Codice Civile art. 1939 - Validità della fideiussione.Validità della fideiussione. [I]. La fideiussione non è valida se non è valida l'obbligazione principale, salvo che sia prestata per un'obbligazione assunta da un incapace [1945, 1950 4] (1). (1) V. art. 37 2 r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669. InquadramentoL'art. 1939 sancisce il collegamento genetico tra la fideiussione ed il rapporto principale, in forza del quale l'esistenza stessa del rapporto di garanzia deriva dall'esistenza del rapporto principale e si modella in considerazione del contenuto di questo. L'accessorietà rendendo sensibile la fideiussione alle vicende dell'obbligazione garantita, non rassicura completamente il creditore in ordine alla soddisfazione delle proprie aspettative, con la conseguenza che nella prassi si è tentato di spezzare lo stretto legame che corre tra i due rapporti obbligatori adottando dei modelli che si allontanano dalla disciplina codicistica (in arg. v. Biscontini, 1993, 40 ss.). Il più diffuso è sicuramente il contratto autonomo di garanzia (v. sub art. 1936). Ad avviso della giurisprudenza la cd. clausola di sopravvivenza, in forza della quale l'obbligazione fideiussoria rimarrebbe valida nonostante l'invalidità dell'obbligazione principale, è incompatibile col negozio tipico di fideiussione, attesa la natura accessoria di quest'ultimo, che non può considerarsi, quindi, valido se l'obbligazione principale è nulla (Cass. I, n. 4899/1992). Nullità del negozio principaleRiguardo alla nullità la giurisprudenza ammette che il fideiussore possa far valere la nullità del contratto da cui deriva l'obbligazione principale, atteso il suo interesse a far risultare l'invalidità di tale obbligazione, che determina l'invalidità anche dell'obbligazione fideiussoria, in ragione del suo carattere accessorio (Cass. I, n. 4605/1983). In materia di sconto bancario è stato in particolare precisato che la validità dell'obbligazione fideiussoria a favore della banca non è condizionata dall'eventuale invalidità (rectius: inesistenza) dell'obbligazione del trattario non essendo ravvisabile un vincolo di accessorietà tra le due obbligazioni (Cass. I, n. 7960/1996). È discusso in dottrina (in assenza di pronunce giurisprudenziali sul punto) se la conversione del negozio principale nullo (art. 1424) possa servire a mantenere la validità della fideiussione che vi accedeva. Alcuni autori danno risposta positiva al quesito a condizione che la trasformazione prodotta dalla conversione possa ritenersi corrispondente alla presumibile volontà del fideiussore, nel senso che egli avrebbe ugualmente garantito la nuova obbligazione se avesse saputo che il negozio convertito era nullo (Fragali, in Comm. S. B., 1957, 200). È stato di contro osservato che la fideiussione originaria non può rimanere in piedi a seguito della conversione del negozio garantito nullo in quanto il fideiussore finirebbe per garantire una obbligazione diversa da quella originaria (Bozzi, in Tr. Res.,1985, 220). Annullabilità del negozio principaleQualora l'obbligazione principale sia annullabile, la fideiussione produce effetti sino al suo annullamento (Fragali, 199). La dottrina reputa che, in caso di convalida (art. 1444) del contratto dal quale trova origine l'obbligazione garantita, l'effetto sanante si estende anche alla fideiussione (Fragali, 347). Il fideiussore — ancorché la fideiussione debba ritenersi valida — può rifiutare la prestazione al creditore mediante eccezione ex art. 1945 fino a quando il negozio principale non sia stato convalidato dal debitore o non si sia prescritta l'azione di annullamento (art. 1442). Rescissione e risoluzione del negozio principaleNel concetto di “invalidità” utilizzato dall'art. 1939 non può ovviamente essere ricompresa la risoluzione del contratto da cui deriva l'obbligazione principale trattandosi di un vizio funzionale e non genetico del contratto (Giusti, in Tr. C. M., XVIII, 3, 1998, 119). In ordine alla rescissione (artt. 1447 e 1448), è stato evidenziato che fino a quando il debitore principale non ha proposto la relativa azione la fideiussione deve ritenersi valida. Il fideiussore può tuttavia rifiutare la prestazione al creditore mediante eccezione ex art. 1945 fino a quando si sia prescritta l'azione di rescissione (art. 1449). Simulazione del negozio principaleLa simulazione del negozio principale produce conseguenze differenti sulla fideiussione a seconda che si tratti di simulazione assoluta o relativa. In ipotesi di simulazione assoluta, poiché il negozio principale non è destinato a produrre alcun effetto e dunque non vi è alcun interesse del creditore da soddisfare, la fideiussione è nulla per difetto di causa (Giusti, 214). Invece nella simulazione relativa, in cui le parti si sono accordate per far produrre al negozio principale un effetto differente da quello apparente, occorre distinguere a seconda che il fideiussore fosse o meno a conoscenza dell'accordo simulatorio. Nel primo caso, anche la fideiussione viene considerata relativamente simulata e diretta in realtà a garantire l'obbligazione nascente dal negozio principale dissimulato; nel secondo caso, la fideiussione non può ritenersi operante in quanto l'obbligazione nascente dal negozio dissimulato è diversa da quella garantita dal fideiussore (Bozzi, 69). Fideiussione per obbligazione naturale o prescrittaL'obbligazione naturale non crea un vincolo giuridico ma, come stabilito dal secondo comma dell'art. 2034, determina unicamente l'impossibilità di ripetere la prestazione spontaneamente eseguita: conseguentemente non può ritenersi valida la fideiussione a garanzia di una tale obbligazione (Bozzi, 220). Non può reputarsi ammissibile la fideiussione di una obbligazione prescritta in quanto il fideiussore si troverebbe in una posizione più gravosa del debitore, il quale potrebbe appunto eccepire la prescrizione del diritto. La fideiussione prestata a garanzia dell'obbligazione assunta da un incapaceL'art. 1939 stabilisce che il fideiussore resta obbligato qualora l'obbligazione principale sia stata assunta da un incapace, nonostante possa avvalersi del regresso solo nei limiti di quanto sia stato rivolto a vantaggio dell'incapace (art. 1950). L'ambito di applicazione della norma viene pacificamente limitato alla sola incapacità legale (minore di età, interdizione, inabilitazione, ed amministrazione di sostegno), ritenendosi esclusa l'ipotesi di incapacità naturale in quanto si finirebbe altrimenti per tutelare il creditore in mala fede che è invece sanzionato dal disposto dell'art. 428 (Giusti, 130). La dottrina spiega la norma in esame con riferimento all'esigenza di evitare che il fideiussore si sottragga all'impegno assunto approfittando di una tutela che ha riguardo esclusivo allo stato personale del debitore incapace. BibliografiaBiscontini, Assunzione di debito e garanzia del credito, Camerino-Napoli, 1993; Biscontini, Solidarietà fideiussoria e decadenza, Camerino-Napoli, 1980; Bozzi, La fideiussione, Milano, 1995; Falqui Massidda, La fideiussione, in Enc. giur., XIV, Roma, 1989; Fragali, voce Fideiussione, in Enc. dir., XVII, Milano, 1968; Nicolai, Le fattispecie fideiussorie fra solidarietà passiva, regresso e surrogazione, Banca borsa e tit. cred. 3, 2014, 261; Ravazzoni, Fideiussione, in Dig. civ., VII, Torino, 1992. |