Codice Civile art. 2164 - Nozione.

Roberto Amatore
aggiornato da Francesco Agnino

Nozione.

[I]. Nella colonia parziaria il concedente ed uno o più coloni si associano per la coltivazione di un fondo e per l'esercizio delle attività connesse [2135 2], al fine di dividerne i prodotti e gli utili (1).

[II]. La misura della ripartizione dei prodotti e degli utili è stabilita [dalle norme corporative] (2), dalla convenzione o dagli usi.

(1) V. artt. 9-12 l. 15 settembre 1964, n. 756; art. 25 l. 3 maggio 1982, n. 203.

(2) Le disposizioni richiamanti le norme corporative devono ritenersi abrogate in seguito alla soppressione dell'ordinamento corporativo.

Inquadramento

Il comma 2 dell'art. 2164 in commento è stato modificato dalla legislazione speciale che ha fissato nell'art. 58 l. n. 203/1982 le quote minime spettanti al colono, fatte salve le clausole dei contratti collettivi o individuali o gli usi più favorevoli al colono, ed è stato altresì sancito il diritto di ripetizione di quanto il concedente abbia percepito in eccedenza rispetto alla quota di sua spettanza. In realtà la legislazione speciale (cfr. l. n. 756/1964; l. n. 11/1971; l. n. 203/1982; l. n. 29/1990), ha, un per verso, modificato la disciplina codicistica sulla colonia parziaria e, per altro verso, ha dettato norme sulla conversione e conduzione all'affitto dei contratti agrari con concessione di terreno, sicché, stante il divieto di stipulazione di nuovi contratti di colonia, le norme contenute nella presente sezione sono applicabili, nella loro parte in vigore, fino alla cessazione, per scadenza di durata o altro, delle colonie residue, peraltro prorogabili con accordi in deroga.

Alla stregua delle innovazioni introdotte dalla l. n. 756/1964, la colonia parziaria si configura come rapporto agrario associativo caratterizzato dall'Esercizio in comune dell'impresa agricola da parte del concedente e del colono, con collaborazione di entrambi alla direzione tecnica e partecipazione degli stessi agli utili ed alle perdite in quote determinate (Cass. n. 5316/1985).

Nel contratto di colonia parziaria, l'attribuzione al colono — disposta dalla l. n. 756/1964 — del diritto di collaborare con il concedente nella direzione dell'impresa, essendo limitata alla sfera tecnica, non fa venir meno la titolarità esclusiva del concedente per quanto riguarda la direzione amministrativa (Cass. n. 5316/1985).

Nella colonia parziaria — così come configurata dall'art. 2164 e dagli artt. 9 e 12 l. n. 756/1964 — concedente e colono si associano per la coltivazione del fondo con la finalità di ripartirne i prodotti o il prezzo ricavato dalla loro vendita, restando il colono assoggettato alla sorveglianza e alla direzione del concedente in ordine sia ai criteri di coltivazione che alla raccolta, ripartizione e vendita dei prodotti stessi (Cass. n. 5622/1983). Va qualificato colonia parziaria quel rapporto caratterizzato, al fine dello sfruttamento della redditività del fondo, da una compartecipazione associativa, in cui da un lato vi è il conferimento della terra e, dall'altra, del lavoro e che comporta la divisione a metà del prodotto, senza che assuma decisivo rilievo la Forma della detta divisione (nella specie, il colono era stato pagato giornalmente) (Cass. n. 3996/1986). Nel contratto di colonia parziaria, come anche nella mezzadria, l'impresa di coltivazione del fondo viene esercitata in forma associativa dal concedente e dal concessionario (così che, mentre il primo conferisce il godimento del fondo e delle scorte, il secondo esegue i lavori di coltivazione secondo le direttive del concedente e le esigenze della produzione, con l'obbligo di mantenere il fondo stesso in uno stato di normale produttività), sicché l'aver eseguito i lavori di coltivazione rendendo produttivo il terreno originariamente incolto non costituisce miglioramento fondiario, ma adempimento di una specifica obbligazione gravante sul colono, mentre la colonia ad meliorandum si caratterizza per il possesso, anche solo materiale, del fondo per un periodo di almeno trent'anni e per l'apporto di migliorie con l'impianto di colture arboree o arbustive da parte del coltivatore (Cass. n. 16234/2003).

Profili generali

Va qualificato colonia parziaria quel rapporto nel quale al proposito comune delle parti di miglioramento e di trasformazione fondiaria è attribuito unicamente uno scopo finalistico, costituendo esso in realtà il mezzo al fine di poter sfruttare la redditività del fondo sulla base di una compartecipazione associativa, caratterizzata dal conferimento del capitale terra da un lato e del lavoro dall'altro e dalla divisione del prodotto a metà (Cass. n. 490/1985). Correttamente e qualificato di colonia parziaria il rapporto nel quale al proposito comune delle parti di miglioramento e di trasformazione fondiaria è attribuito unicamente uno scopo finalistico, costituendo esso in realtà il presupposto ed il mezzo al fine di poter sfruttare la redditività del fondo, sulla base di una compartecipazione associativa, caratterizzata dal conferimento del capitale (terra), da un lato, e dal lavoro, dall'altro, e nella quale solo in apparenza il finanziamento delle opere necessarie grava sul colono, perché, in effetti, la parte di spese — che questo è tenuto ad anticipare per la trasformazione agraria — viene integralmente rimborsata e quindi tutta sopportata dal concedente al quale, nella ripartizione del prodotto, attraverso un lungo periodo di durata (29 anni) del contratto, è attribuita una porzione minore, rispetto a quella che gli sarebbe spettata alla stregua di analoghi contratti nei quali non torna in considerazione la trasformazione agraria, mentre al colono è riconosciuta la totale acquisizione dei frutti per un certo numero di anni (annate franche) (Cass. n. 2635/1968). 

Nei rapporti di colonia parziaria miglioratoria, poiché i miglioramenti fanno parte integrale del sinallagma e dell'equilibrio delle pattuizioni e delle varie clausole che regolano i contratti medesimi, la nuova normativa relativa alla determinazione del riparto del prodotto prevista dall'art. 13 l. n. 756/1964, non può incidere se non sullo stato delle cose al momento della sua sopravvenienza. Ai fini, cioè, della Determinazione del riparto del prodotto occorre fare riferimento alle condizioni del fondo sussistenti al momento di entrata in vigore della nuova legge e non allo stato di fatto esistente originariamente all'epoca della regolamentazione contrattuale (Cass. n. 2635/1968). Nel rapporto di colonia parziaria soggetto del rapporto stesso è il colono o una pluralità di coloni, tanto che il lavoro della famiglia colonica non è mai essenziale e può anche mancare, diversamente da quanto avviene nella mezzadria. Quello che non può mai mancare e il lavoro del colono, la cui collaborazione alla conduzione del fondo non può essere limitata alla semplice direzione tecnica della lavorazione, ma deve consistere in una materiale prestazione di opera pertanto, l'esecuzione materiale dei lavori di coltivazione non può essere affidata esclusivamente ai membri della famiglia colonica. Applicando tali principi nel settore della legislazione vincolistica, consegue che, pur essendo sufficiente, anche nella colonia parziaria, ai fini della proroga legale del contratto, che il colono abbia una forza lavorativa che costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessita di coltivazione del fondo, e pur dovendosi tenere conto, per tale computo, anche dell'apporto della famiglia colonica, non può, all'inverso, tenersi conto solo della forza lavorativa della famiglia. Ciò è vero non solo nel settore della colonia parziaria, nel quale il centro di interessi e costituito dal colono, ma in qualunque contratto agrario soggetto alla proroga legale (Cass. n. 531/1970). La differenza tra contratto di colonia parziaria e contratto di affitto agrario sta in ciò che la prima è a struttura associativa e la direzione dell'impresa spetta al concedente, restandovi il colono assoggettato in vista della realizzazione dello scopo comune, e il secondo è un contratto di scambio, per il quale l'affittuario, dietro pagamento del canone, acquista l'uso del fondo e la direzione dell'impresa agraria (Cass. n. 4958/1977).

Misura della ripartizione dei prodotti ed utili

L'art. 9 l. n. 756/1964, in tema di contratti agrari, regola, nei primi tre commi, la ripartizione degli utili e dei prodotti nella colonia parziaria caratterizzata dal conferimento di nudo terreno, e fissa, con il comma 4, la nozione di nudo terreno (terra spoglia di colture arboree od arbustive, o con dette colture, il valore netto della cui produzione non superi il 10% di quella ricavabile dalle colture erbacee). Pertanto, l'estensione alla colonia miglioratizia della disciplina dei primi tre commi del citato art. 9, prevista dalla norma d'interpretazione autentica di cui all'art. unico l. n. 188/1968, non può comprendere anche il disposto del menzionato quarto comma, stante il suo contenuto meramente esplicativo della nozione di nudo terreno usata dai commi precedenti (Cass. n. 1128/1984). Ai fini della determinazione del riparto dei prodotti prevista dalla l. n. 756/1964, occorre riferirsi alle condizioni del fondo al momento della stipula del contratto, essendo quello il momento in cui avviene il conferimento del capitale fondiario da parte del concedente ed inizia la prestazione da parte del colono (Cass. n. 7212/1983). Agli effetti della disciplina del riparto dei prodotti nei contratti di colonia parziaria, dettata dall'art. 9 l. n. 756/1964, una unità terriera non può essere considerata «terreno nudo» per il semplice fatto che essa sia solo in parte sfruttata a colture arboree od arbustive, a tal fine occorrendo, invece, secondo il preciso criterio posto dal comma 4 dello stesso articolo, che il valore netto della produzione di dette colture non superi il dieci per cento del valore della produzione ricavabile dalle colture erbacee (Cass. n. 7212/1983). Ai fini della determinazione del riparto del prodotto, previsto dalla l. n. 756/1964, occorre riferirsi alle condizioni del fondo sussistenti al momento dell'entrata in vigore della nuova legge e non allo stato di fatto originariamente esistente all'epoca della regolamentazione convenzionale soltanto per i contratti stipulati prima del decreto n. 331/1944, in regime di libera contrattazione mentre per i contratti successivi, qualunque siano le clausole contrattuali, per determinare la ripartizione del prodotto va preso in considerazione lo stato di fatto del fondo esistente originariamente all'epoca della regolamentazione convenzionale (Cass. n. 2402/1970). In tema di colonia parziaria anche con clausola miglioratizia e relativamente al riparto dei prodotti del fondo fra concedente e colono, qualora il contratto stesso sia stato stipulato anteriormente all'entrata in vigore del d.lgs.lgt. n. 311/1944, occorre far riferimento alle condizioni del fondo esistenti al momento della entrata in vigore della l. n. 756/1964, mentre per i contratti successivi all'indicato decreto, va tenuto presente lo stato di fatto del fondo al momento della stipulazione del contratto (Cass. n. 1549/1973). Le spese di coltivazione del fondo — il contributo del concedente alle quali incide sulla ripartizione dei prodotti e degli utili del fondo stesso, come stabilita dagli artt. 9 e 10 l. n. 756/1964 — sono esclusivamente quelle contrassegnate da un vincolo di diretta inerenza strumentale all'attività di sfruttamento del suolo e delle colture impiantatevi, non rientrando, invece, nella relativa nozione iniziative assunte dal concedente per la commercializzazione dei prodotti né i vantaggi derivanti al colono da opere di valorizzazione fondiaria dell'intero comprensorio nel quale è situato il fondo concesso in colonia (Cass. n. 556/1984). L'art. 9, comma, 3, l. n. 756/1964, stabilendo che, quando le spese sostenute dal concedente sono di scarsa entità rispetto alla produzione lorda vendibile, il colono può rimborsarle alla chiusura dei conti e dividere i prodotti e gli utili nella misura di cui al primo comma, non pone termini o condizioni per la proponibilità dell'azione del colono tendente al conseguimento dei quattro quinti del prodotto del fondo contro rimborso delle spese colturali sostenute dal concedente. Né può ritenersi che il colono sia privo di interesse ad agire per l'accertamento di tale suo diritto per il solo fatto della mancata preventiva Determinazione monetaria delle due voci (produzione lorda vendibile e spese) dalla cui correlazione il diritto stesso dipende, in quanto l'interesse a proporre la domanda nasce proprio dall'incertezza — pur in mancanza di espressa contestazione — su tali voci, alla determinazione e al raffronto delle quali deve quindi procedere il giudice del merito, nel rispetto delle norme sull'Onere della prova ed avvalendosi, se del caso, dell'ausilio di consulente tecnico d'ufficio (Cass. n. 894/1988).

Forma del contratto

Nel regime anteriore alla l. n. 203/1982 con riguardo al contratto di colonia parziaria, la Forma scritta è necessaria, ai sensi dell'art. 1350, soltanto se sia stata pattuita una durata ultranovennale ovvero a tempo indeterminato; in mancanza di siffatta pattuizione il contratto dura, secondo il disposto dell'art. 2165, per il tempo necessario a che il colono possa svolgere e portare a compimento un ciclo normale di rotazione delle colture praticate nel fondo e, conseguentemente, deve ritenersi a tempo determinato ed a forma libera (Cass. n. 3996/1986). Ai sensi dell'art. 41 l. n. 203/1982, applicabile anche ai rapporti per i quali sia in corso un giudizio non definito con sentenza d'appello, è valido ed efficace il contratto di colonia parziale, anche se ultranovennale, stipulato verbalmente e non trascritto (Cass. n. 3996/1986). Il contratto di colonia stipulato senza indicazione di durata non è soggetto, a norma dell'art. 1350 n. 9, alla forma scritta ad substantiam atteso che in mancanza di quella espressa pattuizione per il detto contratto trova applicazione il termine legale ex art. 2165 (Cass. n. 524/1988).

Possesso e detenzione

Il concedente di un fondo dato a colonia parziaria conserva il possesso dello stesso e dei frutti pendenti. Di questi ultimi egli diviene compossessore col colono solo dopo la loro separazione. Consegue che, se il colono si rifiuta di procedere alla raccolta dei frutti ed impedisce al concedente di procedervi di persona, egli commette veri e propri Atti di turbativa, per i quali non può essere negata al concedente l'azione di manutenzione (Cass. n. 1842/1969). Anche dopo l'entrata in vigore della l. n. 756/1964 (la quale ha stabilito che i prodotti del fondo devono essere divisi in natura sul fondo stesso, con l'intervento del concedente e del colono, e che, a divisione avvenuta, le parti acquistano la piena disponibilità della quota a ciascuno spettante), il colono diviene comproprietario pro indiviso insieme con il concedente dei frutti del fondo, soltanto dopo che questi siano stati separati dalla cosa che li produce, mentre prima della separazione il colono, in relazione ad essi, ha soltanto una legittima aspettativa alla costituzione di un diritto futuro. Ne consegue che il colono, in quanto detentore e non già possessore dei frutti pendenti, non è legittimato ad esperire l'azione di manutenzione contro le molestie del concedente che turbino il suo godimento (Cass. n. 81/1981). Il godimento di un fondo in forza di rapporto di colonia parziaria, avente natura obbligatoria, è qualificabile come detenzione, e, pertanto, non e idoneo all'acquisizione per usucapione del dominio utile del fondo medesimo, fino a che non intervenga un mutamento della detenzione in possesso, ai sensi dell'art. 1141 comma 2 (Cass. n. 807/1977). Il colono, quale detentore autonomo, ben può esperire l'azione di reintegrazione contro il concedente che lo abbia spogliato del godimento del fondo, ma, appunto in quanto detentore e non già possessore, non può reagire con l'azione di manutenzione alle molestie del concedente che turbino siffatto godimento (Cass. n. 3837/1978).

Compartecipazione

La cosiddetta compartecipazione agraria può in concreto assumere varie forme, anche al di fuori di quelle tipiche, e postula che una parte sia titolare della proprietà o di altro diritto reale di godimento sul fondo e che l'altra parte riceva dalla prima la concessione della coltivazione del fondo medesimo, con diritto ad una quota dei prodotti o degli utili e con assunzione in parte dei rischi (nella specie, enunciando il principio surriportato, il S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ravvisato un contratto di tipo associativo, escludendo trattarsi di rapporto di affittanza agraria, nella convenzione con cui il proprietario di un fondo destinato alla coltivazione a pioppeto aveva rinunziato per vari anni al canone d'affitto, in vista dell'utile realizzabile alla fine del ciclo culturale, e pattuito con l'altra parte la ripartizione del ricavato della vendita dei pioppi in ragione di metà ciascuno) (Cass. n. 3975/1983). Qualora il proprietario, mantenendo la detenzione del fondo e continuandovi a prestare la sua attività lavorativa, associ un terzo nella coltivazione dello stesso, con determinati apporti di capitale e mano d'opera e la ripartizione degli utili, senza una scadenza predeterminata del rapporto, si è in presenza di una impresa agraria nella forma della società semplice, dovendosi escludere sia un contratto di compartecipazione agraria, che postula l'attribuzione della detenzione del fondo da coltivare al compartecipe, sia un'impresa familiare stante la sua natura solo residuale e suppletiva (Cass. n. 733/1987).

La compartecipazione agraria comporta il permanere della titolarità e dell'Esercizio dell'impresa agricola nel concedente — sia esso titolare di un diritto reale o personale di godimento sul fondo — con l'apporto del lavoro manuale per la coltivazione del fondo medesimo da parte del partecipante, l'interesse del quale si sostanzia nella attribuzione della partecipazione ai prodotti del fondo, restando le perdite della gestione a carico del concedente imprenditore ed essendo la sopportazione del rischio da parte del compartecipante medesimo limitata al mancato conseguimento della quota di prodotti a lui spettante, o ad un conseguimento inferiore alle aspettative, in caso di improduttività o di minore produttività del fondo, nonché nella totale o parziale inutilità della spesa da lui sostenuta, oltre le anticipazioni fattegli dal concedente. Non rilevano, al fine di escludere la configurazione di tale rapporto per affermare quella di colonia parziaria, le circostanze: che il fondo sia consegnato già arato, che l'intero carico dei lavori colturali cada sui coloni, che sia previsto il riparto dei prodotti secondo una percentuale con suddivisione dei rischi dell'impresa (Cass. n. 4703/1983). Il contratto di compartecipazione agraria ricorre quando lo imprenditore agricolo, sia esso proprietario od affittuario, conceda il fondo rustico ad un colono affinché questi, per un periodo non inferiore ad un intero ciclo annuale, contribuisca alla lavorazione del medesimo, con il prevalente apporto delle proprie personali prestazioni lavorative, concorrendo alle spese ed ai rischi e traendo profitto anche mediante partecipazione ai proventi. Lo stabilire se determinate coltivazioni siano stagionali o meno — e, quindi, se sia applicabile ai relativi contratti di compartecipazione la l. n. 756/1964 — rientra nei compiti del giudice del merito, il cui accertamento è insindacabile in Sede di legittimità se sostenuto da congrua ed esauriente indagine (Cass. n. 5487/1986).

I contratti agrari «atipici» o «misti», già soggetti alla disciplina di cui alla l. n. 11/1971, sono stati assoggettati anche alla l. n. 203/1982, la quale non si limita a regolare i contratti tipici di mezzadria e colonia parziaria, atteso che la interpretazione restrittiva del disposto dell'art. 25 comma 1, l. n. 203/1982, cit., non sorretta da alcun criterio interpretativo, è superata dal riferimento, contenuto nel comma 2 dello stesso articolo, ai contratti di compartecipazione agraria, e pertanto, anche ai rapporti «atipici» in quanto non autonomamente disciplinati dal codice civile o dalle altre leggi speciali (Cass. n. 8515/2004).

Bibliografia

: Cattaneo, I contratti agrari associativi, in Diritto agrario italiano, Torino, 1978.

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