Codice Civile art. 2497 - Responsabilità 1 .Responsabilità 1. [I]. Le società o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell'interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all'integrità del patrimonio della società. Non vi è responsabilità quando il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell'attività di direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette2. [II]. Risponde in solido chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo e, nei limiti del vantaggio conseguito, chi ne abbia consapevolmente tratto beneficio. [III]. Il socio ed il creditore sociale possono agire contro la società o l'ente che esercita l'attività di direzione e coordinamento, solo se non sono stati soddisfatti dalla società soggetta alla attività di direzione e coordinamento. [IV]. Nel caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria di società soggetta ad altrui direzione e coordinamento, l'azione spettante ai creditori di questa è esercitata dal curatore o dal commissario liquidatore o dal commissario straordinario3.
[2] Ai sensi dell'art. 19 del d.l. 1° luglio 2009, n. 78, convertito in l. 3 agosto 2009, n. 102, il comma si interpreta nel senso che «per enti si intendono i soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell'ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economica o finanziaria». [3] L'art. 382, comma 3, d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 aveva disposto la sostituzione del presente comma con il seguente: «Nel caso di liquidazione giudiziale, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria di società soggetta ad altrui direzione e coordinamento, l'azione spettante ai creditori di questa è esercitata dal curatore o dal commissario liquidatore o dal commissario straordinario.». Tale disposizione, ai sensi dell'art. 389, comma 1, come sostituito dall'art. 5, comma 1, d.l. 8 aprile 2020, n. 23, conv. con modif., in l. 5 giugno 2020, n. 40, entrava in vigore il 1° settembre 2021. Tuttavia tale modifica non è più prevista dall'attuale formulazione dell'art. 382 d.lgs. n. 14/2019 cit., che è stato interamente sostituito dall'articolo 39, comma 2, del d.lgs. 26 ottobre 2020, n. 147 a decorrere dal 1° settembre 2021, secondo quanto stabilito dall'articolo 42, comma 1, del d.lgs. 147/2020 medesimo. InquadramentoLa riforma del diritto societario ha per la prima volta introdotto nell'ordinamento italiano una disciplina del fenomeno dei gruppi societari, attraverso la normazione dell'attività di direzione e coordinamento. Tuttavia, la tecnica legislativa si è incentrata direttamente sulla responsabilità derivante dall'esercizio dell'attività di direzione e controllo senza delineare la fattispecie astratta. La disciplina si applica a tutti i tipi di società. L'attività di direzione e coordinamentoL'attività di direzione e coordinamento è una attività di fatto, giuridicamente rilevante, che si esplica come influenza dominante sulle scelte e determinazioni gestorie degli amministratori della società etero diretta che ne sono i naturali referenti e destinatari (Trib. Milano, 20 dicembre 2013, Soc., 2014, 560 che precisa che nondimeno, quando la legge assume il controllo partecipativo come fondamento della presunzione dell'esercizio di tale attività, ai sensi dell'art. 2497-sexies, essa lo riconosce anche quale titolo di legittimo esercizio facoltativo di quel potere). L'attività di direzione e coordinamento si distingue perciò dall'amministrazione di fatto della società controllata: l'ente dirigente non agisce compiendo esso stesso atti di gestione della società eterodiretta rilevanti verso i terzi e/o spendendo il nome di lei, così generando un effetto di imputazione ad essa dei suoi atti; l'ente dirigente invece influenza o determina le scelte gestorie operate dagli amministratori della società diretta, che si tradurranno in atti gestori rilevanti verso i terzi compiuti, in esecuzione delle direttive, dagli amministratori della società diretta. La controllante, dunque, non esercita “i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione” di amministratore. L'attività di direzione e coordinamento è invece un'attività atipica, che può assumere forma orale o scritta e le modalità più svariate avente come soggetto attivo l'ente dirigente e come destinatari gli amministratori della società diretta, consistente nella espressione di volontà della controllante in ordine ad atti gestori che dovranno essere compiuti dagli amministratori della società diretta (e poi di conseguenza imputati ad essa). I principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale sono, nei gruppi di impresa, violati ogniqualvolta la holding, nel realizzare una determinata strategia od operazione, non abbia trovato il punto di equilibrio tra il proprio interesse e quello delle società controllate: la clausola generale contenuta nell'art. 2497, comma 1, vale come formula che riassume in sé i criteri ai quali deve essere informata la direzione unitaria. Si precisa che l'attività di direzione e coordinamento non ha carattere necessariamente unitario e globale rispetto a tutte le società del gruppo e a tutti i comparti, potendo riguardare singole società e specifiche aree di attività (finanziaria, produttiva, commerciale) della società eterodiretta. Inoltre, essa non promana necessariamente dal soggetto che si trova al vertice del gruppo di società, ben potendo direttive rilevanti ai sensi dell'art. 2497 scaturire da qualunque società facente parte della catena di controllo (Trib. Milano, 10 novembre 2014, Soc., 2015, 1377). Anche in dottrina si evidenzia come l'attività di direzione e coordinamento costituisca una attività di fatto (Valzer 2007, 834; Scognamiglio, 2015, 1096 ss.). Si ritiene necessaria, però, una attività sistematica e, quindi, non la formulazione di sporadiche direttive (Galgano Sbisà, in Comm. S. B., 2015, 108), ma una costante pluralità di atti di indirizzo idonei ad incidere sulle decisioni gestorie dell'impresa, cioè sulle scelte strategiche ed operative di carattere finanziario, industriale, commerciale che attengono alla conduzione degli affari sociali (così Montalenti, 2007, 321; Scarpa, 665; Tombari, 2010, 25; Scognamiglio, 2015, 1102 ss.). La responsabilità sorge in caso di violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale (criticano la doppia aggettivazione, Bussoletti, La Marca, 65 ss.). Taluni ritengono che si tratti di una clausola generale (Irace 317, contra, Scognamiglio, 2015, 1108 secondo la quale tali principi impongono una “attribuzione di significato” ex ante da parte dell'interprete). I vantaggi compensativiL'ultimo periodo del primo comma prescrive che non vi è responsabilità quando il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell'attività di direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette. Si ritiene che, con tale disposizione, il legislatore abbia inteso introdurre la nozione di vantaggi compensativi (sulla nozione di vantaggi compensativi, prima della riforma, Montalenti, 1995, 710 ss.; dopo la riforma, Galgano, Sbisà, in Comm. S. B., 2015, 150 ss.). In questa prospettiva, la società controllante potrebbe impartire direttive pregiudizievoli alle società controllate purché sussista un beneficio (compensativo) idoneo a ripianare le perdite derivante dalla partecipazione delle medesime società controllate al gruppo (Irace 319; Ferrara, Corsi, 797; Valzer, 2016, 3022 anche per gli ulteriori approfondimenti in ordine alle due modalità previste dalla norma per l'eliminazione del danno). Si ritiene che la riparazione del danno faccia venir meno la illiceità della condotta della controllante (Guizzi 166). Due sono le problematiche di particolare rilievo in ordine alla disciplina dei vantaggi compensativi e, precisamente, se essi debbano essere attuali o se siano sufficienti vantaggi fondatamente prevedibili e se il vantaggio possa essere riguardato nell'ottica di gruppo e cioè possa incrementare il risultato economico di una società in misura maggiore di un'altra. Secondo autorevole dottrina (Scognamiglio 2015, 1124), l'esenzione della responsabilità presuppone che l'eliminazione del danno passi attraverso l'attribuzione di un congruo vantaggio compensativo che sia, però, non genericamente riferito al gruppo (e dunque anche ad altre società), ma funzionale specificamente alla riparazione del pregiudizio inferto alla società eterodiretta ovvero che il danno risulti mancante in base al computo complessivo dei vantaggi e degli svantaggi della politica di gruppo, calcolati però con riferimento a quella specifica società eterodiretta. In tema di responsabilità degli amministratori di società di capitali verso la società stessa, appartenente ad un gruppo societario, ha rilievo la considerazione dei cosiddetti vantaggi compensativi derivanti dall'operato dell'amministratore, riflettentisi sulla società in conseguenza della sua appartenenza al gruppo e idonei a neutralizzare, in tutto o in parte, il pregiudizio cagionato direttamente alla società amministrata; tuttavia non è sufficiente, al fine di escludere corrispondentemente la responsabilità, la mera ipotesi della sussistenza dei detti vantaggi, ma l'amministratore ha l'onere di allegare e provare gli ipotizzati benefici indiretti, connessi al vantaggio complessivo del gruppo, e la loro idoneità a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi dell'operazione compiuta (Cass., 24 agosto 2004, n. 16707; App. Milano, 30 marzo 2001, in Giur. comm., 2002, II, 200; più permissiva appare Cass., 14 ottobre 2010, n. 21250). Le operazioni compiute nell'esercizio di attività di direzione e coordinamento, ancorché nell'esclusivo interesse della controllante, devono considerarsi lecite ogni qual volta esse non rechino danno alle controllate o i danni siano adeguatamente compensati da vantaggi di gruppo o elisi da specifiche operazioni di segno opposto (Trib. Milano, 17 febbraio 2012, Soc, 2012, 577; Trib. Milano, 2 febbraio 2012, Giur. it., 2012, 1604). La natura della responsabilitàSia la giurisprudenza che la dottrina sono divise in ordine alla individuazione della natura della responsabilità della società che esercita attività di direzione e coordinamento (per una analisi delle rispettive posizioni, Benedetti, 2013, 525 ss.). Secondo una parte della dottrina, infatti, la norma in argomento introdurrebbe una responsabilità da inadempimento dei precetti di corretta gestione societaria ed imprenditoriale delle società eterodirette con conseguente responsabilità contrattuale della capogruppo (Bussoletti La Marca, 125 ss.; Sacchi, 668; Rordorf, 545; Benedetti, 2012, 22; Guizzi, 2003, 348; Irace, 320; Valzer, 2016, 3015). Altra parte della dottrina evidenzia, al contrario, come la norma dell'art. 2497 ricalchi lo schema dell'art. 2043 incentrando la disciplina sui presupposti del fatto colposo (la violazione dei principi di corretta gestione) ed il pregiudizio subito dai soci e dai creditori (Ferrara Corsi, 796; Galgano, Sbisà, in Comm. S. B., 2015, 174). Una parte della giurisprudenza, infatti, propende per la ricostruzione in termini di responsabilità contrattuale fondata su un preesistente dovere di protezione avente contenuto definito e posto a carico della società dirigente verso la società diretta ed i suoi soci (Trib. Milano, 17 giugno 2011, in Giur. comm., 2013, II, 507; Trib. Milano, 22 luglio 2013; Trib. Milano, 20 dicembre 2013, in Soc., 2014, 357). Si segnala che un accenno alla responsabilità di natura contrattuale ai sensi dell'art. 2497 si rinviene in un obiter dictum delle sezioni unite (Cass. S.U., n. 24906/2011). Altra giurisprudenza ha però affermato la natura extracontrattuale della responsabilità in argomento (Trib. Palermo, 15 giugno 2011, in Giur. comm. 2013, II, 507 ed in Foro it., 2011, I, 3184; Trib. Roma, 17 luglio 2007 e 13 settembre 2007 in Riv. Dir. comm., 2008, II, 211; Trib. Pescara, 2 febbraio 2009, in Foro it., 2009, I, 2829; Trib. Napoli, 28 maggio 2008, in Foro it., 2009, I, 1960). Quanto all'onere della prova, fuori dai casi previsti dall'art. 2497-sexies, l'attore è tenuto a provare l'esercizio, da parte della società chiamata a rispondere del danno, dell'attività di direzione e coordinamento. Tuttavia, non può comunque essere richiesta l'acquisizione della prova diretta dell'esistenza materiale e del contenuto esatto della direttiva, essendo sufficiente l'acquisizione di indizi da cui desumere che l'influenza, da parte dell'ente dirigente sugli amministratori della società diretta, vi sia stata ed abbia concorso a determinare il compimento dell'operazione o della serie di operazioni dannose per la società diretta, i suoi soci od i suoi creditori e vantaggiose per l'ente dirigente (Trib. Milano, 20 dicembre 2013, in Soc., 2014, 357; Trib. Roma, ord., 7 aprile 2015). La legittimazione attiva. Il problema della legittimazione della società eterodirettaLa norma attribuisce la legittimazione attiva ai soci ed ai creditori della società soggetta all'altrui attività di direzione e coordinamento. Più precisamente, la norma pone prevede espressamente la responsabilità nei confronti dei soci della società eterodiretta per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale e nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all'integrità del patrimonio della società. Con riguardo alla posizione del socio, si evidenzia in dottrina come la norma sembri contemplare una ipotesi di risarcibilità del danno meramente riflesso subito dal socio, derogando così al principio di generale irrisarcibilità di tale tipo di danno. Infatti, il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale altro non è che il riflesso del danno subito (direttamente) dalla società eterodiretta che importa una riduzione del valore del patrimonio sociale e, dunque, una riduzione del valore delle partecipazioni dei soci (sul punto, La Marca, 381 ss.; in posizione critica, Sacchi, 666). L'azione di responsabilità riconosciuta ai soci dall'art. 2497 consente al socio della società soggetta ad altrui direzione e coordinamento, di agire nei confronti dell'ente che tale direzione e coordinamento abbia malamente esercitato, al fine di conseguire a proprio favore il risarcimento di danni incidenti sostanzialmente sul patrimonio della società e dunque per conseguenza solo indiretta, sul suo patrimonio personale, avendo il legislatore richiamato il concetto di pregiudizio arrecato al valore o alla redditività della partecipazione sociale (Trib. Bologna, 12 aprile 2006, in giuremilia.it, 2006; Trib. Milano, 17 giugno 2011, in Giur. comm. 2013, II, 507). Quanto all'azione dei creditori, parte della dottrina riconosce la legittimazione soltanto ai creditori che non siano società ed enti appartenenti al gruppo, in quanto questi ultimi subiscono la regola della postergazione prevista dall'art. 2497-quinquies (Scognamiglio 2015, 1130). Come visto, la norma non prevede la legittimazione ad agire della società sottoposta all'attività di direzione e coordinamento, titolare del patrimonio direttamente danneggiato dalle condotte abusive della controllante. In giurisprudenza, prevale l'orientamento favorevole ad ammettere tale legittimazione (Trib. Milano, 20 dicembre 2013, in Soc., 2014, 560; Trib. Milano, 27 febbraio 2012 e Trib. Milano, 7 maggio 2014). In dottrina, mentre taluni sono per la negativa (Pennisi 2014, 197 ss. ed ivi per gli ulteriori riferimenti bibliografici), altri autori ammettono la legittimazione della società eterodiretta in ragione della circostanza che questa riposa sui principi generali del diritto processuale civile e, prima ancora, sul principio di cui all'art. 24 Cost. (Scognamiglio 2015, 1130; Galgano, Sbisà, in Comm. S. B., 2015, 192). La riforma della crisi di impresa (art. 382, comma 3, d.lgs.12 gennaio 2019, n. 14) ha chiarito che nel caso di liquidazione giudiziale, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria di società soggetta ad altrui direzione e coordinamento, l'azione spettante ai creditori di questa è esercitata dal curatore o dal commissario liquidatore o dal commissario straordinario. Questa disposizione entra in vigore decorsi diciotto mesi dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (intervenuta in data 14 febbraio 2019). La legittimazione passivaLegittimata passiva dell'azione intrapresa dal socio o dal creditore sociale è, in primo luogo, la società o l'ente che esercita l'attività di direzione e coordinamento e, quindi, la holding di vertice (Galgano Sbisà, in Comm. S. B., 2015, 205 che precisano peraltro che saranno legittimate anche tutte le holding intermedie ed anche la diretta controllante della società cui appartiene il socio agente o di cui è creditore l'attore). Il secondo comma dell'art. 2497 prevede che risponde in solido chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo e, nei limiti del vantaggio conseguito, chi ne abbia consapevolmente tratto beneficio (sul punto, Benedetti, 2012, passim; Guizzi, 2014, 173, Scognamiglio, 2015, 1146 ss.; Galgano, Sbisà, in Comm. S. B., 2015, 211 ss.). Gli amministratori della società controllante rispondono in solido, in via aquiliana, per la lesione all'integrità del patrimonio della società controllata conseguente a condotte che costituiscono violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale o per aver concorso con gli amministratori della società controllata al depauperamento del suo patrimonio sociale (Trib. Prato, 25 settembre 2012, in Soc., 2012, 1358). Con riferimento alla possibilità di convenire in giudizio i soggetti che abbiano consapevolmente tratto vantaggio dai comportamenti pregiudizievoli, la responsabilità (secondo Scognamiglio, 2015, 1147 non si tratta tecnicamente di un petitum risarcitorio) è limitata al vantaggio conseguito (Galgano Sbisà, in Comm. S. B., 2015, 217 ss.). Al fine di superare le incertezze in ordine alla possibilità di assoggettare alla responsabilità di cui all'art. 2497 enti pubblici che detengano partecipazioni di controllo in società di capitali, l'art. 19 comma 6 d.l. n. 78/2009 (convertito in l. n. 102/2009) ha fornito una interpretazione autentica della norma in commento specificando che l'art. 2497 si interpreta nel senso che per enti si intendono i soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell'ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economica o finanziaria. Segue. La legittimazione passiva della holding persona fisicaAssai dibattuta è la possibilità di ravvisare la responsabilità (e, dunque, la legittimazione passiva) della persona fisica esercente l'attività di direzione e coordinamento nei confronti di società da essa controllate. Il riferimento, contenuto nell'art. 2497 agli enti ed alle società che esercitano la direzione ed il coordinamento, unitamente all'analisi dei lavori preparatori della riforma (dai quali si evince che quel riferimento ha preso il posto della originaria indicazione della responsabilità di «chi» esercita l'attività di direzione e coordinamento) sembrano condurre verso la soluzione negativa (Dal Soglio, 2329, nt. 115; Campobasso, 305). Si è però rilevato, partendo dall'analisi della giurisprudenza in materia di fallibilità della holding persona fisica (già in Cass., 26 febbraio 1990, n. 1439) che una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2497 porta ad includere nel suo raggio di operatività anche la persona fisica che abbia organizzato la propria influenza su una pluralità di società partecipate in modo tale da esercitare su di esse una vera e propria attività di direzione e coordinamento (amplius, Scognamiglio, 2015, 1136 ss., spec. 1140, la quale rileva, peraltro, la debolezza dell'argomento relativo ai lavori preparatori in quanto l'uso del pronome «chi» si rinviene in diverse altre norme; così anche Valzer, 2016, 3032). Va via via affermandosi l'orientamento secondo il quale è configurabile la diretta responsabilità delle persone fisiche esercenti attività di direzione e coordinamento verso la società eterodiretta per i danni provocati al suo patrimonio dall'esercizio illegittimo di tale attività, quando essa sia esercitata professionalmente, stabilmente e con adeguato impiego di mezzi (Trib. Milano, 20 dicembre 2013, in Soc., 2014, 357; Trib. Milano, 20 marzo 2014, Soc., 2014, 883; App. Venezia, 12 marzo 2013; Trib. Roma, ord., 7 aprile 2015; Trib. Roma, 21 novembre 2011, in ilcaso.it; Trib. Venezia, 11 ottobre 2012, in Fall., 2013, 125). L'onere di preventiva escussione della società eterodirettaIl terzo comma dell'articolo in commento dispone che il socio ed il creditore possono agire nei confronti dell'ente controllante solo se non sono stati soddisfatti dalla società soggetta alla attività di direzione e coordinamento. Secondo una parte della giurisprudenza, il terzo comma dell'articolo in commento prevedrebbe un vero e proprio onere di preventiva escussione del patrimonio della società sottoposta all'altrui abusivo esercizio di direzione unitaria (Trib. Pescara, 16 gennaio 2009, in Pqm, 2009, 59; Trib. Milano, 23 aprile 2008, in Soc., 2009, 78) dal quale deriverebbe, in assenza di tale presupposto, l'inammissibilità della domanda proposta nei confronti della capogruppo. Tuttavia, secondo l'orientamento maggioritario, né la messa in mora né la preventiva escussione della società controllata costituiscono condizioni dell'azione e di proponibilità della domanda volta a far valere la responsabilità dell'ente capogruppo per violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale nell'attività di direzione e coordinamento verso i soci e i creditori della società controllata (Trib. Milano, 17 giugno 2011, in Giur. comm. 2013, II, 507). In questa prospettiva, la norma pone a carico del soggetto agente semplicemente un onere di richiesta di soddisfazione che può essere anche assolto attraverso la citazione in giudizio della società controllata in chiave di denuntiatio liti volta a stimolarla all'azione nei confronti della controllante (così, Trib. Milano, 17 giugno 2011 cit., Trib. Milano, 20 dicembre 2013, in Soc., 2014, 357; Trib. Milano, 27 febbraio 2012, in Giur. it., 2012, 2585). Si precisa che l'art. 2497 comma 3 contempla solo un onere di preventiva escussione del patrimonio della controllata, da far valere in fase esecutiva, dopo avere comunque ottenuto un accertamento giudiziale che abbia confermato la sussistenza della responsabilità della holding e il danno subìto dal socio(Trib. Palermo, 15 giugno 2011, in Giur. comm. 2013, II, 507 ed in Foro it., 2011, I, 3184). Il terzo comma della menzionata disposizione, nel prevedere che il creditore sociale può agire nei confronti dell'ente o della società che svolge attività di direzione e coordinamento solo se non sia stato soddisfatto dalla società soggetta a tale attività, si limita ad individuare una condizione di ammissibilità dell'azione di responsabilità prevista dal primo comma, ma non costituisce il fondamento normativo di un'ulteriore responsabilità sussidiaria tipica della cd. «holding» per il pagamento dei debiti insoddisfatti della società eterodiretta (Cass. n. 12254/2015). BibliografiaAnnunziata, art. 2497-quater, in G. Sbisà (a cura di), Direzione e coordinamento di società. Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, Milano, 2012; Balp, art. 2497-quinquies, in G. Sbisà (a cura di), Direzione e coordinamento di società. Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. 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