Codice Civile art. 1051 - Passaggio coattivo.Passaggio coattivo. [I]. Il proprietario, il cui fondo è circondato da fondi altrui, e che non ha uscita sulla via pubblica né può procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio, ha diritto di ottenere il passaggio sul fondo vicino per la coltivazione e il conveniente uso del proprio fondo [1053]. [II]. Il passaggio si deve stabilire in quella parte per cui l'accesso alla via pubblica è più breve e riesce di minore danno al fondo sul quale è consentito. Esso può essere stabilito anche mediante sottopassaggio, qualora ciò sia preferibile, avuto riguardo al vantaggio del fondo dominante e al pregiudizio del fondo servente. [III]. Le stesse disposizioni si applicano nel caso in cui taluno, avendo un passaggio sul fondo altrui, abbia bisogno ai fini suddetti di ampliarlo per il transito dei veicoli anche a trazione meccanica. [IV]. Sono esenti da questa servitù le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti. InquadramentoRisulta intuitivo ritenere che l'accesso di un fondo alla via pubblica sia condizione indispensabile per la sua utilizzazione, giustificando, qualora esso manchi, l'imposizione coattiva della servitù di passaggio sul fondo vicino, cui è dedicata la sezione IV del capo II. Nell'ipotesi contemplata dall'art. 1052, nemmeno la preesistenza di un accesso alla via pubblica potrebbe costituire un ostacolo alla costituzione della servitù de qua, alla luce del bisogno, ai fini del conveniente uso del fondo, di ampliare l'accesso esistente per il transito dei veicoli anche a trazione meccanica. Pertanto, il conveniente utilizzo del fondo viene inteso con riferimento a qualunque utilità, di cui esso sia suscettibile riguardo al suo stato di fatto attuale, al fine di assicurare il godimento del bene nel modo più ampio. Comunque, il sacrificio che, con l'imposizione della servitù, si impone al fondo servente deve essere, in tutti i casi, il minore possibile: in quest'ottica, la norma de qua stabilisce i criteri che il giudice deve considerare per l'individuazione del luogo del passaggio, ossia la maggiore brevità ed il minor danno del fondo su cui la stessa servitù di passaggio coattivo viene costituita (la via breve va preferita in quanto sia anche la meno dannosa ma, se recasse un danno sensibilmente maggiore di una via più lunga, deve preferirsi il passaggio che reca il minor danno). Condizioni per l'interclusione assolutaDeterminante, ai fini dell'applicazione della norma de qua, risulta l'esatta individuazione del concetto di interclusione “assoluta” (da differenziare da quello di interclusione “relativa”, oggetto della disposizione successiva), oggetto di numerose pronunce dei giudici di legittimità. In dottrina, si è evidenziata la distinzione tra un'interclusione assoluta, ipotesi in cui il fondo dominante è circondato da altri fondi e non ha alcuna uscita, diretta o indiretta, sulla via pubblica, ed un'interclusione relativa, ipotesi in cui, pur esistendo la possibilità di una comunicazione tra il fondo dominante e la via pubblica, il proprietario non può praticare l'uscita senza eccessivo dispendio o disagio (Vitucci, 497). Viceversa, la presenza di un accesso del fondo alla via pubblica, ancorché inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo, esclude la configurabilità dell'interclusione. Inoltre, per uscita diretta si intende quella che consenta il collegamento immediato tra la via pubblica e il fondo dominante; per uscita indiretta ci si riferisce a quella che consenta di raggiungere tale via attraversando una località intermedia che si trovi tra la stessa e il fondo dominante. Esempi di uscita indiretta possono ravvisarsi nelle ipotesi in cui il proprietario del fondo dominante sia titolare di una servitù volontaria di passaggio su un fondo contiguo alla via pubblica o se tale servitù consente di raggiungere un altro fondo appartenente al proprietario del fondo intercluso che confina con una via pubblica. In giurisprudenza, si è affermato (Cass. II, n. 12819/2013) che l'interclusione assoluta o relativa, che legittima la costituzione della servitù coattiva di passaggio, ricorre quando il fondo, privo di accesso alla via pubblica, è “circondato da fondi altrui”, ai sensi dell'art. 1051, ciò che giustifica l'imposizione del peso in re aliena, conseguendone che tale norma non può trovare applicazione, neppure riguardo all'ampliamento della servitù di passaggio preesistente, qualora tra il fondo del cui vantaggio si tratta e la via pubblica s'interpongano altri fondi appartenenti al medesimo titolare del fondo assunto come intercluso, dotati o dotabili di accesso proprio alla via pubblica senza eccessivo dispendio o disagio. E ancora, in tema di passaggio coattivo, nel caso in cui si lamenti l'impossibilità di accedere al proprio fondo, invece che con mezzi meccanici di ridotte dimensioni (motocicletta), con mezzi meccanici di medie o comunque più grandi dimensioni (autovettura), senza invadere la proprietà del vicino, si versa in una ipotesi di interclusione relativa, ai sensi dell'art. 1051, comma 1, perché il fondo, pur avendo possibilità di uscita sulla pubblica via, non ne ha ugualmente, causa la situazione dei luoghi, con gli anzidetti mezzi meccanici di dimensioni maggiori; anche in tale caso, l'indagine del giudice ha ad oggetto il conveniente uso del fondo e la portata di tale indagine è condizionata dalla posizione difensiva del convenuto titolare del fondo servente, nel senso che, soltanto ove non proposte oppure respinte le questioni sull'agevole acquisibilità di altro accesso o sulla materiale impossibilità dell'ampliamento del passaggio, occorre affrontare e risolvere le questioni sulle modalità di detto ampliamento in relazione al principio del contemperamento degli interessi dei due fondi (Cass. II, n. 20997/2009). Ad ogni buon conto, la difficoltà ripristinatoria del passaggio che consente la richiesta di transito coattivo sul fondo di terzi sussiste sia ove l'interruzione del passaggio interessi direttamente l'iter sia qualora incida sulle condizioni del terreno circostante (Cass. II, n. 3232/2017). Il principio secondo il quale il terreno intercluso deve essere preso in considerazione unitariamente al fine di verificare l'esistenza dell'interclusione è applicabile nel caso in cui, dal punto di vista morfologico, esso presenti una conformazione tale da far ritenere che le singole parti del fondo siano facilmente accessibili l'una dall'altra (e ciò, qualunque sia la destinazione economica di ogni parte), poiché, in tal caso, ove il fondo non fosse considerato unitariamente ma per parti separate, in presenza di un accesso esistente alla via pubblica, la richiesta di costituzione di un passaggio coattivo, anche se connessa ad una diversa destinazione economica delle distinte parti di fondo, si risolverebbe nel reclamare l'imposizione di un peso a carico del fondo altrui dettato da prevalenti ragioni di comodità, atteso che il passaggio dall'una all'altra parte del terreno non sarebbe ostacolata da alcunché; quando, viceversa, tale accessibilità non risulta praticabile perché (come nella specie) il dislivello tra la parte superiore del fondo attraversata dalla strada rotabile comunale e la parte sottostante, posta a livello inferiore, rende oggettivamente tale parte non facilmente accessibile all'altra, la considerazione unitaria del fondo deve venir meno, perché l'ostacolo naturale, in realtà, separa quella parte del fondo dall'altra, cioè divide il suddetto fondo idealmente in due parti distinte (Cass. II, n. 18372/2004; cui adde Cass. II, n. 24237/2018, secondo cui, ai fini della costituzione di una servitù coattiva di passaggio, l'accertamento della interclusione di un fondo, ai sensi dell'art. 1051, va eseguito in riferimento all'immobile nel suo complesso e, quindi, senza tenere conto del fatto che soltanto una parte di esso, per effetto di libere e legittime scelte del proprietario circa la sua utilizzazione non sia raggiungibile con mezzi meccanici). Qualora, a causa della divisione materiale di un fondo operata dal proprietario di esso, la prima parte del fondo sia priva di accesso alla pubblica via, mentre la residua parte del fondo mantiene il collegamento con la pubblica via, non si è in presenza di una situazione di interclusione, suscettibile di dar luogo alla costituzione di una servitù coattiva di passaggio, poiché all'interclusione di fatto può porre fine l'unico proprietario del fondo, ripristinando il collegamento alla pubblica via in favore della parte interclusa attraverso la parte che gode di un accesso all'esterno (Cass. II, n. 177/2003). Ai fini della costituzione della servitù di passaggio ex art. 1051 c.c., il requisito della interclusione deve ritenersi sussistente anche quando il proprietario del fondo sia comproprietario dei fondi interposti tra quello di sua esclusiva proprietà e la via pubblica, in quanto il comunista non può asservire il fondo comune al proprio (Cass. II, n. 7318/2017). Determinazione del luogo di esercizio della servitùInteressanti si rivelano le statuizioni della giurisprudenza in ordine all'operatività del principio del minimo mezzo. Invero, la determinazione del luogo di esercizio di una servitù di passaggio coattivo deve essere compiuta alla stregua dei criteri enunciati dal comma 2 dell'art. 1051, costituiti dalla maggiore brevità dell'accesso alla via pubblica, sempreché la libera esplicazione della servitù venga garantita con riguardo all'utilità del fondo dominante, e dal minore aggravio del fondo asservito, da valutarsi ed applicarsi contemporaneamente ed armonicamente, mediante un opportuno ed equilibrato loro contemperamento e tenuto presente che, vertendosi in tema di limitazione del diritto di proprietà — resa necessaria da esigenze cui non è estraneo il pubblico interesse — va applicato, in modo ancora più accentuato di quanto avviene per le servitù volontarie, il principio del minimo mezzo(Cass. II, n. 17940/2020; Cass. II, n. 8779/2020, aggiungendo che il relativo giudizio compete, in ogni caso, al giudice di merito e si sottrae al sindacato di legittimità se congruamente e logicamente motivato; Cass. II, n. 21255/2009; Cass. II, n. 10327/1998; Cass. II, n. 2903/1989). In quest'ordine di concetti, si è, di recente, affermato (Cass. II, n. 55/2018) che, ove, in presenza di porzioni a dislivello del medesimo fondo, sia possibile realizzare, senza lavori particolarmente onerosi, un collegamento (rappresentato, nella specie, da una scalinata in muratura) tra la parte (a valle) che ha accesso alla via pubblica e quella residua (a monte), tale interclusione va esclusa, risolvendosi, altrimenti, la costituzione del passaggio coattivo, nella imposizione di un peso in danno del fondo altrui per prevalenti ragioni di comodità, non frapponendosi ostacoli al passaggio da una parte all'altra del fondo dominante. Ai fini della costituzione di una servitù di passaggio in favore di un fondo intercluso, il proprietario di quest'ultimo è tenuto soltanto a provare lo stato di interclusione, spettando poi al giudice di merito il compito di accertare e determinare in concreto il luogo di esercizio della servitù; a tal fine devono essere contemperati il criterio della maggiore brevità di accesso alla pubblica via con quello del minor aggravio per il fondo servente, con una valutazione che, ove la soluzione più conveniente riguardi il proprietario di un fondo non parte in causa, non presuppone la necessaria integrazione del contraddittorio nei confronti del medesimo (Cass. II, n. 10045/2008). Ampliamento di servitù già esistente e imposizione di servitù ex novoParticolare attenzione hanno prestato i giudici di Piazza Cavour alle varie ipotesi contemplate dalla norma de qua, anche al fine di evidenziarne le differenze. Si è, infatti, evidenziato (Cass. II, n. 19388/2015) che la necessità di ampliare il passaggio coattivo, a norma dell'art. 1051, comma 3, va collegata alle esigenze del fondo dominante in base non a criteri astratti o ipotetici, ma alle reali possibilità di un più intenso sfruttamento o di una migliore sua utilizzazione e, quindi, è subordinata anche all'accertamento di un serio proposito in tal senso del proprietario, che risulti da fatti concreti e non da mere intenzioni, pur manifestate (nella specie, si era esclusa la sussistenza del presupposto per l'ampliamento della servitù fondato sulla sola deduzione che l'utilizzo di mezzi meccanici sia attualmente imprescindibile per qualsiasi fondo a vocazione agricola, in considerazione delle innovazioni tecnologiche e dei nuovi metodi di coltivazione). Inoltre, mentre l'art. 1051, comma 3, disciplina l'ipotesi della necessità di ampliamento di una servitù già esistente, nel caso in cui l'originario tracciato non consenta il transito di veicoli anche a trazione meccanica, l'art. 1052 consente l'imposizione di analoga servitù ex novo, quando il proprietario di un fondo abbia già accesso alla pubblica via, ma esso si riveli insufficiente ai bisogni del fondo stesso, valutati alla luce delle esigenze dell'agricoltura o dell'industria (Cass. II, n. 12340/2008). In tema di servitù di passaggio coattivo, regolano situazioni diverse in fatto le disposizioni, rispettivamente, dell'art. 1051, comma 3, e dell'art. 1052, giacché la prima disciplina la domanda di ampliamento della servitù in riferimento ad esigenze del fondo dominante con riguardo alla possibilità concreta di un più intenso sfruttamento o di una migliore sua utilizzazione, mentre la seconda presuppone l'impossibilità per un fondo di ampliare un accesso alla via pubblica già esistente, e dunque rende possibile da parte del proprietario di tale fondo richiedere la costituzione di un altro passaggio; inoltre, sono diversi anche gli ulteriori elementi necessari per l'accoglimento delle rispettive domande, posto che l'art. 1051, comma 3, tende a tutelare soltanto l'interesse del fondo dominante, mentre l'art. 1052 mira a tutelare un effettivo interesse della collettività, perché il passaggio richiesto può essere concesso dal giudice solo qualora accerti che la domanda risponda alle esigenze dell'agricoltura o dell'industria (Cass. II, n. 21597/2007). Diversità delle domande di costituzione e di ampliamento di servitùIn tema di servitù prediale, la domanda di ampliamento coattivo di un precedente passaggio pedonale (e di trasformazione dello stesso in via di transito per veicoli a trazione meccanica) e quella di costituzione di passaggio coattivo, pur avendo presupposti in parte identici (quali, ex art. 1051 commi 1, 2 e 3, la mancanza di uscita diretta sulla via pubblica del fondo a vantaggio del quale il passaggio dovrebbe essere ampliato o costituito e l'esigenza di uso di coltivazione del fondo stesso) hanno contenuto ed oggetto diversi, in quanto la domanda di ampliamento della servitù (art. 1051, comma 3) presuppone la preesistenza di un passaggio e la possibilità di allargamento, mentre la domanda di costituzione del passaggio coattivo (art. 1051, commi 1 e 2) è sperimentabile solo in presenza di una situazione di non asservimento pregresso del fondo da attraversare; dalla ontologica diversità delle due azioni consegue che, qualora sia stata dall'attore proposta domanda di ampliamento del passaggio per accedere alla pubblica via che si assume esistente sul fondo del convenuto, incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che, accertata l'inesistenza della addotta servitù, costituisca il passaggio coattivo, pur se non richiesto (Cass. II, n. 6673/2005; Cass. II, n. 5539/1995). Le domande di cui agli artt. 1051 e 1052 hanno titolo diverso poiché i fatti ai quali le due disposizioni citate legano il diritto potestativo del proprietario del fondo assolutamente o relativamente intercluso o il diritto del proprietario del fondo non sufficientemente collegato sono rispettivamente individuabili, per il fondo assolutamente intercluso, nella totale assenza di una uscita sulla via pubblica (art. 1051, comma 1), per il fondo relativamente intercluso nella insufficiente ampiezza del passaggio esistente (art. 1051, comma 3), per il fondo non intercluso, nella inadeguatezza del passaggio sulla via pubblica rispetto alle esigenze dell'agricoltura e dell'industria e nell'impossibilità di ampliamento di detto passaggio (art. 1052), conseguendone che l'accoglimento di una domanda in luogo dell'altra ab origine proposta comporta un'inammissibile mutatio libelli (Cass. II, n. 30317/2017). Presupposti per l'ampliamento di servitù preesistenteIn materia di servitù prediali, la necessità di ampliare il passaggio coattivo, a norma del comma 3 dell'art. 1051, va collegata ad esigenze del fondo dominante non in base a criteri astratti o ipotetici, ma con riguardo alle possibilità concrete di un più intenso sfruttamento o di una migliore sua utilizzazione e, quindi, anche subordinatamente all'accertamento di un serio proposito del proprietario, risultante da fatti concreti e non da mere intenzioni manifestate, di attuare tale più intenso sfruttamento e tale migliore utilizzazione (Cass. II, n. 382/2010; Cass. II, n. 8192/2000; Cass. II, n. 3973/1997). Si è, altresì, chiarito che l'ampliamento coattivo di una servitù di passaggio già esistente, disciplinato dall'art. 1051, comma 3, va riferito all'estensione del contenuto del preesistente diritto di servitù, in relazione alla possibilità di esercizio del passaggio con modalità prima non previste, e cioè, per ipotesi, oltre che a piedi, con una motocarriola con piano di carico orizzontale, dotata di motore e cingoli che ne permettono il movimento, mentre l'eventuale allargamento del tracciato esistente, su cui grava la servitù, assume un aspetto meramente strumentale rispetto al nuovo modo di esercizio di questa, quando il tracciato non consenta il passaggio anche con il suddetto mezzo (Cass. II, n. 19754/2022). L'ampliamento di una servitù di passaggio, ai sensi dell'art. 1051, trova limite, comunque, nella valutazione delle contrapposte esigenze dei fondi, in quanto il pregiudizio per il fondo servente non deve essere superiore al vantaggio che ne ricaverebbe il fondo dominante, e l'apprezzamento in concreto in ordine alla ricorrenza del requisito obiettivo delle esigenze del fondo e dell'idoneità o meno dell'ampliamento richiesto alle esigenze suddette, costituisce un giudizio di fatto, incensurabile in cassazione se adeguatamente e correttamente motivato (Cass. II, n. 3184/2003). Condizioni essenziali per la domanda di ampliamento di una servitù di passaggio coattivo sono la rispondenza della richiesta all'uso conveniente del fondo dominante, o rispetto alla destinazione preesistente o a quella nuova che il proprietario dimostri di voler attuare, e la realizzabilità dell'ampliamento nel rispetto dei criteri stabiliti dall'art. 1051; pertanto, da un lato, occorre valutare comparativamente le esigenze del fondo dominante e di quello servente, e, dall'altro; il proprietario del fondo servente può eccepire l'esistenza, su un diverso sito o fondo, di un altro accesso, idoneo, più breve, e meno dannoso dell'ampliamento richiesto (Cass. II, n. 11091/2000). Il soggetto nei cui confronti è richiesto l'ampliamento coattivo della servitù di passaggio non può utilmente eccepire che sarebbe possibile realizzare il passaggio secondo altro tracciato che non interessi il suo fondo, poiché sussistendo già una servitù di passaggio a favore del fondo intercluso, la costituzione di una servitù coattiva sul fondo di altri sarebbe consentita solo se l'ampliamento di quella già esistente risultasse impossibile o possibile solo con dispendio di disagi eccessivi (Cass. II, n. 8192/2000; Cass. II, n. 10702/1994). Negatoria servitutis ed eccezione di interclusione del fondoSe il giudice di primo grado ha rigettato una domanda di negatoria servitutis (art. 949) ritenendo fondata l'eccezione del convenuto di interclusione del suo fondo, ma non si è pronunciato sulla riconvenzionale dal medesimo avanzata di costituzione, perciò, coattiva di servitù di passaggio (art. 1051), e questi non ha insistito, in appello, su tale domanda, limitandosi a richiedere la conferma della sentenza impugnata dalla controparte, il giudice di secondo grado dichiarare la libertà del fondo, perché non è l'allegazione difensiva di interclusione del fondo a costituire il corrispondente limite a carico di quello gravato, ma l'accoglimento della domanda del proprietario del fondo intercluso (Cass. II, n. 2974/1998). Resta inteso che, ove venga proposta l'actio confessoria servitutis (anche per usucapione), è tardiva la successiva proposizione in appello della azione di servitù coattiva, atteso che le predette azioni presentano petita e causae petendi del tutto distinte - in quanto con la prima si deduce un diritto esistente, con la seconda si mira a costituire il diritto ex novo - con la conseguenza che quest'ultima costituisce domanda nuova rispetto alla prima. Esenzione di case, cortili, giardini ed aieRiguardo all'ultimo comma della norma in commento, si è avuto modo di precisare (Cass. II, n. 12340/2008), che, in materia di servitù di passaggio coattivo, la disposizione dell'art. 1051, comma 4 — che esenta dall'assoggettamento le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti ed è applicabile anche all'ipotesi di passaggio su fondo non intercluso, in base al richiamo contenuto nel successivo art. 1052 — non prevede un'esenzione assoluta delle aree indicate dalla servitù di passaggio, bensì solo un criterio di scelta, ove possibile, nei casi in cui le esigenze poste a base della richiesta di servitù siano realizzabili mediante percorsi alternativi, tra i quali deve attribuirsi priorità a quelli non interessanti le menzionate aree (ad ogni buon conto, secondo Cass. II, 19901/2023, l'insediamento produttivo non rientra nell'esenzione di cui all'art. 1051, comma 4, atteso che la predetta disposizione contiene un'elencazione tassativa che trova la sua ratio nell'esigenza di tutelare l'integrità delle case di abitazione e delle pertinenze che le rendono più comode). Ai fini dell'esenzione dalla costituzione coattiva della servitù di passaggio prevista dall'art. 1051, ultimo comma, deve qualificarsi “cortile” uno spazio scoperto, generalmente recintato, posto a disimpegno esclusivo di una o più case e, qualora tale spazio non sia recintato, occorre aver riguardo alla destinazione che, in relazione alla situazione dei luoghi, è concretamente impressa allo spazio stesso, alla stregua di un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito (Cass. II, n. 18662/2004; Cass. II, n. 2706/1996). L'esenzione dalla servitù di passaggio coattivo, stabilita dal comma ultimo dell'art. 1051, per le case, i cortili, i giardini e le aie ad essi attinenti, è limitata al caso in cui il proprietario del fondo intercluso In tema di servitù di passaggio coattivo, l'esenzione prevista dall'art. 1051, comma 4, in favore di case, cortili, giardini ed aie ad esse attinenti, non opera in caso di interclusione assoluta del fondo dominante sia nel caso di costituzione ex novo della servitù, sia ove ne venga ampliata, per esigenze sopravvenute, una già esistente, configurandosi, in entrambi i casi, la medesima situazione di necessità per il fondo dominante (Cass. II, n. 10857/2016). Resta inteso che (Cass. II, n. 23160/2013) che l'esenzione da servitù, prevista dall'ultimo comma dell'art. 1051 per le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti, opera solo in ipotesi di pronuncia costitutiva di passaggio coattivo, e non invece in ipotesi di pronuncia dichiarativa di una servitù già sussistente in virtù di acquisto per destinazione del padre di famiglia, trattandosi di disposizione di carattere eccezionale, come tale non estensibile oltre i casi espressamente previsti. Inoltre, la medesima esenzione opera nel solo caso in cui il proprietario del fondo intercluso abbia la possibilità di scegliere tra più fondi, attraverso i quali attuare il passaggio, di cui almeno uno non sia costituito da case o pertinenze delle stesse; la norma indicata non trova, invece, applicazione allorché, rispettando l'esenzione, l'interclusione non potrebbe essere eliminata, comportando l'interclusione assoluta del fondo conseguenze più pregiudizievoli rispetto al disagio costituito dal transito attraverso cortili, aie, giardini e simili (Cass. II, n. 17156/2019, puntualizzando che, nel giudizio di comparazione, ispirato ai principi costituzionali in materia di proprietà privata dei beni immobili e di iniziativa economica privata, il giudice deve tener conto dell'eventuale destinazione industriale del fondo intercluso, contemperando, anche mediante lo strumento indennitario, i contrapposti interessi). Ipotesi di litisconsorzioSul versante processuale, si è puntualizzato (Cass. II, n. 7468/2015) che, in tema di costituzione di servitù coattiva di passaggio, qualora il convenuto eccepisca di non essere tenuto a subire la servitù perché l'attore è già titolare di altra servitù su fondo di un terzo che gli consente di raggiungere la pubblica via, non ricorre un'ipotesi di litisconsorzio necessario che richieda l'integrazione del contraddittorio nei confronti del proprietario del fondo indicato dal convenuto; infatti, il proprietario del fondo asseritamente intercluso, il proprietario del fondo a carico del quale viene chiesta la costituzione di servitù coattiva ed il proprietario del fondo attraverso il quale già esisterebbe un accesso alla pubblica via non sono titolari di un unico rapporto inscindibile. Qualora il passaggio a favore di fondo intercluso debba essere costituito, ai sensi dell'art. 1051,su più fondi appartenenti ad altri proprietari, questi ultimi non sono litisconsorti necessari nel relativo procedimento, giacché il riconoscimento della servitù coattiva non è impedita dalla loro mancata partecipazione al giudizio; infatti, l'attore può provvedere nei loro confronti con domande separate o con accordi distinti, restando solo precluso al giudice di imporre un vincolo su detti fondi (Cass. II, n. 6069/2006). Nel caso in cui venga chiesta la costituzione di una servitù coattiva in danno di un fondo gravato da usufrutto, la domanda va proposta tanto nei confronti del nudo proprietario quanto dell'usufruttuario del fondo preteso servente in veste di litisconsorti necessari (Cass. I, n. 7541/2002). La domanda di ampliamento, analogamente a quella di costituzione di passaggio coattivo, non richiede l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei proprietari degli altri fondi su cui dovrebbe materialmente realizzarsi il passaggio, potendosi procedere ad un completamento del passaggio stesso attraverso domande separate nei confronti degli altri proprietari mediante stipulazione di distinti accordi fra loro (Cass. II, n. 8192/2000). In tema di costituzione di servitù coattiva di passaggio, qualora il convenuto eccepisca di non essere tenuto a subire la servitù, perché l'attore è già titolare di altra servitù su fondo di un terzo che gli consente di raggiungere la pubblica via, non ricorre un'ipotesi di litisconsorzio necessario che richieda l'integrazione del contraddittorio nei confronti del proprietario del fondo indicato dal convenuto; infatti, proprietario del fondo asseritamente intercluso, proprietario del fondo a carico del quale viene chiesta la costituzione di servitù coattiva e proprietario del fondo attraverso il quale già esisterebbe un accesso alla pubblica via non sono titolari di un unico rapporto inscindibile; né la sentenza che venisse emessa tra i primi due soggetti considerati, senza la partecipazione al giudizio del terzo, sarebbe inutiliter data, atteso che, nel caso di accoglimento della domanda, il proprietario del fondo di cui si assume la interclusione otterrebbe la costituzione della servitù coattiva, mentre, nel caso di rigetto, in favore del proprietario a cui carico è stata chiesta la costituzione della servitù si formerebbe un giudicato escludente la sussistenza del presupposto sul quale la domanda era stata fondata (Cass. S.U., n. 8638/1996). Di contro, si era anche affermato che l'azione per la costituzione di servitù di passaggio in favore del fondo intercluso (art. 1051) deve essere promossa, nel caso in cui si frappongano più fondi rispetto all'accesso alla via pubblica, nei confronti di tutti i proprietari di tali altri fondi, in qualità di litisconsorti necessari, perché attiene ad un rapporto unico ed inscindibile, alla stregua dell'inidoneità di una pronuncia, che accolga domanda proposta contro uno od alcuni soltanto di detti proprietari, al soddisfacimento dell'utilità per cui l'azione medesima è contemplata (Cass. S.U. , n. 670/1989; cui adde, più di recente, Cass. II, n. 10912/2023, sul rilievo fondante per cui la funzione del diritto riconosciuto dall'art. 1051 al proprietario del fondo intercluso si realizza solo con la costituzione della servitù di passaggio nella sua interezza, pena la pronuncia di una sentenza inutiliter data, non potendo applicarsi in via analogica, in caso di contraddittorio non integro, al fine di evitare detta inutilità, l'art. 1059, comma 2). Qualora, invece, l'interclusione del fondo sia tale da consentire più soluzioni per l'uscita sulla via pubblica ed il proprietario del fondo intercluso convenga in giudizio il proprietario di uno solo dei fondi circostanti, non è necessaria l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri proprietari dovendo il giudice limitarsi ad accertare se sussistano o meno le condizioni richieste per l'asservimento del terreno indicato dall'istante (Cass. II, n. 25130/2023). 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