Codice Civile art. 1810 - Comodato senza determinazione di durata.

Caterina Costabile

Comodato senza determinazione di durata.

[I]. Se non è stato convenuto un termine [1183] né questo risulta dall'uso a cui la cosa doveva essere destinata [1809], il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede [1771].

Inquadramento

La norma disciplina l'ipotesi in cui non è stato determinato pattiziamente un termine finale del comodato e lo stesso non possa essere desunto dall'uso previsto della res stabilendo che in siffatta ipotesi il comodatario è tenuto ad effettuare la restituzione della cosa non appena il comodante la richiede.

La S.C. ha statuito che, nel contratto di comodato senza determinazione di durata, la messa in mora del comodatario per la restituzione del bene può avvenire mediante notifica dell'atto di citazione in giudizio, salve, in tal caso, le conseguenze, sul regolamento delle spese del giudizio, di una immediata consegna o rilascio del bene da parte del convenuto che aderisca prontamente alla domanda (Cass. III, n. 27044/2016).

La fattispecie del comodato immobiliare avente ad oggetto la casa familiare nella ipotesi di crisi del rapporto coniugale è stata ripetutamente attenzionata dalla giurisprudenza degli ultimi anni in ordine al problema della sua riconducibilità o meno nello schema del comodato precario.

Comodato precario

Sono in linea di principio da ricondurre al comodato precario i casi in cui il contratto subordini l'obbligo di restituzione della cosa comodata unicamente al verificarsi di un evento futuro incertus an, il cui avveramento dipenda dal caso, dalla condotta del beneficiario o di terzi, e senza che ovviamente la pattuizione sia accompagnata dalla previsione di un termine massimo entro il quale l'evento dovrebbe verificarsi (Fragali, in Comm. S. B., 1966, 320).

L'opinione dominante, sia in dottrina che in giurisprudenza, ritiene infatti che l'incertezza nell'an dell'evento al quale è subordinata la restituzione comporti la durata indefinita del rapporto, in contrasto col carattere necessariamente temporaneo del comodato (Cass. III, n. 2750/1994).

La giurisprudenza ha evidenziato che nel contratto di comodato, il termine finale può, a norma dell'art. 1810, risultare dall'uso cui la cosa dev'essere destinata, in quanto tale uso abbia in sé connaturata una durata predeterminata nel tempo  (Cass. VI, n. 22309/2020);  di contro, in mancanza di tale destinazione, l'uso del bene viene a qualificarsi a tempo indeterminato, con la conseguenza che il comodato deve intendersi a titolo precario e, perciò, revocabile ad nutum da parte del proprietario (Cass. S.U., n. 3168/2011).

Ad esempio la S.C. ha ritenuto che la circostanza che un immobile concesso in comodato sia destinato ad attività commerciale non sia ex se sufficiente per ritenere il relativo contratto soggetto ad un termine implicito (Cass. VI, n. 22309/2020); o che l'uso corrispondente alla generica destinazione dell'immobile configuri un comodato a tempo indeterminato (Cass. III, n. 15877/2013).

Nel comodato precario la richiesta di restituzione formulata dal comodante determina la immediata cessazione del diritto del comodatario alla disponibilità e al godimento della cosa, con la conseguenza che una volta sciolto per iniziativa unilaterale del comodante il vincolo contrattuale, il comodatario che rifiuti la restituzione, viene ad assumere la posizione di detentore senza titolo del bene altrui, a meno che non dimostri di poterne disporre in base ad altro rapporto (Cass. III, n. 22001/2007).

I  Giudici di legittimità hanno ritenuto che nel caso in cui le parti abbiano vincolato l'efficacia del rapporto di comodato al venir meno dell'utilizzazione del bene concesso in godimento secondo gli accordi convenuti (ovvero al venir meno degli scopi statutari dell'ente comodatario), la circostanza che i termini dell'accordo non consentano di individuarne un'ipotesi di comodato con determinazione di durata, ai sensi dell'art. 1809, non comporta automaticamente la qualificazione del rapporto alla stregua di un contratto di comodato senza determinazione di durata con potere di recesso ad nutum del comodante, ai sensi dell'art. 1810, spettando al giudice di merito il compito di verificare se l'assetto di interessi individuato dalle parti non sia riconducibile a un accordo negoziale di natura atipica, meritevole di tutela ai sensi dell'art. 1322, avente a oggetto la regolazione del potere del comodante di pretendere la restituzione del bene concesso in godimento, attraverso la sua sottrazione alla regola dell'esercizio discrezionale (ad nutum), in modo che lo stesso comodante sia autorizzato ad esercitarlo unicamente al ricorrere delle condizioni convenute dalle parti (Cass. III, n. 9796/2019).

Precario immobiliare oneroso

La figura atipica del precario immobiliare oneroso è caratterizzata dalla concessione in godimento di un bene immobile che, pur remunerata (normalmente in maniera parziale), sia provvisoria, revocabile e finalizzata alla custodia del bene (Fragali, in Comm. S. B., 1966, 324).

Essa si distingue sia dal comodato, ancorché precario per la presenza di un corrispettivo, sia dalla locazione per la possibilità riconosciuta al concedente di far cessare in qualsiasi momento il godimento (Cass. III, n. 6146/1986).

Figure atipiche

La S.C. ha qualificato come figura atipica, meritevole di tutela ai sensi dell'art. 1322, il contratto di comodato - non riconducibile né al modello legale del comodato a termine (art. 1809), né a quello del comodato senza limitazione di tempo (art. 1810) - in cui le parti abbiano negoziato il potere di restituzione facendo sì che il comodante possa continuare a fare uso della cosa solo al perdurare delle condizioni convenute (Cass. I, n. 8571/2018. Nella fattispecie, le parti avevano convenuto che il rapporto si sarebbe risolto in caso di estinzione dell'ente morale o di cessazione della sua attività divulgativa culturale).

Fissazione di un termine da parte del giudice

La giurisprudenza ha chiarito che nel comodato c.d. precario il comodatario è tenuto a restituire la cosa non appena il comodante gliela richieda ai sensi dell'art. 1810, ma questa norma, configurando un'ipotesi specifica della regola generale prevista nella prima parte del primo comma dell'art. 1183, non esclude l'applicazione della disposizione di cui alla seconda parte del citato primo comma dell'art. 1183.

Pertanto, il giudice in mancanza di accordo delle parti può stabilire il termine per la restituzione della cosa oggetto di comodato, quando sia necessario per la natura della prestazione ovvero per il modo o il luogo dell'esecuzione e, in particolare, quando, trattandosi di comodato di immobile ad uso di abitazione, il comodatario necessiti di congrua dilazione per rilasciare vuoto l'immobile e per trovare altra sistemazione abitativa (Cass. III, n. 14084/2023, Cass. III, n. 12655/2001).

Comodato di casa familiare e crisi del rapporto coniugale

Ripetutamente attenzionata dalla giurisprudenza degli ultimi anni è la fattispecie del comodato immobiliare avente ad oggetto la casa familiare nella ipotesi di crisi del rapporto coniugale.

Accade difatti spesso che oggetto del contratto di comodato sia costituito da un bene immobile che il comodatario può attribuire a casa familiare: normalmente in siffatte ipotesi il comodatario è un figlio del comodante e, dato il rapporto esistente tra le parti, il contratto viene concluso verbalmente e senza la previsione di un termine finale.

Di tal che secondo i principi generali, si dovrebbe affermare di essere in presenza di un comodato precario, con la conseguenza che il comodante potrebbe richiedere in qualsiasi momento la restituzione dell'immobile posto che non può desumersi la determinazione della durata del comodato dalla destinazione abitativa cui per sua natura è adibito un immobile, in difetto di espressa convenzione sul punto, derivando da tale destinazione soltanto la indicazione di un uso indeterminato e continuativo, inidoneo a sorreggere un termine finale (Cass. III, n. 9775/1997).

Le Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 13603/2004) hanno tuttavia ritenuto non utilmente invocabile detta impostazione nella ipotesi in cui oggetto del comodato sia un immobile destinato a casa familiare del comodatario (Quadri, 2004, 1440).

Si è in particolare ritenuto che nell'ipotesi in esame la destinazione è diretta ad assicurare — così assumendo un connotato di marcata specificità — che il nucleo familiare già formato o in via di formazione abbia un proprio habitat, come stabile punto di riferimento e centro di comuni interessi materiali e spirituali dei suoi componenti. Pertanto, per effetto della concorde volontà delle parti viene a configurarsi un vincolo di destinazione dell'immobile alle esigenze abitative familiari idoneo a conferire all'uso cui la cosa doveva essere destinata il carattere di termine implicito della durata del rapporto, la cui scadenza non è determinata, ma è strettamente correlata alla destinazione impressa ed alle finalità cui essa tende.

Dunque, qualora ricorra l'ipotesi di comodato della casa familiare, il successivo provvedimento di assegnazione dell'immobile al coniuge affidatario dei figli, emesso nel giudizio di separazione personale o di divorzio intercorso tra i coniugi, non modifica la natura ed il contenuto del titolo di godimento sulla casa, ma determina la concentrazione nella persona dell'assegnatario del predetto titolo di godimento, che resta regolato dalla disciplina del contratto di comodato. Il comodante è di conseguenza tenuto a consentire la continuazione del godimento per l'uso nel contratto previsto, salva l'ipotesi di sopravvenienza di un suo urgente ed impreveduto bisogno ai sensi dell'art. 1809, comma 2 (Cass.. S.U., n. 13603/2004).

La summenzionata decisione delle Sezioni Unite era stata oggetto di letture opposte: secondo una prima interpretazione il solo fatto che un immobile oggetto di comodato sia divenuto casa familiare comporterebbe necessariamente l'impossibilità del comodante di chiedere la restituzione ad nutum ex art. 1810 (Cass. III, n. 16769/2012); secondo altra e diversa lettura anche il comodato di cosa familiare potrebbe essere strutturato in maniera tale da essere ricondotto all'art. 1810 e quindi da consentire al comodante di ottenere la restituzione del bene (Cass. III, n. 15986/2010).

Le S.U. (Cass. S.U., n. 20448/2014) sono, pertanto, di nuovo intervenute sul tema per chiarire che ai sensi dell'art. 1809, comma 2, il bisogno che giustifica la richiesta del comodante di restituzione del bene non deve essere grave ma imprevisto — e, dunque, sopravvenuto rispetto al momento della stipula del contratto di comodato — ed urgente.

Pertanto, non solo la necessità di un uso diretto ma anche il sopravvenire d'un imprevisto deterioramento della condizione economica del comodante, che giustifichi la restituzione del bene ai fini della sua vendita o di una redditizia locazione, consente di porre fine al comodato, ancorché la sua destinazione sia quella di casa familiare (Quadri, 2015, 19).

Principi recepiti dalla successiva giurisprudenza di legittimità(Cass. III, n. 3553/2017).

La S.C. ha, inoltre, ritenuto che in sede di valutazione della domanda di rilascio proposta dal comodante nei confronti del coniuge cui l'immobile è stato assegnato quale casa familiare, il giudice è tenuto ad accertare, ai sensi dell'art. 1810, che perduri, nell'interesse dei figli conviventi minorenni (o maggiorenni non autosufficienti), la destinazione dell'intero bene all'uso cui è stato adibito, dovendo, in caso contrario, ordinarne la restituzione, quanto meno parziale (Cass. III, n. 2772/2017).

I giudici di legittimità hanno inoltre rimarcato che, nel comodato di bene immobile stipulato senza determinazione di termine, la volontà di assoggettare il bene a vincoli d'uso particolarmente gravosi, quali la destinazione a residenza familiare, non può essere presunta ma va positivamente accertata, dovendo, in mancanza, essere adottata la soluzione più favorevole alla sua cessazione (Cass. II, n. 19012/2019). Parimenti, nell'ipotesi in cui il vincolo matrimoniale del comodatario sopravvenga in corso di rapporto, occorre la prova che il proprietario abbia inteso, in virtù di scelta sopravvenuta, trasformare la natura del comodato, rispetto alla sua precedente finalità, ancorando la destinazione del bene alle esigenze del gruppo familiare neocostituito (Cass. III, n. 20151/2017).

Bibliografia

Carresi, Comodato, in Nss D.I., Torino, III, 1959; Luminoso, voce Comodato, Enc. giur., Roma, 1988; Pellegrini, Contratto di comodato a termine e morte del comodante, in Riv. dir. civ. 2000, II, 477; Quadri, Comodato e “casa familiare”: l'intervento delle Sezioni Unite, in Corr. giur. 2004, 1440; Quadri, Il nuovo intervento delle Sezioni Unite in tema di comodato e assegnazione della «casa familiare», in Corr. giur. 2015, 19; Tamburrino, voce Comodato, in Enc. dir., VII, Milano, 1960; Teti, Comodato, in Dig. civ., 1988.

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