Codice Civile art. 1261 - Divieti di cessione.

Cesare Trapuzzano

Divieti di cessione.

[I]. I magistrati dell'ordine giudiziario, i funzionari delle cancellerie e segreterie giudiziarie, gli ufficiali giudiziari, gli avvocati, i procuratori, i patrocinatori e i notai non possono, neppure per interposta persona, rendersi cessionari di diritti sui quali è sorta contestazione davanti l'autorità giudiziaria di cui fanno parte o nella cui giurisdizione esercitano le loro funzioni, sotto pena di nullità e dei danni.

[II]. La disposizione del comma precedente non si applica alle cessioni di azioni ereditarie tra coeredi, né a quelle fatte in pagamento di debiti o per difesa di beni posseduti dal cessionario.

Inquadramento

La ratio del divieto di cessione in favore dei soggetti indicati, in ragione delle qualità da essi rivestite e del collegamento tra dette qualità ed il credito cedibile, è quella di impedire, anche in via potenziale, speculazioni sulle liti da parte dei soggetti ivi contemplati, ossia abusi a cura dell'amministrazione della giustizia (Bianca, 574; Panuccio, 856). Pertanto, esso ha natura generale e inderogabile sicché la sua violazione determina la nullità assoluta dell'atto di cessione, eccepibile da chiunque vi abbia interesse e rilevabile anche d'ufficio. Ad una sanzione di inefficacia di carattere definitivo, in fatto equiparabile ad una vera e propria nullità, fa riferimento altra dottrina (Mancini, in Tr. Res., 1999, 389). Qualora l'acquisto del credito si perfezioni a vantaggio di più soggetti, solo alcuni dei quali siano attinti dal divieto, si avrà una nullità parziale subiettiva. I divieti soggettivi incidono sulla legittimazione a ricevere la prestazione (Panuccio, 856) ovvero determinano un'incapacità speciale (Bianca, 576). Inoltre la violazione di detti divieti giustifica il risarcimento dei danni che siano diretta conseguenza della trasgressione (Perlingieri, 9). La norma si pone in termini di coerenza sistematica con le altre disposizioni che prevedono divieti soggettivi in tema di compravendita, donazione, ecc. (Bianca, 576; Perlingieri, 9). Tali divieti devono essere distinti da quelli stabiliti nell'interesse dell'amministrazione privata, la cui violazione comporta l'annullamento dell'atto (Bianca, 577). La cessione è vietata anche per interposta persona sia nel caso di interposizione fittizia sia nel caso di interposizione reale (Perlingieri, 9). Le deroghe di cui al comma 2 sono eccezionali e come tali sono insuscettibili di applicazione analogica (Perlingieri, 9).

Il fine della previsione è confermato dalla S.C. secondo cui la norma è diretta ad impedire speculazioni sulle liti da parte dei pubblici ufficiali e degli esercenti un servizio di pubblica necessità, le cui funzioni hanno attinenza con gli uffici giudiziari delle rispettive sedi, oltreché ad evitare che il prestigio e la fiducia nell'autonomia di quelle persone possano rimanere pregiudicati da atti di dubbia moralità (Cass. n. 1319/1984).

I soggetti destinatari del divieto

Il divieto di cessione colpisce, non solo i magistrati dell'ordine giudiziario, giudicanti e requirenti, compresi i magistrati ordinari in tirocinio, ma anche tutti i soggetti non appartenenti a tale ordine che siano investiti dell'esercizio di funzioni giurisdizionali, siano essi togati od onorari. Sicché il divieto si estende anche ai giudici costituzionali, amministravi, contabili, tributari, militari (Perlingieri, 9). I funzionari delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie devono essere individuati in coloro che svolgono funzioni appartenenti all'ordine giudiziario o ad esse collegate. Il personale delle cancellerie non comprende i commessi giudiziari (Perlingieri, 9). Per i magistrati e i funzionari delle cancellerie e delle segreterie il divieto opera esclusivamente in relazione ai crediti per i quali è sorta contestazione davanti all'autorità giudiziaria di cui fanno parte, ossia davanti ad un ufficio del distretto giudiziario di corte di appello in cui pende il giudizio avente ad oggetto detti crediti. Il divieto non è territorialmente limitato al distretto giudiziario ma si estende all'intero territorio nazionale per i giudici e i funzionari delle cancellerie delle supreme magistrature, Corte costituzionale e Corte di Cassazione. Agli ufficiali giudiziari devono essere equiparati gli aiutanti ufficiali giudiziari e i coadiutori addetti agli uffici notifiche, esecuzioni e protesti. Per tali ultimi soggetti il divieto opera limitatamente ai crediti contestati davanti all'autorità giudiziaria intesa come magistratura presso la quale esercitano la loro funzione ausiliaria (Perlingieri, 9). Inoltre il divieto sarebbe passibile di applicazione analogica ai consulenti tecnici d'ufficio e di parte. Il divieto è invece inapplicabile agli arbitri, che non sono magistrati e non fanno parte dell'ordine giudiziario ma sono solo occasionalmente investiti di funzioni lato sensu giurisdizionali. Per gli avvocati (le figure dei procuratori e patrocinatori legali sono state soppresse) il divieto è cogente in quanto esercitino effettivamente l'attività professionale ed è territorialmente limitato al distretto nel quale sono abilitati e di fatto effettivamente esercitano (Perlingieri, 9). Secondo altra tesi l'estensione territoriale del divieto per gli avvocati, i quali per legge sono abilitati all'esercizio della professione in tutti i distretti della Repubblica, riguarderebbe l'intero territorio nazionale; appare più plausibile la tesi, che — alla stregua del parametro rappresentato dall'effettivo esercizio delle funzioni — delimita l'ambito territoriale di operatività del divieto al luogo in cui gli stessi abitualmente e di fatto svolgono l'attività professionale (Perlingieri, 9; Panuccio, 855). Il divieto attiene anche ai dottori commercialisti abilitati alla difesa davanti alle commissioni tributarie (Perlingieri, 9). In ordine ai notai il divieto concerne i titolari di una sede notarile che esercitino effettivamente la professione ed è territorialmente emarginato al distretto nel quale sono abilitati a svolgere le funzioni (Perlingieri, 9).

La giurisprudenza ha evidenziato che è nulla la sola cessione dei diritti contestati davanti all'autorità giudiziaria nella cui giurisdizione il patrono esercita la professione forense (Cass. n. 788/1953).

I crediti litigiosi

Il divieto attiene a qualsiasi situazione giuridica soggettiva di natura patrimoniale benché diversa dal credito (Bianca, 575; Perlingieri, 8). Per contestazione del diritto si intende che lo stesso sia oggetto di una lite giudiziaria, anche se relativa a questioni processuali od esecutive e non all'accertamento del diritto medesimo (Perlingieri, 9). Rientrano nelle situazioni litigiose anche quelle accessorie ad una situazione principale che sia oggetto di lite (Perlingieri, 9). Fra i crediti contestati in via giudiziale rientrano anche quelli sottoposti a termine o condizione o futuri per i quali penda una lite, non assumendo rilievo il fatto eventuale che al momento della loro attualità ed esigibilità la causa di incapacità ad acquistare possa essere cessata (Panuccio, 856). La lite deve essere attuale sicché il divieto non è efficace quando la controversia sia stata definita con provvedimento passato in giudicato (Breccia, 783). Non ricade nel divieto il patto di quota lite concluso con il proprio cliente, che preveda la cessione di una quota del credito litigioso a titolo di compenso della prestazione professionale resa dall'avvocato, figura attualmente ammessa nell'ordinamento ai sensi dell'art. 2233, comma 3, purché il patto sia previamente stipulato per iscritto a pena di nullità.

A conferma di quanto esposto la S.C. afferma che i crediti litigiosi sono quelli per i quali sia “sorta controversia” avanti all'autorità giudiziaria mentre il divieto non trova applicazione riguardo a crediti per i quali non sia ancora sorta una controversia giudiziaria, benché siano controversi in fatto (Cass. n. 11144/2003). Ma per la sua interpretazione estensiva, volta a comprendere nel divieto di cessione anche i crediti per i quali sia stata avviata l'azione di recupero, si è espresso altro arresto (Cass. n. 29834/2018). Al contempo il divieto non trova applicazione riguardo al credito la cui controversia sia stata definita con sentenza passata in giudicato, il che ne esclude la natura litigiosa (Cass. n. 14705/2022Cass. n. 1319/1984). È controverso anche il diritto certo di cui sia chiesta l'attuazione, come accade nel caso di pendenza di un giudizio di divisione immobiliare (Cass. n. 3311/1954; Cass. n. 589/1949).

Le eccezioni al divieto

Come anticipato le deroghe al divieto soggettivo di cessione sono eccezionali sicché non ammettono interpretazione analogica, ma al più estensiva (Perlingieri, 9). Con riguardo alla cessione di azioni ereditarie l'esclusione del divieto postula la qualità di erede sia nel cedente sia nel cessionario (Perlingieri, 9). Relativamente alle cessioni fatte in pagamento di debiti, essa si riferisce ai soggetti normalmente non legittimati che assumano la veste di cessionari; dubbia è invece l'applicabilità ai soggetti normalmente non legittimati che intendessero rendersi cedenti del credito contestato al fine di estinguere un debito nei confronti dei terzi cessionari (in senso favorevole a tale estensione Perlingieri, 9). Quanto alla cessione per la difesa di beni posseduti dal cessionario deve esservi un obiettivo collegamento tra il credito e il bene posseduto; inoltre è necessario che il credito possa essere fatto valere in via immediata verso il bene posseduto, o il cui esercizio possa comunque compromettere, in tutto o in parte, la situazione del cessionario. Al riguardo si cita l'esempio del proprietario-possessore di un immobile che acquisti un credito garantito da ipoteca sull'immobile stesso (Perlingieri, 9). Non è invece indispensabile che la persona di regola non legittimata sia il cessionario, essendo all'uopo bastevole che la cessione sia compiuta per la difesa dei beni posseduti dal cessionario (Perlingieri, 9).

Bibliografia

Bianca, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano 1997; Breccia, Le obbligazioni, Milano, 1991; Carraro, La cessione volontaria dei crediti, in Riv. dir. civ. 1958; Clarizia, Il factoring, Torino, 2002; Dolmetta e Portale, Cessione del credito e cessione in garanzia nell'ordinamento italiano, in Banca, borsa e tit. di cred. 1985; Ferrigno, Factoring, Contr. e impr., Padova, 1988; Frignani, Factoring, Enc. giur. it., Milano, 1989; Panuccio, Cessione dei crediti, in Enc. dir., Milano, 1960; Perlingieri, Cessione dei crediti, in Enc. giur., Roma, 1988; Sotgia, Cessione dei crediti e di altri diritti, in Nss. D. I., Torino, 1959.

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