Codice Civile art. 306 - Revoca per indegnità dell'adottato.Revoca per indegnità dell'adottato. [I]. La revoca dell'adozione può essere pronunziata dal tribunale su domanda dell'adottante, quando l'adottato abbia attentato alla vita di lui o del suo coniuge, dei suoi discendenti o ascendenti, ovvero si sia reso colpevole verso loro di delitto punibile con pena restrittiva della libertà personale non inferiore nel minimo a tre anni. [II]. Se l'adottante muore in conseguenza dell'attentato, la revoca dell'adozione può essere chiesta da coloro ai quali si devolverebbe l'eredità in mancanza dell'adottato e dei suoi discendenti. InquadramentoLa revoca dell'adozione per indegnità dell'adottato può aversi qualora l'adottato abbia attentato alla vita dello stesso adottante o del coniuge o dei suoi ascendenti o discendenti ovvero si sia reso colpevole verso tali soggetti di un delitto punibile con la pena restrittiva della libertà personale non inferiore nel minimo a tre anni. Le ipotesi di revoca per indegnità, per come evincibile dal disposto dell'art. 305, sono tassative e molto specifiche, tant'è che si tratta di un catalogo più limitato anche rispetto ai casi affini che legittimano la revocazione della donazione (art. 801) o l'indegnità a succedere (art. 463). CasisticaPrima causa di revoca per indegnità dell'adottato dell'adozione è l'attentato alla vita dell'adottante, del coniuge o dei suoi ascendenti o discendenti. Trasponendo sull'argomento la giurisprudenza formatasi sulla affine ipotesi di indegnità a succedere (art. 463 n. 1) deve ritenersi che l'attentato alla vita dell'adottante o del coniuge o dei discendenti debba essere commesso volontariamente ai fini della revoca dell'adozione, con la conseguenza che tale ipotesi di indegnità non è ravvisabile quando venga esclusa l'imputabilità dell'attentatore, in quanto questa costituisce il presupposto della volontarietà del fatto lesivo la cui realizzazione determina l'indegnità (Cass. n. 6669/1984). Poiché, inoltre, la norma parla di “attentato”, deve escludersi che la revoca sia possibile in presenza di delitti colposi che mettano in pericolo la vita dell'adottante, essendo di regola il tentativo incompatibile con l'elemento soggettivo della colpa. L'adozione è, poi, revocabile per indegnità qualora l'adottato si renda responsabile verso l'adottante (o il discendente o il coniuge di quest'ultimo) di un delitto punito con pena detentiva non inferiore nel minimo a tre anni di reclusione. Il tenore letterale della norma porta a ritenere che l'individuazione dei reati che legittimano la richiesta di revoca per indegnità debba avvenire sulla base della pena edittale fissata dal legislatore, indipendentemente dalla pena concretamente inflitta dal giudice penale. La giurisprudenza di legittimità ha escluso che la falsificazione, ad opera dell'adottato, del testamento olografo dell'adottante possa essere causa di revoca dell'adozione, posto che la pena minima edittale, comminata dagli artt. 491 e 482 c.p. per il delitto di falso in testamento olografo è inferiore alla pena detentiva minima di tre anni, di cui al comma 1 del citato art. 306 (Cass. n. 1622/1964). Legittimazione all'esperimento dell'azioneLa legittimazione all'esperimento dell'azione volta ad ottenere la revoca dell'adozione per indegnità dell'adottato compete in via esclusiva all'adottante, anche qualora soggetti passivi dell'azione delittuosa dell'adottato siano stati i coniugi ovvero i discendenti del genitore adottivo. Ciò in quanto il legislatore rimette alla parti del rapporto adottivo la decisione circa l'opportunità di sciogliere o meno il rapporto medesimo, anche in presenza di gravi reati commessi dall'adottato. Tale regola generale soffre tuttavia un'eccezione per l'ipotesi in cui l'adottante muoia in conseguenza della condotta illecita dell'adottato: in tale specifico caso, infatti, la revoca per indegnità può essere richiesta anche da coloro ai quali si devolverebbe l'eredità dell'adottante in mancanza dell'adottato e dei suoi discendenti. Si tratta di disciplina che mira ad evitare, evidentemente, che l'adottato possa avvantaggiarsi della sua stessa azione criminosa, concorrendo all'eredità della persona che egli stesso ha ucciso. Si è ritenuto in dottrina che anche lo Stato nella fattispecie prospettata sia legittimato all'esperimento dell'azione, qualora non vi siano altri successibili che possano concorrere all'eredità dell'adottante. BibliografiaAstiggiano-Dogliotti, Le adozioni, Milano, 2014, 249 e ss.; Baviera, L'adozione speciale, Milano, 1982, 56); Bonilini, Manuale di diritto di famiglia, Torino, 2014, 401 e ss.; Cendon, sub art. 293 c.c., in Commentario al codice civile, Milano, 2010; Collura-Zatti, Trattato di diritto di famiglia, 2, Milano, 2012; Jannuzzi, Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 1984, 332. |