Codice Civile art. 1069 - Opere sul fondo servente.

Alberto Celeste

Opere sul fondo servente.

[I]. Il proprietario del fondo dominante, nel fare le opere necessarie per conservare la servitù, deve scegliere il tempo e il modo che siano per recare minore incomodo al proprietario del fondo servente.

[II]. Egli deve fare le opere a sue spese, salvo che sia diversamente stabilito dal titolo o dalla legge [1030].

[III]. Se però le opere giovano anche al fondo servente, le spese sono sostenute in proporzione dei rispettivi vantaggi.

Inquadramento

Uno dei canoni tradizionali in materia di servitù è quello espresso con il brocardo latino servitus in faciendo consistere nequit, conseguendone che, di regola, le spese necessarie per l'uso e per la conservazione della servitù siano a carico del proprietario del fondo dominante. Nello specifico, la norma in commento stabilisce che il proprietario del fondo dominante, nel fare le opere necessarie per conservare la servitù, deve scegliere il tempo e il modo che siano per recare minore incomodo al proprietario del fondo servente; egli deve fare le opere a sue spese, salvo che sia diversamente stabilito dal titolo o dalla legge; se, però, le opere giovano anche al fondo servente, le spese sono sostenute in proporzione dei rispettivi vantaggi. Pertanto, in base all'art. 1069, commi 2 e 3, ove il proprietario del fondo servente abbia eseguito su quest'ultimo — sia pure nel proprio interesse — opere necessarie alla conservazione della servitù, le relative spese debbono essere sostenute dai soggetti interessati, e cioè dal proprietario del fondo dominante e da quello del fondo servente, in proporzione ai rispettivi vantaggi. Peraltro, il comma 1 della norma in commento rappresenta il completamento dell'art. 1064, nel senso che, da un lato, riconosce al titolare del fondo dominante anche il diritto di eseguire le opere necessarie a conservare la servitù oltre a quelle necessarie per l'esercizio della stessa, e, dall'altro, si preoccupa di tutelare il proprietario del fondo servente, prescrivendo che tali opere devono essere eseguite in modo da arrecare il minore incomodo al proprietario del fondo servente, e, in tal modo, viene ribadito un principio espresso dagli artt. 1051, comma 2, e 1065,

Opere necessarie alla conservazione della servitù

In argomento, si è ribadito (Cass. II, n. 3634/2007) che, ai sensi dell'art. 1069, le opere necessarie alla conservazione della servitù sono a carico del proprietario del fondo dominante che ha, perciò, facoltà di accedere al fondo servente per realizzarle, riconducendosi tale facoltà, di natura accessoria, al contenuto stesso del diritto di servitù, al cui normale esercizio è, quindi, strumentale; pertanto, poiché nel nostro ordinamento il godimento del diritto di proprietà, ai sensi dell'art. 832, viene esercitato entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dalla legge, nell'ambito dei limiti di natura privatistica rientra anche il divieto di impedire l'accesso al proprio fondo al proprietario del fondo dominante che intenda eseguire le opere previste dal citato art. 1069.

Comunque, le spese inerenti le opere necessarie alla conservazione della servitù, eseguite - sia pure nel proprio interesse - dal proprietario del fondo servente, vanno sostenute sia da quest'ultimo che dal proprietario del fondo dominante, proporzionalmente ai rispettivi vantaggi, in applicazione estensiva dell'art. 1069, comma 3 (Cass. VI, n. 6653/2017).

Resta inteso (ad avviso di Cass. II, n. 9613/2023) che s olo il proprietario del fondo dominante è legittimato, nel rispetto delle modalità di cui all'art. 1069, ad effettuare le opere necessarie per la conservazione della servitù; deve, quindi, escludersi che una tale facoltà possa essere esercitata da terzi (locatari, affittuari o comodatari) i quali, pur aventi un interesse alla buona conservazione della servitù, dovranno rappresentare la necessità di un tale intervento al proprietario del fondo dominante loro legato dal rapporto obbligatorio.

Opere lecite sul fondo servente

In considerazione della formulazione del comma 3 della norma de qua, l'obbligo di contribuzione sussiste non solo nell'ipotesi in cui il proprietario del fondo servente utilizza lo stesso apparato che rappresenta il mezzo per l'esercizio della servitù, ma in ogni altro caso in cui i lavori eseguiti dal proprietario del fondo servente tragga giovamento, che non può consistere in un semplice aumento di valore, ma in un vantaggio concreto, per cui se il titolare della servitù di presa d'acqua abbia reso efficiente la polla in precedenza inutilizzabile, accrescendo il valore del fondo, nulla è dovuto dal proprietario del fondo gravato che non se ne avvalga (Branca, in Comm. S.B. 1979, 397). In base a tale presupposto, si ritiene, quindi, che la commisurazione dei vantaggi deve essere propriamente parametrata in base al grado di utilizzazione delle opere (Grosso — Deiana, 284).

Resta inteso che il divieto di aggravare l'esercizio della servitù, di cui all'art. 1067, costituisce un limite alle innovazioni sul fondo dominante che incidano sulle modalità concrete di esercizio della servitù e non anche un criterio per discriminare la liceità o meno delle opere che il proprietario del fondo dominante intenda fare sul fondo servente, avvalendosi della facoltà di cui all'art. 1069, per la cui violazione vale, per contro, da un lato il criterio dell'indispensabilità delle opere ai fini della conservazione della servitù, dall'altro il limite (subordinato al criterio anzidetto) rappresentato dal diritto del proprietario del fondo servente di usare e godere del proprio fondo, impedendo qualunque intervento del vicino, titolare della servitù di passo sulla proprietà medesima, oltre il necessario per il godimento della servitù (Cass. II, n. 492/1995).

Resta inteso (ad avviso di Cass. II, n. 20581/2018) che, poiché il possessore di un fondo ha il potere di usarne e goderne secondo la sua normale destinazione, qualunque intervento del vicino titolare di una servitù di passo su parte di tale fondo, diretto a limitare tale uso e godimento oltre il necessario per il godimento di quella servitù, costituisce turbativa del possesso del fondo e legittima il possessore a chiedere la cessazione della turbativa stessa.

Bibliografia

Biondi, Le servitù, Milano 1967; Caruso - Spanò, Le servitù prediali, Milano 2013; De Tilla, Servitù prediali, in Enc. dir., XIV, Milano, 2007; Gallucci, Servitù prediali: natura, funzione e contenuto del diritto, in Il Civilista, 2010, n. 3, 79; Grosso - Deiana, Le servitù prediali, Torino, 1963; Musolino, Servitù prediali: l'estinzione per rinunzia, in Riv. not. 2013, 368; Terzago G. - Terzago P., Le servitù prediali - Volontarie - Coattive - Pubbliche - Costituzione - Esercizio - Estinzione - Tutela - Le singole servitù, Milano, 2007; Vitucci, Servitù prediali, in Dig. civ., XVIII, Torino 1998; Zaccheo, La tutela possessoria della servitù, in Giust. civ. 1982, II, 215.

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