Codice Civile art. 2722 - Patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento.

Giusi Ianni

Patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento.

[I]. La prova per testimoni non è ammessa se ha per oggetto patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento, per i quali si alleghi che la stipulazione è stata anteriore o contemporanea.

Inquadramento

La norma in commento vieta la prova per testi di eventuali patti aggiunti o contrari ad un documento redatto in forma scritta, ove si alleghi che i medesimi siano stati stipulati anteriormente o contemporaneamente al documento modificato o integrato. La ratio va individuata nella presunzione che se le parti abbiano stipulato un contratto in forma scritta è inverosimile che esse non formalizzino per iscritto anche eventuali patti aggiunti o contrari al documento che consacra l'accordo.

La prova dei patti aggiunti o contrari

La nozione di «documento», alla quale fanno riferimento i divieti della prova testimoniale previsti dagli artt. 2722 e 2723, va intesa, secondo la giurisprudenza di legittimità, nel senso di atto scritto avente un contenuto convenzionale, con il quale contrasti il patto aggiunto o contrario che si vuole dimostrare con i testimoni (Cass. n. 11597/2015).

Patto «aggiunto» è quell'accordo diretto ad ampliare il contenuto della convenzione documentale, anche mediante l'apposizione di un termine o di una condizione ad un contratto che ne era privo. Sono escluse, invece, dalla nozione di patto aggiunto quelle pattuizioni il cui contenuto od oggetto non risultino in alcun modo previsti nel documento, né contrastino col suo contenuto e che non possono quindi ritenersi comprese o escluse nel negozio stipulato per iscritto ( Cass. n. 1742/2022;Cass. n. 5071/2007). Per patto «contrario» si intende, invece, un accordo o una clausola estranea al contenuto del documento e diretta a modificarne oppure ad eliderne gli effetti. Sempre secondo la giurisprudenza di legittimità, i limiti legali di ammissibilità della prova orale non operano quando la prova sia diretta non già a contestare il contenuto di un documento, ma a renderne esplicito il significato (Cass. n. 28407/2018); ; in particolare il divieto dell'ammissione della prova testimoniale stabilito dall' art. 2722, in ordine ai patti aggiunti o contrari al contenuto negoziale di un documento, riguarda solo gli accordi diretti a modificare ampliandolo o restringendolo, il contenuto del negozio, mentre il divieto non riguarda la prova diretta ad individuarne la reale portata attraverso l'accertamento degli elementi di fatto che determinarono il consenso dei contraenti ( Cass. n. 9526/2012 ). Il divieto di prova testimoniale di cui all'art. 2722 si riferisce al contratto e non agli atti unilaterali , come ad esempio la fattura che contiene, invece, solo una dichiarazione unilaterale dell'emittente (Cass. n. 23414/2019); vi sono però  salve talune eccezioni, come la quietanza, a cui la disciplina sulla prova testimoniale dei contratti è applicabile in forza del richiamo di cui all'art. 2726 (peraltro, in presenza di una quietanza, la prova per testi o per presunzioni contraria al contenuto del documento è considerata inammissibile ove diretta a provare il mancato pagamento, mentre è ammissibile se sia tesa a dimostrare circostanze differenti, quali l'effettuazione del pagamento in un diverso momento storico, utili a ricostruire una fattispecie più complessa del rapporto controverso tra le parti (Cass. n. 25213/2014 ). L'inammissibilità della prova testimoniale, ai sensi degli artt. 2722 e 2723, comunque, derivando non da ragioni di ordine pubblico processuale, quanto dall'esigenza di tutelare interessi di natura privata , non può essere rilevata d'ufficio, ma deve essere eccepita dalla parte interessata , prima dell'ammissione del mezzo istruttorio; qualora, peraltro, nonostante l'eccezione d'inammissibilità, la prova sia stata egualmente espletata, è onere della parte interessata eccepirne la nullità, nella prima istanza o difesa successiva all'atto, o alla notizia di esso, ai sensi dell' art. 157, comma 2 c.p.c. , l'una eccezione, quella d'inammissibilità, non dovendo essere confusa con l'altra, quella di nullità, né potendo ad essa sovrapporsi, perché la prima eccezione opera ex ante , per impedire un atto invalido, mentre la seconda agisce ex post , per evitare che i suoi effetti si consolidino ( Cass. n. 21443/2012 ; Cass. n. 12639/2020 ).

Bibliografia

Beghini, La prova per testimoni nel rito civile, Padova, 1997, 1 e ss.; Ceccherini, La prova orale nel processo civile, Milano, 2010, 1 e ss.; Patti, Prova testimoniale. Presunzioni. Artt. 2721-2729, Bologna, 2001, 1 e ss.; Viola, La testimonianza nel processo civile, Milano, 2012, 1 e ss..

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