Codice Civile art. 1063 - Norme regolatrici.

Alberto Celeste

Norme regolatrici.

[I]. La estensione e l'esercizio delle servitù sono regolati dal titolo e, in mancanza, dalle disposizioni seguenti.

Inquadramento

La norma in commento inaugura il capo V dedicato all'esercizio delle servitù, disponendo che l'estensione e l'esercizio delle servitù sono regolati dal titolo (intendendo per questo il contratto, il testamento, la sentenza se trattasi di servitù coattiva) e, in mancanza, dalle disposizioni seguenti. Pertanto, in tema di servitù prediali, l'art. 1063 stabilisce una graduatoria delle fonti regolatrici dell'estensione e dell'esercizio delle servitù, ponendo a fonte primaria il titolo costitutivo del diritto, mentre i precetti dettati dai successivi artt. 1064 1065 rivestono carattere meramente sussidiario. Tali precetti, quindi, possono trovare applicazione soltanto quando il titolo manifesti al riguardo lacune o imprecisioni non superabili mediante l'impiego di adeguati criteri ermeneutici: ove, invece, il contenuto e le modalità di esercizio risultino puntualmente e inequivocabilmente determinati dal titolo, a questo soltanto deve farsi riferimento, senza possibilità di ricorrere al criterio del soddisfacimento del bisogno del fondo dominante con il minor aggravio del fondo servente.

Vi è concordia in dottrina nel ritenere che la norma de qua individui la gerarchia delle fonti che regolano l'estensione e l'esercizio delle servitù, ponendo al vertice il titolo e stabilendo che le successive previsioni trovino applicazione solo allorquando quest'ultimo presenti lacune o imprecisioni insuperabili mediante l'impiego di adeguati criteri interpretativi (Comporti, in Tr. Res. 2002, 225). D'altra parte, si è sottolineato che il dettato normativo si mostra, per un verso, incompleto, perché ha riguardo alle sole servitù costituite in base a titolo (contratto, testamento, sentenza, atto amministrativo), e, per altro verso, ridondante in quanto la dizione ha identico valore rispetto all'art. 1065, venendo entrambi a dettare analogo regolamento del contenuto della servitù circa l'estensione e l'esercizio.

Titolo come fonte primaria

Si è ribadito che, in materia di servitù prediali, in presenza di un titolo divisionale che ne definisce le modalità di esercizio ed in mancanza di prova dell'usucapione di un diritto all'uso esclusivo, non è pertinente, per legittimare diverse modalità di esercizio della servitù, il richiamo al criterio dell'equo contemperamento fra il bisogno del fondo dominante ed il minor aggravio del fondo servente, giacché essa non può soccorrere per correggere le esplicite previsioni del titolo (Cass. II, n. 5434/2010; Cass. II, n. 7640/2009; Cass. II, n. 8853/2004; Cass. II, n. 2893/1997; Cass. II, n. 2080/1982).

Le modalità di utilizzazione del fondo servente si distinguono in modalità essenziali e modalità estrinseche: le prime incidono o si riflettono sulla utilitas con deciso carattere fisionomico, in quanto integrano il vantaggio conferito dal titolo al fondo dominante, mentre le seconde consistono in elementi meramente accessori, non influenti sul contenuto della servitù, in quanto non incidono sulla utilitas; solo la mancata attuazione delle modalità essenziali importa che la servitù non sorga, perché non si concretizza il vantaggio del fondo dominante, mentre l'inattuazione o la modificazione delle modalità estrinseche sono irrilevanti e non importano né la mancanza di costituzione della servitù, né la sua estinzione (Cass. II, n. 20549/2019).

Le modalità di esercizio di un diritto di servitù stabilite dal titolo (nella specie, servitù di veduta convenzionalmente costituita, con specificazione delle misure di ciascuna veduta) risultano regolate da questo e non già dai criteri sussidiari di cui agli artt. 1064 e 1065, sicché qualsiasi innovazione rispetto ad esse è vietata, risolvendosi una tale innovazione non già in un aggravamento del peso preesistente, bensì in un'abusiva imposizione sul fondo servente di un peso diverso da quello originariamente costituito (Cass. II, n. 731/2008).

Resta inteso (Cass. II, n. 18349/2012) che il titolo costitutivo o indicativo di una servitù prediale deve contenere tutti gli elementi atti ad individuare il contenuto oggettivo del peso imposto sopra un fondo per l'utilità di altro fondo appartenente a diverso proprietario, con la specificazione dell'estensione e delle modalità di esercizio in relazione all'ubicazione dei fondi, restando inefficaci, per detti fini, le clausole c.d. di stile, che facciano, cioè, generico riferimento a stati di fatto sussistenti, a servitù attive e passive e così via.

Accertamento giudiziale

Ad avviso dei giudici di legittimità (Cass. II, n. 3090/1994), ove tra le parti di una causa per il riconoscimento di una servitù vi sia in concreto una divergenza anche in ordine all'estensione e alla modalità di esercizio della servitù, esse possono chiederne l'accertamento al giudice senza che questi, giusta il fondamentale principio di cui all'art. 99 c.p.c., possa provvedervi d'ufficio.

Si è precisato (Cass. II, n. 20696/2018) che l'estensione e le modalità di esercizio della servitù (nella specie, di passaggio) devono essere dedotte anzitutto dal titolo, quale fonte regolatrice primaria del diritto, tenendo conto della comune intenzione dei contraenti, da ricavarsi, peraltro, non soltanto dal tenore letterale delle espressioni usate, ma anche dallo stato dei luoghi, dall'ubicazione reciproca dei fondi e dalla loro naturale destinazione, elementi tutti formativi e caratterizzanti l'utilitas legittimante la costituzione della servitù, per cui solo ove il titolo manifesti imprecisioni o lacune, non superabili mediante adeguati criteri ermeneutici, è possibile ricorrere ai precetti sussidiari di cui agli artt. 1064 e 1065.  

Applicabilità alle servitù coattive

Il ricorso alla normativa codicistica in tema di servitù coattiva può riguardare l'interpretazione, in via surrettizia alle pattuizioni, circa il luogo e le modalità di esercizio di una servitù volontaria, al precipuo fino di uniformarla ai principi informatori della materia, ma non anche i punti essenziali della convenzione che sono espressione inequivoca della volontà delle parti, di tal che non ha rilevanza la questione dell'inesistenza della interclusione del fondo dominante, potendo la servitù volontaria essere costituita anche per la maggiore amenità dello stesso fondo (Cass. II, n. 3241/2009).

Bibliografia

Biondi, Le servitù, Milano 1967; Caruso - Spanò, Le servitù prediali, Milano 2013; De Tilla, Servitù prediali, in Enc. dir., XIV, Milano, 2007; Gallucci, Servitù prediali: natura, funzione e contenuto del diritto, in Il Civilista, 2010, n. 3, 79; Grosso - Deiana, Le servitù prediali, Torino, 1963; Musolino, Servitù prediali: l'estinzione per rinunzia, in Riv. not. 2013, 368; Terzago G. - Terzago P., Le servitù prediali - Volontarie - Coattive - Pubbliche - Costituzione - Esercizio - Estinzione - Tutela - Le singole servitù, Milano, 2007; Vitucci, Servitù prediali, in Dig. civ., XVIII, Torino 1998; Zaccheo, La tutela possessoria della servitù, in Giust. civ. 1982, II, 215.

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