Codice Civile art. 1350 - Atti che devono farsi per iscritto.Atti che devono farsi per iscritto. [I]. Devono farsi per atto pubblico [2699 ss.] o per scrittura privata [2702 ss.], sotto pena di nullità (1): 1) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili [812]; 2) i contratti che costituiscono, modificano o trasferiscono il diritto di usufrutto [978 ss.] su beni immobili, il diritto di superficie [952 ss.], il diritto del concedente e dell'enfiteuta [957 ss.]; 3) i contratti che costituiscono la comunione [1100 ss.] di diritti indicati dai numeri precedenti; 4) i contratti che costituiscono o modificano le servitù prediali [1027 ss.], il diritto di uso su beni immobili e il diritto di abitazione [1021 ss.]; 5) gli atti di rinunzia ai diritti indicati dai numeri precedenti; 6) i contratti di affrancazione del fondo enfiteutico [971]; 7) i contratti di anticresi [1960 ss.]; 8) i contratti di locazione [1571] di beni immobili per una durata superiore a nove anni (2); 9) i contratti di società [2247 ss.] o di associazione [2594 ss.] con i quali si conferisce il godimento di beni immobili o di altri diritti reali immobiliari per un tempo eccedente i nove anni o per un tempo indeterminato; 10) gli atti che costituiscono rendite perpetue [1861 ss.] o vitalizie [1872 ss.], salve le disposizioni relative alle rendite dello Stato [1871] (3); 11) gli atti di divisione di beni immobili e di altri diritti reali immobiliari; 12) le transazioni [1965 ss.] che hanno per oggetto controversie relative ai rapporti giuridici menzionati nei numeri precedenti; 13) gli altri atti specialmente indicati dalla legge [14, 47, 162, 484, 519, 601 ss., 782, 1392, 1403, 1503 3, 1543 1, 1978 1, 2096, 2328, 2504, 2603, 2821, 2879, 2882; 807, 808 c.p.c.; 237, 249, 328, 565, 852, 857, 1027 c. nav.] (4). (1)In tema di documento informatico sottoscritto con firma elettronica, v. art. 21, comma 2 bis, d.lg. 7 marzo 2005, n. 82. (2) V. art. 41 l. 3 maggio 1982, n. 203. (3) V. l. 6 agosto 1966, n. 651 e d.P.R. 30 dicembre 2003, n. 398. InquadramentoIl concetto di forma è significativo in senso lato dell'aspetto con cui l’atto di manifesta, in antitesi al suo contenuto, e in senso stretto è indicativo di un requisito imposto nei casi previsti dalla legge in ordine alle modalità attraverso le quali l'atto deve essere compiuto o circa il mezzo espressivo dal quale deve risultare. Ove sia inteso come manifestazione esterna o esternazione dell'atto, si identifica con il regolamento negoziale in sé (Santoro Passarelli, 135) mentre ove sia inteso come mezzo espressivo o di formalizzazione con cui l'atto deve essere compiuto, individua un elemento essenziale del contratto, prescritto a condizione di validità dell'atto stesso nei soli casi previsti dalla legge (Bianca, 273; Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 191; Giorgianni, 994). Ai due concetti evocati corrisponde la distinzione tra dichiarazione e documento, che non si confondono, posto che non necessariamente la dichiarazione deve incorporarsi nel documento (Santoro Passarelli, 145; Cataudella, 106). La previsione circa la necessità del vincolo di forma nelle sole ipotesi regolate ha indotto a ritenere che nell'ordinamento giuridico italiano vige il principio di libertà di forma, con la conseguente validità dei contratti a forma libera, salve le eccezioni espressamente disciplinate (Galgano, 216; Messineo, 1961, 839; Carresi, in Tr. C.M., 1987, 362). Siffatta affermazione deve essere coordinata con le varie funzioni che la forma può rivestire nel contratto (ad substantiam, ad probationem, ad regularitatem), il che consente che le disposizioni che impongono una determinata forma siano interpretate estensivamente (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1999, 218; in termini critici Giorgianni, 1003). In adesione ad una diversa impostazione altro autore ha sostenuto, valorizzando la distinzione, ai sensi dell'art. 1325, tra fattispecie contrattuali a struttura debole, connotate dai requisiti dell'accordo, causa e oggetto, e fattispecie contrattuali a struttura forte, connotate dai requisiti dell'accordo, causa, oggetto e forma, che nel nostro ordinamento non esiste un principio di libertà delle forme (Irti, Idola libertatis. Tre esercizi sul formalismo negoziale, Milano, 1985, 90), con la conseguenza che, venendo a mancare la norma o principio regolare di libertà delle forme a cui le norme sulla forma vincolata apporterebbero un'eccezione, sarebbe ammessa almeno per i contratti atipici l'interpretazione analogica delle norme sulla forma (Irti, cit., 91). A ciò si è replicato che le disquisizioni sull'esistenza o meno di un principio di libertà delle forme nasce da un equivoco di fondo, ossia dall'utilizzazione del termine “forma” in significati tra loro eterogenei: ove la forma sia intesa in senso lato come manifestazione della volontà delle parti, essa contraddistingue ogni negozio, potendosi piuttosto legittimare una discriminazione tra forma espressa e forma concludente; ove sia intesa in senso stretto come requisito espressivo vincolato dell'atto, non può che concernere le sole fattispecie descritte dalla legge (Benedetti, La categoria generale del contratto, in Riv. dir. civ., 1991, I, 658). Secondo altra dottrina il principio generale che rileva in tema di forma non presuppone alcuna libertà delle forme, piuttosto ricollega la forma vincolata (cioè scritta) agli effetti dell'atto assoggettato alla previsione formale, sicché è sulla scorta degli effetti che l'atto è destinato a produrre che dovrà essere valutata la possibilità di un'interpretazione estensiva o di un'applicazione analogica della disposizione che prescrive espressamente il vincolo formale per alcune categorie negoziali (Cataudella, 102). In senso opposto altro autore, muovendo dal carattere eccezionale della sanzione di nullità, sostiene che la previsione formale, proprio perché destinata a incidere sulla validità dell'atto, si inserisce in un sistema in cui non è praticabile alcuna estensione, ponendo una deroga al principio di generale validità del negozio (Giorgianni, 996). La S.C. afferma che il nostro ordinamento è governato dal principio di libertà delle forme (Cass. n. 23203/2013; Cass. n. 20051/2013; Cass. n. 1713/2010; Cass. n. 15264/2006), con la conseguenza che le norme che prescrivono vincoli di forma costituiscono eccezione a tale principio (Cass. n. 2088/1994; Cass. n. 4030/1993) e sono di stretta interpretazione, cioè insuscettibili di applicazione analogica (Cass. S.U.,n. 3318/1995). Gli atti a forma vincolataLa norma prescrive la forma per determinati contratti debitamente indicati, ma si reputa che il precetto valga più in generale per i negozi giuridici. La prescrizione sulla forma costituisce un onere per le parti. Nell'enumerazione legislativa degli atti sottoposti a vincolo di forma si registrano tuttavia delle lacune. Segnatamente l'art. 1350, nn. 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 12, prevede un vincolo di forma che non riguarda la struttura di un tipo contrattuale, essendo modellato esclusivamente sull'effetto prodotto dal contratto e sulla natura immobiliare del bene sul quale l'effetto stesso si produce, con la conseguenza che può configurarsi un regime formale di settore che si estende a qualunque atto (tipico o atipico, bilaterale o unilaterale) idoneo a produrre l'effetto descritto su beni immobili, anche se diverso da quelli esemplificativamente elencati dalle ipotesi in esame (Bianca, 276). Così la forma solenne sarà necessaria anche per la compravendita di immobili ad efficacia obbligatoria (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 418; Bianca, 283), ivi compresa l'ipotesi della vendita di cosa futura, per gli accordi assunti in sede di separazione o divorzio che afferiscano a diritti reali immobiliari e per gli atti di adempimento di un'obbligazione naturale che importino un trasferimento immobiliare. Estensivamente si ritengono sottoposti a vincolo formale i contratti con cui si cede una quota o si modificano le rispettive quote di comunione dei diritti reali immobiliari, nonostante il silenzio della norma (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1999, 231). La cessione di quote societarie, il cui patrimonio comprenda beni immobili, non è invece sottoposta a vincolo di forma, né quando la società sia dotata di personalità giuridica, né in caso di società non personificate (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1999, 232). Al contempo il vincolo di forma previsto per le locazioni ultranovennali non si estende al comodato ultranovennale e alle locazioni di durata inferiore al novennio, quand'anche per effetto di rinnovazione superino tale soglia (Bianca, 281). Oltre agli atti indicati dalla disposizione soggiacciono a vincolo formale tutti gli altri atti per i quali la prescrizione sulla forma è prevista specialmente dalla legge: la cessione di ipoteca, la rinuncia del creditore all'ipoteca, il consenso alla sua cancellazione, la vendita di eredità, la cessione di beni ai creditori, la donazione, gli atti costitutivi, traslativi o estintivi della proprietà o di altri diritti reali su navi e aeromobili, la dichiarazione di riscatto nella vendita con patto di riscatto di beni immobili. È richiesta la forma in materia lavoristica nei contratti di arruolamento della gente di mare e di lavoro del personale navigante, nei patti di prova, nei contratti di lavoro a termine, nei contratti di lavoro sportivo; dubbio è se nei patti di prova e nei contratti di lavoro a termine la forma sia prescritta ad substantiam (in senso favorevole Santoro Passarelli, Nozioni di diritto del lavoro, Napoli, 1987, 157; contra Giorgianni, 1003). Ulteriori figure rispetto alle quali la legge esige la forma scritta sono: il patto di non concorrenza, il contratto di consorzio tra imprenditori, l'atto di fusione tra società, le condizioni generali predisposte da un contraente inserite tra le clausole vessatorie a tutela della parte debole del rapporto, le convenzioni matrimoniali, la costituzione del fondo patrimoniale, la pattuizione di interessi ultralegali, l'elezione di domicilio speciale. In ordine agli atti le cui prescrizioni di forma siano indicate da previsioni speciali, si pone il problema di individuare il quomodo del vincolo formale da cui è astretto l'atto, in mancanza di alcuna puntualizzazione della previsione speciale. Secondo una parte della dottrina in tal caso dovrebbe applicarsi lo stesso principio che si applica nel caso di dubbio sul quomodo della forma convenzionale, ossia la prevalenza del vincolo formale ad substantiam (Galgano, 272; Irti, cit., 89). In base ad altra prospettazione la soluzione non può essere generalizzata ma deve essere vagliata con analisi casistica, tenendo conto anche delle eventuali esigenze di tutela della parte debole che attraverso la prescrizione sul vincolo formale si intendono perseguire. Secondo la S.C. il vincolo di forma per espressa prescrizione di legge riguarda anche i contratti-quadro, relativi alla prestazione dei servizi d'investimento (Cass. n. 25212/2015). Il contratto di locazione ad uso abitativo stipulato senza la forma scritta ai sensi art. 1, comma 4, l. n. 431/1998 è affetto da nullità assoluta, rilevabile da entrambe le parti e d'ufficio, attesa la ratio pubblicistica del contrasto all'evasione fiscale; fa eccezione l'ipotesi prevista dal successivo art. 13, comma 5, l. n. 431/1998 in cui la forma verbale sia stata abusivamente imposta dal locatore, nel qual caso il contratto è affetto da nullità relativa di protezione, denunciabile dal solo conduttore (Cass. S.U., n. 18214/2015). Con riguardo ad una società di persone con patrimonio immobiliare, mentre è necessaria la forma scritta per i conferimenti immobiliari, traslativi della titolarità di quei beni dal conferente alla società, può prescindersi invece dalla prescrizione di una tale forma nel caso di cessione della quota sociale, pur comprensiva di beni immobili (Cass. n. 11314/2010; Cass. n. 2252/1998). Il vincolo di forma non riguarda il comodato ultranovennale immobiliare, che pertanto è valido anche se stipulato oralmente (Cass. n. 8548/2008; Cass. n. 1293/2003; Cass. n. 9909/1998; Cass. n. 11620/1990). La previsione sul vincolo di forma è stata invece ritenuta applicabile alla concessione dello sfruttamento di un terreno come cava per estrarre materiale inerte, quale fattispecie equiparabile all'affitto di bene immobile produttivo (Cass. n. 24371/2006). La forma vincolata e i negozi collegatiLa legge impone il vincolo di forma anche per alcuni negozi preparatori o strumentali, i quali devono rivestire la stessa forma prescritta per il negozio definitivo o principale. In questa tipologia di negozi rientrano: il contratto preliminare, la procura, la ratifica dell'operato del rappresentante senza potere, la nomina del terzo nel contratto per persona da nominare e l'accettazione del nominato, il mandato senza rappresentanza a concludere atti per la cui validità è richiesta la forma, il pactum fiduciae quando sia propedeutico al trasferimento del diritto reale immobiliare dal fiduciario al fiduciante, la risoluzione convenzionale di un contratto per il quale è richiesta la forma scritta, ivi compresa la risoluzione consensuale del preliminare con vincolo formale (ma in senso contrario si è escluso che in tali casi operi un vincolo formale, attesa la produzione di meri effetti obbligatori, Liserre, 3), il recesso unilaterale dal contratto costitutivo del rapporto al cui scioglimento il recesso sia finalizzato, quando per tale contratto si richieda la forma (contra Palermo, 175). Secondo una parte della dottrina anche la proposta irrevocabile e l'opzione dovrebbero rivestire gli stessi requisiti di forma del contatto che mirano a concludere, essendo finalizzati a tale conclusione, diversamente dalla prelazione (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 148; Liserre, 438). Diversamente non ricadono in tale vincolo gli atti che, pur essendo collegati ad altri atti formali, hanno solo una ripercussione indiretta sulla titolarità di diritti reali immobiliari, quali: la rinuncia a far valere la clausola risolutiva espressa nella compravendita immobiliare, la rinuncia al termine essenziale del preliminare di compravendita immobiliare, l'accordo per il rinvio di tale termine. Per converso l'accordo transattivo per la proroga del termine fissato per la conclusione del contratto definitivo di vendita immobiliare è sottoposto al vincolo di forma. Secondo altra tesi il vincolo di forma deve essere esteso a tutti gli atti preparatori, integrativi, modificativi del contratto soggetto a sua volta a prescrizione di forma, senza eccezioni (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 370). In caso di collegamento negoziale tra un negozio per il quale sia richiesta la forma scritta ad substantiam (nella specie, una compravendita immobiliare) ed uno a forma libera (nella specie, un contratto di appalto), è necessario che anche il secondo negozio rivesta la forma prescritta per la validità del primo; sebbene non occorra che il requisito della forma scritta sia assicurato in un unico contesto, ben potendo la volontà negoziale esprimersi in diversi documenti o negozi, è, comunque, necessario che tutte le obbligazioni che formano il sinallagma siano documentate, appunto, per iscritto (Cass. n. 26693/2020) . Segnatamente, La giurisprudenza richiede la forma scritta per i seguenti contratti collegati: la procura con cui l'investitore conferisce ad un terzo il potere di agire in suo nome e in sua vece con l'intermediario (Cass. n. 25212/2015), la dichiarazione di nomina e l'accettazione del terzo nel contratto per persona da nominare (Cass. n. 18490/2014), il pactum fiduciae con il quale il fiduciario si obbliga a modificare la situazione giuridica a lui facente capo a favore del fiduciante o di altro soggetto da costui designato, qualora riguardi beni immobili (Cass. n. 13216/2017 ; Cass. n. 11757/2014) e l'impegno al ritrasferimento immobiliare nel negozio fiduciario (Cass. n. 10633/2014; ma da ultimo per l'esclusione della forma scritta ad substantiam del patto fiduciario, trattandosi di atto meramente interno tra fiduciante e fiduciario che dà luogo ad un assetto di interessi che si esplica esclusivamente sul piano obbligatorio v. Cass. S.U., n. 6459/2020), il mandato a transigere o la ratifica di transazione avente ad oggetto controversie relative a rapporti giuridici concernenti beni immobili o diritti reali immobiliari (Cass. n. 1181/2012, in Foro it. 2012, 6, I, 1816), la ratifica di un contratto sottoposto al vincolo formale (Cass. n. 12308/2011). Ricorre il requisito della forma scritta della dichiarazione di nomina nel contratto per persona da nominare ove la electio amici sia avvenuta in sede di assemblea dei soci di una società cooperativa, con verbalizzazione e sottoscrizione da parte del socio assegnatario, nonché del terzo nominato (Cass. n. 15944/2015). Anche la risoluzione consensuale di un contratto preliminare riguardante il trasferimento, la costituzione o l'estinzione di diritti reali immobiliari è soggetta al requisito della forma scritta ad substantiam, al pari del contratto risolutorio di un definitivo (Cass. n. 8234/2009; Cass. n. 6656/1993), in quanto la ragione giustificativa dell'assoggettamento del preliminare alla forma — da ravvisare nell'incidenza che esso spiega su diritti reali immobiliari, sia pure in via mediata, tramite l'assunzione di obbligazioni — si pone in termini identici per il contratto risolutorio del preliminare stesso (Cass. n. 30446/2018;Cass. n. 13290/2015; Cass. n. 8491/2000). Per contro, la modifica del termine stabilito per la stipulazione del definitivo, quale elemento accidentale del preliminare, e la rinuncia della parte ad avvalersene non richiedono la forma scritta (Cass. n. 19031/2022; Cass. n. 8765/2021; Cass. n. 5197/2008; Cass. n. 17880/2003). Per la valida rinunzia a far valere il testamento occorre l'accordo di tutti i coeredi, da redigere per atto scritto, a pena di nullità, se nella successione sono compresi beni immobili, poiché detto accordo, importando una modificazione quantitativa delle quote, tanto dal lato attivo, che da quello passivo, si risolve in un atto di disposizione delle stesse (Cass. n. 12685/2014). Viceversa nel caso di prelazione convenzionale pattuita dai contraenti nell'ambito di un contratto di divisione, per l'ipotesi di vendita da parte di uno dei condividenti ad un terzo, la quale può essere configurata come mero interpello, la comunicazione dovuta al prelazionario non richiede necessariamente la forma scritta (Cass. n. 22589/2010). La rinuncia alla condizione sospensiva convenuta nel proprio esclusivo interesse non deve necessariamente risultare da atto scritto, ma può essere desunta anche da facta concludentia (Cass. n. 14938/2008). Al contempo gli accordi volti a modificare le modalità esecutive del contratto si possono stipulare anche verbalmente, atteso che il vincolo di forma riguarda solo i requisiti essenziali del contratto, tra i quali non rientrano gli elementi che ne regolano l'esecuzione (Cass. n. 525/2020 ; Cass. n. 419/2006; Cass. n. 6774/2004). Il mandato senza rappresentanza per l'acquisto di beni immobili non necessita della forma scritta, che occorre soltanto per gli atti, come la procura, che costituiscono presupposto per la realizzazione dell'effetto reale del trasferimento della proprietà (Cass. n. 20051/2013; Cass. n. 12848/2006). Gli elementi del contratto su cui ricade il vincolo formaleÈ sufficiente che la forma prescritta per l'atto sia osservata in ordine agli elementi essenziali mentre gli elementi accessori possono risultare da un atto amorfo. Con riguardo all'oggetto è necessario che siano indicati tutti gli elementi ed anche le modifiche convenzionali dell'identità del bene; in specie nella compravendita immobiliare devono essere indicati anche gli estremi della concessione edilizia e dell'eventuale domanda di sanatoria. Anche se non contestuali, le dichiarazioni delle parti sono entrambe soggette al vincolo di forma. Nell'atto formale alcuni elementi possono essere validamente indicati per relationem. In particolare, nei negozi formali la relatio è ammissibile per gli elementi non essenziali; ma gli elementi cui si rinvia non possono essere provati per testi (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 197). Il vincolo di forma riguarda soltanto i requisiti essenziali del contratto e non gli altri elementi (Cass. n. 13703/2005; Cass. n. 2216/2004; Cass. n. 6214/1999). Gli elementi essenziali devono risultare dallo stesso documento e non aliunde, sebbene il requisito della contestualità non vada inteso in senso rigorosamente materiale e grafico, ben potendo ricorrere anche nel caso in cui il contratto richiedente la forma scritta ad substantiam risulti costituito da due parti materialmente distinte ma collegate tra loro per effetto del richiamo dell'una contenuto nell'altra, in modo da formare un unico, ancorché complesso, atto scritto, in sé contenente tutti gli elementi essenziali del contratto (Cass. n. 17346/2009; Cass. n. 6629/1997). I contratti stipulati dalla P.A. a trattativa privata, pur richiedendo in ogni caso la forma scritta ad substantiam, possono anche non risultare da un unico documento, ove siano stipulati secondo l'uso del commercio e riguardino ditte commerciali (Cass. n. 25631/2017; Cass. n. 12316/2015; Cass. n. 5263/2015). Fuori da tale ambito devono essere consacrati in unico documento, sebbene sottoscritto in tempi diversi purché il testo contrattuale sia concordato (Cass. n. 12540/2016). L'atto pubblico e la scrittura privataIl requisito della forma scritta è osservato quando il contratto sia redatto per atto pubblico o per scrittura privata. L'atto pubblico deve presentare, sia sul piano oggettivo che soggettivo, gli elementi prescritti dall'art. 2699; la scrittura privata è invece definita dall'art. 2702. Affinché la scrittura privata soddisfi il vincolo della forma scritta è necessario che vi sia la sottoscrizione delle parti, sia che si tratti di scrittura autenticata sia che si tratti di scrittura olografa. Alla sottoscrizione non sono equiparabili il contrassegno o l'impronta digitale; la sottoscrizione può essere apposta anche anteriormente alla redazione dell'atto, fatta salva la possibilità di reagire con la querela di falso nel caso di riempimento abusivo (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1999, 226). La sottoscrizione deve essere leggibile; diversamente non è necessario il disconoscimento, salvo che l'identità del sottoscrittore sia certa, poiché in tal caso l'illeggibilità della sottoscrizione non assume rilievo. La formale inesattezza del nome e del cognome contenuti nella sottoscrizione, a fronte delle risultanze dello stato civile, non ne autorizza il disconoscimento quando in relazione al testo il sottoscrittore sia comunque sufficientemente identificato. La formazione giudiziale dell'atto solenne Alla sottoscrizione equivale la produzione in giudizio del documento a cura di chi non lo ha sottoscritto, quando sia diretta a far valere in proprio favore gli effetti dell'atto; si descrive tale fattispecie in termini di formazione giudiziale dei contratti solenni. Questa regola vale solo quando la parte che produce il contratto intenda farne propri gli effetti e non quando la produzione in giudizio sia avvenuta al fine di dimostrare attraverso la mancata sottoscrizione che il contratto non si è concluso. Ed ancora siffatta assimilazione non opererà quando l'esibizione documentale sia volta a dimostrare che un contratto è stato in precedenza formato, ma che di esso colui che ha esibito il documento conserva solo la copia sottoscritta dalla controparte; in tal caso l'esibizione non è diretta a concludere il contratto, ma ha una diversa finalità probatoria (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 423; Liserre, 453). Nondimeno, affinché tale formazione giudiziale possa ricorrere, il consenso manifestato dall'originario sottoscrittore del documento prodotto deve essere ancora attuale al tempo della produzione; sicché il contratto non potrà ritenersi formato, nonostante la produzione, quando il sottoscrittore abbia nelle more revocato il consenso o sia deceduto o il termine fissato nella proposta sia scaduto o sia sopravvenuta l'incapacità di una delle parti (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 380). Inoltre si è escluso che da tale produzione possa discendere automaticamente la conclusione del contratto quando sia decorso un lasso di tempo considerevole dalla formulazione della proposta, anche in ragione dell'imputazione della produzione non già direttamente all'oblato bensì al suo difensore; piuttosto a tale produzione può ricondursi la conclusione del contratto secondo l'apprezzamento discrezionale del giudicante, quando l'intervallo temporale tra manifestazione della proposta e produzione in giudizio sia tale da lasciare presagire che la proposta sia rimasta efficace e quando il comportamento complessivo dell'oblato, anche antecedente all'esibizione, riveli la sua volontà di accettare, così legittimando a credere che colui che materialmente ha proceduto all'esibizione manifesti una volontà identica a quella del suo assistito (Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 194). In questa evenienza la produzione in giudizio vale come accettazione espressa, benché sia rivolta ad un terzo (il giudice) e solo mediatamente al proponente; in aggiunta il requisito di forma ad substantiam potrà ritenersi osservato alla stregua della forma scritta degli atti del giudizio attraverso cui la produzione è avvenuta, sia essa riconducibile alla domanda introduttiva, alle memorie depositate in corso di causa, al verbale di udienza. Il documento deve essere prodotto in giudizio dal contraente, non dagli eredi, nel giudizio instaurato nei confronti dell'altra parte, non dei suoi eredi. Si ritiene che tale fattispecie della formazione giudiziale trovi applicazione anche nel caso in cui la forma sia richiesta ad probationem ovvero quando il documento contrattuale prodotto in giudizio contenga clausole vessatorie (Carresi, in Tr. C. M. , 1987, 381). Anche la S.C. ammette che la produzione in giudizio possa surrogare il difetto di sottoscrizione, sia sul piano sostanziale sia sul piano probatorio, non essendo richiesta la contestualità nella manifestazione del consenso delle parti (Cass. n. 1525/2018; Cass. n. 4921/2006; Cass. n. 2826/2000; Cass. n. 4905/1998; Cass. n. 3970/1997), sempreché medio tempore l'altra parte non abbia revocato il proprio assenso o non sia decaduta, con la conseguente impossibilità della formazione del consenso nella forma richiesta dalla legge nei confronti dei suoi eredi, o non sia decaduta o non sia deceduta (Cass. n. 22223/2006; Cass. n. 7075/2004; Cass. n. 8423/2003; Cass. n. 1414/1999). Ancora, è necessario che il documento prodotto riporti tra le parti contraenti il soggetto che ha prodotto il documento (Cass. n. 8983/2003). Per il perfezionamento dell'accordo è necessario non solo che la produzione in giudizio del contratto avvenga su iniziativa del contraente che non l'ha sottoscritto, ma anche che l'atto sia prodotto per invocare l'adempimento delle obbligazioni da esso scaturenti (Cass. n. 12711/2014; Cass. n. 11409/2006). In tal caso il contratto si perfeziona ex nunc al momento della produzione (Cass. n. 1525/2018). La forma ad substantiamLa forma ad substantiam ricorre quando sia richiesta a pena di nullità dell'atto che deve rivestire tale forma, rilevabile con azione imprescrittibile da chiunque vi abbia interesse e anche d'ufficio, e insuscettibile di convalida, conferma, ratifica, esecuzione volontaria, con la conseguenza che l'obbligazione eventualmente eseguita a fronte di un contratto nullo per difetto di tale tipologia di forma sarà ripetibile (Osti, 510; Liserre, 2). La forma ad substantiam non postula l'unicità del documento contrattuale (Galgano, 218), ma ben può essere soddisfatta mediante documenti separati ma inscindibilmente collegati, ferma restando la necessità di valutarne la piena conformità (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 193; Liserre, 417). Sicché qualora il contratto si sia formato mediante lo scambio di proposta e accettazione, entrambi tali atti dovranno rivestire il requisito di forma (Bianca, 288; Liserre, 416). La scrittura deve essere contestuale all'atto, con la conseguenza che non è sufficiente che le parti richiamino in un documento scritto un precedente accordo verbale, anche se per un solo elemento del contratto (Giorgianni, 998). Quando la legge richiede la forma a pena di nullità, non è possibile aggirare l'onere di forma mediante un atto scritto successivo, idoneo a fornire la prova della conclusione del contratto, come l'atto confessorio, l'atto di riconoscimento, il negozio di accertamento, la fattura, la quietanza (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1999, 220). Si è ritenuto invece sufficiente un atto ricognitivo, purché contenente la manifestazione di volontà di concludere il contratto. La forma richiesta per la validità dell'atto è comunque necessaria anche per la prova della sua conclusione (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 639). Pertanto maggiormente corretto è il riferimento, più che alla forma ad substantiam, alla forma doppiamente necessaria per la validità e per la prova (Sacco-De Nova, in Tr. Res. 1999, 220; Liserre, 2); infatti la prova di tali contratti non può essere data con altri mezzi se non con il documento che incorpora l'atto, salvo il caso di perdita incolpevole del documento. La prova testimoniale non è ammessa per la dimostrazione di fatti difformi da quelli risultanti dalla scrittura, ma è ammissibile per chiarire la volontà dei contraenti (Bianca, 290). Quando la legge richiede la forma dell'atto pubblico si intende che la forma è richiesta per la validità dell'atto (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1999, 219). L'atto scritto deve essere rappresentato non da un qualsiasi documento, da cui risulti la precedente stipulazione, ma da uno scritto che contenga la manifestazione della volontà di concludere il contratto e che sia posto in essere al fine specifico di manifestare tale volontà, sicché non soddisfano tale requisito l'attestazione di pagamento sottoscritta dall'accipiens e dal solvens, concernente somma corrisposta in esecuzione di un patto negoziale (Cass. n. 25424/2013; Cass. n. 8937/1994), la dichiarazione di quietanza (Cass. n. 10846/2019 ; Cass. n. 5158/2012; Cass. n. 12673/1997; Cass. n. 10649/1994), la confessione (Cass. n. 7274/2005; Cass. n. 9687/2003; Cass. n. 5565/2001), il negozio di accertamento (Cass. n. 9687/2003). Viceversa il requisito di forma è soddisfatto da una dichiarazione ricognitiva con efficacia costitutiva da cui risultino la causa della dichiarazione e tutti gli elementi essenziali (Cass. n. 20198/2004; Cass. n. 301/1996; non avrà efficacia surrogatoria invece una mera ricognizione con effetti dichiarativi Cass. n. 8365/2000). Non è necessario che la volontà negoziale sia manifestata contestualmente e in un unico documento, dovendosi ritenere il contratto perfezionato anche qualora le sottoscrizioni siano contenute in documenti diversi, anche cronologicamente distinti, qualora si accerti che il secondo documento è inscindibilmente collegato al primo, sì da evidenziare inequivocabilmente la formazione dell'accordo (Cass. n. 5919/2016; Cass. n. 3088/2007; Cass. n. 6629/1997; Cass. n. 4856/1995). Il requisito della forma scritta è soddisfatto anche quando le parti richiamino per iscritto elementi contenuti in un diverso atto, cui espressamente e specificamente si riportino secondo lo schema della relatio perfecta (Cass. n. 8751/2018). Con riferimento ai contratti bancari e finanziari il requisito della forma scritta, posto a pena di nullità, azionabile dal solo cliente, va inteso non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalità di protezione del correntista o dell'investitore assunta dalla norma, sicché tale requisito deve ritenersi rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente che vi sia la sottoscrizione di quest'ultimo (contratto monofirma), e non anche quella della banca o dell'intermediario, il cui consenso ben può desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti (Cass. n. 9187/2021; Cass. n. 16070/2018; Cass. n. 14646/2018; Cass. n. 14243/2018; Cass. S.U., n. 898/2018). La forma scritta, a pena di nullità, per i contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento è richiesta per i soli contratti quadro e non per i singoli ordini, salva diversa previsione dello stesso contratto quadro (Cass. n. 18122/2020 ; Cass. n. 19759/2017; Cass. n. 3950/2016). In queste ipotesi la nullità per difetto di forma scritta contenuta nell'art. 23, comma 3, d.lgs. n. 58/1998 può essere fatta valere esclusivamente dell'investitore, con la conseguenza che gli effetti processuali e sostanziali dell'accertamento operano soltanto a suo vantaggio. L'intermediario tuttavia, ove la domanda sia diretta a colpire soltanto alcuni ordini di acquisto, può opporre l'eccezione di buona fede se la selezione della nullità determini un ingiustificato sacrificio economico a suo danno alla luce della complessiva esecuzione degli ordini conseguiti alla conclusione del contratto-quadro (Cass. S.U., n. 28314/2019). Per i negozi giuridici per i quali la legge prescrive la forma scritta ad substantiam la prova della loro esistenza e dei diritti che ne formano l'oggetto richiede necessariamente la produzione in giudizio della relativa scrittura, che non può essere sostituita da altri mezzi probatori e neanche dal comportamento processuale delle parti, che abbiano concordemente ammesso l'esistenza del diritto costituito con l'atto non esibito (Cass. n. 1452/2019 ; Cass. n. 26174/2009). In tema di sottoscrizione di documenti informatici, la firma elettronica (o firma digitale leggera), intesa come l'insieme dei dati in forma elettronica, allegati o connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di autenticazione informatica, si distingue dalla firma digitale avanzata o pesante, vale a dire la firma elettronica ottenuta attraverso una procedura informatica che garantisce la connessione univoca al firmatario e la sua univoca identificazione, in quanto creata con mezzi sui quali il firmatario può conservare un controllo esclusivo, ferma restando l'idoneità della prima a soddisfare il requisito legale della forma scritta ad substantiam ai sensi dell'art. 10 d.P.R. n. 445 del 2000, come novellato dall'art. 6 d.lg. n. 10 del 2002, tranne che nei casi di cui all'art. 1350 nei quali la forma scritta è prevista a pena di nullità. In adesioen a questo principio è stata ritenuta sufficiente, ai fini dell'integrazione contrattuale abilitante la negoziazione in covered warrant, la mera firma elettronica apposta dal risparmiatore per mezzo del point and click presente nella sua area riservata (Cass. n. 9413/2021). La forma ad probationemLa forma ad probationem ricorre quando la legge o la volontà delle parti richiedono che l'atto sia provato per iscritto, escludendo la possibilità di avvalersi della prova testimoniale e per presunzioni, se non quando il documento sia andato perduto senza colpa. Nei casi di forma richiesta per la prova dell'atto è necessario che dal documento risulti l'esistenza, e non anche il contenuto, del contratto, che — diversamente da quanto accade per la forma richiesta a pena di nullità — può essere accertato dal giudice anche attraverso confessione o giuramento (Giorgianni, 992). Il difetto di forma ad probationem non impedisce la conferma, la ricognizione, l'esecuzione volontaria (Giorgianni, 992). In specie la legge prevede che debbano essere provati per iscritto i seguenti atti: le autorizzazioni alle variazioni nell'appalto, il contratto di agenzia, il contratto di assicurazione, la transazione, salvo che non abbia ad oggetto diritti reali immobiliari, il contratto di trasferimento d'azienda, i contratti sui diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno, i patti limitativi della concorrenza, i contratti il cui valore superi la soglia delle vecchie lire 5.000, che non possono essere provati per testimoni (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 640). Quando, per legge o per volontà delle parti sia prevista per un certo contratto, la forma scritta ad probationem, la prova testimoniale (e quella per presunzioni) che abbia ad oggetto implicitamente o esplicitamente l'esistenza del contratto è inammissibile, salvo che non sia volta a dimostrare la perdita incolpevole del documento (Cass. n. 17986/2014). È sufficiente la prova scritta dell'esistenza del contratto e non del suo contenuto e si può prescindere anche dalla prova scritta dell'esistenza qualora siano pacifici tra le parti la stipula del contratto e il suo contenuto (Cass. n. 22395/2006; Cass. n. 19052/2003; Cass. n. 3621/1999). La semplice modifica delle clausole di un contratto per il quale la forma scritta è richiesta solo ad probationem, così come la risoluzione consensuale, non deve essere pattuita necessariamente con un accordo esplicito dei contraenti, potendo risultare anche da un comportamento tacito concludente (Cass. n. 27391/2019 ; Cass. n. 21764/2015; Cass. n. 8422/2006; Cass. n. 4307/2001). Ai fini della prova dell'avvenuta stipulazione del contratto o di singole clausole, le parti ben possono avvalersi dalla confessione o di una quietanza, secondo i principi generali in tema di prova dei contratti per i quali la forma scritta è richiesta ad probationem, a differenza delle ipotesi in cui la forma è richiesta ad substantiam (Cass. n. 1960/1995; Cass. n. 9525/1992). La ratifica di un negozio per il quale sia richiesta la forma ad probationem può avvenire anche per facta concludentia (Cass. n. 13855/2020; Cass. n. 11509/2008; Cass. n. 8855/1996). La forma ad regularitatemAl di fuori dei casi analizzati in cui la legge richiede la forma ad substantiam o ad probationem, la forma può essere richiesta per una pluralità di funzioni, che importano una diversità di disciplina. In alcuni casi la legge richiede che l'atto risulti per iscritto a fini fiscali o di pubblicità; in tal caso la forma è prescritta ad regularitatem (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 638). Ove la forma sia prevista ad regularitatem la scrittura può essere successiva all'atto, con documento ricognitivo o ripetitivo, come pure può essere sufficiente un atto probatorio scritto (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 429). Gli atti costitutivi di associazione e fondazione si ritengono soggetti a vincolo formale solo ai fini del riconoscimento, con la conseguenza che un atto amorfo darebbe validamente luogo a un ente non riconosciuto e che la forma sarebbe richiesta solo per il successivo acquisto della personalità (Giorgianni, 999). In senso contrario altro autore ritiene che in questi casi la forma sia prescritta per la validità dell'atto (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 191). Medesime conclusioni valgono per i contratti di società di persone e di capitali: un filone della dottrina ritiene che in questi contratti la forma non sia imposta ad substantiam ma solo per l'iscrizione nel registro delle imprese (per le società di persone Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1999, 230; per le società di capitali Giorgianni, 999); altro autore ritiene invece che la forma dei contratti di società di capitali sia richiesta per la validità dell'atto (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 191). Anche la S.C. ritiene che la forma scritta dei contratti di associazione non riconosciuta sia richiesta solo limitatamente alle pattuizioni che conferiscono il godimento di beni immobili o di altri diritti immobiliari per un tempo eccedente i 9 anni od indeterminato (Cass. n. 2601/1986; Cass. n. 3993/1976). Analoga conclusione vale per i contratti di società (Cass. n. 24961/2011; Cass. n. 1613/2000; Cass. n. 1320/1961). BibliografiaBianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Cataudella, I contratti. Parte generale, Torino, 2014; Chianale, voce Contratto preliminare, in Dig. civ., Torino, 1989; Gabrielli, Il contratto preliminare, Milano, 1970; Gabrielli-Franceschelli, voce Contratto preliminare, in Enc. giur., Roma, 1988; Galgano, Diritto civile e commerciale, II, 1, Padova, 1993; Giorgianni, voce Forma degli atti (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1968; Liserre, Forma degli atti, in Enc. giur., Roma, 1989; Messineo, voce Contratto (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1961; Messineo, Contratto preliminare, contratto preparatorio e contratto di coordinamento, in Enc. dir., Milano, 1962; Montesano, Contratto preliminare e sentenza costitutiva, Napoli, 1953; Osti, voce Contratto, in Nss. D.I., Torino, 1959; Palermo, Contratto preliminare, Padova, 1991; Rascio, Il contratto preliminare, Napoli, 1967; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1985. |