Codice Civile art. 1083 - Determinazione della quantità d'acqua.Determinazione della quantità d'acqua. [I]. Quando la quantità di acqua non è stata determinata, ma la derivazione è stata fatta per un dato scopo, s'intende concessa la quantità necessaria per lo scopo medesimo, e chi vi ha interesse può in ogni tempo fare stabilire la forma della derivazione in modo che ne venga assicurato l'uso necessario e impedito l'eccesso. [II]. Se però è stata determinata la forma della bocca e dell'edificio derivatore, o se, in mancanza di titolo, si è posseduta per cinque anni la derivazione in una data forma, non è ammesso reclamo delle parti, se non nel caso indicato dall'articolo precedente. InquadramentoAncora sul versante contenutistico della servitù di presa d'acqua o di derivazione di acqua, la norma in commento dispone che, qualora la quantità di acqua non sia stata determinata, ma la derivazione è stata fatta per un dato scopo, si intende concessa la quantità necessaria per lo scopo medesimo, e chi vi ha interesse può in ogni tempo fare stabilire la forma della derivazione in modo che ne venga assicurato l'uso necessario e impedito l'eccesso. Se, però, è stata determinata la forma della bocca e dell'edificio derivatore, o se, in mancanza di titolo, si è posseduta per cinque anni la derivazione in una data forma, non è ammesso reclamo delle parti, se non nel caso indicato dal precedente art. 1082. Dunque, la norma de qua va letta in correlazione con quella di cui al precedente art. 1082, nel senso che, mentre quest'ultima disciplina la forma della bocca e dell'edificio derivatore, l'art. 1083 regolamenta la determinazione della quantità d'acqua da addurre al fondo dominante. A sua volta, il comma 2 con qualche variazione la norma di cui al corrispondente comma dell'art. 1082, prevedendo l'inammissibilità del reclamo per il caso in cui le parti abbiano determinato nel titolo la forma della bocca e dell'edificio derivatore o la stessa risulti dal possesso quinquennale. La norma in commento richiama, al comma 3, in chiusura la medesima eccezione di cui all'art. 1082. Comunque, il legislatore ha utilizzato in tal caso una presunzione iuris et de iure, secondo la quale deve ritenersi concessa la quantità d'acqua necessaria per l'uso corrispondente allo scopo. D'altronde, la norma costituisce applicazione del più generale principio espresso nell'art. 1065, a tenore del quale, nel dubbio circa l'estensione e le modalità di esercizio, la servitù deve ritenersi costituita in guisa da soddisfare il bisogno del fondo dominante con il minor aggravio per il fondo servente, e la ratio è, come per la norma precedente, quella di evitare la possibilità dell'insorgere di conflitti Lo scopo al quale aver riguardo è quello riferito al momento della costituzione della servitù, senza che possano rilevare esigenze sopravvenute (così Branca, 5 in Comm. S.B. 1979, 906, il quale precisa, però, che ciò non esclude la possibilità, una volta accertata la misura e il modo di esercizio, di erogare una medesima quantità di acqua per usi difformi da quelli indicati nel titolo e, in tal caso la servitù si conserva nella misura iniziale). Se il titolo fa esplicito riferimento allo scopo per il quale la servitù è stata costituita, non vi è dubbio che operi la presunzione di conformità allo stesso della quantità d'acqua concessa. La lettera della norma sembra considerare solo questa ipotesi, usando l'espressione “quando la derivazione è stata fatta per un dato scopo”. Ci si è chiesti cosa succede qualora manchi l'indicazione specifica della finalità cui è diretta la servitù: si ritiene pressoché unanimemente che l'interprete possa individuare, attraverso l'indicazione delle caratteristiche del fondo dominante, i bisogni dello stesso e da questi dedurre la determinazione dello scopo, utilizzando i criteri ermeneutici di cui all'art. 1362. Se neppure il fondo è indicato nel titolo, ma è comunque individuabile, il contenuto ed i limiti della servitù potranno egualmente desumersi dallo scopo determinato in relazione ai bisogni del fondo dominante. Solo se non vi è alcuna possibilità di identificazione del fondo dominante, la servitù non sorge per assoluta indeterminatezza (Grosso — Deiana, 1849; Branca, in Comm. S.B. 1979, 517). BibliografiaBiondi, Le servitù, Milano 1967; Caruso - Spanò, Le servitù prediali, Milano 2013; De Tilla, Servitù prediali, in Enc. dir., XIV, Milano, 2007; Gallucci, Servitù prediali: natura, funzione e contenuto del diritto, in Il Civilista, 2010, n. 3, 79; Grosso - Deiana, Le servitù prediali, Torino, 1963; Musolino, Servitù prediali: l'estinzione per rinunzia, in Riv. not. 2013, 368; Terzago G. - Terzago P., Le servitù prediali - Volontarie - Coattive - Pubbliche - Costituzione - Esercizio - Estinzione - Tutela - Le singole servitù, Milano, 2007; Vitucci, Servitù prediali, in Dig. civ., XVIII, Torino 1998; Zaccheo, La tutela possessoria della servitù, in Giust. civ. 1982, II, 215. |