Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 87 - Inventario 1.

Alessandro Farolfi

Inventario 1.

 

Il curatore, rimossi i sigilli, redige l'inventario nel più breve termine possibile secondo le norme stabilite dal codice di procedura civile, presenti o avvisati il fallito e il comitato dei creditori, se nominato, formando, con l'assistenza del cancelliere, processo verbale delle attività compiute. Possono intervenire i creditori.

Il curatore, quando occorre, nomina uno stimatore.

Prima di chiudere l'inventario il curatore invita il fallito o, se si tratta di società, gli amministratori a dichiarare se hanno notizia che esistano altre attività da comprendere nell'inventario, avvertendoli delle pene stabilite dall'articolo 220 in caso di falsa o omessa dichiarazione.

L'inventario è redatto in doppio originale e sottoscritto da tutti gli intervenuti. Uno degli originali deve essere depositato nella cancelleria del tribunale.

[1] Articolo sostituito dall'articolo 73 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.

Inquadramento

Anche l'art. 87, pur riconfermando l'esigenza dell'inventario e delle modalità relative alla sua formazione, risente della riforma operata con il d.lgs. n. 5/2006 sotto due profili, a loro volta correlati al diverso equilibrio fra gli organi della procedura voluto dal legislatore: a) in primo luogo non è più richiesta una autorizzazione del g.d. alla rimozione dei sigilli (anche perché come si è visto all'art. 84 questo è atto ormai di competenza del solo curatore), né alla formazione dell'inventario, cui il curatore deve attendere come atto certamente dovuto; b) in secondo luogo, la stessa nomina dello stimatore è effettuata – secondo preferibile opinione — autonomamente del curatore, senza preventiva richiesta o autorizzazione del g.d. Se lo spossessamento del fallito è effetto della sola sentenza di fallimento, attraverso l'inventario il curatore individua, elenca, descrive e valuta i beni prendendoli in carico e divenendone custode. Si è detto che l'inventario è pertanto un momento ineliminabile nel processo di acquisizione dell'attivo, mentre l'apposizione dei sigilli nella prassi tende ad essere evitata quando non via siano ragioni di urgenza o cautela particolari e si possa nell'immediatezza della pronuncia di fallimento procedere alla formazione dell'inventario. L'inclusione del bene all'interno dell'inventario – salva la ricorrenza di una chiara riconoscibilità della non appartenenza, come si vedrà al commento dell'art. 87 bis – attua altresì una forma di destinazione dei beni medesimi alla liquidazione concorsuale ed al soddisfacimento dei creditori, con il conseguente onere, per i terzi che vantino diritti reali o personali sugli stessi, di presentare istanza di accertamento con le forme previste per la verifica e formazione dello stato passivo (art. 103 l.fall.). L'articolo in esame rinvia, inoltre, come nel caso dell'apposizione dei sigilli l'art. 84, alle norme del codice di procedura civile. Naturalmente tali disposizioni vanno applicate in quanto compatibili con la procedura fallimentare e coordinate con la relativa disciplina. Così l'art. 769 (che elenca i soggetti legittimati a richiedere l'inventario e le forme del relativo ricorso) di fatto non è operante, come pure l'art. 770, in quanto la norma in commento prevede l'assistenza necessaria del cancelliere (deve ritenersi del luogo in cui si trovano i beni). Del pari, l'art. 771 c.p.c. deve ritenersi derogato per specialità dalla elencazione contenuta nell'art. 87 l.fall. circa le persone che devono essere avvisate dell'inizio delle operazioni (fallito e comitato dei creditori se già nominato) o che possono intervenire (creditori). Di fatto le norme effettivamente applicabili, come meglio si vedrà al par. 3, sono l'art. 774 e 775 c.p.c., rispettivamente sul rinvio delle operazioni che non possono concludersi nel giorno del loro inizio ad un giorno «prossimo» e sul contenuto del processo verbale di inventario.

Si è recentemente osservato che, con riguardo ad azienda commerciale che sia stata inventariata tra le attività del fallimento e presa in consegna dal curatore (art. 88 l.fall.) — il quale è immesso ope legis nel possesso dei beni detenuti dal fallito — il terzo, che assuma di essersi reso cessionario dell'azienda medesima prima dell'instaurazione della procedura concorsuale o che vanti sui singoli beni appresi un titolo autonomo ed anteriore al fallimento, trova esclusiva tutela nel procedimento di verificazione dello stato passivo, nei modi e nei termini contemplati dall'art. 103 l.fall. per la rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili possedute dal fallito, salva solo l'autonoma tutela, esperibile in sede di cognizione, per gli eventuali provvedimenti abnormi di acquisizione dei suddetti beni alla massa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto inammissibile l'azione possessoria proposta nei confronti del curatore per aver proceduto all'inventario presso la sede della società fallita, pur avendovi rinvenuto una diversa società con oggetto sociale identico) (Cass. n. 25931/2015). Va ricordato che secondo un orientamento giurisprudenziale il curatore a seguito dell'inventario non diventa possessore, ma mero detentore dei beni ivi inseriti. Tale affermazione peraltro è stata dettata in una causa di usucapione fra coeredi, sostenendosi che la redazione dell'inventario da parte del curatore fallimentare, attraverso il quale vengono individuati, elencati, descritti e valutati i beni della massa, non comporta la materiale apprensione delle cose da parte del curatore, il quale ne diviene mero detentore, senza alcuna sottrazione «ope legis» delle stesse al fallito, non costituendo, pertanto, tale atto una causa interruttiva del possesso di quest'ultimo (Cass. n. 17605/2015).

Avviso e partecipazione all'inventario

La norma richiede che il curatore dia avviso al fallito e, se già nominato, al comitato dei creditori, affinché gli stessi possano comparire e partecipare alla redazione dell'inventario. Tale partecipazione è prevista nell'interesse della procedura e non per favorire un qualche interesse particolare degli stessi, sì che la loro mancata partecipazione – ove l'avviso sia stato dato – non comporta alcun vizio dell'inventario (peraltro la mancanza di collaborazione prestata dal fallito potrà naturalmente essere indicata nella relazione ex art. 33 l.fall., che solitamente segue la redazione dell'inventario, oltre che essere segnalata dal curatore in sede di audizione, laddove sia presentata istanza di esdebitazione da parte del fallito persona fisica, ex art. 142 l.fall.). L'omesso avviso può invece essere sanato – principio del raggiungimento dello scopo dell'atto – attraverso la spontanea partecipazione dei soggetti indicati dall'art. 87 l.fall. Peraltro, si può forse ritenere che tale omissione, cui non abbia fatto seguito neppure la spontanea partecipazione del fallito, non dia luogo ad alcuna nullità. Spetterà infatti alla parte che non abbia partecipato all'inventario in quanto non avvisata (fallito o C.d.c. se già nominato) eventualmente impugnare ex art. 36 l'inventario stesso, dovendo comunque dedurre un pregiudizio ulteriore a quello puramente formale della mancata partecipazione (ad es. che non è stato incluso un bene erroneamente ritenuto pacificamente di un terzo o non rinvenuto). Si deve altresì ritenere che tale omissione non sanata possa altresì fondare una responsabilità del curatore, che potrà essere fatta valere sino alla resa del conto della gestione, ex art. 116, ma in quanto tale omissione abbia determinato un danno effettivo alle ragioni dei creditori. Alle operazioni di inventario possono inoltre partecipare i creditori, che tuttavia non hanno diritto ad un avviso preventivo. In tale sede dovranno documentare il proprio diritto ed eventualmente potranno collaborare nella individuazione di beni ulteriori del fallito. Deve inoltre ritenersi che ove questi ultimi rechino intralcio alle operazioni il curatore, in quanto pubblico ufficiale, tenuto al più solerte e tempestivo svolgimento della procedura, possa estrometterli verbalizzando il motivo dell'allontanamento.

Rimozione dei sigilli e redazione del verbale

L'apposizione dei sigilli costituisce un adempimento del tutto temporaneo, tanto è vero che il curatore deve rimuoverli e procedere alla redazione dell'inventario il prima possibile. Ai fini della stima dei beni il curatore (e non più il g.d.) può nominare uno stimatore. Si tratta – deve ritenersi — di un autonomo ed espresso potere di nomina che, in considerazione della celerità con cui l'inventario deve essere eretto, nonché della finalità dell'incarico, sfugge all'esigenza dell'autorizzazione del comitato dei creditori (o se non ancora nominato o costituito dello stesso g.d. ai sensi dell'art. 41 co. 4 l.fall.). Una diversa interpretazione, che riconducesse la nomina dello stimatore a quella dei collaboratori di cui all'art. 32 comma 2 (pure sostenuta in dottrina da Santangeli, 655) finirebbe per svuotare il contenuto della riforma e per reintrodurre, di fatto, atteso il momento del tutto iniziale della procedura in cui questi adempimenti si collocano, una nomina dello stimatore ad opera del g.d. Naturalmente a quest'ultimo organo spetterà, invece, il potere di liquidare il compenso dello stimatore. Il verbale d‘inventario va redatto con la collaborazione necessaria del cancelliere del tribunale nella cui circoscrizione i beni si trovano e se le operazioni non possono chiudersi in un'unica giornata, il verbale darà conto del rinvio ad altro giorno prossimo. Si deve ritenere non necessario un ulteriore formale avviso sia al fallito che al C.d.c. (se nominato) e comunque detta mancanza non produce alcuna nullità (secondo principio analogicamente affermato dalla giurisprudenza con riferimento alle operazioni condotte dal c.t.u. nel processo civile, ove si ritiene che violi il contraddittorio la mancanza dell'avviso iniziale e non quello relativo ai singoli rinvii purché indicati nel verbale redatto dall'ausiliare del giudice). Il verbale deve altresì contenere l'identificazione e la descrizione dei beni dell'attivo, nonché una stima degli stessi, deve essere redatto in duplice originale e concludersi con la sottoscrizione di tutti i soggetti che hanno presenziato alle operazioni. Uno degli originali deve essere depositato, infine, presso la cancelleria.

Nel caso in cui i beni mobili oggetto di vendita in sede fallimentare risultino affetti da vizi redibitori, non è configurabile la garanzia prevista dall'art. 1490 c.c., neppure se la vendita abbia avuto luogo ad offerte private, ma solo una responsabilità attinente alla custodia dei beni inventariati ed alla vendita degli stessi nell'ambito della procedura concorsuale, e dunque un'obbligazione risarcitoria che, in quanto correlata al compimento di atti tipici rientranti nelle attribuzioni del curatore, non è posta a carico di quest'ultimo come persona fisica, ma a carico del fallimento, iscrivendosi a tutti gli effetti nel novero di quelle elencate dall'art. 111, n. 1, l.fall. Qualora pertanto, a fondamento della domanda di risarcimento dei danni, il compratore abbia fatto valere l'erronea descrizione dei beni in sede di inventario, con l'attribuzione di caratteristiche tecniche non possedute e senza il rilevamento di difetto di funzionamento, costituisce una questione di legittimazione passiva, riproponibile anche con il ricorso per cassazione contro le sentenze pronunciate secondo equità dal giudice di pace, quella avente ad oggetto l'esistenza del dovere del curatore, convenuto in proprio, di subire il giudizio instaurato dall'attore, indipendentemente dall'effettiva titolarità passiva del rapporto controverso (Cass. n. 28984/2008).

Ricerca dei beni e novità telematiche

Il verbale si deve concludere con l'invito al fallito, o nel caso di società agli amministratori, a dichiarare se sussistono altre attività da ricomprendere nell'inventario medesimo. Tale avviso deve contenere l'avvertimento delle pene previste dall'art. 220 l.fall. in caso di falsa od omessa dichiarazione. Va dato conto che il d.l. n. 59/2016, convertito con mod. dalla legge n. 119/2016, in vigore dal 3 luglio 2016, ha modificato l'art. 155-sexies disp. att. c.p.c. aggiungendo un nuovo ultimo comma che prevede che «ai fini del recupero o della cessione dei crediti, il curatore, il commissario e il liquidatore giudiziale possono avvalersi delle medesime disposizioni anche per accedere ai dati relativi ai soggetti nei cui confronti la procedura ha ragioni di credito, anche in mancanza di titolo esecutivo nei loro confronti» stabilendo altresì che in questi casi l'autorizzazione viene data dal giudice del procedimento (cioè il g.d.). Nella espressione soggetti nei cui confronti la procedura ha ragioni di credito devono farsi rientrare, naturalmente, anche i soggetti destinatari di un'azione di responsabilità ex art. 146 l.fall., anche ove rispetto ad essi la procedura non possa vantare un titolo esecutivo. Tale modifica rafforza la convinzione che il curatore possa avvalersi dell'intero art. 155-sexies e, in particolare, della modalità telematiche di ricerca dei beni per la ricostruzione dell'attivo e del passivo delle procedure concorsuali. Detta norma consente infatti al curatore, previa autorizzazione (deve ritenersi del g.d.), di rivolgersi all'ufficiale giudiziario per ricercare beni tramite i gestori delle banche dati previste dall'art. 492-bis c.p.c. e dall'art. 155-quater disp. att. c.p.c. (anagrafe tributaria, archivio rapporti finanziari, P.r.a., banche dati di enti previdenziali ed ulteriori banche previste da un emanando d.m.), ovvero ai sensi dell'art. 155-quinquies disp. att. c.p.c., previa autorizzazione giudiziale, di rivolgersi direttamente ai gestori delle banche dati informatiche. Occorre considerare che per effetto di una precedente modifica del 2015, su cui non è intervenuto il d.l. n. 59/2016, si è previsto che le «le pubbliche amministrazioni che gestiscono banche dati contenenti informazioni utili ai fini della ricerca di cui all'articolo 492-bis del codice mettono a disposizione degli ufficiali giudiziari gli accessi, con le modalità di cui all'articolo 58 del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, su richiesta del Ministero della giustizia. Sino a quando non sono definiti dall'Agenzia per l'Italia digitale gli standard di comunicazione e le regole tecniche di cui al comma 2 del predetto articolo 58 e, in ogni caso, quando l'amministrazione che gestisce la banca dati o il Ministero della giustizia non dispongono dei sistemi informatici per la cooperazione applicativa di cui all'articolo 72, comma 1, lettera e), del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, l'accesso è consentito previa stipulazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di una convenzione finalizzata alla fruibilità informatica dei dati, sentito il Garante per la protezione dei dati personali. Il Ministero della giustizia pubblica sul portale dei servizi telematici l'elenco delle banche dati per le quali è operativo l'accesso da parte dell'ufficiale giudiziario per le finalità di cui all'articolo 492-bis del codice». In attesa definizione degli standard di comunicazione e delle regole tecniche ed in assenza di convenzioni, si è sostenuto che l'ufficiale giudiziario non abbia questa possibilità di accesso. Resta però il dubbio, da risolversi ad avviso dello scrivente in senso positivo, se il curatore possa farsi autorizzare dal g.d. a rivolgersi direttamente ai gestori delle banche dati al fine di ottenere le informazioni richieste.

L'invito rivolto dal curatore fallimentare al fallito, ovvero agli amministratori se si tratta di società, ad indicare le ulteriori attività da comprendere nell'inventario, qualora esistenti, suffraga l'apparente inversione dell'onere probatorio, ascritto dunque al fallito, nel caso di mancato rinvenimento di cespiti in assenza di adeguata giustificazione in merito (Trib. Roma, 25 febbraio 2016). In precedenza si è altresì osservato che ricorre l'ipotesi di bancarotta fraudolenta se all'atto dell'inventario fallimentare non risultano presenti alcuni beni e l'imprenditore fallito non riesce a fornire alcuna giustificazione sulla destinazione assegnata agli stessi; l'imprenditore, infatti, è posto in posizione di garanzia per la tutela del patrimonio d'impresa, cespite destinato alla soddisfazione delle pretese creditorie ai sensi dell'art. 2740 c.c., sicché lo stesso si libera da ogni responsabilità penale solo se riesce a fornire la prova che l'ammanco è dipeso da fatti esterni alla sua condotta o da circostanze fisiologicamente connesse alla funzione gestoria (Cass. pen. n. 8262/2010). Sul tema dell'autorizzabilità da parte del g.d. dell'accesso alle banche dati da parte del curatore possono richiamarsi, mutatis mutandis, i recenti provvedimenti di merito che hanno concesso tale facoltà al creditore procedente: va quindi accolta l'istanza del creditore, formulata al fine di ottenere l'autorizzazione all'accesso diretto alle banche dati di cui all'art. 492-bis c.p.c. e all'art. 155-quater disp. att. c.p.c., anche in caso di non funzionamento delle strutture tecnologiche necessarie a consentire la richiesta diretta da parte dell'Ufficiale Giudiziario ai gestori delle banche dati di cui alle predette norme (Trib. Milano, 28 ottobre 2015; Trib. Rimini, 7 novembre 2015).

Bibliografia

Apice, L'acquisizione dell'attivo nelle procedure concorsuali, in ilfallimento.it; Bonfatti – Censoni, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2011; Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2013; Mancinelli, il fascicolo della procedura e le spese, in Tratt. di diritto delle procedure concorsuali, Apice (a cura di), Torino, 2010; Marcone, Custodia e amministrazione delle attività fallimentari, Sez. I, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Panzani (a cura di), Torino, 2000; Paluchowski, Sub art. 84 l.fall., in Codice del fallimento, Paiardi, Bocchiola e Paluchowski (a cura di), Milano, 2009; Santangeli, Della custodia e dell'amministrazione delle attività fallimentari, in Tratt. diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, Vassalli – Luiso – Gabrielli (a cura di), Torino, 2014; Zanichelli, La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Torino, 2008.

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