Codice Penale art. 439 - Avvelenamento di acque o di sostanze alimentari.Avvelenamento di acque o di sostanze alimentari. [I]. Chiunque avvelena acque o sostanze destinate all'alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, è punito con la reclusione non inferiore a quindici anni. [II]. Se dal fatto deriva la morte di alcuno, si applica l'ergastolo; e, nel caso di morte di più persone, si applica la pena [di morte] (1) [442, 446, 448, 452]. (1) Per l'abolizione della pena di morte, v. sub art. 9. competenza: Corte d’Assise arresto: obbligatorio fermo: consentito custodia cautelare in carcere: consentita altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio InquadramentoIl reato in esame punisce la condotta del soggetto che, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, avvelena acque o sostanze destinate all'alimentazione, sì da porre in pericolo la salute pubblica. Se dal fatto deriva la morte di alcuno, si applica l'ergastolo, destinato altresì a trovare applicazione nel caso di morte di più persone, in luogo della pena di morte prevista nel testo originario del codice penale. Soggetti
Soggetto attivo Il delitto di avvelenamento di acque o sostanze alimentari è un reato comune, potendo essere commesso da chiunque. Bene giuridicoIl reato in esame tutela (quale bene giuridico) la salute pubblica in relazione alle condotte gravemente minacciose consistenti nell'avvelenamento delle acque o delle sostanze destinate all'alimentazione (Fiandaca e Musco, 539). Il pericolo per la salute pubblica, pur non essendo espressamente menzionato dal legislatore, deve ritenersi insito nello stesso avvelenamento; in tal senso, per la configurabilità del reato, pur dovendosi ritenere che di tratta di reato di pericolo presunto, è tuttavia necessario che un "avvelenamento", di per sé produttivo, come tale, di pericolo per la salute pubblica, vi sia comunque stato; il che richiede che vi sia stata immissione di sostanze inquinanti di qualità e in quantità tali da determinare il pericolo, scientificamente accertato, di effetti tossico-nocivi per la salute (Cass., IV, n. 15216/2007); l a giurisprudenza (Cass. II, n. 12323/2021) ha, da ultimo, osservato che si tratta di un reato di pericolo presunto. Secondo gran parte degli autori la tutela legislativa si fonda su una presunzione assoluta di lesività (Mazza M.; Janniti Piromallo, 603; Amendola, 64; Palmieri, 61), là dove per Patalano, 83, la destinazione all'alimentazione implica il riferimento ad un concreto pericolo. Secondo Nappi, 654, il pericolo è concreto ed effettivo, poiché è necessario l'avvelenamento di sostanze effettivamente destinate all'alimentazione e da tale destinazione deriva la probabilità dell'assunzione di veleni da parte di una pluralità indeterminata di persone. Al riguardo, di recente la giurisprudenza ha affermato che per la configurabilità del reato di avvelenamento (ipotizzato, nella specie, come colposo) di acque o sostanze destinate all'alimentazione, pur dovendosi ritenere che si tratti di reato di pericolo presunto, è tuttavia necessario che un "avvelenamento", di per sé produttivo, come tale, di pericolo per la salute pubblica, vi sia comunque stato; il che richiede che vi sia stata immissione di sostanze inquinanti di qualità ed in quantità tali da determinare il pericolo, scientificamente accertato, di effetti tossiconocivi per la salute (Cass. IV, n. 25547/2018). Materialità
Modalità della condotta La condotta che integra il reato in commento consiste in qualunque comportamento causalmente idoneo a produrre l'avvelenamento di acque o di sostanze alimentari attraverso l'immissione di elementi tossici nelle acque o nelle sostanze in questione. Per avvelenamento deve intendersi la modificazione delle acque o delle sostanze in modo da renderle in grado di causare effetti letali per l'organismo o di compromettere in forma grave e irreversibile la funzionalità dei singoli organi o dell'intero organismo umano (Pica, 450). Ai fini dell'avvelenamento assumono rilevanza, tanto i veleni in senso stretto, quanto le sostanze tossiche che abbia le caratteristiche sopra riferite (Battaglini, Bruno, 560; Mazza; Piccinino (1), 3039. L'avvelenamento non deve necessariamente avere potenzialità letale, bastando la sola potenzialità di nuocere alla salute (Fiandaca e Musco, 539). Secondo la giurisprudenza, per la configurabilità del reato di avvelenamento di acque o sostanze destinate all'alimentazione, avente natura di reato di pericolo presunto, è comunque necessario che un "avvelenamento", di per sé produttivo, come tale, di pericolo per la salute pubblica, vi sia comunque stato; il che richiede che vi sia stata immissione di sostanze inquinanti di qualità ed in quantità tali da determinare il pericolo, scientificamente accertato, di effetti tossico-nocivi per la salute (Cass. IV, n. 25547/2018, con la precisazione che non è sufficiente il mero superamento dei "limiti soglia" di carattere precauzionale, che costituiscono una prudenziale indicazione sulla quantità di sostanza, presente in alimenti, che l'uomo può assumere senza rischio, quotidianamente e sul lungo periodo). Ai fini della configurabilità del reato, peraltro, non è sufficiente l'esistenza di rilevamenti attestanti il superamento dei livelli di contaminazione Csc (concentrazioni soglia di contaminazione) di cui all'art. 240, comma 1, lett. b) d.lgs. n. 152/2006, trattandosi di indicazioni di carattere meramente precauzionale, il cui superamento non è sufficiente ad integrare nemmeno la fattispecie prevista dall'art. 257 d.lgs. n. 152/2006, la quale sanziona condotte di ‘inquinamentò, ossia causative di un evento che costituisce evidentemente un minus rispetto all'ipotesi di avvelenamento (Cass. I, n. 45001/2014). Le acque previste dalla norma sono tanto quelle potabili, quanto quelle non potabili a norma delle leggi sanitarie, essendo sufficiente che, quantunque impure, esse vengano destinate a scopi alimentari dagli abitanti di una determinata località (Fiandaca e Musco, 539 Mazza M., 636; Piccinino (1), 303; Rabaglietti, 327). In tal senso, si è affermato che le acque considerate dall'art. 439 sono quelle destinate all'alimentazione umana, abbiano o non abbiano i caratteri biochimici della potabilità secondo la legge e la scienza; la fattispecie criminosa in esame è, pertanto, configurabile anche se l'avvelenamento sia stato operato in acque batteriologicamente non pure dal punto di vista delle leggi sanitarie, ma comunque idonee e potenzialmente destinabili all'uso alimentare (Cass. IV, n. 6651/1984; Cass. IV, n. 25547/2018 ; da ultimo, v. anche Cass. II, n. 12323/2021, secondo cui non è inoltre necessario che l'avvelenamento sia conseguenza immediata e diretta dell'attività svolta dall'agente a contatto con il corpo idrico ). La giurisprudenza ( Cass. II, n. 12323/2021 ) ha, da ultimo, osservato che la disposizione in esame prevede e punisce come reato qualsiasi forma di avvelenamento di “acque”, non soltanto, quindi, di “acque destinate al consumo umano” ovvero “all'attingimento”. Le sostanze destinate all'alimentazione sono quelle generalmente usate come cibo o bevanda. Con esse s'intendono i prodotti che l'uomo mangia, mastica e beve, sia allo stato naturale, sia dopo una trasformazione, al fine di soddisfare i suoi bisogni alimentari e i suoi bisogni stimolanti. Rientra nella nozione ogni sostanza che l'organismo introduce in se stesso ed utilizza: a) per riparare le perdite di materia prodotta dalla sua attività fisiologica; b) per accrescere, eventualmente, la sua massa; c) per produrre calore e lavoro; d) per regolare le sue attività fisiologiche (Riondato, 1100). Dalla nozione di alimento esulano dunque le cose prive di tipica funzione nutrizionale, come chewing-gum, dentifricio, tabacco da masticare, prodotti odontotecnici, rosso per labbra, giocattoli per bimbi, tutti prodotti che rientrano nella previsione dell'art. 441 (Piccinino (2), 90; Mazza, 636; Rabaglietti, 327). La giurisprudenza ha inoltre escluso che la somministrazione in un pubblico esercizio, per mero errore di fatto, di una sostanza tossica e nociva ma non destinata all'alimentazione (liquido per lavastoviglie in luogo di acqua minerale) integri un'ipotesi di reato di comune pericolo mediante frode (Cass. I, n. 20391/2005). L'azione dell'avvelenamento dev'essere realizzata prima che le sostanze siano attinte o distribuite per il consumo, atteso che il pericolo per un numero indeterminato di persone perdura finché non siano ancora individuati i soggetti destinati a ingerire in concreto le sostanze nocive; successivamente l'avvelenamento cagionerà un pericolo individuale di eventi lesivi con conseguente applicabilità di altre fattispecie criminose (omicidio, lesioni, ecc.) (Fiandaca e Musco, 539 s.). Il reato di cui all'art. 439 c.p., infatti, persegue qualsiasi forma di avvelenamento delle acque, ancorché non destinate al consumo umano prima del loro attingimento, e non richiede necessariamente che l'avvelenamento sia conseguenza immediata e diretta dell'attività svolta dall'agente a contatto con il corpo idrico (Cass. II, n. 12323/2021). Forma della condotta Il reato in esame è un reato a forma libera, nel senso che vale a integrarlo ogni condotta comunque idonea a rendere nocive le acque o le sostanze destinate all'alimentazione. Nel delitto in esame la frode non risulta specificamente descritta, né si richiede l'altrui falsa rappresentazione, tuttavia è implicita l'idea quanto meno di una simulazione di non pericolosità in rapporto al momento in cui la cosa – in sé insidiosa rispetto al soggetto passivo – pervenga al consumo (Azzali, 18; Bricola, 86; Sigismondi, 102; Piccinino, 28). Natura della condotta Le condotte dirette a integrare la fattispecie criminosa de qua possono essere tanto attive, quanto omissive: in tal ultimo caso, ai sensi dell'art. 40, comma 2, il reo risponde del delitto là dove, avendone l'obbligo giuridico, abbia consapevolmente e volontariamente omesso di impedire l'avvelenamento. Evento Il reato in esame è un reato di evento, consistente nel verificarsi dell'avvelenamento in forme e con caratteri di diffusività tali da porre in pericolo la salute di un numero indeterminato di persone. La giurisprudenza (Cass. II, n. 12323/2021) ha precisato che l’art. 439 prevede un reato c.d. “ad effetto differito”, caratterizzato dal fatto che l’evento si verifica ad una certa distanza di tempo dal compimento della condotta. Elemento soggettivo
Il dolo Il delitto in esame richiede il dolo generico, ossia la coscienza e volontà di provocare l'avvelenamento con la consapevolezza da parte dell'agente della destinazione delle acque e delle sostanze alimentari all'alimentazione; la consapevolezza di porre in pericolo l'incolumità pubblica deve ritenersi implicita nel fatto stesso di avvelenare cose destinate a uso alimentare (Fiandaca e Musco, 540; Battaglini, Bruno, 561). Contra, non ritengono necessaria la rappresentazione del pericolo per la salute pubblica Santoro, 101, Riondato, 1100). La colpa Per l'esame del reato in forma colposa v. art. 452. Consumazione e tentativo
Consumazione Il reato si consuma nel momento in cui si verifica l'avvelenamento. (Mazza M., 637). La dottrina tradizionale qualifica la fattispecie come reato istantaneo ad effetti permanenti (Rabaglietti, 328); altra dottrina (Sgubbi, 1206) la qualifica invece come reato permanente. Secondo la giurisprudenza, il reato di avvelenamento di acque o sostanze destinate all'alimentazione costituisce fattispecie di pericolo presunto caratterizzata da un necessario evento di "avvelenamento", ed ha, quindi, natura giuridica di reato istantaneo con effetti permanenti che si perfeziona nel momento in cui si realizza l'inquinamento della falda: da tale momento, anche se successivo alla cessazione della condotta inquinante, decorre il termine di prescrizione del reato (Cass. IV, n. 48548/2018); si è successivamente precisato che il reato si consuma nel momento in cui viene accertato il verificarsi dell'evento di avvelenamento: da tale momento, e non – quindi – dal momento in cui ebbe luogo la condotta – decorre il termine di p r esc r izione (Cass. II, n. 12323/2021) . Tale orientamento è stato ribadito anche di recente, affermandosi che il reato di avvelenamento di acque o sostanze destinate all'alimentazione è reato ad effetto "differito" che si perfeziona nel momento in cui si realizza l'evento di "avvelenamento", con la conseguenza che è da tale momento, anche se successivo alla cessazione della condotta inquinante, che decorre il termine di prescrizione del reato (Cass. II, n. 12323/2021). Tentativo Si ritiene ammissibile il tentativo qualora siano stati compiuti atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare l'avvelenamento e questo non si sia verificato (Battaglini, Bruno, 561; Mazza M., 637; contra Azzali, 50) Secondo la giurisprudenza, ai fini della configurabilità dell’ipotesi tentata del reato previsto dall'art. 439 occorre acquisire prova non solo dell’univocità della azione ma anche dell’oggettiva idoneità degli atti a determinare l'avvelenamento delle acque destinate alla alimentazione (Cass. V, n. 23465/2005: in applicazione del principio, la S.C. ha confermato l’ordinanza che aveva annullato la misura cautelare personale emessa in relazione allo smaltimento - mediante spandimento su terreni agricoli - di fanghi provenienti da un depuratore e contenenti sostanze pericolose in quantità superiori al consentito, in difetto della dimostrazione, sia pure a livello indiziario, del fatto che nei fanghi vi fossero sostanze pericolose in quantità tali da dare luogo ad effettivo pericolo di contaminazione di acque di falda, pozzi e coltivazioni). Forme di manifestazione
Circostanze La verificazione della morte di più persone integra una circostanza aggravante. Rapporti con altri reatiIl delitto di avvelenamento si differenzia da quello di strage per la particolare natura obiettiva del mezzo usato, che nell'art. 439 è il mezzo insidioso, mentre nell'art. 422 c.p. è il mezzo violento (Battaglini, Bruno, 561; Coccurullo, 371; Dondina, 77; Mazza, 637). In un caso giurisprudenziale risalente, la S.C., contrariamente a quanto ritenuto da parte della dottrina, ha affermato che il fine di uccidere tramuti il delitto di avvelenamento in quello di strage (Cass., I, 27 luglio 1934). Problemi di coordinamento sorgono tra il delitto in esame e le fattispecie contravvenzionali previste dalla legislazione speciale in tema di inquinamento. La materia è oggi disciplinata dal codice dell'ambiente (d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e succ. modificazioni), che coordinato e sistematizzato una pluralità di disposizioni precedentemente disseminate in testi eterogenei (Fimiani, Giunta, Natalini, Patrono, Ruga Riva). Le sanzioni penali e amministrative in materia di inquinamento sono ora previste dagli artt. 137 e 133 del codice dell'ambiente. Si è rilevato in dottrina che la gravità e la specificità della condotta di avvelenamento delle acque destinate all'alimentazione umana costituiscono il discrimine tra il delitto di cui all'art. 439 e i reati di inquinamento di acque ora disciplinati dal citato art. 137 del codice dell'ambiente, reati che possono anche concorrere (Barbalinardo, 3273). Per i rapporti con il reato di adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari, si rinvia sub art. 440. CasisticaIntegra l'ipotesi criminosa di cui all'art. 439 lo sversamento nel terreno di sostanze inquinanti di origine industriale penetranti in falde acquifere, con conseguente avvelenamento dell'acqua di vari pozzi della zona (Cass. IV, n. 6651/1984). Profili processuali
Gli istituti Il reato di avvelenamento di acque o sostanze alimentari è reato procedibile d'ufficio e di competenza della Corte d'Assise. Per tale reato: a) l' arresto in flagranza è obbligatorio; b) il fermo è consentito; c) l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali è consentita. Le misure di prevenzione V. sub art. 423. BibliografiaAmendola, Inquinamento idrico: razionalizzato e « corretto » il D.Lgs. n. 152 del 1999, in Dir. pen. proc. 2000, 1448;Angioni, Il pericolo concreto come elemento della fattispecie penale, Milano, 1994; Assumma, Avvelenamento, adulterazione o contraffazione in danno alla salute pubblica, in Dig. pen., I, Torino, 1987, 391; Azzali, Osservazioni in tema di frodi alimentari, in Riv. it. dir. pen. proc., 1970, 13; Barbalinardo, sub art. 439, in Cod. pen. Padovani, 3273; Battaglini, Bruno, Incolumità pubblica (delitti contro la), in Nss. D. I., VIII, Torino, 1965; Bricola, Aspetti penalistici degli inquinamenti, in Riv. dir. amm., 1973, 597; Canestrari, Reato di pericolo, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991; Coccurullo, Sugli articoli 439 e 422 c.p., in Corte ass., 1934, 371; Custodero, Rilievi in ordine alla tutela penale della salute pubblica, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2000, 65; Dinacci, Inquinamento idrico e codice penale, in Giust. pen., 1977, I, 219; Dondina, Sull’elemento differenziale tra l’art. 422 e l’art. 439 c.p., in Riv. it. dir. pen. proc., 1935, 77; Donini, Reati di pericolo e salute pubblica. Gli "illeciti di prevenzione alimentare" al crocevia della riforma penale, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2013, 1-2, 45-89; Fiandaca Musco, Diritto penale. Parte speciale, Bologna, 2012; Fimiani, La tutela penale dell’ambiente dopo il D.Lgs. n. 4/2008, Milano, 2008; Giunta, Tutela dell'ambiente (diritto penale), in Enc. dir., annali II, 2, Milano, 2008, 1151; Janniti Piromallo, Adulterazione contraffazione e commercio di cose in danno alla pubblica salute, in Enc. dir., I, Milano, 1958; Madeo, La tutela penale della salute dei consumatori, Torino, 2006; Marini, Alimenti e bevande, in Enc. giur., I, Roma, 1987, 1; Mazza M., Avvelenamento di acque e di sostanze alimentari, in Enc. forense, I, Milano, 1958, 635; Mazzacuva, I delitti in materia di inquinamento idrico: bene giuridico, oggetto materiale e tipo di evento, in Ind. pen., 2012, 2, 279; Morgante, Il diritto penale nel caso Ilva tra ospite d'onore e convitato di pietra, in federalismi.it, 2013, 15, 9; Natalini, Ambiente (tutela penale), in Dig. pen., Agg., Torino, 2010, 25; Nuvolone, I pretori e l'inquinamento delle acque, in Ind. pen., 1971, 311; Nappi, I delitti contro la salute pubblica, in Giur. sist. dir. pen. Bricola, Zagrebelsky, IV, 654; Palmieri, Il delitto di avvelenamento di acque (art. 439 c.p.). Linee di interpretazione, Milano, 1979; Parodi Giusino, I reati di pericolo tra dogmatica e politica criminale, Milano, 1990; Patalano, Significato e limiti della dommatica del reato di pericolo, Napoli, 1975; Partrono, La disciplina penale dell'inquinamento idrico e atmosferico dopo il c.d. testo unico ambientale: profili problematici vecchi e nuovi, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2008, 703; Petrini, Reati di pericolo e tutela della salute dei consumatori, Milano, 1990; Pica, Illeciti alimentari, in Enc. dir., agg., VI, Milano, 2002; Piccinino, I delitti contro la salute pubblica, Milano, 1968; Piccinino, Diritto pen. alimentare (Dottrina e giurisprudenza), I e II, Torino, 1988; Postiglione, Il nuovo testo unico in materia ambientale: un quadro generale, in Dir. giur. agr. 2006, 213; Rabaglietti, La tutela dell’alimentazione nel codice penale, in Giust. amm., 1974, I, 327; Riondato, sub art. 439, in Comm. Crespi, Forti, Zuccalà, 1100; Sgubbi, Plurisoggettività eventuale e permanenza nelle fattispecie in tema di inquinamento, in Riv. it. dir. pen. proc., 1971, 1182; Sigismondi, Frode alimentare, in Enc. dir., XVIII, Milano, 1969, 97; Vergine, La tutela penale delle acque nel D.Lgs. 152/2006 e successive modificazioni e integrazioni, in Dir. pen. proc., 2010, 9; Veronesi, Inquinamento di acque e codice penale, Milano, 1971. |