verificare le condizioni di una protesi (Cass. VI, n. 44098/2008), l' installazione di una protesi dentaria (Cass. VI, n. 27741/2007), la rimozione del tartaro con lucidatura delle arcate dentarie (Cass. VI, n. 4294/2008). Nel caso di esercizio abusivo della professione di odontoiatra si è ritenuta la responsabilità in concorso anche del c.d. “assistente alla poltrona” (Cass. VI, n. 117/2013). Il reato ricorre anche in caso di svolgimento dell'attività di psicoterapeuta, subordinata all'inserimento negli albi degli psicologi o dei medici (Cass. VI, n. 39339/2017) dell'attività di psicanalista (Cass. VI, n. 14408/2011) degli atti riservati agli infermieri professionali da parte di infermieri generici (Cass. VI, n. 28480/2012).

Con riferimento alle diverse specialità mediche, si è affermato che sia la balbuzie che la depressione costituiscono patologie individuali di competenza tipicamente sanitaria (psichiatra, psicologo, psicoterapeuta) che non possono essere gestite dal sociologo clinico (Cass. n. 23843/2013); che, più in generale, è esercizio abusivo della professione la diagnosi e  cura dei disturbi psichici effettuata da soggetto diverso dallo psicoterapeuta (Cass. VI, n. 39339/2017); che il medico-optometrista che si limiti alla misurazione della vista e alla predisposizione di lenti correttive nei casi di miopia e di presbiopia, senza compiere valutazioni di carattere diagnostico o svolgere attività terapeutiche, non invade il campo del medico oculista (Cass. VI, n. 40745/2016); che integra il reato l’attività di chi, privo di specifiche competenze, fornisce indicazioni alimentari personalizzate sulle condizioni del cliente, con puntuali prescrizioni e previsioni (Cass. VI, n. 20281/2017).

Altre

Integra il delitto di abusivo esercizio della professione di dottore commercialista la condotta del consulente del lavoro che presti attività di assistenza fiscale e contabile in favore di imprese e lavoratori autonomi (Cass. VI, n. 10100/2011).

Integra il delitto la condotta del soggetto che, non iscritto né all'albo dei giornalisti professionisti né a quello dei pubblicisti, eserciti, in maniera continuativa, organizzata e onerosa, attività di specifica competenza della professione giornalistica. Si rileva che l'art. 1 l. n. 60 del 1963 distingue tra professionisti, che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione di giornalista, e pubblicisti, che svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni o impieghi, riservando a costoro l’esercizio professionale dell’attività, restando la possibilità, quale esercizio del diritto costituzionale di manifestare il proprio pensiero liberamente e con ogni mezzo di diffusione, di svolgere l'attività di giornalista solo in via episodica e con retribuzione fissata di volta in volta (Cass. VI, n. 8956/2023; Cass. VI, n. 428/1971).

Non integra il reato l’attività di massaggiatore a scopo non terapeutico (Cass. VI, n. 12539/2020, in relazione all’offerta di massaggi in spiaggia ai bagnanti).

La pratica del tatuaggio non richiede alcuna competenza specifica e, quindi, non è ipotizzabile il suo esercizio abusivo (Cass. VI, n. 2077/1996).

Profili processuali

Gli istituti

Il reato in esame è procedibile d'ufficio ed è di competenza del tribunale monocratico; è prevista la citazione diretta a giudizio (art. 550, comma 2, c.p.p.).

Bibliografia

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