Codice Civile art. 1039 - Indennità per il passaggio temporaneo.

Alberto Celeste

Indennità per il passaggio temporaneo.

[I]. Qualora il passaggio delle acque sia domandato per un tempo non maggiore di nove anni, il pagamento dei valori e delle indennità indicati dall'articolo precedente è ristretto alla sola metà, ma con l'obbligo, scaduto il termine, di rimettere le cose nel primitivo stato.

[II]. Il passaggio temporaneo può essere reso perpetuo prima della scadenza del termine mediante il pagamento dell'altra metà con gli interessi legali [1284] dal giorno in cui il passaggio è stato praticato; scaduto il termine, non si tiene più conto di ciò che è stato pagato per la concessione temporanea.

Inquadramento

Ad integrazione della disposizione precedente, la norma in commento prevede che, qualora il passaggio delle acque sia temporaneo, e segnatamente domandato per un tempo non maggiore di nove anni, il pagamento dei valori e delle indennità indicati dall'art. 1038 è ristretto alla sola metà, ma con l'obbligo, scaduto il termine, di rimettere le cose nel primitivo stato. Si aggiunge, inoltre, che tale passaggio temporaneo può essere reso perpetuo prima della scadenza del termine mediante il pagamento dell'altra metà con gli interessi legali dal giorno in cui il passaggio è stato praticato, e che, scaduto il termine, non si tiene più conto di ciò che è stato pagato per la concessione temporanea.

La servitù presa in esame dalla norma de qua viene definita servitù di acquedotto temporaneo. Il titolare di servitù di acquedotto coattivo avente durata inferiore ai nove anni, ha l'obbligo di rimettere le cose nel medesimo stato in cui si trovavano prima del sorgere della servitù nel momento in cui la stessa termina e di risarcire il danno. In questo modo, il proprietario del fondo servente viene tutelato per tutti quei danni futuri ma prevedibili tramite realizzazione del progetto, che nella fattispecie prevista dall'art. 1038 sono risarciti con l'indennità. Così, l'indennità servirà in questa fattispecie a ristorare il fondo gravato, di tutti quei danni subiti durante la durata della servitù, e il ripristino della situazione quo ante, gli consentirà di poter godere nuovamente del bene appieno come aveva fatto in precedenza. Se, però, la riduzione in pristino è impossibile, il titolare della servitù deve ugualmente risarcire con una somma corrispondente al valore medesimo di essa (Branca, in Comm. S.B. 1979, 107).

Bibliografia

Biondi, Le servitù, Milano 1967; Caruso - Spanò, Le servitù prediali, Milano 2013; De Tilla, Servitù prediali, in Enc. dir., XIV, Milano, 2007; Gallucci, Servitù prediali: natura, funzione e contenuto del diritto, in Il Civilista, 2010, n. 3, 79; Grosso - Deiana, Le servitù prediali, Torino, 1963; Musolino, Servitù prediali: l'estinzione per rinunzia, in Riv. not. 2013, 368; Terzago G. - Terzago P., Le servitù prediali - Volontarie - Coattive - Pubbliche - Costituzione - Esercizio - Estinzione - Tutela - Le singole servitù, Milano, 2007; Vitucci, Servitù prediali, in Dig. civ., XVIII, Torino 1998; Zaccheo, La tutela possessoria della servitù, in Giust. civ. 1982, II, 215.

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