Codice Civile art. 2070 - Criteri di applicazione.Criteri di applicazione. [I]. L'appartenenza alla categoria professionale, ai fini dell'applicazione del contratto collettivo, si determina secondo l'attività effettivamente esercitata dall'imprenditore [39 1 Cost.]. [II]. Se l'imprenditore esercita distinte attività aventi carattere autonomo, si applicano ai rispettivi rapporti di lavoro le norme dei contratti collettivi corrispondenti alle singole attività. [III]. Quando il datore di lavoro esercita non professionalmente un'attività organizzata, si applica il contratto collettivo che regola i rapporti di lavoro relativi alle imprese che esercitano la stessa attività. InquadramentoLa norma esprime il principio fondamentale dell'ordinamento sindacale secondo il quale, al fine di individuare il contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro, rileva l'attività effettivamente esercitata dal datore di lavoro e non le mansioni espletate dal lavoratore (Cass. n. 6919/1991; Cass. n. 6989/1982). Con la precisazione secondo cui, nel caso in cui l'imprenditore svolga plurime attività tra loro autonome, ai rispettivi rapporti di lavoro si applicano i contratti collettivi corrispondenti a ciascuna attività. Dopo la caduta dell'ordinamento corporativo, si è posto il problema della compatibilità di simili disposizioni con il principio di libertà sindacale enunciato dall'art. 39 Cost., problema espressamente evitato — rispetto ai contratti di diritto comune e a quelli lasciati in vigore dall'art. 43 d.lgs.lt. n. 369/1944, — da Corte cost. n. 105/1969, che ha invece affermato la legittimità costituzionale della norma con riferimento ai contratti collettivi resi efficaci erga omnes dai decreti legislativi emanati ex l. n. 741/1959. La rilevanza dell'attività effettivamente svolta dal datore di lavoroIl criterio dettato dal comma 1 dell'art. 2070 opera nell'attuale ordinamento solo per i contratti collettivi postcorporativi resi efficaci erga omnes ai sensi della l. n. 741/1959 (Cass. n. 976/1992; Cass. n. 4742/1982) e per quelli corporativi ancora vigenti ex art. 43 d.lgs. lgt. n. 369/1944 (Cass. n. 2891/1983), consentendo di dirimere eventuali conflitti tra difformi normative con l'individuazione del contratto in concreto applicabile. In giurisprudenza è ormai consolidata l'opinione (da sempre sostenuta dalla dottrina: Scognamiglio 1997, 793; Rusciano, 40) secondo cui la norma in oggetto non opera nei riguardi della contrattazione collettiva di diritto comune, che ha efficacia vincolante limitatamente agli iscritti alle associazioni sindacali stipulanti e a coloro che esplicitamente o implicitamente, al contratto abbiamo prestato adesione; pertanto, nell'ipotesi di contratto di lavoro regolato dal contratto collettivo di diritto comune proprio di un settore non corrispondente a quello dell'attività svolta dall'imprenditore, il lavoratore non può aspirare all'applicazione di un contratto collettivo diverso, se il datore di lavoro non vi è obbligato per appartenenza sindacale, ma solo eventualmente richiamare tale disciplina come termine di riferimento per la determinazione della retribuzione ex art. 36 Cost., deducendo la non conformità al precetto costituzionale del trattamento economico previsto nel contratto applicato (Cass. n. 26742/2014; Cass. n. 16340/2009; Cass. n. 11372/2008). Da tale impostazione discendono alcuni corollari: anzitutto, l'efficacia della clausola di un accordo aziendale — avente natura collettiva in relazione agli interessi generali coinvolti — diretto a stabilire il contratto collettivo di categoria applicabile al personale dell'azienda (Cass. n. 8565/2004); in secondo luogo, la piena validità della clausola di un contratto collettivo di diritto comune con cui le organizzazioni stipulanti stabiliscano l'applicabilità ai rapporti di lavoro subordinato di contratti o accordi integrativi aziendali conclusi per una categoria professionale diversa da quella di appartenenza (Cass. n. 12608/1999). Occorre tuttavia far riferimento alla categoria prevista dall'art. 2070 ove il contratto individuale o l'accordo aziendale operino un rinvio solo generico alla contrattazione collettiva senza specificare espressamente a quale contratto le parti abbiano inteso riferirsi (Cass. n. 12663/1997). È pacifico, poi, che, ai fini dell'individuazione del contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro, non è vincolante l'inquadramento dell'impresa a fini previdenziali e assistenziali (Cass. n. 12352/2003; Cass. n. 4095/1997), né quello ai fini del collocamento e dell'accertamento dei lavoratori agricoli (Cass. n. 2998/1985); ovvero quello relativo ai benefici della fiscalizzazione degli oneri sociali (Cass. n. 10374/2000; Cass. n. 12345/1999). Lo svolgimento di plurime attivitàLa giurisprudenza è consolidata nel senso che il disposto dell'art. 2070, secondo comma, secondo cui, se l'imprenditore esercita distinte attività aventi carattere autonomo, si applicano ai rispettivi rapporti di lavoro le norme dei contratti collettivi corrispondenti alle singole attività, non si applica allorché le ulteriori attività dell'imprenditore abbiano carattere meramente subalterno o comunque accessorio, ancorché distinto rispetto all'attività principale (Cass. n. 22377/2014). Pertanto, ai fini dell'individuazione del contratto collettivo applicabile, l'appartenenza alla categoria professionale va determinata accertando se le distinte attività siano tra loro autonome, sotto il profilo tecnico e produttivo, o invece connesse, perché dirette al conseguimento dell'identica finalità produttiva: nel primo caso per ciascuna delle attività sarà applicabile, nei confronti dei singoli lavoratori alla stessa addetti, la regolamentazione contrattuale per essa prevista, mentre, nel secondo caso, dovrà ricevere applicazione la disciplina relativa all'attività principale, rispetto alla quale le altre si pongono in rapporto di complementarietà ed accessorietà rispetto ad un fine unico (Cass. n. 12624/2000). La giurisprudenza afferma che i criteri dettati dall'art. 2070 non sono operanti nel caso in cui l'autonomia collettiva — anche a livello di contrattazione aziendale — regoli autonomamente l'attività di una o più imprese con uno specifico contratto, che consideri autonomamente un determinato settore di detta attività, assoggettandolo alla disciplina di un altro contratto collettivo (Cass. n. 1005/1986; si vedano anche Cass. n. 215/1987 e Cass. n. 6652/1983, le quali affermano che i principi enunciati dall'art. 2070 — inclusi quelli dettati per il caso di svolgimento, da parte del datore di lavoro, di attività plurime — operano senz'altro nell'ipotesi di conflitto tra difformi normative collettive rese efficaci erga omnes, mentre, qualora il conflitto riguardi, invece, contratti collettivi di diritto comune, l'individuazione suddetta va compiuta tenendo conto dell'adesione delle parti alle associazioni stipulanti o, in ogni caso, dell'accettazione, anche per fatti concludenti, della normativa collettiva come disciplina regolatrice del rapporto individuale). L'intangibilità della retribuzione La giurisprudenza ha precisato che, nel caso di lavoratore adibito, nell'ambito del rapporto di lavoro alle dipendenze dello stesso datore di lavoro, a due attività merceologicamente distinte ed autonome, non opera il principio dell'intangibilità delle retribuzioni di cui all'art. 2103, dovendo il trattamento economico relativo ai periodi di adibizione alle distinte attività essere determinato, ai sensi dell'art. 2070, comma 2, alla stregua del contratto collettivo relativo a ciascuna di esse, restando peraltro salva, in virtù della regola dettata dall'art. 2077, comma 2, la prevalenza, sul trattamento previsto dal contratto collettivo, delle condizioni più favorevoli al lavoratore contenute nel contratto individuale (Cass. n. 3229/1993). Settore dei trasporti La giurisprudenza riconosce che lo svolgimento di prestazioni lavorative in attività sussidiarie del servizio dei trasporti non comporta la soggezione di tali prestazioni alla disciplina concernente l'attività principale (cioè il servizio di trasporto), atteso che l'art. 7, lett. b), r.d. n. 148/1931 — con norma costituente eccezione al principio, posto dall'art. 2070, della rilevanza dell'attività principale dell'imprenditore — stabilisce l'inapplicabilità delle disposizioni dello stesso decreto al personale addetto a servizi solo sussidiari di quello dei trasporti (Cass. n. 1819/1989). Il lavoro nauticoLa qualificazione di un rapporto di lavoro come appartenente all'ambito del lavoro nautico deve essere compiuta alla stregua delle norme del codice della navigazione, e la specialità, così accertata, del rapporto stesso non viene meno per il fatto che sia ad esso applicabile — in virtù di espressa previsione del contratto di arruolamento, ai sensi dell'art. 332, comma 1, n. 7 c. nav., o del rilievo da attribuire, ai sensi dell'art. 2070, all'effettiva o prevalente attività svolta dall'imprenditore — una disciplina collettiva diversa da quella propria dei lavoratori marittimi dipendenti da imprese armatoriali; a tale situazione consegue, invece, soltanto che il rapporto suddetto è assoggettato, per quanto attiene ai peculiari aspetti pubblicistici che lo caratterizzano, alle norme inderogabili dettate dal codice della navigazione, mentre per gli altri profili di natura essenzialmente privatistica valgono le disposizioni della disciplina collettiva (Cass. n. 5596/1990). In senso analogo, si è affermato che, nel caso di impresa edile che esegua lavori marittimi consistenti in costruzioni servendosi, per il trasporto del materiale per tali opere, di motozattera di sua proprietà, l'accertamento del carattere principale dell'attività edilizia, rispetto a quella, del tutto sussidiaria e complementare, svolta dalla motozattera, comporta l'applicazione del contratto collettivo degli edili anche in ordine al rapporto del dipendente addetto all'imbarcazione e a tale conclusione non osta la qualificazione di lavoro nautico assegnata alle prestazioni di quest'ultimo, giacché la circostanza che tale rapporto di lavoro abbia la sua fonte negoziale nella convenzione di arruolamento, e sia, pertanto, regolato, nei suoi aspetti di carattere pubblicistico, dalle norme del codice della navigazione non impedisce l'applicabilità — ai sensi dell'art. 332, comma 1, n. 7, c. nav. — della citata disciplina collettiva in ordine agli altri profili, di natura essenzialmente privatistica, del rapporto stesso (Cass. n. 6989/1982). Attività svolte in maniera non organizzataLa giurisprudenza ha affermato che l'ultimo comma dell'art. 2070 (che stabilisce l'oggettiva applicazione del contratto collettivo che disciplina i rapporti di lavoro relativi alle imprese che svolgano la stessa attività, qualora il datore di lavoro eserciti non professionalmente quell'attività) si applica anche nel caso in cui un'impresa che svolga professionalmente una determinata attività economica, eserciti anche, solo occasionalmente, un'altra ed indipendente attività, nella quale esclusivamente rimanga circoscritto il rapporto di lavoro, in relazione al quale si invochi la regolamentazione collettiva, dovendo, in tal caso, il rapporto di lavoro restare regolato dal contratto collettivo riguardante le imprese che svolgono professionalmente quella medesima attività economica nella quale soltanto, concretamente, si inserisce il rapporto stesso (Cass. n. 1062/1969). 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