Codice Penale art. 582 - Lesione personale 1 .

Maria Teresa Trapasso

Lesione personale1.

[I]. Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito , a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni [585, 586; 3812f, 3, 4 c.p.p.; 1151 c. nav.] 23.

[II]. Si procede tuttavia d'ufficio se ricorre taluna delle circostanze aggravanti previste negli articoli [61, numero 11-octies),] 583, 583-quater, secondo comma, primo periodo, e 585, ad eccezione di quelle indicate nel primo comma, numero 1), e nel secondo comma dell'articolo 577. Si procede altresì d'ufficio se la malattia ha una durata superiore a venti giorni quando il fatto è commesso contro persona incapace, per età o per infermità. 45.

 

competenza: Trib. monocratico (secondo comma); Giudice di pace (primo comma).

arresto: facoltativo

fermo: non consentito

custodia cautelare in carcere: v. 391, quinto comma, c.p.p.

altre misure cautelari personali: v. 282-bis, sesto comma, 384-bis e 391, quinto comma c.p.p.

procedibilità: a querela di parte (primo comma); d'ufficio (secondo comma)

[1] V. l'art.5, comma 2, d.l. 15 settembre 2023, n. 123, conv., con modif., in l. 13 novembre 2023, n.159, il quale dispone: «Fino a quando non e' proposta querela o non e' presentata denuncia per taluno dei reati di cui agli articoli 581, 582, 610, 612 e 635 del codice penale, commessi da minorenni di eta' superiore agli anni quattordici nei confronti di altro minorenne, e' applicabile la procedura di ammonimento di cui all'articolo 8, commi 1 e 2, del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38.».

[2] Per una ipotesi di aumento della pena, v. art. 1, l. 25 marzo 1985, n. 107 e art. 36 l. 5 febbraio 1992, n. 104.

[3] Comma modificato dall'art. 2, comma 1, lett. b), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che ha inserito le parole «, a querela della persona offesa,» dopo le parole «e' punito». Precedentemente  l'art. 1, comma 3 lett. b), l. 23 marzo 2016, n. 41  aveva sostituito le parole «da tre mesi» con «da sei mesi». Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199Ai sensi, inoltre, dell'art. 85 d.ls. n. 150, cit., come da ultimo modificato dall'art. 5-bis, d.l. n. 162, cit., in sede di conversione « 1. Per i reati perseguibili a querela della persona offesa in base alle disposizioni del presente decreto, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato.-  2. Fermo restando il termine di cui al comma 1, le misure cautelari personali in corso di esecuzione perdono efficacia se, entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l'autorità giudiziaria che procede non acquisisce la querela. A questi fini, l'autorità giudiziaria effettua ogni utile ricerca della persona offesa, anche avvalendosi della polizia giudiziaria. Durante la pendenza del termine indicato al primo periodo i termini previsti dall'articolo 303 del codice di procedura penale sono sospesi».

[4] Comma sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. b), n. 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. Il testo del comma, come da ultimo modificato dall'art. 6, comma 2, l. 14 agosto 2020, n. 113, era il seguente:  «Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti  previste negli articoli  61, numero 11-octies, 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel numero 1 e nell'ultima parte dell'articolo 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa ». Precedentemente il presente comma era stato sostituito dapprima dall'art. unico l. 26 gennaio 1963, n. 24, e poi dall'art. 91 l. 24 novembre 1981, n. 689. Da ultimo, il comma è stato modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a) d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31, che ha soppresso le parole: «61, numero 11-octies),» e ha inserito dopo la parola: «583»  le seguenti: «, 583-quater, secondo comma, primo periodo,».

[5] V. art. 4 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, in tema di competenza penale del giudice di pace. V. inoltre la norma transitoria di cui all'art. 64 d.lgs. n. 274, cit. Per le ipotesi di reato attribuite alla competenza del giudice di pace si applica la sanzione della multa da 516 euro a 2.582 euro o quella della permanenza domiciliare da 15 a 45 giorni o del lavoro di pubblica utilità da 20 giorni a 6 mesi.  La Corte cost. 14 dicembre 2018, n. 236 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 274/2000  nella parte in cui non esclude dai delitti, consumati o tentati, di competenza del giudice di pace anche quello di lesioni volontarie, previsto dall'art. 582, secondo comma, c.p. per fatti commessi contro l'ascendente o il discendente di cui al numero 1) del primo comma dell'art. 577 c.p.

Inquadramento

Il delitto è posto a tutela dell'incolumità individuale: bene dotato di rilevanza costituzionale, come emerge dall'art. 32 Cost., che, attraverso il riferimento alla salute, tutela l'incolumità individuale nella sua dimensione di integrità funzionale (fisica o psichica; Fiandaca-Musco, PS, 63; Mantovani, 139).

Soggetti

È un reato comune, che può essere commesso da chiunque (l'ordinamento prevede delle figure speciale di lesioni come quelle commesse da militare, artt. 223-225 c.p.mil.p. ovvero dal componente dell'equipaggio della nave o aeromobile, art. 1151 c. nav., v. Mantovani, 138).

Quanto al soggetto passivo, esso deve essere una persona umana vivente (anche se non vitale), diverso dall'agente (l'autolesione non è penalmente perseguibile, salvo non sia offensiva di interessi altrui, es. art. 642). Il feto può essere soggetto passivo solo a partire dal momento in cui sia capace di vita autonoma rispetto all'organismo materno (Dolcini-Gatta, 2951).

Materialità

 

Lesioni

La fattispecie di cui all'art. 582 contempla due previsioni: le lesioni lievi, consistenti nell'aver cagionato una malattia di durata compresa tra i 21 e i 40 giorni (comma 1); le lesioni lievissime, consistenti nell'aver cagionato una malattia non superiore ai 20 giorni.

Entrambe le previsioni descrivono un delitto di evento, a forma libera. Qualsiasi condotta — attiva o omissiva (ove, per questa ipotesi, sussistano i requisiti di cui all'art. 40, comma 2) — idonea a cagionare una malattia può configurare il delitto: violenza fisica, violenza morale, ovvero condotte prive di violenza (Dolcini-Gatta, 2953: es. coito consentito, nel caso di portatore di malattia infettiva).

La fattispecie di cui all'art. 582 indica due eventi come conseguenze della condotta: lesione personale (1° evento) da cui deriva una malattia (2° evento); secondo l'interpretazione prevalente tuttavia la previsione va interpretata nel senso dell'evento unico (sostanzialmente “Chiunque cagiona ad alcuno una malattia”, così Pulitanò, 79; Antolisei, PS, 77).

Malattia

La “malattia” costituisce l'evento del reato (la cui presenza vale a differenziare la fattispecie in parola dal delitto di “percosse”); di essa sono state date due definizioni: l'una, c.d. tecnico-giuridica, a tenore della quale la malattia consisterebbe in qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell'organismo, anche se localizzata e non influente sulle condizioni generali dell'organismo; l'altra, c.d. medico-legale, che considera la malattia non uno “stato”, ma un processo patologico che determina un'apprezzabile menomazione funzionale dell'organismo.

Aderisce alla prima nozione la giurisprudenza tradizionale (Cass. V, n. 43763/ 2010; Cass. V, n. 6371/ 2010), la quale accoglie una visione lata del concetto di malattia (fino ad includere le mere ecchimosi). Di recente si è affermato in sede di legittimità, come la nozione di malattia non comprende tutte le alterazioni di natura anatomica, che possono anche mancare, bensì solo quelle da cui deriva una limitazione funzionale o un significativo processo patologico o l'aggravamento di esso ovvero una compromissione delle funzioni dell'organismo, anche non definitiva, ma comunque significativa (caso relativo ad aggressione consistita in una "tirata di capelli", nella quale la Corte ha annullato con rinvio la decisione di merito che si era limitata a dar conto del referto medico che riportava, quale conseguenza a carico della vittima, "dolore in regione occipitale guaribile in giorni due", Cass. V, n. 33492/2019).

In senso critico rispetto al suo utilizzo, si è osservato in sede dottrinale come la malattia non sia uno “stato”, ma un processo patologico: di ciò si avrebbe conferma nel diritto positivo, che distingue le lesioni non solo in base all'alterazione anatomica, ma anche alla durata della malattia (es. art. 582, comma 2, Mantovani, 139; Fiandaca-Musco PS, 55; Antolisei PS, 79).

Pare convergere verso questa definizione di malattia quale “menomazione processuale, funzionale ed apprezzabile” (in dottrina Mantovani, 139), recente giurisprudenza (Cass. V, n. 40428/2009, che in talune decisioni ha richiamato una nozione di “malattia” quale: fatto morboso, che determini un'apprezzabile menomazione funzionale dell'organismo, il cui esito può consistere nella perfetta guarigione, nell'adattamento a nuove condizioni di vita, nella morte del soggetto passivo, Cass. S.U., n. 2437/2008). Con recente sentenza, la Corte di legittimità ha precisato come integri lo sfregio permanente qualsiasi nocumento che, senza determinare la più grave conseguenza della deformazione, importi un'apprezzabile alterazione delle linee del volto che incida, sia pure in misura minima, sulla funzione estetico-fisiognomica dello stesso ( Cass.V, n. 27564/2020)

Per malattia nella mente (oggetto di previsione insieme alla “malattia nel corpo”, ex art. 582), la giurisprudenza ha richiamato ogni alterazione della funzionalità psichica (sono state ritenute rilevanti ai fini della configurazione dello schema delittuoso, ad es. lo shock conseguente ad incidente stradale e l'alterazione psicopatica prodotta da un'aggressione), con esclusione delle mere alterazioni del tono dell'umore e le c.d. nevrosi psicogene da scopo, appetizione, rivendicazione (si v. Dolcini-Gatta, 2959).

La durata della malattia, rilevante al fine della distinzione tra lesioni lievissime, lievi, gravi, persiste fino al quando “permane il processo patologico di difesa o restaurazione dell'organismo”, cioè fino al momento della c.d. guarigione clinica, determinata attraverso accertamenti medico-legali (Mantovani, 139; in giurisprudenza si ritiene che la ripresa del lavoro non coincida necessariamente con la fine della malattia, Cass. V. n. 5258/1984). Essa deve essere computata dal giorno di insorgenza della malattia (in senso contrario, Borgogno, 95).

Nesso di causalità

La malattia si pone quale conseguenza della condotta, ad essa legata da un nesso di causalità (art. 40), ritenuto ricorrente anche nel caso in cui la malattia non sia da imputarsi solo alla condotta, ma anche all'intervento di fattori concausali, ex art. 41 (non vale ad interrompere il nesso causale, ma viene imputato all'agente anche l'evento più grave determinato da patologie preesistenti, anche latenti, risvegliate dalla condotta lesiva dell'agente, Cass. V, n. 5087/1987, ovvero fattori causali consistenti in attività terapeutiche errate o mancanza di cure appropriate del soggetto passivo, salvi i casi di dolo o colpa grave da parte dei medici, Cass. V, n. 5943/ 1982; in dottrina, Dolcini-Gatta, 2961).

Nei casi di trasmissione del virus Hiv, l'accertamento del nesso di causalità con l'evento costituito dalle lesioni gravissime, deve essere svolto ricorrendo sia al criterio della “probabilità statistica”, che a quello dell'“alta probabilità logica”. In tal senso la S.C. ad avviso della quale, anche coefficienti medio-bassi di probabilità c.d. frequentista per tipi di evento, ove corroborati dal riscontro probatorio della sicura non incidenza di altri fattori interagenti in via alternativa, possono essere utilizzati ai fini del riscontro della ricorrenza del nesso di condizionamento (Cass. V, n. 8351/2013).

Consenso dell'avente diritto

Le lesioni possono essere scriminate dal consenso dell'avente diritto (art. 50 c.p.), salvo il limite della diminuzione permanente dell'integrità fisica, di cui all'art. 5 c.c., della contrarietà alle legge, all'ordine pubblico o al buon costume (lo si è ammesso per le pratiche “sado-masochistiche”, Cass. I, n. 9326/1998; lo si è escluso per atti di “nonnismo”, per il quale il consenso non poteva dirsi liberamente prestato, Cass. I, n. 23599/2002; quanto alle lesione cagionate nello svolgimento di attività sportiva che implichi l'uso della forza, l'area del c.d. rischio consentito è delimitata dal rispetto delle regole tecniche, Cass. V, n. 9627/1992; in dottrina si v. M.L. D'Andria, 230 s.). In sede di legittimità si è operata una distinzione tra mere “esibizioni sportive” e “gare sportive”, escludendo per le prime l’operatività della causa di giustificazione del c.d. rischio consentito, in quanto attività non disciplinata da regole stabilite dagli organismi di categoria (Cass. IV, n. 34977/ 2016).

La sofferenza fisica quale esito inevitabile dell'intervento medico-chirurgico pone il problema della sua qualificabilità come “malattia”, dunque della configurabilità del delitto di lesioni, anche relativamente ad un intervento eseguito leges artis. La giurisprudenza delle Sezioni Unite, in una recente pronuncia, conformemente a quanto affermato da taluni orientamenti dottrinali, ha sostenuto come l'esito dell'intervento possa integrare il requisito della malattia solo nel caso di c.d. esito infausto, cioè quando abbia prodotto un “peggioramento delle condizioni di salute” del paziente (Cass. S.U., n. 2437/2008; l'esito infausto, oltre che il dissenso del soggetto passivo, ha fondato il riconoscimento da parte della S.C., della configurabilità del delitto di lesioni dolose in Cass. IV, n. 21799/2010). In caso di consenso all’intervento prestato sulla base di un’informazione inadeguata a comprenderne il rischio, nell’ipotesi in cui  derivino lesioni gravi e permanenti, si esclude la configurabilità del delitto doloso di cui all’art. 582 e 583 c.p., in quanto la finalità curativa del medico è incompatibile con la consapevole intenzione di provocare un’alterazione lesiva dell’integrità del paziente (Cass. V, n. 16678/ 2015). Non ha efficacia scriminante il consenso eventualmente prestato dalla vittima alle lesioni che le siano state inferte al fine di commettere una frode assicurativa, attesa la contrarietà all'ordine pubblico e al buon costume, ai sensi dell'art. 5 c.c., di atti di disposizione del proprio corpo volti a farne l'oggetto di un mercimonio, attraverso la promessa o la corresponsione di denaro in cambio di una menomazione dell'integrità fisica, ovvero di abusi funzionali al perseguimento di un vantaggio ingiusto, attraverso l'asservimento della menomazione al compimento di un atto illecito o fraudolento (Cass. I, n. 46895/2019).

Elemento psicologico

L'imputazione soggettiva del delitto di lesioni volontarie registra orientamenti diversi: mentre quello tradizionale ritiene sufficiente, ai fini della configurabilità della fattispecie, la rappresentazione della violenta manomissione dell'altrui integrità fisica (coincidente pertanto con il dolo di percosse; Cass. I, n. 6763/1996; Cass. I, n. 3103/1989; Cass. V, n. 3038/1986); l'orientamento attuale respinge una tale ricostruzione, ritenendo che la malattia, quale elemento costitutivo della fattispecie, non possa essere sottratto alla rappresentazione e volizione del soggetto attivo (conformemente a quanto stabilito dall'art. 27 Cost., in dottrina Mantovani, 151), pertanto anch'essa deve essere rappresentata e voluta dal soggetto attivo (Cass. S.U., n. 2437/2008). Coefficiente soggettivo compatibile con il delitto di lesioni viene ritenuto anche il dolo eventuale (cioè la mera accettazione che dalla propria azione derivino danni fisici alla vittima, Cass. VI, n. 7389/2014, si v. pure Cass. V, n. 35075/2010).

La giurisprudenza è sostanzialmente univoca nell'escludere la rilevanza del movente (Cass. I, n. 6462/1976, Cass. I, n. 1995/ 1970; nello stesso senso la dottrina, Mantovani, 152; con riguardo al movente scherzoso, Cass. V, n. 202/1994).

Consumazione e tentativo

 

Consumazione

Conformemente alla qualificazione di “reato istantaneo”, parte della dottrina, ritiene che il delitto si consumi nel momento dell'insorgere della malattia (Antolisei, 80; nello stesso senso Pulitanò, 80, secondo il quale il delitto è consumato nel momento in cui l'evento lesivo sia venuto ad esistenza, cioè fin da quando il processo patologico di alterazione anatomica e funzionale abbia avuto inizio). Altro orientamento lo individua invece nel momento della cessazione della malattia, cioè dell'evento caratterizzante il tipo di lesioni (Mantovani, 141 s., secondo il quale, esso va rinvenuto; nella lesione dolosa lievissima, entro il 20° giorno; in quella lieve, tra il 21° e il 40° giorno)

Tentativo

Il tentativo è configurabile. Problematica tuttavia appare la possibilità di distinguere tra il tentativo di lesione lievissima e lieve, con effetti applicativi notevoli quanto all'individuazione del giudice competente oltre che della procedibilità; mentre in talune decisioni si afferma la procedibilità a querela (dunque il solo tentativo di lesioni lievi), in assenza della possibilità di individuare la durata della malattia che il reato consumato avrebbe prodotto (Cass. I, n. 2932/1981; si v. pure Cass. I, n. 969/1970); per altro orientamento, il giudice dovrà accertare tramite un giudizio prognostico, se l'esito del delitto consumato sarebbe stato riconducibile alle lesione lieve o a quella lievissime (Cass. I, n. 10258/1988, secondo la quale, a proposito dei casi in cui non è possibile ipotizzare in concreto la prognosi sui tempi di guarigione, il reato deve considerarsi procedibile a querela).

Forme di manifestazione

Il delitto è aggravato se ricorrono le circostanze di cui all'art. 585 (si v. subart. 585).

L'aggravante dell'uso delle armi ( art. 585 ) è configurabile con riguardo al delitto di lesioni personali tentato, poichè l'estensione al tentativo delle circostanze previste per il corrispondente delitto consumato deve essere verificato sulla base di una valutazione di compatibilità logico-giuridica, tenuto conto della tipologia dell'aggravante contestata che, nella specie, connota la pericolosità della condotta, a prescinde dal verificarsi dell'evento (Cass. V, n. 40826/2017).

Il d.lgs. 150/2022, c.d. Riforma Cartabia (art. 1, comma 1, lett. c) ha escluso dall'ambito applicativo dell'art. 131-bis c.p., il reato di cui all'art. 582, nell'ipotesi in cui ricorrano le aggravanti di cui all'art. 576, comma primo, nn. 2, 5, e 5.1 e 577, comma primo, n. 1 e comma secondo.

Rapporti con altri reati

Quanto alla distinzione del delitto di lesioni con il tentato omicidio, si è affermato in sede giurisprudenziale, come ).  occorra avere riguardo sia al diverso atteggiamento psicologico dell'agente sia alla differente potenzialità dell'azione lesiva, desumibili dalla sede corporea attinta, dall'idoneità dell'arma impiegata, nonché dalle modalità dell'atto lesivo (Cass.I, n. 24173/2022; la Corte ha ritenuto sussistente il delitto di tentato omicidio per avere l'agente colpito la vittima alla zona orbitale con un cacciavite, penetrato nell'encefalo in modo obliquo solo per il movimento difensivo di questa. Si v. pure Cass. I, n. 51056/2013 , si v. pure Cass. I, n. 37516/2010 ).

E' configurabile il concorso formale - e non l'assorbimento - tra le fattispecie incriminatrici previste dagli artt. 572 e 582 c.p. quando le lesioni risultano consumate in occasione della commissione del delitto di maltrattamenti, con conseguente sussistenza dell'aggravante dell'art. 576, comma primo, n. 5, c.p.: in tal caso, infatti, non ricorre l'ipotesi del reato complesso, per la cui configurabilità non è sufficiente che le particolari modalità di realizzazione in concreto del fatto tipico determinino un'occasionale convergenza di più norme e, quindi, un concorso di reati, ma è necessario che sia la legge a prevedere un reato come elemento costitutivo o circostanza aggravante di un altro (Cass. VI, n. 17872/2022).

 

Le lesioni superano la mera ed eventuale sensazione dolorosa tipica delle percosse, determinando un'alterazione delle normali funzioni fisiologiche dell'organismo, che richiede un processo terapeutico e specifiche cure mediche (Cass. II, n. 2534/2019).

Concorso di reati

Il principio fissato dall'art. 581, secondo il quale la violenza — se elemento costitutivo o circostanza aggravante di un reato — è assorbita laddove essa non superi l'intensità delle percosse, determina, a contrario, la configurabilità del concorso formale del delitto di lesioni con i delitti di cui la violenza sia elemento costitutivo. In tal senso la giurisprudenza ha affermato il concorso con diversi reati, tra i quali: il delitto di abuso d'ufficio, art. 323 (che esclude l'assorbimento anche quando la condotta del pubblico agente si esaurisca nella mera produzione delle lesioni personali e ricorra un nesso teleologico, di cui all'art. 61, n. 2, Cass. VI, n. 4584/2014); la violenza privata (sulla base della diversità dei beni giuridici tutelati, la libertà morale, per il reato di cui all'art. 610, l'integrità fisica, quello di cui all'art. 582, Cass. III, n. 5327/1984; Cass. V, n. 21530/2018); Cass. V, n. 9727/2019); delitto di resistenza a pubblico ufficiale e di oltraggio aggravato dalla violenza (che assorbono la violenza solo se integrante le percosse, Cass. V, n. 2993/1984).

Il delitto di cui all'art. 582 concorre con la previsione di cui all'art. 572 (maltrattamenti contro familiari e conviventi), in ragione della diversa obiettività giuridica (Cass. VI, n. 28367/2004; la configurabilità dell'ipotesi circostanziata di cui al comma 2 dell'art. 572 è condizionata dall'involontarietà degli eventi costituiti da lesione o dalla morte del soggetto passivo, diversamente ricorre il concorso con i detti reati, Cass. I, n. 8957/1987; Cass. VI, n. 1098/1968).

I delitto di lesione personale concorre con il reato di violenza sessuale, non esistendo una relazione di progressione tra le norme, in quanto la coartazione della libertà sessuale non necessariamente si realizza attraverso le condotte lesive di cui all'art. 582 (Cass. III, n. 46760/2004); Cass. II, n. 23153/2019).

Il concorso di reati è escluso relativamente al delitto di omissione di soccorso, assorbito, a tenore della giurisprudenza prevalente, dal delitto di lesioni personali (Cass. V, n. 1493/1984).

Casistica

Integra la “malattia”, di cui all'art. 582, la cervicalgia, in quanto il “dolore cervicale”, localizzato nella parte posteriore del collo, che determina sofferenza e ridotta motilità del collo e della testa, e quindi un'alterazione funzionale dell'organismo (Cass. V, n. 34387/2015).

Configura la malattia, l'acufene, in quanto disturbo caratterizzato dalla percezione di suoni non legati a stimoli esterni e, come tale, determinativo di un'alterazione funzionale dell'organismo (Cass. V, n. 34390/2015).

Integrano il requisito della malattia gli effetti derivanti dal getto sul viso di gas urticanti consistenti non soltanto in una irritazione cutanea prolungata, ma anche in fenomeni di nausea e vomito accompagnati da senso di soffocamento, in quanto produttivi di alterazioni funzionali dell'organismo (Cass. V, n. 46787/2013).

Integra la malattia di cui agli artt. 582 e 583 l'instaurazione nell'organismo di un meccanismo degenerativo, che se non fronteggiato tempestivamente e costantemente con l'assunzione di terapia farmacologica, conduce ad ulteriori alterazioni e alla fase conclamata di Aids (Cass. V, n. 8351/2012).

La contusione (guaribile in tre giorni), in quanto alterazione anatomica funzionale dell'organismo, costituisce malattia ex art. 582 (Cass. V, n. 22781/ 2010).

Una crisi ipertensiva può rientrare nella nozione di "malattia", purché comporti una significativa e pericolosa alterazione delle funzioni organiche (Cass. V, n. 54005/2017).

Profili processuali. La procedibilità: le modifiche introdotte dalla c.d. “Riforma cartabia”

Il regime di procedibilità del delitto ha subito incisive modificazioni da parte della c.d. Riforma Cartabia (si v. art. 2, comma 1, lett. b, d.lgs. n. 150/2022), che ha stabilito la procedibilità a querela del delitto per l'ipotesi-base (art. 582, comma 1, cp), salvi i casi di procedibilità d'ufficio ove ricorrano talune aggravanti (art. 582, comma 2).

L'intervento mira ad ampliare il regime di procedibilità a querela del delitto di lesioni personali (senza che questo risulti condizionato dalla durata della malattia non superiore ai venti giorni), nei casi in cui queste presentino un disvalore ridotto (si v. Relazione illustrativa, schema d.lgs. recante attuazione della legge 27 settembre 2021 n.134, pp. 331-332).

Prima dell'intervento normativo in commento, la norma prevedeva che nel caso di lesioni lievi, il delitto fosse procedibile d'ufficio; mentre era procedibile a querela il delitto di lesioni lievissime (art. 582, comma 2), salvo che ricorressero le circostanze aggravanti di cui agli artt. 583, art. 585, nel qual caso si procedeva d'ufficio (fatta eccezione per l'ipotesi in cui all'art. 577, c.p. comma 1, n. – il fatto sia commesso contro l'ascendente o il discendente – ovvero contro i soggetti indicati nell'art. 577, comma 2, casi in cui veniva disposta la procedibilità a querela). Il reato di lesioni personali, quando aggravato ai sensi dell'art. 576, comma 1, n. 5, c.p., perché commesso in occasione del delitto di maltrattamenti, era procedibile d'ufficio anche nell'ipotesi di lesioni lievissime, per effetto del richiamo operato dall'art. 582, comma 2, c.p. all'art. 585 e di questo al citato art. 576 (Cass. VI, n. 11002/2020).

Tale assetto disciplinare relativo alla procedibilità è stato innovato dalla c.d. riforma Cartabia nei termini che seguono; è stata prevista (art. 582, comma 1, c.p.) la procedibilità a querela fino a 40 giorni di durata della malattia ovvero fino a 20 giorni, quando il fatto è commesso contro persona incapace, per età o per infermità (art. 582, comma 2, c.p.); è stata altresì prevista la procedibilità d'ufficio se ricorre una delle aggravanti previste dagli artt.61, n. 11-octies, c.p. (fatto commesso in danno di personale sanitario e socio-assistenziale), 583 c.p. (lesioni gravi e gravissime), 585 c.p. (ipotesi di cui all'art. 576 cp o fatto commesso con armi o con sostanze corrosive ovvero da persona travisata o da più persone riunite), ad eccezione di quelle indicate nel primo comma, numero 1), e nel secondo comma dell'articolo 577 (si v. art. 2, comma 1, lett. b, nn. 1 e 2, D.lgs. n. 150/2022). La procedibilità a querela, prima prevista solo per le lesioni lievissime, viene dunque estesa anche alle lesioni lievi (malattia compresa tra 21 e 40 giorni). Sul punto è tuttavia intervenuto il d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31, c.d. Correttivo alla Riforma Cartabia, che ha espunto il riferimento all'art. 61, n. 11 octies c.p. dal testo della norma, inserendo, dopo il richiamo all'art. 583 c.p., il riferimento all'art. 583-quater, secondo comma, primo periodo, c.p.

La modifica si è resa necessaria a seguito della riformulazione del comma 2 dell'art. 583-quater c.p., per effetto del d.l. 30 marzo 2023, n. 34, convertito con modificazioni in legge 26 maggio 2023, n. 56. La disposizione citata, a seguito della novella del 2023, fa infatti oggi riferimento a tutte le lesioni cagionate ai danni degli esercenti professioni sanitarie, prevedendo la più severa pena da due a cinque anni di reclusione, elevata ulteriormente in caso di lesioni gravi o gravissime. La riferibilità dell'art. 583-quater, comma 2, c.p. a qualsivoglia lesione cagionata ad esercenti professioni sanitarie, non solo dunque se gravi o gravissime, ha determinato l'inoperatività – in forza del principio di specialità – dell'aggravante comune ex art. 61, comma 1, n. 11-octies c.p., richiamata invece nel testo dell'art. 582 c.p. all'indomani della c.d. Riforma Cartabia. Con il Correttivo del 2024, il legislatore ha dunque inteso coordinare il testo del comma 2 dell'art. 582 c.p. con le modifiche all'art. 583-quater c.p. intervenute nel 2023, estendendo così la procedibilità d'ufficio ad ogni forma di lesioni ai danni di esercenti una professione sanitaria.

A seguito dell'approvazione del d.l. n. 162/2022 l'entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022 è stata spostata al 30 dicembre 2022 (art. 6 d.l. n. 162/2022, che ha aggiunto l'art. 99 bis al d.lgs. 150/2022, per il quale il Tribunale di Siena ha sollevato una questione di legittimità costituzionale con riguardo alla protrazione della disciplina più sfavorevole concernente la perseguibilità d'ufficio di reati divenuti, a seguito della riforma, perseguibili a querela, ritenuta tuttavia infondata con sentenza 18 luglio 2023, n. 151 della Corte costituzionale).

Il nuovo regime di procedibilità è qualificabile come modifica più favorevole, pertanto trova applicazione retroattivamente anche ai reati commessi fino al 29/12/2022 (ex  art. 2, comma 4, c.p.; si v. Relazione su novità normativa. La “Riforma Cartabia”, Ufficio del Massimario, Corte Suprema di Cassazione, 5 gennaio 2023, p.240). Nella parte in cui comporta la procedibilità a querela di parte per fattispecie di reato in precedenza procedibili di ufficio - secondo quanto stabilito dalle disposizioni transitorie ad hoc di cui all'art. 85, comma 1, D. Lgs. n. 150 del 2022, e di quelle introdotte dalla l. n.199 del 2022 (sostituendo nel corpo del predetto art. 85 il comma 2, ed introducendovi, inoltre, i nuovi commi 2-bis e 2-ter) -  le predette modifiche, immediatamente operanti per i reati commessi a partire dal 30/12/2022, data di vigenza della novella, opereranno, per i reati commessi fino al 29/12/2022, divenuti procedibili a querela di parte in forza delle nuove disposizioni, nei termini di seguito indicati:

A) nei casi in cui non pende il procedimento penale:

- se il soggetto legittimato a proporre querela ha avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato” (ovvero sempre, trattandosi di un reato del quale non è possibile che non si sia avveduto), il termine per proporre querela (di mesi tre, ex art. 124 c.p., non toccato dall'intervento novellatore) decorre dal 30/12/2022, data di entrata in vigore della novella, e scade, pertanto, il 30/03/2023;

B) nei casi in cui pende il procedimento penale:

- avendo il soggetto legittimato a proporre querela necessariamente avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il termine trimestrale per proporre querela decorre dal 30/12/2022, data di entrata in vigore della novella, e scade il 30/03/2023: diversamente rispetto a quanto previsto dall'originario comma 2 della disposizione, nessun onere di informare la p.o. di tale facoltà incombe sul giudice procedente, presumendosi, pertanto, che la p.o. debba avere conoscenza della novella.

Ferma restando la predetta disciplina, si è anche stabilito che le misure cautelari personali in corso di esecuzione perdono efficacia se, entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del D. Lgs. n. 150 del 2022, e quindi entro il 19/01/2022, l'autorità giudiziaria che procede (da individuare nel giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, ove penda ricorso per cassazione) non acquisisce la querela: a tal fine, l'a.g. procedente effettua ogni utile ricerca della persona offesa, anche avvalendosi della polizia giudiziaria (art. 5 bis, comma 1, lettera a, d.l. n. 162/2022, conv. l. 199/2022, che ha modificato l'art. 85, comma 2, d.lgs. n. 150/2022).

Durante la pendenza del predetto termine di venti giorni, i termini di cui all'art. 303 c.p.p. sono sospesi (art. 5 bis, comma 1, lettera a, d.l. n. 162/2022 conv. l. 199/2022, che ha modificato l'art. 85, comma 2, d.lgs. n. 150/2022).

In pendenza del termine per proporre querela, si applica quanto disposto dall'art. 346 c.p.p. in tema di atti compiuti in mancanza di condizioni di procedibilità (art. 5 bis, comma 1, lettera b, d.l. n. 162/2022, conv. l. 199/2022, che ha aggiunto il comma 2 bis all'art. 85, d.lgs. n. 150 /2022). La disposizione è motivata dall'esigenza di consentire nel periodo di pendenza del termine per presentare querela (per un reato in precedenza procedibile d'ufficio), lo svolgimento delle sole attività di raccolta delle prove a rischio di dispersione (si v. Gatta, L'estensione del regime di procedibilità a querela nella riforma Cartabia e la disciplina transitoria dopo la l.n. 199/2022, § 10, in sistema penale.it ).

 

La competenza

È competente il Giudice di pace, nelle ipotesi di cui all'art. 582, comma 1, cp, ora perseguibili a querela. La competenza è del Tribunale monocratico per le ipotesi di cui all' art. 582, comma 2,  cp, ove ricorra taluna delle circostanze di cui agli artt. 61 n. 11 –octies, 583 cp e 585 ovvero nel caso di lesioni lievi commesse contro persona incapace, per età o per infermità.

La c.d. riforma Cartabia, innovando il regime di procedibilità nei termini dell'estensione della procedibilità a querela anche per le ipotesi lievi ha determinato pertanto un ampliamento della competenza del Giudice di pace, ex art. 4, comma 1, lettera a, d.lgs.n. 274/2000 (in sede di commento si è osservato come il testo della disposizione non sia stato modificato a seguito dell'intervento normativo di riforma; si è ritenuto tuttavia di qualificare la mancata modifica un mero difetto di coordinamento sistematico; diversamente, si è osservato, il mantenimento della competenza del Tribunale comporterebbe una modifica in peius del trattamento sanzionatorio, in quanto determinerebbe l'applicazione delle sanzioni detentive in luogo delle più favorevoli sanzioni pecuniarie, ex art. 52, d.lgs. n. 274/2000, si v. Relazione su novità normativa. La “Riforma Cartabia”, cit., p. 239).

In sede interpretativa si è osservato come la sopravvenienza della lex mitiorlegittimi l'applicazione dell'art. 2 comma 4 cp, e dunque delle pene più miti previste dal sistema del giudice di pace, anche ove il reato commesso prima del 30/12/ 2022 sia giudicato da un giudice diverso (così Gatta, L'estensione del regime, cit., § 2.1, che osserva come in tale ipotesi il giudice non debba dichiararsi incompetente, ma trovi applicazione quanto disposto dagli artt. 63, comma 1 e 64, comma 2 (per analogia), d.lgs. n. 274/2000).

Sono fatte salve dall'applicazione del regime di procedibilità d'ufficio, le ipotesi di lesioni aggravate ex art. 577 comma 1, n. 1, e comma 2), secondo quanto previsto dall'art. 582, comma 2, cp riformato. Con riferimento a quest'ultimo punto,  quanto al precedente regime di procedibilità e all'autorità giudiziaria competente, è opportuno ricordare come la Corte costituzionale (Corte cost. n. 236/2018) avesse accolto la questione di legittimità costituzionale relativa all'art. 4, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 274/2000, nella parte in cui per il delitto di cui all'art. 582 – limitatamente alle fattispecie di cui al comma 2, perseguibili a querela di parte e con specifico riferimento all'ipotesi aggravata di cui all'art. 577, comma 1, n 1 – non prevedeva l'esclusione della competenza del giudice di pace anche per i fatti commessi contro il discendente (non adottivo).

La censura di illegittimità costituzionale era stata estesa anche a quei fatti di lesioni volontarie lievissime verso i soggetti indicati nell'art. 577, comma 1: quindi le lesioni lievissime commesse in danno dell'ascendente o del discendente oppure contro il coniuge, anche legalmente separato, contro l'altra parte dell'unione civile o contro la persona legata al colpevole da relazione affettiva e con esso stabilmente convivente, si v. Gatto, La Corte costituzionale ritrasferisce al Tribunale la competenza sulle lesioni volontarie lievissime in ambito familiare, in penalecontemporaneo.it, 29 gennaio 2019). Anche sulla scorta di questa indicazione della Consulta, e con riferimento alla previsione della procedibilità a querela delle lesioni realizzate in ambito familiare di cui al novellato art. 582, comma 2, cp, in sede interpretativa si è sostenuto come, ferma la procedibilità a querela delle lesioni lievissime e lievi aggravate ex art. 577 comma 1, n. 1 e comma 2 cp, le limitazioni di competenza già previste per le lesioni lievissime realizzate in ambiente familiare dovrebbero estendersi anche alle lesioni lievi: entrambe pertanto dovrebbero restare sottratte alla cognizione del Giudice di pace; “non v'è ragione infatti per non devolvere al tribunale ipotesi ben più gravi di quelle che già oggi sono a lui riservate a fronte del ritaglio normativo che ha subito, sulla base di modifiche successive, lo stesso art. 4, comma 1, lettera a), d.lgs. n. 274/2000 anche dietro l'intervento della Consulta” (in tal senso, Paonessa, I nuovi scenari della procedibilità a querela veicolati dalla riforma Cartabia: un prima lettura, in discrimen.it, p. 7).

 

Corte di legittimità, con recente decisione, ha affermato come per il delitto di lesioni personali con malattia di durata superiore a venti giorni e non eccedente i quaranta, permanga, anche dopo le modifiche introdotte dall'art. 2, comma1, lett. b), D.Lgs. n. 150 del 2022, la competenza per materia del tribunale (Cass.V, n. 40719/2023). La Corte conclude in tal senso all'esito di un percorso argomentativo assai articolato, nel quale, dopo aver rilevato il mancato coordinamento tra le modifiche dell'art. 582 (con riferimento al regime di procedibilità), operate dal D.Lgs. n. 150 del 2022 e il D.lgs. n. 274/2000, art. 4, comma 1, lett.a (tale da far derivare un assetto normativo “in forza del quale nessuna ipotesi di lesione volontaria rientra, una volta in vigore il D.Lgs.n. 150/2022, nella competenza del giudice di pace”), manifesta di dissentire rispetto all'indirizzo (si v. Cass.V, n. 12517/2023) che,  in tema di lesioni personali di durata superiore ai venti giorni e non eccedenti i quaranta, valorizzando la volontà del legislatore riformatore di voler estendere la competenza del giudice di pace a tutti i casi di lesioni procedibili a querela, risolve il difetto di coordinamento nel senso della sussistenza della competenza per materia del giudice di pace. In senso contrario a tale avviso, la Corte osserva come l'orientamento contrastato, leggendo il riferimento al comma 2 dell'art. 582 cp da parte del D.Lgs. n. 274 /2000, art. 4, come espressivo anche del comma 1 della disposizione in commento - così da rimediare al difetto di coordinamento tra la nuova formulazione dell'art. 582 e l'art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 274/2000 - “esondi dai limiti cognitivi del giudice penale”, in quanto una tale soluzione interpretativa si risolve in una “sostituzione” del riferimento dell'art. 4 al comma 2 dell'art. 582 cp, con quello al comma 1 della predetta disposizione.

A fronte del contrasto insorto nella giurisprudenza della V Sezione della Corte di Cassazione, la questione è stata rimessa, con ordinanza 19 ottobre 2023, n. 42858, alle Sezioni Unite la questione, chiedendo di chiarire se, a seguito delle modifiche introdotte con la c.d. Riforma Cartabia, la competenza per materia per il delitto di lesioni personali con malattia di durata superiore a venti giorni e non eccedente i quaranta, appartenesse al tribunale ovvero al giudice di pace. Con sentenza 28 marzo 2024, n. 12759, le Sezioni Unite, recependo il su decritto orientamento, hanno quindi affermato che “La competenza per materia in ordine al delitto di lesioni personali procedibili a querela appartiene al giudice di pace sia nei casi di malattia di durata inferiore ai venti giorni che in quelli in cui la durata della malattia sia superiore a venti giorni e non ecceda i quaranta”.

Misure precautelari e cautelari

L'arresto è facoltativo, il fermo non è consentito; la custodia cautelare e le altre misure cautelari sono consentite nel caso di arresto in flagranza.

Il decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, conv., con modif., in legge 13 novembre 2023, n. 159 (c.d. decreto Caivano), ha previsto l'applicazione della procedura di ammonimento di cui all'art. 8, commi 1 e 2, d.l. n. 11/2009 (conv. l.n.38/2009), nel caso in cui il reato di cui all'art. 581 cp sia stato realizzato da minorenni di età superiore ai quattordici anni nei confronti di altro minorenne. La procedura è applicabile fino a quando non è proposta querela (si v. art. 5, comma 2, d.l. 123/2023) . Il riferimento dell'art. 5, comma 2, d.l. n.123/2023 esclusivamente ai commi 1 e 2, dell'art. 8, d.l. n. 11/2009 autorizza l'esclusione in via interpretativa della possibilità di applicare  i commi 3 e 4, dell'art. 8, che prevedono, rispettivamente, aggravamenti di pena  e la procedibilità d' ufficio  nel caso in cui destinatario della procedura di ammonimento sia un soggetto già ammonito. Il provvedimento è entrato in vigore il 16 settembre 2023.

La prova

La durata della malattia deve essere oggetto di accertamenti medico-legali: in quanto accertamento di fatto è incensurabile in sede di legittimità (Cass. IV, n. 12035/1982).

In tema di valutazione della prova, il reato di lesioni personali può essere dimostrato sulla base delle sole dichiarazioni della persona offesa, di cui sia stata positivamente valutata l'attendibilità, anche in mancanza di un referto medico che attesti la malattia derivante dalla condotta lesiva (Cass. III, n. 42027/2014; nello stesso senso una recente sentenza della Corte di legittimità, a proposito di un fattispecie relativa a lividi e graffi al collo ed al viso, nonché ematomi ai polsi, Cass. III, n. 43614/2021). Si precisa tuttavia come, in tema di valutazione della prova, sia congruamente motivata la sentenza di condanna per il reato di lesioni personali che, a conforto delle dichiarazioni della persona offesa, valorizzi un certificato medico frutto di un accertamento diretto, e non di una mera riproduzione del narrato della persona offesa (Cass. V, n. 15254/2022).

Non contrasta con il principio del “ne bis in idem” – non ricorrendo l'identità del fatto considerato in tutti i suoi elementi costitutivi – la condanna per il delitto di omicidio preterintenzionale nei confronti di un soggetto già condannato per lesioni personali con sentenza divenuta irrevocabile in relazione alla medesima condotta, ma il giudice del secondo procedimento, in ossequio al principio di detrazione, deve assicurare, mediante un meccanismo di compensazione, che le sanzioni complessivamente applicate siano proporzionate alla gravità dei reati considerati (Cass. V, n. 1363/2022).

Deve ritenersi legittimamente contestata in fatto e ritenuta in sentenza l'aggravante delle più persone riunite nel caso in cui il capo d'imputazione, pur non menzionando l'art. 585, primo comma, cod. pen., rappresenti la simultanea presenza di almeno due soggetti nel luogo e al momento di realizzazione della condotta violenta (Cass. V, n. 22120/2022).

Segue. Le prime applicazioni giurisprudenziali della c.d. “Riforma Cartabia”

La giurisprudenza (Cass. V, ud. 10/01/2023, notizia di decisione) ha affermato che, a seguito dell'entrata in vigore, a partire del 30/12/2022, delle disposizioni della c.d. “Riforma Cartabia” in tema di procedibilità a querela di parte in ordine al reato di lesioni personali dalle quali sia derivata una malattia di durata compresa tra 21 e 40 giorni (art. 2, comma 1, lett. b, D. Lgs. n. 150 del 2022), ed in assenza di eccezioni, il trattamento sanzionatorio  applicabile a tale reato, nei giudizi pendenti in sede di legittimità, sia quello previsto per i reati di competenza  del giudice di pace, ex art. 52 D. Lgs. n. 274 del 2000: si è osservato, in proposito, che l'evidente difetto di coordinamento dell'art. 4,  comma 1, lett. a), D. Lgs. n. 274 del 2000 con il novellato art. 582 c.p. può essere superato valorizzando sistematicamente la voluntas legis attributiva della competenza penale al giudice di pace (espressa dall'art. 15 della legge delega n. 468 del 1999), unitamente all'intenzione della c.d. “Riforma Cartabia”, dichiarata espressamente nella Relazione illustrativa, di determinare “un ampliamento della competenza del giudice di pace in virtù della disciplina  dell'art. 4 lett. a) del D. Lgs. n. 274 del 2000 che attribuisce allo stesso la competenza per le lesioni personali perseguibili a querela di parte”.

Bibliografia

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