Codice Civile art. 2364 - Assemblea ordinaria nelle società prive di consiglio di sorveglianza 1 .

Guido Romano

Assemblea ordinaria nelle società prive di consiglio di sorveglianza1 .

[I]. Nelle società prive di consiglio di sorveglianza, l'assemblea ordinaria:

1) approva il bilancio;

2) nomina e revoca gli amministratori; nomina i sindaci e il presidente del collegio sindacale e, quando previsto, il soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti 2;

3) determina il compenso degli amministratori e dei sindaci, se non è stabilito dallo statuto;

4) delibera sulla responsabilità degli amministratori e dei sindaci;

5) delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell'assemblea, nonché sulle autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto per il compimento di atti degli amministratori, ferma in ogni caso la responsabilità di questi per gli atti compiuti;

6) approva l'eventuale regolamento dei lavori assembleari.

[II]. L'assemblea ordinaria deve essere convocata almeno una volta l'anno, entro il termine stabilito dallo statuto e comunque non superiore a centoventi giorni dalla chiusura dell'esercizio sociale. Lo statuto può prevedere un maggior termine, comunque non superiore a centottanta giorni, nel caso di società tenute alla redazione del bilancio consolidato ovvero  quando lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura ed all'oggetto della società; in questi casi gli amministratori segnalano nella relazione prevista dall'articolo 2428 le ragioni della dilazione34

 

[1] Articolo sostituito dall' art. 1 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6 , con effetto dal 1° gennaio 2004. La legge ha modificato l'intero capo V, ed è stata poi modificata e integrata dal d.lg 6 febbraio 2004, n. 37, la cui disciplina transitoria è dettata dall'art. 6.

[2] Le parole «al quale è demandato il controllo contabile» sono state sostituite dalle parole «incaricato di effettuare la revisione legale dei conti» dall'art. 37, comma 3, del d.lg. 27 gennaio 2010, n. 39.

[3] La parola «ovvero» è stata sostituita alla parola «e» dall'art. 9 d.lg. 28 dicembre 2004, n. 310.

[4] Con riferimento alle misure straordinarie ed urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, v. art. 106, comma 1, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv., con modif., in l. 24 aprile 2020, n. 27, che prevede che in deroga a quanto previsto dagli articoli 2364, secondo comma, e 2478-bis, del codice civile o alle diverse disposizioni statutarie, l'assemblea ordinaria è convocata entro centottanta giorni dalla chiusura dell'esercizio. Ai sensi del comma 7 dell’art. 106 cit., le disposizioni del presente articolo si applicano alle assemblee convocate entro il 31 luglio 2020 ovvero entro la data, se successiva, fino alla quale è in vigore lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all'insorgenza della epidemia da COVID-19.  

Inquadramento

La riforma del diritto societario ha cercato di superare il concetto di centralità assembleare, attribuendo definitivamente agli amministratori l'esclusiva competenza in ordine alla gestione della società (art. 2380 bis) e limitando l'ingerenza nel campo gestorio dell'assemblea attraverso la riscrittura del n. 5 dell'articolo in commento e, precisamente, attraverso la restrizione del perimetro delle autorizzazioni al compimento degli atti gestori a quelle indicate nello statuto e sempre fatta salva la responsabilità di questi per gli atti compiuti (Maugeri, 1412).

L'assemblea rimane essenziale nella struttura della società: si è affermata, infatti, l'illegittimità della previsione statutaria che, demandando al socio unico tutti i poteri spettanti all'assemblea dei soci, e prevedendo, per il loro esercizio attraverso rappresentante, che la procura rivesta la forma prevista per il verbale d'assemblea, implichi l'esclusione del metodo assembleare (App. Roma, 12 novembre 1998, Giur. it., 1999, 1251).

Le competenze dell'assemblea

L'art. 2364 enumera, in una sorta di catalogo, le competenze dell'assemblea ordinaria nelle società che hanno adottato il sistema di amministrazione e controllo tradizionale. Le norme che delimitano la competenza dell'assemblea sono di ordine pubblico e pertanto inderogabili; non è quindi ammissibile che lo statuto possa derogare la competenza assembleare, trasferendo materie di competenza dell'assemblea agli amministratori (Cass. n. 13279/2012; Cass. n. 5595/1988).

In questa prospettiva, è stato affermato che la clausola statutaria, la quale preveda la convocazione dell'assemblea ordinaria entro un certo mese dell'anno, non può significare che tutte le assemblee successive abbiano natura straordinaria e siano, quindi, soggette al più rigoroso regime giuridico, dovendo invece essere attribuito all'eventuale termine statutario, secondo l'interpretazione conservativa imposta dall'art. 1367, lo stesso significato ed efficacia del termine di sei mesi, fissato dall'art. 2364, comma 2, nel senso cioè di non precludere lo svolgimento dell'assemblea ordinaria in un momento successivo (Cass. n. 13279/2012, cit.).

Nei casi previsti la delibera assembleare costituisce modo formale e inderogabile di espressione della volontà della società di cui non sono ammessi equipollenti (Cass. n. 10869/1999).

Lo statuto, così, non può attribuire alla competenza dell'assemblea ordinaria materia di competenza dell'assemblea straordinaria, non potendo essere variati in diminuzione i quorum previsti per la seconda (Abbadessa 44); inoltre, non è possibile l'attribuzione delle competenze che la legge conferisce all'assemblea ad altri organi della società, salvo le espresse previsioni di legge (Abbadessa 45).

Le norme che determinano la competenza dell'assemblea non possono essere derogate in via negoziale, neppure quando la deroga sia diretta a realizzare un fine meritevole di tutela da parte dell'ordinamento (Trib. Monza, 29 gennaio 1982, Giur. comm., 1983, II, 125). Tuttavia, una parte della giurisprudenza ritiene che l'elencazione di cui al comma in argomento non esaurisca il novero delle competenze ammissibili (Trib. Milano, 5 novembre 2005, Soc., 2006, 1412).

Peraltro, l'articolo in commento non esaurisce le competenze dell'assemblea alle cui decisioni numerose altre norme fanno riferimento: approvazione delle spese sostenute dai promotori (art. 2338 comma 2); autorizzazione di acquisti della società da promotori, fondatori, soci e amministratori (art. 2343 bis comma 1); distribuzione di utili (art. 2433); determinazione del numero degli amministratori, qualora lo statuto indichi solo il minimo ed il massimo (art. 2380 bis, commi 4 e 5); autorizzazione alla delega di attribuzioni del consiglio di amministrazione (art. 2381 comma 2); sostituzione degli amministratori quando sia venuta meno la maggioranza di quelli già nominati (art. 2386 comma 2); autorizzazione agli amministratori ad assumere la qualità di soci illimitatamente responsabili in società concorrenti o ad esercitare un'attività concorrente per conto proprio o di terzi (art. 2390); sostituzione dei sindaci (art. 2401), nomina di direttori generali (art. 2396); assunzione di partecipazione in altre imprese che comportino in capo alla società una responsabilità illimitata per le obbligazioni da esse assunte (art. 2361 comma 2), riduzione del capitale per perdite nel caso dell'art. 2446, acquisto di azioni proprie (art. 2357 e ss.).

La competenza dell'assemblea non è né generale né sovraordinata rispetto agli altri organi: essa è delimitata in funzione del principio di esclusiva responsabilità dell'organo amministrativo per l'attività di gestione, non potendo l'assemblea sostituirsi agli amministratori né revocare gli atti da questi compiuti.

Le autorizzazioni in materia di gestione

La riforma del diritto societario ha ristretto le competenze dell'assemblea in ambito gestorio. Oggi, è previsto che l'assemblea deliberi sulle autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto per il compimento di atti degli amministratori, ferma, comunque, in ogni caso la responsabilità dell'organo gestorio per gli atti compiuti. Come si ricava dall'art. 2380 bis, infatti, la competenza degli amministratori in materia di gestione della società è esclusiva con la conseguenza che, da una parte, lo statuto non può riservare all'assemblea il potere di prendere decisioni in ordine alla gestione sociale (in senso parzialmente diverso Grippo, Bolognesi, 15 e 21) e, dall'altra, gli amministratori non possono, di loro iniziativa, sottoporre all'assemblea operazioni attinenti alla gestione sociale (Ferrara Corsi, 487).

L'autorizzazione dell'assemblea rimuove un ostacolo all'esercizio del potere del quale sono investiti gli amministratori la cui valutazione discrezionale non è solo preventiva e concernente l'opportunità di compiere determinate operazioni, ma anche successiva concernente l'opportunità dell'operazione sociale autorizzata (Di Amato, 14; Ferrara, Corsi, 486). Pur quando l'autorizzazione sia stata concessa e, dunque, rimosso l'ostacolo al compimento dell'atto, qualora la valutazione successiva sia negativa, gli amministratori devono disattendere le indicazioni dell'assemblea che possano recare pregiudizio alla società, ai soci ed ai terzi.

La convocazione annuale dell'assemblea

Gli amministratori hanno il potere discrezionale di convocare l'assemblea ordinaria ogni volta lo ritengano opportuno, ma la legge stabilisce una periodicità minima delle riunioni correlata alla approvazione dei risultati della gestione al fine di consentire ai soci di conoscerli e discuterli (Di Amato, 20). Così, il secondo comma prevede che l'assemblea ordinaria deve essere convocata almeno una volta l'anno, entro il termine stabilito dallo statuto e comunque non superiore a centoventi giorni dalla chiusura dell'esercizio sociale; il medesimo comma consente, però, all'autonomia statutaria di prevedere un maggior termine, comunque non superiore a centottanta giorni, nel caso di società tenute alla redazione del bilancio consolidato ovvero quando lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura ed all'oggetto della società con obbligo per gli amministratori di segnalare le ragioni della dilazione nella relazione sulla gestione.

La delibera di approvazione del bilancio di una società per azioni non è invalida per essere stata adottata dopo la scadenza del termine di quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio sociale, stabilito dall'art. 2364, comma 2, o del termine più lungo (ma non superiore a sei mesi) dalla detta chiusura, fissato nell'atto costitutivo, conformemente alla previsione dell'ultima parte della disposizione citata (Cass. n. 7623/1997; Trib. Napoli, 22 aprile 2009, Foro it., 2009, I, 3242; Trib. Milano, 11 settembre 1995, Soc., 1996, 435).

Altre disposizioni di legge, peraltro, prescrivono l'obbligatorietà della convocazione dell'assemblea in determinate circostanze e precisamente quando: venga meno la maggioranza degli amministratori nominati dall'assemblea (art. 2386 comma 2); sia impossibile completare il collegio sindacale facendo ricorso ai sindaci supplenti (art. 2401 comma 3); risulti la riduzione, in conseguenza di perdite, di un oltre un terzo del capitale sociale e, comunque, quando sia doveroso l'intervento sul capitale sociale (artt. 2446 e 2447).

In ragione dell'attuale emergenza epidemiologica, l'art. 3, comma 6, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, come convertito con modificazioni dalla legge 21/2021 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 51 del 1° marzo 2021), ha modificato i commi 1 e 7 dell'art. 106 del d. l. 17 marzo 2020, n. 18 (convertito con modificazioni nella legge 24 aprile 2020, n. 27), apportando modifiche ai termini di convocazione dell'assemblea. In particolare, ha stabilito che l'assemblea ordinaria “è convocata per approvazione del bilancio di esercizio al 31 dicembre 2020 entro 180 giorni dalla chiusura dell'esercizio”. 

Pertanto, la norma in commento deve ritenersi derogata: a seguito della modifica introdotta dal decreto Milleproroghe, in tutte le società è possibile convocare l'assemblea per l'approvazione del bilancio al 31 dicembre 2020 entro 180 giorni dalla chiusura dell'esercizio e, quindi, entro il 29 giugno 2021, anche in assenza di apposita previsione statutaria e senza necessità di indicare le ragioni di tale dilazione nella relazione sulla gestione.

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