Addizioni sulla cosa locataFonte: Cod. Civ. Articolo 1593 | Cass. Civ. sez. III, 16 novembre 2000, n. 14871 | Cod. Civ. Articolo 1590 | Pretura Busto Arsizio , 15 novembre 1996 | Cod. Civ. Articolo 1593 | Cass. Civ. sez. III, 4 aprile 1985, n. 2326 | Cass. Civ. sez. III, 15 febbraio 1985, n. 1297 | Cass. Civ. sez. III, 20 marzo 2006, n. 6094 | Cass. Civ. sez. III, 18 maggio 2001, n. 6814 | Trib. Trieste , 22 febbraio 1999 | Trib. Nocera Inferiore , 8 ottobre 1999 | Cod. Civ. Articolo 939 | Cass. Civ. sez. III, 9 dicembre 1996, n. 10959 | Cass. Civ. sez. III, 4 agosto 1994, n. 7260 | Trib. Monza , 19 novembre 1986 | Cass. Civ. sez. III, 11 gennaio 1991, n. 192 | Cod. Civ. Articolo 936 | C. Appello Torino , 8 settembre 1994 | Cod. Civ. Articolo 1592 | Cass. Civ. sez. III, 20 giugno 1998, n. 6158 | Cod. Civ. Articolo 2041 | Cass. Civ. sez. III, 17 novembre 1983, n. 6871 | Cass. Civ. sez. III, 24 maggio 2002, n. 7627 | Cod. Civ. Articolo 1587
03 Agosto 2017
Inquadramento
Le addizioni, come i miglioramenti, sono innovazioni della cosa locata: la loro specificità è nell'attitudine a determinare un incremento estrinseco e quantitativo del bene. Può dirsi, seguendo l'insegnamento della più autorevole dottrina, che l'addizione, considerata come atto, consiste nell'attività materiale con la quale si unisce ad una cosa principale una cosa accessoria, la quale presenti utilità proprio se goduta ed utilizzata insieme a quella; intesa come risultato, l'addizione consiste, invece, nell'aggiunta di un bene ad un altro, e rientra, quindi, nel fenomeno generale dell'accessione. La facoltà del conduttore di apportare addizioni alla cosa locata rientra nel più ampio diritto di quel soggetto di godere del bene realizzandovi innovazioni: va rammentato, peraltro, che il conduttore incontra limiti nel porre in essere interventi di tale natura, limiti consistenti nel divieto di danneggiare il bene locato, nell'obbligo di non alterarne l'identità con penetranti modifiche strutturali e nel dovere di rispettarne la destinazione d'uso. Certo è che, come ricordato dalla giurisprudenza, la disciplina codicistica delle addizioni non conferisce al locatario la facoltà di porre in essere addizioni, giacché l'art. 1593 c.c., che qui viene in discorso, nel disciplinare le addizioni eseguite dal conduttore sulla cosa locata, non enuncia una facoltà di costui, ma regola soltanto le conseguenze della sua iniziativa, consentita o meno, prescindendo dalla sua legittimità e dalla reazione del locatore, senza escludere che questi, per tutelare il proprio interesse leso, possa invocare anche la sanzione della risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore, salvo poi a regolare con lo stesso i rapporti dipendenti dalle eseguite addizioni, avvalendosi dello jus retinendi ovvero pretendendo la loro eliminazione (Cass. civ., sez. III, 17 novembre 1983, n. 6871). Come appena accennato, la disciplina delle addizioni in materia di locazione è contenuta nell'art. 1593 c.c., il quale distingue tra addizioni separabili e inseparabili senza danno: per le prime opera il diritto del conduttore di asportarle, diritto che tuttavia è recessivo rispetto alla volontà del locatore di ritenerle dietro pagamento di un'indennità; per le seconde è stabilito che esse diano titolo al compenso di cui all'art. 1592 c.c. quando integrino miglioramenti e in tal caso rileverà il consenso prestato dal locatore all'esecuzione dell'intervento. giusta l'art. 1592, comma 1, c.c.
Nel senso della prevalenza della disciplina locatizia sulle norme che regolano l'acquisto della proprietà in caso di combinazioni materiali tra cose diverse sono gli arresti, non recenti, di Cass. civ., sez. I, 21 giugno 1965, n. 1300, in tema di accessione, e di Cass. civ., sez. I, 19 giugno 1971, n. 1891, con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 939 c.c. Le addizioni separabili
La consistenza del diritto del conduttore muta, dunque, in ragione del fatto che l'addizione sia o meno separabile senza nocumento per la cosa, e cioè per la res locata. Quando siano poste in atto addizioni separabili, il conduttore ha lo jus tollendi. Generalmente ammesso, in dottrina, è che il diritto di asportare le addizioni possa essere esercitato prima della cessazione del rapporto (e cioè che il conduttore possa, in pendenza della locazione, rimuovere l'aggiunzione da lui eseguita); tale soluzione sembra contrastante con una affermazione, peraltro risalente, della Corte di legittimità, secondo cui il proprietario del fondo locato acquista le addizioni con la mera incorporazione (Cass. civ., sez. III, 13 maggio 1960, n. 1133), da essa dovendo discendere che il conduttore non possa liberamente disporne. Certo, lo jus retinendi del locatore rischierebbe di risultare svuotato se si riconoscesse al conduttore il diritto di rimuovere in ogni momento le addizioni realizzate; la tutela del locatore che intenda mantenere le opere incorporate nella res locata potrebbe nondimeno trovare presidio in un obbligo di preavviso in capo al conduttore che decida di esercitare lo jus tollendi: obbligo che la Cassazione riconosce del resto esistente con riferimento al diritto di rimozione che il conduttore eserciti al termine della locazione (Cass. civ., sez. II, 11 febbraio 1972, n. 395). Dibattuto è, poi, se il diritto di asportare le addizioni possa esercitarsi dopo la riconsegna del bene locato. Sul punto è il caso di dar conto di due contrapposte soluzioni seguite l'una dalla giurisprudenza di legittimità, l'altra dalla giurisprudenza di merito.
Lo jus retinendi che si contrappone allo jus tollendi del conduttore spetta al locatore, anche se l'art. 1593 c.c. riferisce, impropriamente, il diritto al proprietario (supponendo, evidentemente, la situazione di normalità in cui a locare il bene sia quest'ultimo). Se è esercitato il diritto di ritenere le addizioni, è dovuto un indennizzo. Questo è quantificato con criterio analogo a quello previsto in tema di migliorie, essendo il locatore tenuto a corrispondere la minor somma tra la spesa e il valore delle addizioni al tempo della riconsegna. Il debito relativo è di valore e grava sul locatore, o su chi subentri nella posizione di locatore per effetto dell'acquisto della cosa locata (Cass. civ., sez. III, 4 aprile 1985, n. 2326): non sul terzo cui il bene sia stato trasferito dopo la cessazione del rapporto, stante il carattere personale del diritto regolato dall'art. 1593 c.c., che inerisce esclusivamente al rapporto intervenuto tra le parti del contratto di locazione (Trib. Monza 19 novembre 1986). Si discute se il locatore abbia il diritto di ottenere che il conduttore asporti le addizioni separabili che questo non intenda rimuovere avvalendosi dello jus tollendi. Certamente, se queste apportino un degrado alla cosa locata, la loro realizzazione integra un inadempimento, sicché il locatore può certo reagire pretendendone l'eliminazione. Proposizione inversa dovrebbe valere, secondo la dottrina, per le addizioni innocue, che non peggiorino, cioè, lo stato del bene. Per la giurisprudenza di legittimità, invece, ogni qualvolta viene in discorso una addizione separabile, il proprietario della cosa locata ha l'incondizionato diritto ad ottenerne la rimozione, anche se, in costanza di contratto, ha acconsentito alla sua esecuzione: è spiegato, infatti, che il consenso del proprietario al compimento dell'addizione è rilevante nella sola ipotesi in cui l'addizione non sia rimovibile senza danno per la cosa locata ed, inoltre, costituisca un miglioramento di questa, secondo quanto stabilisce l'art 1592 c.c., richiamato dall'art 1593 c.c. (così Cass. civ., sez. I, 19 giugno 1971, n. 1891). Potrebbe però obiettarsi che nel caso particolare in cui il locatore autorizzi l'addizione senza far salvo il proprio diritto di ricevere in restituzione il bene nel suo stato originario, egli presti il consenso a che il conduttore riconsegni la cosa senza la necessità di eliminare l'innovazione apportata. L'obbligo di asporto delle addizioni può essere previsto in contratto: e se il conduttore assume l'obbligazione di restituire la cosa libera e sgombra, l'inadempimento alla stessa preclude l'insorgenza del diritto all'indennizzo (Cass. civ., sez. III, 4 febbraio 1969, n. 350). Le addizioni non separabili
Se le addizioni non possono essere asportate senza danno alla cosa locata, il codice distingue a seconda che le stesse costituiscano o meno miglioramento. I termini della disciplina sono sostanzialmente questi: se il locatore ha prestato consenso alle addizioni e queste, non separabili senza nocumento, costituiscano anche un miglioramento della cosa locata, comportando un incremento di valore della cosa stessa, il locatore non può pretenderne la rimozione ed il conduttore ha diritto all'indennità prevista dall'art. 1592 c.c.; qualora non vi sia stato il consenso, il conduttore non ha diritto ad alcuna indennità, a nulla rilevando che il locatore acquisisca le addizioni (Cass. civ., sez. III, 20 marzo 2006, n. 6094). In giurisprudenza si è precisato che il locatore potrebbe domandare l'asporto non solo delle innovazioni non autorizzate che deteriorino la cosa, ma anche delle addizioni non consentite che abbiano contenuto di miglioramento. Così, secondo Pret. Busto Arsizio 15 novembre 1996, il conduttore, non potendo imporre al proprietario innovazioni migliorative da lui non approvate, pur legittimamente apportate alla cosa locata in corso di contratto, né, tanto meno, potendo pretendere il pagamento del relativo importo, è tenuto (ove il locatore lo richieda) alla rimessione in pristino a proprie spese della cosa locata, in applicazione dell'art. 1590, comma 1, c.c., ancorché le trasformazioni eseguite concretizzino addizioni non separabili senza nocumento del bene oggetto della locazione: nella fattispecie è stata ritenuta la sussistenza del diritto del locatore di ottenere il ripristino del preesistente stato dell'appartamento locato, e, in particolare, la rimozione della moquette applicata sul pavimento in marmo e della tappezzeria in stoffa applicata alle pareti dell'immobile a spese del conduttore. Nello stesso senso, per App. Torino 8 settembre 1994, il locatore non può mai essere costretto a ritenere le addizioni, pur intendendo queste come miglioramenti estrinseci, ma ha diritto ad esigerne la rimozione, ove non scelga di ritenerle secondo la facoltà riconosciutagli dall'art. 1593 c.c. In presenza di addizioni di contenuto migliorativo, la mancanza del consenso del locatore può spiegare certo rilievo in sede di cessazione del rapporto secondo la disciplina degli art. 1592 e 1593 c.c., ma non implica il diritto del locatore di ottenere, nel corso del rapporto, la rimozione delle relative opere (Cass. civ., sez. III, 15 febbraio 1985, n. 1297). Conclusione opposta si impone, ovviamente, per l'ipotesi di addizioni che danneggino il bene, avendo in tal caso il locatore il diritto di pretendere dal conduttore - inadempiente alle obbligazioni di diligente cura e custodia di cui all'art. 1587, n. 1), c.c. - l'immediato ripristino della cosa locata. Gli artt. 1592 e 1593 c.c. trovano applicazione anche nel caso in cui le accessioni operate dal conduttore, per loro natura fisica separabili, siano divenute giuridicamente non più separabili in forza di disposizione di legge o di vincolo amministrativo: in tal caso la volontà di legge, come attuata, si sostituisce al consenso del locatore in ordine alle addizioni all'immobile, per la regolamentazione come entità indivisibile di più beni originariamente separabili: in una fattispecie sottoposta all'esame del Supremo Collegio, era accaduto che con decreto del Ministro dei beni culturali e ambientali era stato imposto il vincolo incidente sulla destinazione d'uso e sugli arredi interni di un locale commerciale di particolare interesse artistico e storico ed era insorta controversia, alla cessazione del rapporto di locazione, sulla sorte dei medesimi arredi e sul diritto all'indennizzo a favore del conduttore. La sentenza ha evidenziato che l'imposizione del vincolo aveva avuto come effetto la indivisibilità delle pertinenze rispetto all'immobile in cui detta ambientazione era stata attuata e ha sottolineato che una corretta interpretazione, ancorché estensiva, degli artt. 1592 e 1593 c.c. consentiva di affermare che il proprietario dell'immobile aveva titolo ad acquisire le addizioni operate, giuridicamente indivisibili. In un caso siffatto, secondo la Corte di legittimità, la regolamentazione autoritativa data al bene esclude la facoltà del proprietario di non ritenere le addizioni e supera così anche il problema del suo consenso (Cass. civ., sez. III, 9 dicembre 1996, n. 10959). Sempre in tema di vincoli amministrativi è stato affermato che la necessità dell'autorizzazione del Ministero dei Beni Culturali per la rimozione dall'immobile ove sono allocati, di beni di interesse storico, artistico, archeologico o etnografico, non esclude l'interesse ad agire del locatore per ottenerne il rilascio alla scadenza della locazione, incidendo la mancanza di tale autorizzazione soltanto sull'eseguibilità del relativo provvedimento, non precluso da alcun vincolo di destinazione dell'immobile all'uso esclusivo del conduttore al fine di garantire la continuazione dell'esercizio della connessa attività culturale, salva l'applicabilità della disciplina degli artt. 1592 e 1593 c.c. se i suddetti beni costituiscono, anche per il loro vincolo di destinazione volto a preservarne il valore storico e di civiltà, addizioni inseparabili dall'immobile (Cass. civ., sez. III, 18 maggio 2001, n. 6814). Pattuizioni derogatorie rispetto alla disciplina legale
È opportuno dedicare un cenno a due temi, per così dire di chiusura, che riguarda non solo le addizioni, ma anche le migliorie. Il primo di essi attiene alla derogabilità della disciplina legale. Le norme in tema di miglioramenti e addizioni hanno pacificamente carattere dispositivo (Cass. civ., sez. III, 20 giugno 1998, n. 6158; Cass. civ., sez. III, 11 gennaio 1991, n. 192). La deroga più diffusa è quella consistente nell'esclusione dell'indennizzo previsto dalla legge: in tema, la Corte regolatrice ha precisato che le disposizioni di cui agli artt. 1592 e 1593 c.c., sul diritto del conduttore ad essere indennizzato per miglioramenti od addizioni, sono dettate nell'esclusivo interesse del conduttore medesimo, e, come tali, sono derogabili per volontà delle parti, le quali possono anche stabilire, nella loro autonomia contrattuale, l'esclusione di qualsiasi compenso (Cass. civ., sez. III, 27 aprile 1978, n. 1980). Le pattuizioni possono poi riguardare la misura dell'indennizzo, da quantificarsi secondo criteri diversi rispetto a quelli di legge (minor somma tra lo speso e il migliorato, in caso di miglioramenti, minor somma tra l'esborso e il valore delle aggiunte in caso di addizioni), o anche la forma con cui debba esprimersi il consenso del locatore alle migliorie o alle addizioni migliorative non separabili. Nei rapporti tra locatore e conduttore, se mancano le condizioni per l'insorgenza del diritto all'indennizzo per le migliorie o le addizioni, il conduttore non ha diritto di richiedere quello per l'ingiustificato arricchimento. In tale ipotesi, infatti, l'attribuzione patrimoniale, consistente nell'acquisizione, da parte del locatore, delle innovazioni della resa locata, ha titolo in una disciplina, legale, o anche pattizia, e, di conseguenza, non può per definizione dirsi “senza causa”. In tal senso, la Cassazione ha rimarcato come in tema di azione generale di arricchimento prevista dall'art. 2041 c.c., la mancanza di una giusta causa dell'attribuzione patrimoniale non si identifica con il danno soggettivamente ingiusto subito da colui che ha subito la depauperazione, ma va accertata con riferimento alla posizione giuridica dell'arricchito, poiché è in rapporto a questa che la giusta causa sussiste o manca; l'arricchimento, cioè, deve ritenersi legittimo o non legittimo secondo che vi sia o manchi una norma di legge o un principio di diritto o un rapporto costituito (atto, evento o negozio giuridico) che giustifichi l'incremento patrimoniale; di talché l'ingiustizia dell'arricchimento manca, in tema di miglioramenti, perché l'art. 1592 c.c. stabilisce il principio generale secondo cui il conduttore non ha diritto ad indennità per i miglioramenti apportati alla cosa locata (Cass. civ., sez. III, 4 agosto 1994, n. 7260). Nella medesima prospettiva, tra i giudici di merito è stato rimarcato come la specifica disciplina di cui trattasi sia stata adottata dal legislatore per delimitare la applicabilità, altrimenti generale, dell'istituto dell'arricchimento senza causa in uno di quei casi definiti in dottrina come «arricchimenti imposti»: nella sua discrezionale valutazione comparativa il legislatore ha inteso così premiare le prerogative proprietarie ed il connesso potere di decidere liberamente se ed in quale misura provvedere a riparare o migliorare i propri beni (Trib. Trieste 22 febbraio 1999). L'indennizzo per l'ingiustificato arricchimento non spetta nemmeno nel caso in cui sia stato un terzo su incarico del conduttore ad eseguire sulla cosa locata opere migliorative. Spiega infatti la Corte regolatrice che la mancanza di una giusta causa dell'attribuzione patrimoniale, ai fini dell'indennizzo per ingiusto arricchimento ai sensi dell'art. 2041 c.c., non si identifica con il danno soggettivamente ingiusto sofferto dalla parte depauperata, ma va accertata con riferimento alla posizione giuridica dell'arricchito sicché essa sussiste anche se essa derivi da un contratto intercorrente non tra il depauperato e l'arricchito, ma tra questi ed un terzo, almeno finché tale rapporto non sia annullato, rescisso o risolto. Conseguentemente, colui che abbia eseguito, su incarico del conduttore, opere di miglioramento dell'immobile locato non può, ove il conduttore non l'abbia soddisfatto del suo credito, rivalersi con l'azione di indebito arricchimento verso il locatore; a questo, in virtù di apposita clausola contrattuale o ai sensi dell'art. 1592 c.c., i miglioramenti sono acquisiti senza obbligo di indennizzo alla cessazione della locazione trovando il vantaggio del locatore causa giustificatrice nel rapporto di locazione intercorso con il conduttore committente delle opere suddette (Cass. civ, sez. III, 24 maggio 2002, n. 7627). Barlassina - Felici, Miglioramenti e addizioni: derogabilità del regime legale e tecnica contrattuale, in Immob. & proprietà, 2011, fasc. 3, 171; Cosentino - Vitucci, Le locazioni dopo le riforme del 1978-1985, Torino, 1986; Costabile, Miglioramenti e addizioni e consenso del locatore, in Immob. & proprietà, 2009, fasc. 9, 582; Gabrielli - Padovini, La locazione di immobili urbani, Padova, 2005; Mirabelli, La locazione, Torino, 1971; Monegat, Nessun indennizzo per miglioramenti senza il consenso del locatore, in Immob. & proprietà, 2013, fasc. 11, 659; Provera, La locazione. Disposizioni generali, in Comm. cod. civ. a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1980; Rossi, Il “consenso” del locatore all'indennità per addizioni e miglioramenti nel bene locato, in Obbl. e contr., 2010, fasc. 7; Tabet, La locazione-conduzione, 1972, Milano. |