Copie e duplicati informatici di atti e provvedimenti: come distinguerli “materialmente”?
13 Ottobre 2016
Quali sono le caratteristiche “esteriori” che consentono di distinguere una copia informatica da un duplicato informatico di un atto o provvedimento?
A prescindere dalle definizioni di copia informatica e duplicato informatico (per le copie informatiche, art. 1, comma 1, lett. i-bis, i-ter e i-quater d.lgs. n. 82/2005; per i duplicati, art. 1, comma 1, lett. i-quinquies d.lgs. n. 82/2005), che sono alquanto chiare in teoria, non sempre è agevole per gli operatori riuscire a comprendere in concreto dinanzi a che tipo di documento informatico ci si trovi: è una copia o un duplicato? La distinzione può riuscire più facile se l'operatore ha il controllo dell'operazione di scaricamento del documento: come è noto, le interfacce di consultazione del fascicolo informatico consentono di specificare quale tipo di documento si intende scaricare, se una copia o un duplicato. Ecco ad esempio come si presenta sul PST la scelta tra copie e duplicati nel caso di un provvedimento del Giudice e di una memoria in corso di causa (di default è impostato lo scaricamento del duplicato, ma l'utente può, spostando il “pallino”, scegliere cosa prelevare):
Immaginiamo, però, il caso in cui l'avvocato riceva ad es. tramite una notificazione a mezzo PEC un documento informatico di un atto o un provvedimento, che quindi non provengano da uno dei “suoi” fascicoli. Come capire se si tratta di copia o duplicato? Va premesso che è sempre utile chiedersi in che modalità sia stato redatto l'originale da cui si parte per scaricare il duplicato o la copia informatica: il discorso è più semplice per gli atti di parte, in quanto per essi l'originale è sempre informatico in virtù del deposito telematico (ove obbligatorio); per quel che riguarda i provvedimenti del Giudice (il quale, salvo che per il decreto ingiuntivo, non ha obbligo di deposito telematico dei propri provvedimenti) la casistica è più variegata, dovendosi prendere in considerazione sia i documenti informatici “nativi” sia i documenti informatici prodotto di scansione (copie informatiche per immagine: si pensi a molti verbali di causa e ad ogni altro provvedimento che il magistrato non rediga direttamente sulla Consolle a sua disposizione e successivamente depositi in via telematica in cancelleria). Ecco di seguito le caratteristiche esteriori che possono, attualmente, aiutare a distinguere tra di loro copie e duplicati informatici degli atti e dei provvedimenti.
A) COPIE INFORMATICHE 1) DI ATTI DI PARTE La copia informatica dell'atto di parte scaricato dal fascicolo informatico è sempre un file .pdf, e usualmente riporta nella parte destra in basso la c.d. coccarda e una stringa alfanumerica contenente i dati del firmatario (o dei firmatari), e che sta ad indicare che l'originale informatico da cui è stata estratta la copia è provvisto di firma digitale (di uno o più soggetti). Talvolta peraltro tale segno grafico, che viene apposto automaticamente dai sistemi informatici di cancelleria, può non essere riportato (v. P. Calorio, Assenza della “coccarda” sull'atto o provvedimento scaricato dal fascicolo informatico, in ilProcessotelematico.it), ma ciononostante la copia rimane giuridicamente valida, a seguito di attestazione di conformità (a norma degli artt. 16-bis, comma 9-bis d.l. n. 179/2012 e con le modalità previste dal successivo art. 16-undecies d.l. n. 179/2012), ai fini dei successivi utilizzi (deposito telematico o notificazione in proprio, via PEC o a mezzo posta). 2) DI PROVVEDIMENTI DEL GIUDICE a) quando essi vengano formati nativamente come documenti informatici (attraverso Consolle del Magistrato), i file .pdf relativi presentano di norma sia la “coccarda” sul lato destro delle pagine, sia le “scritte blu” nella parte alta (che riassumono i numeri – R.G. repertorio ecc. - del provvedimento). Ecco come di solito si presenta un provvedimento del Giudice di questo tipo aperto con il più diffuso software per la visualizzazione dei file PDF, Adobe Reader:
Da notare che in questo caso la firma digitale in formato PAdES è presente, ma all'apertura del file .pdf viene visualizzato un errore («almeno una delle firme non è valida»o simile dicitura): ciò accade perché la procedura informatica che a livello di sistema di cancelleria appone la “coccarda” e le “scritte blu” ha l'effetto di modificare il documento in un momento successivo alla firma, alterandolo. Il documento, perciò, è valido come copia (e quindi se ne può attestare la conformità all'originale ai fini dei successivi utilizzi) ma non più come equivalente all'originale (ossia come duplicato). b) se caricate nel fascicolo come scansioni di originali cartacei, le copie informatiche dei provvedimenti e dei verbali d'udienza saranno certamente in formato .pdf e non presenteranno alcuna informazione sulla firma digitale del Giudice nel corpo del .pdf, diversamente dal caso precedente. Saranno invece visibili le “scritte blu”. Un esempio:
B) DUPLICATI INFORMATICI 1) DI ATTI DI PARTE Il duplicato in questo caso è sempre un file .pdf.p7m, quindi con firma digitale CAdES, in quanto i redattori (con l'ausilio dei quali l'avvocato crea le “buste” per il deposito) utilizzano la firma digitale c.d. “esterna”, formato CAdES (ad oggi non risultano redattori implementati per generare la firma in formato PAdES). Il file .pdf.p7m così scaricato può essere aperto con uno dei tanti software di firma disponibili sul mercato (e spesso gratuiti), ad es. DiKe, ArubaSign, FirmaCerta, FirmaOK!Gold, Fileprotector, oppure con uno degli strumenti di verifica online della firma digitale (v. N. Gargano, Mancanza della coccarda sull'atto firmato digitalmente e apertura del file .p7m, in ilProcessotelematico.it). All'interno della busta crittografica p7m si reperisce il documento .pdf originario. È da notare che sul duplicato “.pdf.p7m” prelevato dal fascicolo informatico non sarà presente la c.d. coccarda sul lato destro delle pagine, in quanto tale segno grafico serve a contrassegnare una copia informatica il cui originale relativo è firmato digitalmente: in questo caso tale contrassegno non viene apposto dal sistema perché, ovviamente, il file scaricato è del tutto equiparabile all'originale (di cui è, per l'appunto, un duplicato).
2) DI PROVVEDIMENTI DEL GIUDICE a) Se vengono formati nativamente come documenti informatici (attraverso Consolle del Magistrato e successivamente depositati telematicamente in cancelleria), ormai dal 2012 la firma apposta su di essi è sempre in formato PAdES: pertanto i file relativi hanno semplicemente l'estensione .pdf, e le informazioni sulla firma digitale sono nel corpo del file. Ecco come di solito si presenta un provvedimento del Giudice di questo tipo aperto con il più diffuso software per la visualizzazione dei file PDF, Adobe Reader:
Anche in questo caso, e per le stesse ragioni illustrate al punto B1, non sarà presente la c.d. coccarda; neppure saranno presenti le “scritte blu” nella parte alta, in quanto la loro apposizione altererebbe il file dopo la firma, con la conseguenza di invalidare la firma digitale presente sul duplicato. b) se caricati nel fascicolo come scansioni di originali cartacei, i duplicati informatici dei provvedimenti non presenteranno alcuna informazione sulla firma digitale del Giudice nel corpo del PDF, diversamente dal caso precedente. Ecco un esempio:
In casi residuali può accadere che sul duplicato sia presente la firma digitale del cancelliere, in aggiunta (o in alternativa) alla firma digitale del Giudice: la sua presenza non modifica le considerazioni svolte in precedenza. |