Codice Civile art. 1274 - Insolvenza del nuovo debitore.

Cesare Trapuzzano

Insolvenza del nuovo debitore.

[I]. Il creditore che, in seguito a delegazione, ha liberato il debitore originario, non ha azione contro di lui se il delegato diviene insolvente, salvo che ne abbia fatto espressa riserva.

[II]. Tuttavia, se il delegato era insolvente al tempo in cui assunse il debito in confronto del creditore, il debitore originario non è liberato.

[III]. Le medesime disposizioni si osservano quando il creditore ha aderito all'accollo stipulato a suo favore e la liberazione del debitore originario era condizione espressa della stipulazione.

Inquadramento

La norma detta due regole speciali per la delegazione liberatoria, che si applicano anche all'accollo in cui la liberazione sia condizione espressa della stipulazione. Siffatte regole non si applicano invece all'espromissione e all'accollo in cui il creditore, aderendo alla stipula incondizionata, dichiari di liberare il debitore originario (Rescigno, 1962, 976). È l'iniziativa del debitore originario nella sostituzione a sé di un terzo che giustifica la sua responsabilità; orbene detta iniziativa è assente nel negozio di espromissione (Rescigno, 1962, 976). In senso contrario altra tesi sostiene che la previsione trovi applicazione per analoga ratio anche all'espromissione e all'accollo incondizionato in cui la liberazione dipenda dalla dichiarazione del creditore (Magazzù, 167).

Secondo la S.C. non si applica all'espromissione l'inefficacia per la sopravvenuta insolvenza del nuovo debitore, prevista esclusivamente per le ipotesi di delegazione e accollo (Cass. n. 2899/1966, in Giust. civ. 1967, I, 1530).

L'insolvenza del delegato e la riserva

Affinché la norma possa trovare applicazione è necessario che vi sia l'insolvenza del nuovo debitore, ossia l'impossibilità di adempiere (Mancini, 410). Secondo altra dottrina, il presupposto dell'insolvenza non richiede un'esecuzione infruttuosa, ma è sufficiente una prova sicura del dissesto del delegato ovvero del suo stato patrimoniale negativo (Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 116). L'insolvenza comprende il fallimento del nuovo debitore. Detta insolvenza deve essere sopravvenuta alla liberazione del delegante, il cui rischio normalmente grava sul creditore (Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 114). Infatti, la delegazione liberatoria opera pro soluto e non pro solvendo, come la delegazione cumulativa (Magazzù, 167). In tal caso, il debitore originario delegante che sia stato liberato non risponde dell'insolvenza del delegato, salvo che il creditore si sia riservato espressamente l'azione contro il debitore originario; sicché qualora vi sia stata la riserva, il debitore originario rimane obbligato quale fideiussore del creditore; risulteranno applicabili in tale evenienza gli artt. 1944, comma 2, e 1945 (Magazzù, 167). Criticata è l'opinione secondo cui in tal caso non si tratterebbe di fideiussione del delegante ma di reviviscenza dell'originario debito (in senso critico Bianca, 654). Pertanto, deve essere riconosciuto il beneficium excussionis in favore del delegante. Se la delegazione è pura, il debitore originario non potrà opporre le eccezioni inerenti al rapporto di valuta, che non spettavano neanche al delegato; diversamente, tali eccezioni potranno essere opposte nel caso di delegazione titolata (Greco, 344).

L'insolvenza pregressa

Ove il delegato assuma il debito verso il creditore versando già in stato di insolvenza, la delegazione liberatoria vale comunque come delegazione cumulativa, nel senso che sul piano degli effetti le due fattispecie sono equiparate. Nonostante la liberazione, il debitore delegante risponde verso il creditore qualora l'insolvenza del delegato sia preesistente (Magazzù, 167; Greco, 344). Infatti, la solvenza del delegato costituisce presupposto legale della volontà di liberazione, ossia si deve supporre che, qualora il creditore fosse stato consapevole dello stato di decozione in cui versava sin dall'origine il nuovo debitore, non avrebbe prestato la dichiarazione liberatoria, pena il pericolo di non soddisfare il proprio diritto (Bianca, 653; Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 113). La dichiarazione liberatoria emessa sul presupposto errato della solvibilità del delegato è originariamente inefficace (Bottiglieri, 15). La norma in commento ha in ogni caso natura dispositiva, sicché il creditore che sia a conoscenza del pregresso stato di insolvenza del delegato può comunque liberare il debitore originario delegante (Magazzù, 168; Bottiglieri, 11). Qualora lo stato di insolvenza del delegato venga meno, non si determina la rinnovata liberazione del delegante (Greco 344).

L'insolvenza del delegato o dell'accollante, prevista dall'art. 1274, secondo comma, c.c., in presenza della quale è esclusa la liberazione del debitore originario, non coincide con quella prevista dagli artt. 5 e 67 l.fall., ma è quella dell'insolvenza civile di cui all'art. 1186 c.c., ed è riferibile a ogni situazione, anche temporanea e non irreversibile, che non consenta al delegato al pagamento o all'accollante di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, anche in conseguenza di una semplice situazione di difficoltà economica e patrimoniale idonea ad alterare in senso peggiorativo le garanzie patrimoniali offerte dal debitore, da valutarsi al momento dell'assunzione del debito originario da parte del nuovo soggetto, senza tener conto di fatti successivi a tale assunzione, a meno che essi non siano indicativi, in un'interpretazione secondo buona fede, della valenza effettiva di circostanze verificatesi anteriormente a tale assunzione (Cass. n. 17362/2023).

L'insolvenza nell'accollo

La norma estende la regolamentazione delle conseguenze dell'insolvenza del nuovo debitore nella delegazione liberatoria all'accollo, qualora la liberazione del debitore originario sia condizione espressa dell'accordo. Ne discende che, qualora l'accollo esterno sia incondizionato e il creditore abbia di sua iniziativa dichiarato di liberare il debitore originario, è preclusa al creditore la riserva di agire contro il debitore originario nel caso di insolvenza dell'accollante ovvero è preclusa la facoltà del creditore di agire contro il debitore originario, qualora l'accollante abbia assunto il debito verso di lui già in stato di insolvenza (Campobasso, 6; Rescigno, 1957, 125). La ratio dell'esclusione è stata da alcuni ravvisata nel fatto che in questo caso il creditore avrebbe implicitamente mostrato di voler rinunciare alla garanzia (Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 119). Tuttavia, tale lettura appare riduttiva, poiché se questa fosse stata la ragione dell'esclusione sarebbe stata ammessa la riserva (Rescigno, 1962, 977). In queste ipotesi risponderà il solo creditore. Nell'accollo condizionato alla liberazione dell'accollato, l'insolvenza dell'accollante assume rilievo, ossia può considerarsi preesistente, fino all'adesione del creditore all'accollo e ciò sul presupposto che tale adesione costituisca un'accettazione dell'accollo (Rescigno, 1957, 200; con argomentazioni diverse Campobasso, 6).

Ma questa conclusione è respinta ove si ritenga che l'accollo rappresenti una tipica applicazione del contratto a favore di terzo, che non richiede l'accettazione del creditore, sicché l'insolvenza rilevante è quella intervenuta fino all'accordo di accollo tra terzo e debitore (Cass. n. 3301/1975; Cass. n. 1053/1943). Qualora il debitore originario abbia corrisposto al terzo i mezzi necessari ad estinguere l'obbligazione, e quest'ultimo risulti comunque insolvente, il debitore originario, se non liberato, è tenuto all'adempimento dell'obbligazione insoluta, ma ha del pari diritto ad essere indennizzato dal terzo (Cass. n. 3301/1975).

Bibliografia

Bianca, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano 1997; Bottiglieri, Delegazione, Enc. giur., Milano 1988; Breccia, Le obbligazioni, Milano, 1991; Campobasso, Accollo, in Enc. giur., Roma, 1988; Cicala, Espromissione, in Enc. giur., Roma, 1988; Greco, Delegazione, in Nss. D. I., Torino, 1960; Magazzù, Delegazione, in Dig. civ., Torino, 1989; Mancini, Espromissione, in Dig. civ., Torino, 1992; Rescigno, Studi sull'accollo, Milano, 1957; Rescigno, Delegazione, in Enc. dir., Milano, 1962; Rescigno, Debito (successione nel), in Dig. civ., Torino, 1989; Rodotà, L'espromissione, in Enc. dir., Milano, 1966.

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