Codice Civile art. 1955 - Liberazione del fideiussore per fatto del creditore.

Caterina Costabile

Liberazione del fideiussore per fatto del creditore.

[I]. La fideiussione si estingue quando, per fatto del creditore, non può avere effetto la surrogazione del fideiussore nei diritti [1949], nel pegno [2784 ss.], nelle ipoteche [2808 ss.] e nei privilegi [2745 ss.] del creditore.

Inquadramento

L'art. 1955 prevede una causa speciale di estinzione della obbligazione del fideiussore quando, per fatto del creditore, non può avere effetto la surrogazione nei diritti, nelle garanzie e nei privilegi del creditore.

La ratio della norma in esame non è una semplice considerazione di equità, ma scaturisce dalla stessa struttura del negozio fideiussorio. Invero, se il diritto del fideiussore alla surrogazione è stato leso si opera un mutamento delle condizioni di attuabilità dell'obbligazione garantita che esistevano al tempo della fideiussione e se questo mutamento pregiudizievole è dovuto al fatto del creditore è questi che deve sopportarne le conseguenze (Fragali, in Comm. S. B., 1957, 466). Per tale ragione risulta pacifico l'onere del creditore di non pregiudicare le garanzie a lui concesse anteriormente e contestualmente all'assunzione della fideiussione, mentre è discusso se tale onere si estenda o meno alle garanzie concesse posteriormente (in arg. v. Giusti, in Tr. C. M., XVIII, 3, 1998, 266).

La giurisprudenza ha evidenziato che per aversi liberazione del fideiussore è necessario che ricorra una condotta colposa e antigiuridica del creditore e l'esistenza di un pregiudizio giuridico nella sfera del fideiussore, rappresentato dalla perdita del diritto, occorrendo, all'uopo, che il creditore abbia omesso un'attività dovuta per legge o in forza di contratto (Cass. III, n. 19736/2011).

Il fatto del creditore

La giurisprudenza ritiene che non sia rilevante il comportamento meramente inattivo del creditore, richiedendosi la violazione di un dovere giuridico imposto dalla legge o nascente dal contratto e integrante un fatto quanto meno colposo, o comunque illecito, dal quale sia derivato un pregiudizio giuridico e non solo economico (Cass. III, n. 4175/2020), come la perdita del diritto di surrogazione ex art. 1949 o di regresso ex art. 1950 (Cass. I, n. 21833/2017), e non già nella mera maggiore difficoltà di attuarlo per le diminuite capacità satisfattive del patrimonio del debitore (Cass. III, n. 2301/2004).

In tal senso risulta orientata anche la dottrina (Fragali, 380; Giusti, in Tr. C. M., XVIII, 3, 1998, 265).

Per tale ragione si è ritenuto che il fideiussore non può ritenersi liberato se il creditore non gli riferisce dell'involuzione economica subita dal debitore (Cass. I, n. 21645/2010), o ancora nell'ipotesi in cui il fideiussore lamentava che la banca, non avendo ricevuto il pagamento delle fatture dal debitore ceduto, a causa della mancata notifica al medesimo della cessione dei crediti, si fosse poi rivolta nei suoi confronti per ottenere lo stesso pagamento, non riscosso a motivo della propria omissione (Cass. I, n. 1870/1999).

Ulteriore presupposto per la liberazione del fideiussore per fatto del creditore è costituito dall'esistenza di un nesso causale diretto ed immediato tra il comportamento del creditore e l'impossibilità per il garante di esercitare il proprio diritto di surroga (Fragali, ult. cit.).

Una parte della dottrina ritiene che l'art. 1955 operi anche in presenza di un pregiudizio parziale del fideiussore, con conseguente estinzione parziale della fideiussione limitata a ciò che il garante non potrebbe conseguire mediante il ricorso all'azione di surrogazione (Giusti, in Tr. C. M., XVIII, 3, 1998, 262).

La giurisprudenza ha inoltre ritenuto che il fideiussore non resta liberato per fatto del debitore, ove il pegno, nel quale il fideiussore sostenga di non essersi potuto surrogare per il comportamento doloso o colposo del creditore, sia costituito da assegni bancari postdatati consegnati dal debitore o da un terzo a garanzia del credito, in quanto l'emissione di un assegno bancario postdatato a garanzia dell'adempimento di una propria obbligazione, costituisce atto contrario a norme imperative e non meritevole di tutela (Cass. III, n. 26232/2013)

Rinuncia all'eccezione

L'estinzione opera su eccezione del garante (Bozzi, 268; Fragali, 380), il quale può altresì rinunziarvi espressamente (Cass. I, n. 1870/1999) con clausola ritenuta vessatoria ex art. 1341 dalla giurisprudenza (Cass. III, n. 4643/1995).

Attualmente, stante la disciplina a tutela dei consumatori, tale norma sarebbe applicabile soltanto se la deroga riguardasse un contratto in cui le parti operano su un piano di effettiva parità.

Laddove, invece, il fideiussore non fosse un professionista e tale qualità fosse ricoperta dal creditore, dovrebbe trovare applicazione l'art. 33, lett. t), d.lgs. n. 206/2005 (Cod. consumo) che sanziona con la nullità le clausole che prevedono a carico del consumatore limitazioni alla facoltà di proporre eccezioni (art. 36 d.lgs. n. 206/2005).

Ambito di applicazione

È opinione comune in dottrina che la liberazione del fideiussore per fatto del creditore si applichi anche nell'ipotesi del regresso (Ravazzoni, 268).

Anche la giurisprudenza concorda sul punto evidenziando che la fideiussione si estingue se il creditore abbia, col suo comportamento, causato al garante la perdita non solo del diritto di surrogazione ex art. 1949 ma anche, o alternativamente, quella del diritto di regresso ex art. 1950 (Cass. I, n. 21645/2010).

Bibliografia

Biscontini, Assunzione di debito e garanzia del credito, Camerino-Napoli, 1993; Biscontini, Solidarietà fideiussoria e decadenza, Camerino-Napoli, 1980; Bozzi, La fideiussione, Milano, 1995; Falqui Massidda, La fideiussione, in Enc. giur., XIV, Roma, 1989; Fragali, voce Fideiussione, in Enc. dir., XVII, Milano, 1968; Nicolai, Le fattispecie fideiussorie fra solidarietà passiva, regresso e surrogazione, Banca borsa e tit. cred. 3, 2014, 261; Ravazzoni, Fideiussione, in Dig. civ., VII, Torino, 1992.

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