Codice Civile art. 1219 - Costituzione in mora.

Cesare Trapuzzano

Costituzione in mora.

[I]. Il debitore è costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto [1308, 2943 4; 160 trans.].

[II]. Non è necessaria la costituzione in mora:

1) quando il debito deriva da fatto illecito [1218, 2043 ss.];

2) quando il debitore ha dichiarato per iscritto di non volere eseguire l'obbligazione;

3) quando è scaduto il termine, se la prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore [1182 3]. Se il termine scade dopo la morte del debitore, gli eredi non sono costituiti in mora che mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto, e decorsi otto giorni dall'intimazione o dalla richiesta.

Inquadramento

L'istituto della mora del debitore presuppone la perdurante possibilità di adempiere, seppure in ritardo. A sua volta il ritardo determina una situazione di incertezza in ordine all'esecuzione dell'obbligazione, che può sfociare nel definitivo inadempimento o in un adempimento tardivo (Giorgianni, 87). L'inadempimento si tramuta in definitivo quando venga meno l'interesse creditorio ovvero l'utilità della prestazione in ragione della risoluzione del contratto o della sopravvenuta impossibilità della prestazione (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 185). Pertanto, la mora è una situazione di ritardo qualificato dalla intimazione o richiesta di adempimento o dai requisiti previsti per la mora automatica, che sono ex se idonei a sancirne l'illiceità (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 188). Sicché, ritardo e mora sono fattispecie autonome, sebbene alla mora si ricolleghino alcuni effetti dell'adempimento in ritardo (Giorgianni, 141). Secondo alcuni, il semplice ritardo legittima la domanda di risoluzione del contratto mentre la mora è indispensabile per il sorgere dell'obbligo di risarcimento del danno (Benatti, 43). Infatti, la proposizione dell'azione giudiziale di risoluzione non esige la previa costituzione in mora del debitore, poiché l'inconveniente di un'immediata e incondizionata risolubilità del contratto alla scadenza trova un limite nel riferimento dell'art. 1455 alla non scarsa importanza dell'inadempimento e, quindi, anche del ritardo (Natoli-Bigliazzi Geri, 232). Secondo altra tesi, il ritardo determina in sé l'obbligo di risarcire il danno e giustifica l'operatività della clausola penale, senza che sia necessaria la mora, alla quale l'ordinamento ricollega ulteriori effetti come il passaggio del rischio e l'interruzione della prescrizione (Natoli-Bigliazzi Geri, 230; contra Visintini, in Comm. S., 1987, 430). Il ritardo e la mora non riguardano le obbligazioni di non fare, in cui ogni violazione dell'obbligo costituisce in sé inadempimento definitivo. La mora del debitore può essere ex persona o ex re.

Anche in giurisprudenza si sostiene l'autonomia del ritardo e della mora (Cass. n. 728/1989). La previa formale costituzione in mora del debitore non è prescritta per la risoluzione per inadempimento del contratto, essendo per ciò sufficiente il fatto obiettivo dell'inadempimento di non scarsa importanza (Cass. n. 28647/2011; Cass. n. 8199/1991), indipendentemente dalla natura costitutiva o dichiarativa della pronuncia invocata (Cass. n. 16110/2009; Cass. n. 10115/1997), e tanto vale anche nel caso di azione di recesso in base a caparra confirmatoria (Cass. n. 17489/2012) ovvero di azione volta a far valere una clausola penale (Cass. n. 10511/1999).

L'ambito applicativo

Il debitore può essere costituito in mora solo relativamente ai crediti dovuti ed esigibili (ovvero attuali), ossia che non siano sottoposti a condizione o termine, salva la costituzione in mora anticipata subordinata alla scadenza (ovvero ora per allora) nel caso di debito sottoposto a termine (Giorgianni, 112; Benatti, 86). Non assume invece rilevanza il requisito di certezza dell'obbligo (Giorgianni, 113; Benatti, 88), né sotto il profilo dell'oggetto (in ordine alla sua esistenza, alla convinzione del debitore di non dovere adempiere e all'eccepibilità), né sotto l'aspetto dei soggetti (quanto all'identificazione delle parti del rapporto). Il credito deve però essere liquido, secondo la regola in illiquidis non fit mora, ad eccezione dei crediti derivanti da fatto illecito, da responsabilità contrattuale, dovuti a titolo di ripetizione dell'indebito, di natura alimentare (Giorgianni, 116; Benatti, 102; Visintini 444; Natoli-Bigliazzi Geri, 245). Si rinviene una situazione di ritardo non qualificato dalla mora, neanche automatica, qualora si tratti di: a) obbligazioni immediatamente esigibili in cui manchi l'intimazione o la richiesta scritta di obbligazioni attuabili a termine (in presenza di richiesta informale e quando il debitore rifiuti di adempiere); b) obbligazioni rispetto alle quali il debitore abbia dichiarato in modo informale di non volere adempiere; c) obbligazioni in cui il termine sia scaduto dopo la morte del debitore e manchi la richiesta formale verso gli eredi (Benatti, 2).

Anche nel caso di obbligazione derivante da illecito la costituzione in mora prescinde dal requisito di esigibilità del credito (Cass. n. 5938/1987). Affermano la possibilità della costituzione in mora nel caso di credito illiquido sin dalla domanda giudiziale quando si tratti di responsabilità contrattuale le seguenti pronunce (Cass. n. 9338/2009; Cass. n. 637/1996; Cass. n. 2296/1990). La costituzione in mora è altrettanto ammissibile quando l'illiquidità del credito sia imputabile alla condotta ingiustificatamente dilatoria del debitore e, in genere, al suo fatto doloso o colposo, quale l'illegittimo comportamento processuale per aver egli, a torto, contestato in radice la propria obbligazione (Cass. n. 9510/2014; Cass. n. 4712/1994; Cass. n. 2238/1969). Infatti, ad avviso della S.C., la liquidità del debito non è condizione necessaria della costituzione in mora, nel nostro ordinamento non valendo il principio in illiquidis non fit mora, con la conseguenza che, in caso di contestazione dell'entità del credito, l'atto di costituzione in mora produce i suoi effetti tipici, con riguardo agli interessi moratori, limitatamente alla parte del credito riconosciuta (Cass. n. 10599/2021). La tolleranza del creditore di fronte all'incompletezza o al ritardo della prestazione a lui dovuta non può in alcun caso essere addotta a giustificazione di ulteriori remore e inadempienze e non impedisce la costituzione in mora per le obbligazioni successive dello stesso genere. Infatti, detta tolleranza non può giustificare l'inadempimento, né comportare per se stessa modificazioni alla disciplina contrattuale, non potendosi presumere una completa acquiescenza alla violazione di un obbligo contrattuale posto in essere dall'altro contraente, né un consenso alla modificazione suddetta da un comportamento equivoco come è normalmente quello di non avere preteso in passato l'osservanza dell'obbligo stesso, in quanto tale comportamento può essere ispirato da benevolenza piuttosto che essere determinato dalla volontà di modificazione del patto (Cass. n. 3964/2003; Cass. 6635/1981; Cass. n. 3816/1980).

La mora ex persona

La regola in ordine alla mora del debitore è rinvenibile nella mora automatica, che la disposizione sembra invece porre come eccezione (Giorgianni, 119); di contro, la costituzione in mora per intimazione o richiesta scritta del creditore costituisce un'eccezione, poiché si realizza solo per le obbligazioni la cui prestazione deve essere eseguita al domicilio del debitore, in mancanza di un termine di scadenza ovvero della fissazione di un termine approssimativo e di intimazione stabilita in via negoziale, oltre che nell'ipotesi di obbligazione la cui prestazione debba essere eseguita al domicilio del creditore ma che scada dopo la morte del debitore (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 199; Natoli-Bigliazzi Geri 246). Il ricorso all'intimazione o alla richiesta può essere escluso per volontà concorde delle parti (Benatti, 134). Sul piano della legittimazione attiva, l'atto di intimazione o la richiesta può essere compiuto anche dall'incapace (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 200; in senso contrario Natoli-Bigliazzi Geri, 254), dal nuncius, dal rappresentante, senza che sia necessaria la procura scritta (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 201), dal delegatario, dal terzo beneficiario, dal legittimato a ricevere il pagamento. Per converso, l'intimazione o la richiesta non può provenire dal gestore di affari (Benatti, 115; Natoli-Bigliazzi Geri, 87). Nel caso di fallimento del debitore l'atto di costituzione in mora deve essere comunicato al curatore (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 203); nel caso di fallimento del creditore, l'atto di intimazione o la richiesta deve provenire dal curatore e non dal fallito (Natoli-Bigliazzi Geri, 255). La richiesta si distingue dall'intimazione per il solo fatto di non essere accompagnata da formule imperative o comminatorie (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 200).

Nel senso che l'intimazione o la richiesta scritta possa provenire anche dal rappresentante, sebbene privo di procura scritta, è orientata anche la giurisprudenza, poiché l'atto di costituzione in mora non è un atto negoziale (Cass. n. 10090/1998; Cass. n. 5482/1995; Cass. n. 6245/1987). La procura per la costituzione in mora ben può risultare da un comportamento univoco e concludente posto in essere anche da un mandatario, purché idoneo a rappresentare al terzo che l'atto è compiuto per un altro soggetto, nella cui sfera giuridica è destinato a produrre effetti (Cass. n. 7097/2012; Cass. n. 17157/2002), e può essere provata con qualsiasi mezzo, comprese le presunzioni (Cass. n. 9046/2007). Costituisce valida intimazione anche l'atto inviato dal difensore del creditore a quello del debitore, purché sia stato previamente accertato che detto legale possa considerarsi rappresentante, effettivo o apparente, del debitore medesimo, e ciò per avere risposto, in nome e per conto del cliente, alla richiesta di pagamento, facendo valere in via stragiudiziale le ragioni del proprio assistito (Cass. n. 5208/2015; Cass. n. 25984/2011).

La natura e i requisiti della mora per intimazione

Si tratta di atto giuridico in senso stretto, privo di natura negoziale. Pertanto, non trova applicazione la disciplina sui vizi della volontà e sulla incapacità, valevole per i contratti. E ciò anche perché le disposizioni sui vizi e sull'incapacità hanno il fine di tutelare il dichiarante mentre la richiesta di adempimento non è in sé passibile di determinare alcun pregiudizio per chi la avanza. Si tratta, ancora, di atto recettizio, che però non può essere comunicato al debitore legalmente incapace, anche se per ipotesi capace di intendere e di volere; ma in questo caso deve essere portato a conoscenza del legale rappresentante (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 203; Benatti, 145). Viceversa, è efficace l'atto di messa in mora comunicato all'incapace naturale, sebbene il creditore sia onerato di adottare i mezzi e le cautele necessarie secondo buona fede. Trattandosi di atto di ordinaria amministrazione, può essere indirizzato anche al solo inabilitato, e non al curatore. Qualora vi siano più debitori solidali la richiesta deve essere rivolta a ciascuno di essi; per converso, nel caso di solidarietà attiva la costituzione in mora fatta da uno dei creditori giova agli altri concreditori. L'intimazione o la richiesta produce effetti dal momento in cui giunge a conoscenza del debitore, una volta decorso un termine idoneo al compimento degli atti preparatori, purché la natura della prestazione esiga una stretta connessione cronologica tra detti atti e la prestazione, da valutarsi caso per caso secondo le regole della correttezza (Natoli-Bigliazzi Geri, 253). Non è necessario che l'intimazione riporti la precisa determinazione dell'ammontare del debito; qualora l'intimazione inerisca ad una pluralità di rapporti obbligatori, produce effetti anche l'intimazione che indichi una somma maggiore o minore, purché sia possibile individuare con esattezza la fonte di tali obblighi (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 204; Benatti, 140). È ammissibile anche la costituzione in mora ora per allora, ossia prima della scadenza del termine ma con effetto postergato alla maturazione di detta scadenza (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 205; Giorgianni, 130; Benatti, 143). Il requisito della forma scritta attiene alla validità dell'atto (Benatti, 133; Natoli-Bigliazzi Geri, 249); ma secondo altra tesi, la forma scritta concerne solo la prova (Giorgianni, 127). Il requisito della forma scritta è soddisfatto quando la richiesta sia documentata in un verbale processuale ovvero quando sia impiegata una scrittura meccanica e non firmata (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 206). In ogni caso, le parti possono derogare alla prescrizione sulla forma (Benatti, 134). Anche la domanda giudiziale notificata costituisce valido atto di costituzione in mora, indipendentemente dalla sua efficacia processuale (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 207; Giorgianni, 128). In dottrina si dubita, invece, che la domanda di risoluzione costituisca efficace atto di costituzione in mora, posto che tale domanda esclude la volontà di ottenere l'adempimento (Natoli-Bigliazzi Geri, 250).

L'atto di costituzione in mora è un atto giuridico in senso stretto che può essere compiuto o direttamente dal titolare del diritto o da un suo rappresentante e, per la sua natura meramente intimatoria e non negoziale, non è soggetto all'applicazione dell'art. 1324, che estende ai soli atti unilaterali patrimoniali negoziali la disciplina dei contratti; pertanto, non è possibile configurare la ratifica di un atto di costituzione in mora compiuto da un falsus procurator perché in tal modo, in conseguenza dell'effetto retroattivo dell'istituto, si otterrebbe il risultato di eludere le norme sulla prescrizione, inderogabili dai privati perché d'ordine pubblico (Cass. 4347/2009; Cass. n. 900/2005). Nondimeno, è legittimo il ricorso, in via analogica, alle regole di ermeneutica, in quanto compatibili, degli atti negoziali stessi (Cass. n. 11579/2014; Cass. n. 2600/2001). Un atto, che manifesti al debitore la volontà del creditore di ottenere il soddisfacimento del suo diritto, ancorché non indichi il preciso ammontare del credito, non determinato ma determinabile, vale comunque a costituire in mora il debitore ed è idoneo ad interrompere la prescrizione estintiva (Cass. n. 5681/2006; Cass. n. 6567/1982; Cass. n. 2640/1976). L'atto di intimazione è efficace quando il legale rappresentante ne abbia avuto contezza, benché in ipotesi sia indirizzato all'incapace legale (Cass. n. 3261/1989). L'intimazione o richiesta di pagamento, ai fini della costituzione in mora di una persona giuridica, non deve necessariamente contenere l'indicazione — non imposta da alcuna norma di legge, né indispensabile — dell'organo che ne ha la rappresentanza legale nei rapporti esterni, essendo, invece, necessario e sufficiente che l'atto venga indirizzato alla persona suddetta, identificata come debitrice, e venga alla medesima recapitato mediante consegna a soggetto abilitato a riceverlo (Cass. n. 11699/1992). Dopo la morte del debitore l'atto può essere indirizzato collettivamente ed impersonalmente ai suoi eredi nell'ultimo domicilio del defunto, purché il debitore sia esattamente individuato e sempreché risulti in concreto che siffatta manifestazione di volontà sia giunta a conoscenza dei detti destinatari (Cass. n. 6243/1987). Alla forma scritta dell'intimazione stabilita a pena di nullità si riferisce la giurisprudenza (Cass. n. 3371/2010; Cass. n. 11549/1992; Cass. n. 2250/1966). Secondo cui l'atto di costituzione in mora è un atto giuridico unilaterale recettizio, a contenuto dichiarativo, per il quale è richiesta la forma scritta ad validitatem e del quale la sottoscrizione costituisce elemento essenziale, la cui mancanza impedisce di sussumere il documento nella fattispecie legale della scrittura privata produttiva di effetti giuridici (Cass. n. 12182/2021).

Soddisfano tale requisito l'invio di un telegramma, di una parcella (Cass. n. 11736/1998) e il protesto di titoli cartolari (Cass. n. 10384/1994); non l'invio di una fattura non accompagnata da una richiesta di pagamento (Cass. n. 806/2009; Cass. n. 10434/2002; contra Cass. n. 10270/2006), salvo che l'emissione del documento di natura fiscale sia intervenuta in relazione all'esecuzione di un contratto che preveda pagamenti ripetuti a scadenze predeterminate e purché lo stesso risulti corredato dall'indicazione di un termine per il pagamento e dall'avviso che, se lo stesso non interverrà prima della scadenza, il debitore dovrà ritenersi costituito in mora (Cass. n. 6549/2016). Nondimeno, rispettato tale vincolo di forma, non è richiesto l'uso di formule solenni né l'osservanza di particolari adempimenti, purché l'intimazione sia idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora (Cass. n. 17123/2015; Cass. n. 24656/2010). D'altronde, la prescrizione sulla forma non osta, in difetto di espressa limitazione, all'ammissibilità della prova testimoniale, al fine indicato, sulle circostanze che quell'atto scritto sia stato effettivamente spedito o ricevuto dal debitore, perché le limitazioni previste per tale mezzo di prova dall'art. 2722 sono stabilite per i contratti e per taluni specialissimi atti unilaterali, tra i quali rientrano gli atti interruttivi della prescrizione previsti dalla legge (Cass. n. 14836/2012; Cass. n. 554/1978). L'atto di citazione, anche se invalido come domanda giudiziale, ossia inidoneo a produrre effetti processuali, può tuttavia valere come atto di costituzione in mora, qualora, per il suo specifico contenuto e per i risultati cui è rivolto, possa essere considerato come richiesta scritta stragiudiziale di adempimento rivolta dal creditore al debitore (Cass. n. 13966/2007; Cass. n. 3616/1989). E così accade qualora nel corso del giudizio abbia avuto luogo una mutatio libelli e, quindi, la proposizione di una domanda nuova, fondata su una diversa causa petendi, e pertanto concernente un diritto diverso da quello fatto valere con l'originaria domanda, con la precisazione che in tale caso gli effetti della costituzione in mora si producono dal momento della mutatio (Cass. n. 5081/2006).

Altrettanto vale per la domanda nuova introdotta in appello, anche se inammissibile (Cass. S.U., n. 1516/2016). Viceversa il gravame proposto avverso la sentenza del giudice di primo grado, che non è diretto personalmente alla parte, ma al suo procuratore, non ha il contenuto di un atto di costituzione in mora, essendo volto al riesame della sentenza impugnata, nei limiti del devoluto (Cass. n. 7076/2016).

Altrettanto vale per la domanda nuova introdotta in appello, anche se inammissibile (Cass. S.U., n. 1516/2016). Viceversa il gravame proposto avverso la sentenza del giudice di primo grado, che non è diretto personalmente alla parte, ma al suo procuratore, non ha il contenuto di un atto di costituzione in mora, essendo volto al riesame della sentenza impugnata, nei limiti del devoluto (Cass. n. 7076/2016). Anche la notificazione del precetto (Cass. n. 2234/1975) o di una sentenza civile di condanna (Cass. 361/1983) o di un atto di un procedimento amministrativo (Cass. n. 291/1967) o la proposizione di un atto di intervento volontario in giudizio (Cass. n. 2107/1993) vale a costituire in mora il debitore. L'atto stragiudiziale di costituzione in mora del debitore, inviato al debitore con raccomandata a mezzo del servizio postale, si presume giunto a destinazione — sulla base dell'attestazione della spedizione da parte dell'ufficio postale, pur in mancanza dell'avviso di ricevimento — e spetta al destinatario l'onere di dimostrare che il plico non contiene alcuna lettera al suo interno, ovvero contiene una lettera di contenuto diverso da quello indicato dal mittente (Cass. n. 15762/2013; Cass. n. 10058/2010). Nel caso di obbligazioni reciproche è costituito in mora il contraente che rifiuti la prestazione offerta dall'altro, anche in assenza di offerta reale e deposito (Cass. n. 3409/1972).

La mora ex re

La mora è automatica innanzitutto per le obbligazioni che derivano da fatto illecito, per le quali non è dunque necessaria l'intimazione. In tal caso la mora si produce sin dal giorno di verificazione dell'evento lesivo. Nondimeno, la disposizione si riferisce al solo illecito extracontrattuale e non all'illecito contrattuale (Visintini, in Comm. S., 1987, 443; Benatti, 156; in senso contrario Bianca, in Comm. S.B., 1988, 208). Ancora, il rifiuto scritto di adempiere espresso prima della scadenza del termine vale anch'esso a costituire in mora il debitore in via automatica (Natoli-Bigliazzi Geri, 258). La dichiarazione di rifiuto è un atto giuridico in senso stretto, non esige l'uso di formule particolari e il dichiarante deve essere legalmente e naturalmente capace (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 208; Benatti, 157). L'espresso riferimento alla dichiarazione per iscritto esclude che la mora ex re possa discendere da un rifiuto manifestato in via informale o per contegno concludente (Natoli-Bigliazzi Geri, 260). Nondimeno, qualora ciò accada, in conseguenza di tale rifiuto informale o implicito il creditore può richiedere la risoluzione prima della scadenza del termine (Benatti, 162). Non è invece necessaria l'intimazione quando il debitore dichiari, anche in via informale, di volere adempiere in un certo termine; tuttavia, tale dichiarazione deve provenire dal debitore capace ovvero dal rappresentante munito di mandato speciale, poiché si tratta di atto eccedente l'ordinaria amministrazione (Benatti, 158). Il terzo caso in cui si realizza la mora ex re è quello in cui le obbligazioni debbano essere eseguite alla scadenza presso il domicilio del creditore (obbligazioni portables). Ciò assume particolare rilievo per le obbligazioni pecuniarie. Nel concetto di domicilio deve essere compreso l'intero ambito della sfera patrimoniale del creditore, ivi incluso il domicilio del terzo legittimato a ricevere la prestazione (Natoli-Bigliazzi Geri, 264). L'indicazione dei casi in cui opera la mora automatica non è tassativa; ad essi si devono aggiungere le seguenti ipotesi: il patto espresso di esenzione dall'onere della richiesta, quando sarebbe necessaria, l'indebito ricevuto in mala fede o il possesso in mala fede (Benatti, 174), il termine essenziale o la clausola risolutiva espressa (contra Benatti 181), il mancato rispetto del termine iniziale, il ritardo intollerabile (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 215; contra Benatti, 180). La norma che prevede la necessità dell'intimazione verso gli eredi, quando il debito da eseguire nel domicilio del creditore scada dopo la morte del debitore, non si applica alle situazioni di cessazione, fusione e simili di enti collettivi (Benatti, 173).

Secondo la giurisprudenza, agli effetti dell'applicazione della disposizione di cui all'art 1219, comma 2, n. 1, per fatto illecito deve intendersi quello in senso stretto, che si concreta cioè in un comportamento che viola il dovere di astensione e lede un diritto assoluto, impedendone il pacifico esercizio, e la cui fonte normativa si rinviene nell'art. 2043, in tal caso determinandosi la mora ex re sin dalla consumazione dell'illecito (Cass. n. 9338/2009; Cass. n. 2654/2005; Cass. n. 637/1996; Cass. n. 2296/1990; Cass. n. 6856/1988; Cass. n. 5580/1982; Cass. n. 3369/1971, in Foro it. 1972, I, 1605; Cass. n. 2250/1966,  in Giust. civ. 1967, I, 766). La risoluzione del contratto può verificarsi anche prima della scadenza del termine stabilito, quando uno dei contraenti manifesti, con atti positivi, la sua intenzione di non adempiere o la prestazione non possa essere eseguita nel tempo previsto, sebbene in mancanza di una dichiarazione scritta di rifiuto non operi la mora automatica (Cass. n. 9637/2001; Cass. n. 529/1970). La dichiarazione con la quale il debitore riconosca di non essere in condizioni di adempiere nel termine previsto non può essere equiparata ad una dichiarazione di rifiuto ai fini della mora automatica (Cass. n. 95/1972). Il silenzio-rifiuto dell'ente previdenziale, in ordine alla concessione delle relative prestazioni debitamente richieste, vale automaticamente a costituire in mora l'ente alla scadenza del termine di legge (Cass. S.U., 11843/1992). La formale costituzione in mora del debitore non è necessaria se il termine, anche non essenziale, di adempimento della obbligazione sia scaduto e la prestazione debba essere eseguita al domicilio del creditore o, in altri termini, in un luogo lato sensu riferibile alla sfera patrimoniale di quest'ultimo, in modo che l'iniziativa dell'adempimento spetti solo al debitore e non sia necessaria altra collaborazione del creditore che quella, meramente passiva, di ricevere la prestazione, secondo il brocardo dies interpellat pro homine (Cass. n. 6887/1994), e ciò anche quando si tratti di obbligo di consegna di un immobile (Cass. n. 201/1978). Nel domicilio del creditore rientra anche il luogo presso il quale si deve svolgere l'attività dedotta in obbligazione (Cass. n. 6415/1979). L'art. 1182, comma 3, secondo cui l'obbligazione avente per oggetto una somma di danaro deve essere adempiuta al domicilio del creditore, si applica esclusivamente nel caso in cui l'obbligazione abbia per oggetto una somma già determinata nel suo ammontare ovvero quando il credito in danaro sia determinabile in base ad un semplice calcolo aritmetico e non si renda necessario procedere ad ulteriori accertamenti, mentre quando la somma deve essere ancora liquidata dalle parti o, in loro sostituzione, dal giudice, mediante indagini ed operazioni diverse dal semplice calcolo aritmetico, trova applicazione il comma 4 dell'art. 1182, secondo cui l'obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha al tempo della scadenza. Ne consegue che, difettando il necessario presupposto della liquidità, la mora del debitore si determina non già (come invece per le obbligazioni portabili) alla scadenza del termine in cui il pagamento deve essere eseguito, bensì mediante richiesta formulata per intimazione o atto scritto (Cass. n. 9092/2004). Ai sensi dell'art. 1498, il pagamento del prezzo della vendita, in mancanza di pattuizioni od usi diversi, deve avvenire contestualmente all'atto della consegna. Ne consegue che, ove il pagamento non avvenga in tale momento, lo stesso va effettuato al domicilio del creditore, senza necessità di costituzione in mora (Cass. n. 2361/2007).

La mora ex re prevista da leggi speciali

La l. n. 192/1998, dal titolo “Disciplina della subfornitura nelle attività produttive” e il d.lgs. n. 231/2002, dal titolo “Attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali” — al fine di tutelare particolari soggetti (essenzialmente medie e piccole imprese e professionisti) che si trovano in una posizione di inferiorità rispetto a contraenti dotati di maggior forza sul mercato — hanno previsto due ulteriori fattispecie di mora ex re, attraverso la fissazione di un termine legale di adempimento nelle ipotesi in cui lo stesso non sia stato determinato dalla parti in forza della loro autonomia negoziale e mediante la previsione di uno specifico saggio di interessi.

La l. n. 192/1998 riguarda i contratti con i quali un imprenditore si impegna ad effettuare, per conto di un'impresa committente, lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime fornite dalla committente medesima (subfornitura di lavorazione), ovvero i contratti con i quali un imprenditore si impegna a fornire all'impresa committente prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o, comunque, ad essere utilizzati nell'ambito dell'attività economica della committente o nella produzione di un bene complesso, in conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall'impresa committente (subfornitura di prodotto). Si ricade fra i contratti necessariamente di impresa (sono, pertanto, esclusi quelli che non coinvolgano come parte un imprenditore), aventi ad oggetto un obbligo prevalentemente di facere del subfornitore. L'art. 3, comma 2, l. n. 192/1998 stabilisce che il prezzo pattuito deve essere corrisposto in un termine che non può eccedere i 60 giorni dal momento della consegna del bene o della comunicazione dell'avvenuta esecuzione della prestazione. Il comma 3 — modificato dal d.lgs. n. 231/2002 limitatamente alla determinazione del tasso degli interessi moratori — dispone che, in caso di mancato rispetto del termine di pagamento, il committente deve al subfornitore, senza bisogno di costituzione in mora, un interesse determinato in misura pari al saggio di interesse del principale strumento di rifinanziamento della Banca Centrale Europea applicato alla sua più recente operazione di rifinanziamento principale effettuata il primo giorno di calendario del semestre in questione maggiorato di sette punti percentuali, salva la pattuizione di interessi moratori superiori e salva la prova del danno ulteriore. Ancora, qualora il ritardo nel pagamento ecceda di 30 giorni il termine convenuto, il committente incorre in una penale pari al 5% dell'importo in relazione al quale non ha rispettato i termini.

Il d.lgs. n. 231/2002 regola ogni pagamento in danaro dovuto a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale. Qualora vi sia ritardo nel pagamento, il creditore — senza che sia necessaria la costituzione in mora — ha diritto alla corresponsione degli interessi moratori, salvo che il debitore dimostri che il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.  Nessuna domanda, né tanto meno alcuna specificazione della natura degli interessi richiesti, è necessaria affinché questi siano riconosciuti, sorgendo il relativo debito, ex lege, dallo stesso fatto originatore del credito cui essi accedono e alla scadenza dei termini previsti per il suo pagamento (Cass. n. 28413/2024).Ricadono nel concetto di transazione commerciale i contratti, comunque denominati, conclusi tra imprese o tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un corrispettivo in danaro.

Con riguardo all'ambito soggettivo di applicazione delle norme in questione, l'art. 2, lett. c, d.lgs. n. 231/2002 chiarisce che imprenditore è ogni soggetto esercente un'attività economica organizzata o una libera professione. La nozione di impresa è ampia e comprende ogni tipologia: individuale, familiare, collettiva, agricola, artigiana nonché gli enti non profit, ai quali la l. n. 383/2000 riconosce la possibilità di svolgere attività economiche di natura commerciale, artigianale o agricola. È imprenditore anche colui che esercita una libera professione, qualora concluda transazioni per scopi relativi all'attività professionale. Restano esclusi i pagamenti relativi ai contratti con i consumatori. La nozione di pubblica amministrazione ricalca il riferimento consolidato ai seguenti soggetti pubblici: Stato, Regioni, Province autonome, enti territoriali, enti pubblici non economici ed organismi di diritto pubblico dotati di personalità giuridica, con finalità di interesse generale, la cui attività è finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dalle Regioni, dagli enti locali o da altri enti pubblici o la cui gestione è sottoposta al loro controllo o i cui organi di amministrazione, direzione o vigilanza sono costituiti almeno per la metà da componenti designati dai medesimi soggetti pubblici.

Relativamente all'ambito oggettivo di applicazione, l'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 231/2002, esclude i debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore (ma non i crediti vantati dal fallimento nei confronti di terzi imprenditori, professionisti e pubbliche amministrazioni). Sicché la nuova disciplina deve ritenersi inapplicabile ai crediti vantati contro il debitore fallito non solo dal momento dell'apertura della procedura (secondo quanto dispone l'art. 55 l. fall.; per la nuova disciplina v. l'art. 154 d.lgs. n. 14/2019 “Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza”), ma sin dal momento in cui il credito è divenuto esigibile. L'art. 1, comma 2, esclude anche le richieste di interessi inferiori a 5 euro ed i pagamenti effettuati a titolo di risarcimento del danno, ivi compresi i pagamenti effettuati a tale titolo da un assicuratore. Sono inoltre esclusi i pagamenti che non rappresentano il corrispettivo di merci o servizi e tutti quei contratti, seppure onerosi, le cui prestazioni non siano collegate da un nesso sinallagmatico, posto che la direttiva CE ha individuato come elemento di qualificazione della transazione commerciale la corrispettività delle reciproche obbligazioni. In ultimo, non rientrano nel campo di applicazione della nuova normativa i contratti nei quali la consegna di merci o la prestazione di servizi non costituisca la prestazione esclusiva o prevalente del creditore.

Gli effetti della mora debendi

Il primo effetto, che consegue alla sola mora ex persona e non alla mora ex re, è rappresentato dall'interruzione della prescrizione (Natoli-Bigliazzi Geri, 256). Ulteriori effetti prodotti dalla mora sono: la non operatività dell'efficacia liberatoria della sopravvenuta impossibilità della prestazione non imputabile, la liquidazione legale del danno presuntivamente subito dal creditore senza necessità di prova, nella misura del tasso legale degli interessi, oltre al risarcimento del maggior danno eventualmente dimostrato. La mora non esclude la possibilità di applicare l'art. 1227 (Natoli-Bigliazzi Geri, 275). La mora impedisce altresì al debitore di richiedere la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta alla mora stessa (Benatti, 36; Bianca, in Comm. S.B., 1988, 235). La proroga del termine originario implica la cancellazione della mora mentre la tolleranza determina la sospensione della mora, ma non la rinunzia implicita al risarcimento dei danni (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 217).

Pertanto, la prescrizione non è interrotta da un rifiuto scritto di adempiere (Cass. n. 2445/1998; Cass. n. 5555/1986). Anche la giurisprudenza osserva che la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta non può essere invocata ed opposta dal contraente inadempiente, con riferimento ad avvenimenti imprevedibili e straordinari verificatisi successivamente alla sua costituzione in mora, in quanto, essendo posto a carico della parte inadempiente il rischio della sopravvenuta impossibilità della prestazione, deve ritenersi a fortiori a carico della stessa parte la sopravvenienza dell'eccessiva onerosità di essa (Cass. n. 10139/1991; Cass. n. 4554/1989; Cass. n. 6582/1984). La mora è purgata mediante l'adempimento tardivo dell'identica prestazione dovuta, senza condizioni ed oneri, e la riparazione degli eventuali danni discendenti dal ritardo (Cass. n. 1066/1979). Il rifiuto ingiustificato della prestazione o il difetto della cooperazione necessaria interrompe la mora.

La mora della pubblica amministrazione

La disciplina sulla mora si applica anche quando debitrice sia la p.a. purché sia osservata la procedura che regola i pagamenti degli enti pubblici, anche qualora non sia emesso il mandato di pagamento (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 209).

In giurisprudenza si è ritenuto che gli interessi moratori sulle somme dovute dalla p.a., in ragione della natura querable di tali obbligazioni, non decorrono automaticamente dalla scadenza del termine di adempimento, bensì dalla data di formale costituzione in mora, da eseguirsi mediante intimazione scritta (Cass. n. 19084/2015; Cass. n. 4530/2008; Cass. n. 19320/2005). La costituzione in mora può avvenire anche se non sia stato materialmente emesso il titolo di spesa, attraverso cui si realizza l'adempimento della p.a. secondo le norme sulla contabilità pubblica (Cass. n. 16683/2002; Cass. n. 2675/1986). Diversamente, l'amministrazione è esonerata da responsabilità qualora sia in grado di dimostrare che il ritardo dipenda da giustificate ragioni attinenti al procedimento e non dalla sua inerzia (Cass. n. 4330/1982).

Bibliografia

Barassi, Teoria generale delle obbligazioni, III, Milano, 1964; Benatti, La costituzione in mora del debitore, Milano, 1968; Betti, Teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1953; Cottino, L'impossibilità sopravvenuta della prestazione e la responsabilità del debitore. Problemi generali, Milano, 1955; Franzoni, Colpa presunta e responsabilità del debitore, Padova, 1988; Giorgianni, L'inadempimento, Milano, 1975; Mengoni, voce Responsabilità contrattuale, in Enc. dir., 1988; Natoli-Bigliazzi Geri, Mora accipiendi e mora debendi, Milano, 1975; Osti, voce Impossibilità sopravveniente, in Nss. D. I., 1962; Realmonte, voce Caso fortuito e forza maggiore, in Dig. civ., 1988; Santoro, La responsabilità contrattuale: il dibattito teorico, in Contr. e impr. 1989; Trimarchi, Risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale, Milano, 1984.

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