Codice Civile art. 1489 - Cosa gravata da oneri o da diritti di godimento di terzi.Cosa gravata da oneri o da diritti di godimento di terzi. [I]. Se la cosa venduta è gravata da oneri o da diritti reali [1027] o personali [1599, 1600] non apparenti che ne diminuiscono il libero godimento e non sono stati dichiarati nel contratto, il compratore che non ne abbia avuto conoscenza può domandare la risoluzione del contratto oppure una riduzione del prezzo secondo la disposizione dell'articolo 1480. [II]. Si osservano inoltre, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 1481, 1485, 1486, 1487 e 1488. InquadramentoAi fini della proponibilità dell'azione ex art. 1489 (con conseguente riduzione del prezzo, come richiesto da parte attrice) è necessario che il compratore non abbia avuto conoscenza, e non ne potesse avere con l'ordinaria diligenza, dell'esistenza sulla cosa venduta dell'onere o del diritto personale del terzo. Pertanto, in presenza di una servitù di passaggio recte posizione di vantaggio - poi risultata insussistente su di un fondo non è riconosciuto il diritto al risarcimento del danno subito dal compratore ex art. 1489 se questi avrebbe potuto accertare l'assenza del diritto avvalendosi delle regole di ordinaria diligenza (Cass. n. 9967/2016). In tema di vendita di cosa gravata da oneri o da diritti di godimento di terzi (art. 1489), l'apparenza degli oneri e dei diritti è equiparata, ai fini dell'esclusione della responsabilità del venditore, alla conoscenza effettiva, a condizione, tuttavia, che essa risponda a quei requisiti di precisione, univocità e chiarezza che soli possono porre l'acquirente in grado di tener conto della vera situazione dell'immobile. È altresì nozione acquisita in giurisprudenza che l'apparenza menzionata nella norma in esame è sinonimo di facile riconoscibilità. Segnatamente, per i diritti personali di garanzia, basta a rendere apparente il diritto ogni indizio che lo renda facilmente riconoscibile da un uomo di media diligenza; come, per esempio, nel caso che la cosa si trovi in possesso di un terzo, titolare del diritto relativo alla medesima (Trib. Bari 9 maggio 2013). Presupposti per l'operatività della normaLa fattispecie regolamentata dall'art. 1489, presenta caratteri propri sia della disciplina della garanzia per evizione che della garanzia per vizi: essa, infatti, ricorre in virtù dell'affermazione di un diritto da parte di un terzo sul bene (evizione) e si estrinseca in una diminuzione della sua utilità (per effetto della presenza di un vizio). La giurisprudenza di legittimità ha precisato, al riguardo, che l'evizione totale o parziale viene a verificarsi solo quando l'acquirente sia privato in tutto od in parte del bene alienato ovvero il diritto trasferito perda le sue caratteristiche qualitative o quantitative, mentre se la privazione riguardi esclusivamente limitazioni inerenti il godimento del bene o imposizioni di oneri che lascino integra l'acquisizione patrimoniale trova applicazione l'art. 1489, riguardante i vizi della cosa venduta (Cass. n. 24055/2008; Cass. n. 29367/2011), Quest'ultima norma individua, quindi, una forma di tutela del compratore nella ipotesi di inesattezza giuridica della prestazione a causa dell'esistenza di oneri o di diritti, non apparenti o non conosciuti, che rechino limitazioni al godimento (Cass. n. 1215/1985). In altre parole, la garanzia prevista da detta norma, senza incidere sull'efficacia dell'acquisto, tutela l'acquirente di buona fede nell'ipotesi in cui il diritto acquistato non sia esercitabile interamente a causa dell'esistenza di uno jus in re aliena. Però, tale garanzia, a differenza dell'evizione (che è dovuta anche in caso di conoscenza da parte del compratore della causa di evizione), non opera quando le limitazioni erano effettivamente conosciute dal compratore ovvero apparenti. I presupposti per l'applicazione della garanzia in questione consistono, per un primo aspetto, nell'accertamento del diritto o dell'onere vantato dal terzo con sentenza ovvero nel riconoscimento di tale diritto od onere da parte del venditore e, per un secondo aspetto, nella ignoranza dell'acquirente al momento della conclusione del contratto del peso gravante sulla cosa, ovvero nella non conoscibilità di tale peso determinata dalla mancanza di opere visibili e permanenti idonee a costituire una situazione di apparenza, come quelle riferentisi all'esercizio di un diritto di servitù. A quest'ultimo riguardo la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 10525/1990) ha sottolineato che, in tema di vendita di cosa gravata da oneri o diritti reali o personali di godimento a favore di terzi l'apparenza degli oneri e dei diritti (requisito al quale, «a contrario», pone riguardo anche Cass. n. 976/2006) è equiparata ai fini dell'esclusione della responsabilità del venditore alla loro conoscenza effettiva da parte dell'acquirente, con la conseguenza che ove il peso gravante sul fondo acquistato sia una servitù è sufficiente ad escludere la garanzia ex art. 1489, che la servitù sia apparente. In termini ancor più incisivi si è affermato (Cass. n. 2856/1995) che, nella vendita di cosa gravata da oneri o da diritti di godimento di terzi la responsabilità del venditore ai sensi dell'art. 1489, è esclusa tanto nel caso in cui il compratore abbia avuto effettiva conoscenza del peso gravante sulla cosa, presumendosi che egli l'abbia accettata con tale peso, quanto nel caso in cui si tratti di oneri e diritti apparenti, che risultino cioè da opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio, perché il compratore, avendo la possibilità di esaminare la cosa prima dell'acquisto, ove abbia ignorato ciò che poteva ben conoscere in quanto esteriormente visibile, deve subire le conseguenze della propria negligenza, secondo il criterio di autoresponsabilità. Ciò comporta che la garanzia di cui trattasi è da intendersi esclusa quando le limitazioni erano effettivamente conosciute (anche, quindi, per l'apparenza dello jus in re aliena) dall'acquirente, applicandosi la presunzione legale che il compratore a conoscenza dei pesi abbia ugualmente accettato il bene con quelle limitazioni, anche a fronte della dichiarazione del venditore della inesistenza di pesi od oneri sul bene medesimo, non operando, in tal caso, il principio dell'affidamento nella rilevanza negoziale delle dichiarazioni della controparte (Cass. n. 8500/2013). Applicabilità della garanzia ed irregolarità edilizieLa giurisprudenza di legittimità, in aderenza alla lettera e alla ratio della norma di cui all'art. 1489 è pacificamente orientata (Cass. n. 1613/2003) nel senso che se nel contratto definitivo di compravendita il venditore abbia espressamente garantito la destinazione edificatoria del suolo compravenduto, specificando l'indice di edificabilità, il compratore, appresa l'esistenza di un vincolo urbanistico di inedificabilità che riduca la cubatura realizzabile sull'area (nella specie, parte dell'area era risultata attraversata da una strada nel piano particolareggiato), può avvalersi, essendo anche il vincolo non agevolmente riconoscibile per effetto delle asserzioni del venditore, della garanzia prevista dall'art. 1489, in materia di cosa gravata da oneri non apparenti; non ricorre, infatti, l'ipotesi del vizio redibitorio, che attiene alla materialità del bene compravenduto ed al suo modo di essere nella realtà materiale, bensì l'ipotesi di onere a favore di terzo gravante sulla res vendita, che consiste in un vincolo giuridico incidente sul godimento del proprietario e sul suo diritto (Cass. n. 10184/2014). Il risarcimento del dannoNell'ipotesi di vendita di cosa gravata da diritti o da oneri ai sensi dell'art. 1489, l'acquirente ha diritto, oltre alla risoluzione del contratto o alla riduzione del prezzo, secondo quanto stabilito dall'art. 1480, anche al risarcimento del danno, fondato sulle norme generali degli artt. 1218 e 1223, in base al richiamo di quest'ultima disposizione da parte dell'art. 1479, a sua volta richiamato dall''art. 1480, cui rinvia ancora il citato art. 1489 (Cass. n. 4786/2007; Cass. n. 16053/2002). Appare tuttavia evidente che, a mente dell'art. 1489, anche la richiesta di risarcimento del danno, al pari di quella diretta ad ottenere la risoluzione o la riduzione del prezzo, resti ancorata ai presupposti di fatto e di diritto richiesti dalla legge per poter affermare la responsabilità del venditore. Occorre, in particolare, che il bene compravenduto sia effettivamente gravato da un diritto reale da parte di un terzo; non è pertanto sufficiente una situazione di fatto in astratto corrispondente ad un diritto altrui, ma è necessario che ricorrano le condizioni per poter affermare l'effettiva esistenza di esso. Ciò perché il venditore può essere chiamato a rispondere di pretese giuridiche che un terzo ritenga di poter vantare sul bene, non già a pretese di fatto, a cui il compratore a sua volta, in quanto titolare del bene, è perfettamente in grado di reagire. La delimitazione della responsabilità del venditore con riferimento ai soli casi in cui i terzi pretendano di vantare diritti nei confronti del bene è coerente, da un lato, con l'oggetto giuridico del trasferimento (il diritto di piena proprietà del bene, privo di vincoli e diritti altrui non apparenti e non dichiarati nell'atto), dall'altro con la situazione di possesso che, per effetto dello stesso, viene trasferita all'acquirente, in forza della quale questi può reagire a molestie di fatto; quest'ultima facoltà, del resto, è dalla legge riconosciuta anche nella diversa ipotesi in cui il contratto trasferisca la mera detenzione, sia pure qualificata, del bene, escludendosi anche in questo caso che il concedente possa rispondere delle molestie di fatto dei terzi (art. 1585). In tema di vendita di cosa gravata da diritti o da oneri non apparenti e non dichiarati nel contratto che ne diminuiscano il libero godimento, non può sottrarsi alla garanzia prevista dall'art. 1489 c.c. il venditore di un immobile non conforme alle norme urbanistiche che tali diritti o oneri abbia taciuti, salvo non dimostri che la controparte ne aveva effettiva conoscenza. Ai fini della condanna del detto venditore al risarcimento del danno non è necessaria la sua malafede, ma è sufficiente che questi versi in colpa (Cass. n. 14595/2020). 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