Codice Civile art. 1905 - Limiti del risarcimento.Limiti del risarcimento. [I]. L'assicuratore è tenuto a risarcire, nei modi e nei limiti stabiliti dal contratto, il danno sofferto dall'assicurato in conseguenza del sinistro [1223]. [II]. L'assicuratore risponde del profitto sperato solo se si è espressamente obbligato. InquadramentoBenché l'art. 1905 adoperi il verbo “risarcire” la dottrina non ritiene trasferibile nella materia i principi propri della materia risarcitoria (La Torre, 169), restando fermo in ogni caso il limite posto dal principio indennitario secondo cui l'indennizzo non può mai superare il danno effettivo senza trasformare il risarcimento in arricchimento. In quanto orientato ad impedire speculazioni rivolte al conseguimento di indebiti vantaggi economici, il principio indennitario viene comunemente considerato norma inderogabile di ordine pubblico (Salandra, in Comm. S.B. 1966, 304). Il risarcimento come debito di valoreLa giurisprudenza unanime reputa che l'obbligo dell'assicuratore di pagare l'indennizzo nelle assicurazioni contro i danni, assolvendo una funzione reintegratoria della perdita subita del patrimonio dell'assicurato, ha natura di debito di valore, con la conseguenza che esso deve essere necessariamente rivalutato con riferimento al periodo intercorso tra il sinistro e la liquidazione, pur se non vi sia inadempimento o ritardo colpevole dell'assicuratore, rilevando la condotta del debitore solo dal momento in cui, con la liquidazione, il debito indennitario diventa obbligazione di valuta, e tanto ai fini del riconoscimento, da tale momento, a titolo di risarcimento, degli interessi moratori o del maggior danno ex art. 1224 (Cass. III, 15868/2015; Cass. III, n. 12838/2014). La S.C. ha altresì precisato che nell'assicurazione contro gli infortuni il debito indennitario, quando è previsto un procedimento di liquidazione convenzionale per il tramite di una perizia contrattuale, si connota come debito di valore solo dal momento del sinistro sino al verificarsi della liquidazione: solo successivamente a tale momento diventa obbligazione di valuta e non più soggetta a rivalutazione (Cass. III, n. 3580/2010). Liquidazione del danno ad opera di arbitri o peritiQualora le parti rimettano la determinazione quantitativa del danno ad un collegio di periti, senza alcun potere di risolvere le questioni sulla validità e operatività della garanzia assicurativa, il relativo patto esula dall'arbitrato (rituale o irrituale) e configura una ipotesi di perizia contrattuale che non interferisce sulla proponibilità delle suddette questioni davanti all'autorità giudiziaria (Buttaro, 515). La giurisprudenza ha all'uopo evidenziato che si ha arbitrato irrituale quando le parti conferiscono all'arbitro il compito di definire in via negoziale le contestazioni insorte o che possono insorgere tra loro in ordine a determinati rapporti giuridici mediante una composizione amichevole riconducibile alla loro volontà, mentre si ha perizia contrattuale quando le parti devolvono al terzo, scelto per la particolare competenza tecnica, non la risoluzione di una controversia giuridica, ma la formulazione di un apprezzamento tecnico che preventivamente si impegnano ad accettare come diretta espressione della loro determinazione volitiva (Cass. I, n. 10705/2007; Cass. I, n. 13436/2005). La clausola di un contratto di assicurazione che preveda una perizia contrattuale implica la temporanea rinunzia alla tutela giurisdizionale dei diritti nascenti dal rapporto, nel senso che, prima e durante il corso della procedura contrattualmente prevista, le parti stesse non possono proporre davanti al giudice le azioni derivanti da esso (Cass. III, n. 7531/2014). La S.C. ha ritenuto che siffatta clausola allorché comporti un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi nascenti dal contratto, deve ritenersi abusiva ai sensi dell'art. 33 d.lg. 6 settembre 2005 n. 206 (già art. 1469-bis c.c.) (Cass. III, n. 7176/2015). Clausole limitative della responsabilità e clausole delimitative del rischio assicuratoLa giurisprudenza ha chiarito che nel contratto di assicurazione sono da considerare clausole limitative della responsabilità, per gli effetti dell'art. 1341, solo quelle clausole che limitano le conseguenze della colpa o dell'inadempimento o che escludono il rischio garantito mentre attengono all'oggetto del contratto le clausole che riguardano il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa e, dunque, specificano il rischio garantito le quali non sono assoggettate al regime previsto dal comma 2 dell'art. 1341 (Cass. III, n. 15598/2019; Cass. III, n. 10619/2012). In detta ultima categoria di clausole rientrano le pattuizioni che subordinano espressamente l'operatività della garanzia assicurativa all'adozione, da parte dell'assicurato, di determinate misure di sicurezza (Cass. III, n. 2469/2015). Clausole di delimitazione dell'indennizzoL'indennizzo può trovare delimitazione attraverso l'apposizione di franchigie ovvero di clausole che lasciano a carico dell'assicurato una parte del danno. In caso di franchigia semplice l'assicurazione si obbliga a indennizzare soltanto i sinistri che determinano danni al di sopra di una certa soglia; in caso di franchigia assoluta, invece, l'assicuratore detrarrà dall'indennità dovuta un certo ammontare. Diverso è lo scoperto obbligatorio con cui l'assicurato mantiene a proprio carico una certa percentuale di rischio. Il massimale è, invece, una condizione (convenzionale o di legge) con cui si delimita la prestazione indennitaria dell'assicuratore che in mancanza di tale determinazione sarebbe stabilita esclusivamente in relazione all'entità del danno. L'eccezione di incapienza del massimale è un'eccezione in senso lato, come tale rilevabile anche d'ufficio, ma pur sempre a condizione che l'assicuratore abbia tempestivamente allegato e provato l'esistenza e il contenuto della relativa clausola (Cass. III n. 13537/2014). Profitto speratoL'art. 1905 ammette, in presenza di apposita pattuizione contrattuale, la copertura del profitto sperato che la dottrina definisce come l'insieme delle utilità economiche che l'assicurato attendeva di conseguire secondo ragionevoli aspettative (Fanelli, 1973, 154). La necessità di una espressa pattuizione in tal senso è dovuta alla complessità tecnica di determinare l'entità del profitto sperato, cui normalmente si fa fronte mediante determinazioni dello sperato forfettarie compiute in via preventiva sulla base, ad esempio, della percentuale del valore della cosa assicurata o sulla entità dei profitti dell'azienda nell'anno precedente a quello del sinistro. BibliografiaAngeloni, voce Assicurazione della responsabilità civile, in Enc. dir., III, Milano, 1958; Antonucci, L'assicurazione tra impresa e contratto, Bari, 1994; Buttaro, voce Assicurazione contro i danni, in Enc. dir., III, Milano, 1958; De Strobel e Ogliari, L'assicurazione di responsabilità civile e il nuovo codice delle assicurazioni private, VI, Milano, 2008; Donati, Trattato del diritto delle assicurazioni private, Milano, III, 1956; Donati e Volpe Putzolu, Manuale di Diritto delle Assicurazioni, Milano, 2002; Fanelli, Assicurazione contro i danni, in Enc. giur., III, Roma, 1988; Fanelli, Le Assicurazioni, Milano, 1973; La Torre, Le Assicurazioni, Milano, 2007; Rossetti, Il Diritto delle Assicurazioni, II, Le assicurazioni contro i danni, Padova, 2012. |