Codice Civile art. 1429 - Errore essenziale.Errore essenziale. [I]. L'errore è essenziale: 1) quando cade sulla natura o sull'oggetto del contratto [1322]; 2) quando cade sull'identità dell'oggetto della prestazione [1346] ovvero sopra una qualità dello stesso che, secondo il comune apprezzamento o in relazione alle circostanze, deve ritenersi determinante del consenso; 3) quando cade sull'identità [122 2] o sulle qualità della persona dell'altro contraente, sempre che l'una o le altre siano state determinanti del consenso [122 3]; 4) quando, trattandosi di errore di diritto, è stato la ragione unica o principale del contratto [624 2, 787, 1969, 2732]. InquadramentoL'errore essenziale non è espressamente definito dal legislatore, che si limita a elencare una serie di ipotesi, tutte relative ad errori che incidono sul negozio nel suo complesso (natura dell'atto di autonomia) ovvero su termini ed elementi del medesimo (identità, quantità e qualità della prestazione, identità e qualità della persona), in cui l'errore presenta tale caratteristica, specificando in un caso che l'errore per essere essenziale deve essere determinante secondo comune apprezzamento o in relazione alle circostanze (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 651). Al concetto di errore determinante del consenso si riferisce anche il n. 3 della disposizione, pur senza ancorare tale valutazione al comune apprezzamento e alle circostanze. Sulla base di tali riferimenti è possibile ricostruire in via logica la nozione di errore essenziale che ricorrerà quando, vertendo sugli elementi indicati dalla norma, sia decisivo per il consenso prestato alla stipulazione del contratto. Pertanto, affinché gli errori siano essenziali devono ricorrere due condizioni concorrenti: a. devono ricadere su determinati aspetti, che concernono il contratto, l'oggetto o la controparte; b. devono essere determinanti del consenso, secondo il comune apprezzamento o in relazione alle circostanze. Nello stesso senso altro autore, valorizzando l'esegesi della norma, osserva che essa impone che l'essenzialità abbia una duplice veste: in astratto, quando l'errore rientri in una delle categorie di cui alla norma in commento; in concreto, quando sia stato condicio sine qua non del contrarre (Pietrobon, 4). In questa prospettiva il requisito della rilevanza determinante per il consenso, sebbene sia prescritto per le sole fattispecie di errore sull'identità e sulle qualità dell'oggetto della prestazione e dell'altro contraente, avrebbe portata generale. Il che può essere desunto anche dall'art. 1430, che in ordine all'errore sulla quantità dell'oggetto ne subordina l'essenzialità ai fini dell'annullabilità al fatto che sia stato determinante per il consenso (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 652). Nell'elencazione della norma si distinguono gli errori di fatto di cui ai nn. 1, 2 e 3 dall'errore di diritto di cui al n. 4. Secondo una prima opinione i criteri di essenzialità elencati sono tassativi, sicché l'interprete non può ricavarne altri dal sistema (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 145). L'errore essenziale deve dunque rientrare in uno dei tipi legalmente previsti e deve essere determinante del consenso anche dal punto di vista oggettivo, ossia in base a comune apprezzamento e in relazione alle circostanze (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 652). Alla stregua di altra ricostruzione l'elencazione della norma non è vincolante, con la conseguenza che altri errori essenziali possono desumersi in base ad una lettura complessiva di natura sistematica; l'essenzialità dovrebbe essere valutata esclusivamente in ragione di parametri obiettivi e astratti ma non tassativi (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 541). In forza di un'opinione intermedia possono essere individuate altre ipotesi di errore essenziale, ma non in relazione ad un singolo caso concreto, bensì nell'ambito della configurazione di nuove categorie, valide in sede di teoria generale del contratto (Pietrobon, 4; Bianca, 610). E ciò perché se l'importanza dell'errore atipico deve essere valutata in modo oggettivo, tale importanza avrà dignità pari a quella degli errori tipici solo a condizione che si risolva in un'insufficiente conoscenza del negozio e dunque finisca per ricadere in una delle ipotesi già previste dalla legge, sebbene lette in senso estensivo (Pietrobon, 4). In questa direzione assumerebbero rilevanza anche gli errori sui presupposti oggettivi del contratto ove siano determinanti del consenso (Bianca, 610). Secondo la S.C. allorquando il motivo sia determinato ed entri a far parte del contenuto negoziale, l'errore che lo concerne può avere carattere essenziale, al pari di quelli che la legge espressamente indica come tali, non avendo la relativa indicazione carattere tassativo (Cass. n. 1025/1971). Sussiste una differenza ontologica tra la figura dell'errore, in cui la falsa rappresentazione della realtà che inficia il processo di formazione della volontà è endogena alla volontà stessa, e quella del dolo, in cui essa è esogena, in quanto riconducibile alla condotta dell'altro contraente; ciò non impedisce tuttavia la coeva deduzione di entrambi i vizi a sostegno della domanda di annullamento del contratto (Cass. n. 16663/2008). L'indagine sull'integrazione di un vizio del consenso si risolve in un apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 6145/1986; Cass. n. 2688/1982; Cass. n. 3142/1972). L'errore sulla natura o sull'oggetto del contrattoL'errore sulla natura del contratto importa che la parte caduta in errore non abbia consapevolezza degli effetti giuridici ricollegati alla dichiarazione negoziale. Ciò che assume rilevanza è il solo errore sugli effetti convenzionali e non anche sugli effetti legali dell'atto, non potendo accordarsi incondizionata tutela all'ignoranza del diritto (Pietrobon, 6). L'errore sulla natura del contratto cade pertanto sul tipo ovvero sulla causa del contratto (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 539). È invece errore sull'oggetto del contratto quello che investe, senza cadere in una delle altre ipotesi contemplate dalla norma, la materia del contratto, cioè il conflitto di interessi che il contratto è diretto a regolare (Betti, Teoria generale del negozio giuridico, Torino, 1955, 79), ovvero attiene al contenuto negoziale, risultante dall'insieme delle clausole negoziali. La difficoltà della distinzione dell'errore sull'oggetto del contratto dall'errore sull'identità dell'oggetto della prestazione risente del dibattito che si è sviluppato in dottrina e giurisprudenza sulla stessa nozione di oggetto del contratto e in particolare sulla sua identificazione con il contenuto del negozio o con la sua prestazione, sicché ha indotto a ritenere un autore che l'errore sull'oggetto del contratto non ha una precisa ed autonoma identificabilità (Cariota Ferrara, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, 1948, 607). La parte che deduce di essere incorsa in un errore di fatto sulla natura di un contratto e ne chiede l'annullamento deve indicare quale altro contratto intendeva concludere, mentre per l'errore sull'oggetto deve dimostrare che l'errore cade sull'identità di esso (Cass. n. 10815/2004). L'errore sull'oggetto del contratto deve avere impedito l'identificazione della cosa che ne forma oggetto (Cass. n. 4463/1978). Pertanto non è passibile di annullamento il contratto concluso per errore sulla descrizione dell'oggetto, essendo in tal caso sufficiente l'accertamento giudiziale della comune intenzione delle parti, ricostruibile ai sensi degli artt. 1362 e ss. (Cass. n. 5277/1986; Cass. n. 98/1975; App. Cagliari 8 maggio 1985). L'errore sull'identità o sulle qualità dell'oggetto della prestazioneL'errore sull'identità o sulle qualità della prestazione è essenziale quando cade sulle qualità che valgono a identificare e determinare la cosa rispetto allo scopo, all'uso, alla destinazione economica, sino al punto da apparire consustanziali con essa (Barcellona, 261). Costituisce errore sull'identità dell'oggetto della prestazione quello che si realizzi nell'erronea individuazione concreta del bene oggetto dell'operazione giuridica e cada pertanto sull'identità del bene medesimo nei suoi connotati esteriori. L'errore sulla qualità dell'oggetto della prestazione si distingue dal precedente poiché interessa le caratteristiche, intrinseche ed estrinseche, di fatto e di diritto, del particolare bene, senza che sia necessario che l'assenza o la presenza di tali qualità comporti la classificazione o non in un certo genus (Pietrobon, 7). Tali caratteristiche devono essere durevoli in senso relativo rispetto al modo in cui la cosa entra nell'economia del contratto (Pietrobon, 7). Il criterio del comune apprezzamento è dettato non per la ricerca delle qualità obiettivamente essenziali della cosa, ma per misurare in concreto l'efficacia determinante del consenso (Pietrobon, 7). Si è tuttavia sostenuta l'impossibilità pratica della distinzione tra errore sull'identità e sulle qualità. E ciò in base al rilievo che è difficile, se non arbitrario, distinguere tra la consegna di cose diverse (aliud pro alio) e la consegna di cose prive di qualità essenziali, cioè di caratteristiche che determinino ed individuino la cosa rispetto alla sua normale destinazione economica (Barcellona, 261). In dottrina è controverso se l'errore sulla destinazione urbanistica del fondo rilevi come errore sulle qualità essenziali o come errore di diritto (Galgano, in Tr. C. M., 1988, 276). Nei contratti aventi ad oggetto una cosa generica l'errore sulle qualità si traduce il più delle volte in errore sull'individuazione della cosa. L'errore sulla quantità, regolato dall'art. 1430, verte sul numero di frazioni omogenee che compongono il tutto. L'errore sul valore, quale sbaglio di valutazione sulla convenienza dell'affare, è irrilevante. Ma un autore ha evidenziato che, dato un errore sul valore, l'errata valutazione sulla convenienza potrebbe anche costituire un errore su una qualità rilevante del bene (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 146). Anche secondo la S.C. l'errore essenziale sull'identità o sulle qualità dell'oggetto della prestazione ricorre quando cade sulle qualità che valgono a determinare ed identificare la cosa rispetto allo scopo, all'uso, alla normale destinazione economica, sino al punto di apparire consustanziale con essa (Cass. n. 1698/1981). Ai fini dell'annullamento del contratto per errore su una qualità essenziale dell'oggetto dello stesso, non occorre accertare se tale qualità sia stata o meno pattuita tra le parti, essendo sufficiente e rilevante che una delle parti stesse si sia indotta alla stipulazione del negozio nell'erronea e determinante convinzione della sua esistenza (Cass. n. 1556/1973). La falsa rappresentazione della realtà circa la natura (agricola o edificatoria) di un terreno, ricadendo direttamente su di una qualità dell'oggetto, integra l'ipotesi normativa dell'errore di fatto e non di diritto, poiché l'inesatta conoscenza della norma che ne preveda la destinazione urbanistica si risolve in una (altrettanto) inesatta conoscenza della circostanza dell'edificabilità o inedificabilità del suolo, di una circostanza cioè inerente ai caratteri reali del bene, differenziandosi un terreno non fabbricabile da un altro utilizzabile a scopi edilizi essenzialmente sotto il profilo dei relativi, possibili impieghi (Cass. S.U., n. 5900/1997; Cass. n. 13578/1991). L'errore sulla valutazione economica non influisce sulla validità del contratto, attenendo ai motivi che possono aver indotto le parti alla stipula e che come tali non spiegano un'incidenza diretta sul processo formativo del volere negoziale (Cass. n. 17053/2021; Cass. n. 29010/2018 ; Cass. n. 20148/2013; Cass. n. 16031/2007; Cass. S.U., n. 5900/1997; Cass. n. 721/1977; Cass. n. 1230/1962; Cass. n. 411/1962; Trib. Ravenna 17 novembre 1989). In specie l'errore sul prezzo della prestazione pattuito dai contraenti può dare luogo all'azione di rescissione per lesione, ma non costituisce errore essenziale, poiché si traduce in un mero errore di valutazione, qualunque sia l'entità della sproporzione tra le reciproche prestazioni, salvo che non si traduca in un errore su una qualità essenziale della cosa (Cass. n. 2635/1996; Cass. n. 9067/1995; Cass. n. 3159/1978; Cass. n. 4020/1974). L'essere una determinata azienda da qualificarsi piccola o modesta, di natura familiare o artigianale, ovvero rilevante o importante, non incide unicamente sul valore meramente pecuniario nell'ipotesi di alienazione dell'azienda, ma incide sulla qualità e sull'entità della azienda stessa (Cass. n. 888/1962). La parte che chiede l'annullamento del contratto per errore essenziale sulle qualità del bene ha l'onere di dedurre e provare in caso di contestazione i fatti dai quali tale qualità risulta (Cass. n. 5429/2006; Cass. n. 3378/1993). L'azione di annullamento del contratto per errore e quella di risoluzione per difetto di qualità promesse o essenziali per l'uso cui la cosa venduta è destinata sono istituti del tutto autonomi, rispetto ai quali non sussiste alcun rapporto di incompatibilità o di reciproca esclusione, concernendo la prima azione il momento formativo del contratto e la validità di esso fin dal suo sorgere, mentre la seconda riguarda il profilo funzionale della causa ed attiene all'inadempimento del venditore all'obbligo di trasferire al compratore la cosa alienata con le qualità promesse ed essenziali all'uso cui è destinata (Cass. n. 1151/1976; Cass. n. 1781/1972). L'errore sull'identità o sulle qualità del contraenteL'errore sull'identità della persona o sulle sue qualità deve risultare determinante in relazione agli interessi dedotti in contratto (Pietrobon, 9). Pertanto non è decisiva la considerazione in astratto, poiché in tal caso esso sarebbe sempre idoneo a produrre l'invalidità del negozio, impedendo l'esatta consapevolezza del mezzo giuridico impiegato per la soddisfazione dei propri interessi. Piuttosto tale errore dovrà essere valutato in concreto ai fini di verificare se la considerazione della persona o delle sue qualità debba essere ritenuta profilo determinante per la prestazione del consenso sulla scorta di un'indagine di fatto caso per caso, a prescindere dalle classificazioni dei vari tipi negoziali (Pietrobon, 9; Santoro Passarelli, 162). Per qualità della persona deve intendersi un connotato obiettivo e durevole della stessa: non vi rientra pertanto l'errore di valutazione sulla solvibilità del futuro debitore (Pietrobon, 9). Non integra tale tipo di errore l'ipotesi in cui il rappresentante abbia agito sotto nome altrui, presentandosi con il nome del dominus, quando dall'interpretazione della vicenda negoziale si possa desumere l'intenzione del rappresentante stesso di contrattare per il dominus. Tale errore non può mai investire il contraente che lo invoca (Cass. n. 2142/1960). L'errore di dirittoLa norma richiama l'errore di diritto come causa di annullabilità quando sia stato la ragione unica o principale del contratto. Secondo un primo orientamento l'errore di diritto è essenziale solo quando cade su uno degli aspetti elencati nei numeri precedenti (Bianca, 616; Pescara, Il problema dell'error iuris nei contratti, in Riv. dir. civ., 1983, 420). Sicché l'essenzialità deve porsi in relazione con l'incidenza dell'errore su elementi che attengono al contenuto del contratto (Barcellona, 262). L'errore di diritto non è pertanto un tipo singolare di errore da aggiungere agli altri già elencati dalla norma, ancorché tale sia l'impressione che si trae da una lettura superficiale dell'art. 1429. È invece una categoria generale distinta dall'errore di fatto solo per ciò che la realtà ignorata o falsamente conosciuta appartiene alla sfera dell'esperienza giuridica (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 653). Di conseguenza i vari tipi di errore possono essere, ove ciò sia in concreto possibile, indifferentemente errori di fatto o errori di diritto, a seconda che l'ignoranza o la falsa conoscenza concernano l'aspetto empirico o l'aspetto giuridico di una realtà: errore di fatto o di diritto sulla natura o sull'oggetto del contratto, sull'identità o sulla qualità dell'oggetto della prestazione, sull'identità o sulla qualità della persona del contraente. Una diversa conclusione darebbe rilievo all'errore di diritto anche sul motivo, senza alcun fondamento né razionale né sistematico (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 654). In forza di altro indirizzo l'autonoma previsione di cui al n. 4 consentirebbe di dare rilevanza all'errore di diritto anche quando cada su semplici motivi (Santoro Passarelli, 163). Ed infatti la norma, subordinando l'essenzialità dell'errore di diritto alla circostanza che esso abbia rappresentato la ragione unica o principale del contratto, conferirebbe rilievo ai motivi soggettivi (Pietrobon, 4). In base a questa seconda prospettiva assumerebbe rilievo anche l'errore sulle conseguenze ex lege della dichiarazione, cioè sulle clausole del regolamento contrattuale non derivanti dalla dichiarazione dei contraenti (in senso critico Pietrobon, 4). L'errore di diritto, pur valendo come causa di annullabilità del contratto, non consente di sottrarsi al comando o al divieto ignorato (Pietrobon, 9). La previsione dell'errore di diritto opera per l'ipotesi in cui il soggetto non intenda sottrarsi alle norme dell'ordinamento, ma semplicemente adduca un'alterazione del processo formativo del consenso negoziale e in tale senso agisca in armonia con la direttiva legale secondo cui, nei limiti del rispetto dell'altrui affidamento incolpevole, l'impegno negoziale presuppone una reale formazione del volere (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 655). Un conto è che un soggetto si rifiuti di rispettare una norma di legge asserendo di ignorarla; altro conto è che, per effetto di quell'ignoranza, si sia indotto a stipulare un negozio: solo nel secondo caso l'errore può assumere rilevanza, previa verifica dell'eventuale invocazione dell'errore esclusivamente per sottrarsi alle conseguenze legali (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 655). L'errore di diritto può consistere nell'ignoranza o nella falsa conoscenza tanto di una norma imperativa quanto di una norma dispositiva o suppletiva (Galgano, in Tr. C. M., 1988, 280) ed anche di una consuetudine (Trabucchi, 668). Nondimeno sussiste almeno un ambito in cui l'errore di diritto assume autonoma rilevanza. Si tratta delle ipotesi relative al contratto di transazione e in generale ai negozi di accertamento, in cui l'errore di diritto che ricade sulle questioni che sono state oggetto di controversia tra le parti non è ragione di annullabilità del contratto ai sensi dell'art. 1969 (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 656). Secondo la dottrina la sostituzione automatica di una clausola nulla non impedisce l'annullabilità del contratto se si prova che l'ignoranza della norma imperativa in questione è stata determinante del consenso (Galgano, in Tr. C. M., 1988, 279; Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 461). All'errore di diritto è equiparata la sopraggiunta declaratoria di illegittimità costituzionale della norma nel vigore della quale si era contrattato (Galgano, in Tr. C. M., 1988, 280). L'errore di diritto ricorre quando il consenso di una parte sia stato determinato in via esclusiva o principale da una falsa rappresentazione circa l'esistenza, l'applicabilità e la portata di una norma giuridica (Cass. n. 6174/1981; Cass. n. 80/1981). Secondo alcuni arresti della giurisprudenza l'art. 1429, n. 4, nello stabilire per il giudizio di essenzialità dell'errore di diritto che lo stesso costituisca ragione unica o principale del negozio, attribuisce in tal modo efficacia anche ai motivi soggettivi, che possono conseguentemente reagire sulla validità del negozio, anche se la causa di questo non viene meno per effetto dell'errore (Cass. n. 2052/1984). Si afferma altresì che gli artt. 1427, 1428 e 1429 non dettano una diversa disciplina a seconda che l'errore di diritto cada su norme imperative o su norme dispositive e quindi comprendono entrambi gli errori fra i vizi del consenso che possono produrre l'annullamento del contratto, ove determinino una falsa rappresentazione, essenziale e riconoscibile, circa l'esistenza, la portata o l'applicabilità di una norma giuridica, sia essa imperativa o dispositiva. La non invocabilità dell'errore è stabilita eccezionalmente da tassative disposizioni di legge, insuscettibili d'interpretazione analogica, in quelle ipotesi nelle quali si attenua o viene addirittura a mancare la possibilità di un regolamento negoziale diverso da quello legale, come nel matrimonio, nel riconoscimento di figli naturali, nella transazione e nella confessione, dove non è appunto ammessa l'impugnazione per errore di diritto (Cass. n. 1233/1963). L'essenzialità della clausola su cui ricade l'errore di diritto è esclusa dalla stessa previsione della sua sostituzione con una regola posta a tutela di interessi collettivi di preminente interesse pubblico (Cass. n. 19156/2005; Cass. n. 24843/2014; Cass. n. 645/1999). 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