Ammissibilità del deposito in modalità non telematica di reclamo cautelare
24 Novembre 2015
Massima
Il reclamo va considerato “atto endoprocessuale” e come tale va obbligatoriamente depositato in via telematica; tuttavia per la violazione dell'obbligo di deposito telematico non è prevista sanzione, e se è avvenuta regolare costituzione del contraddittorio il reclamo, anche se depositato con modalità cartacea, ha comunque raggiunto la sua funzione tipica. Il caso
Il reclamante depositava un reclamo in modalità cartacea; parte resistente eccepiva (per quanto qui interessa) l'inammissibilità del reclamo perché depositato in modalità diversa da quella telematica, in violazione delle norme sull'obbligatorietà del deposito telematico. La questione
La questione giuridica affrontata è la sorte del deposito in Tribunale, in modalità “cartacea” di un reclamo, alla luce dell'art. 16-bis, comma 1, d.l. 179/2012, a mente del quale «a decorrere dal 30 giugno 2014 nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti Le soluzioni giuridiche
Il Collegio, dato atto di un contrasto giurisprudenziale sul punto, riteneva di aderire da un lato all'orientamento che qualifica il reclamo come “atto endoprocessuale” (conformemente a Trib. Torino, ord., 6 marzo 2015 e diversamente da Trib. Asti, ord., 23 marzo 2015), ma dall'altro discostandosene ritenendo che il deposito con modalità diversa da quella telematica prevista dalla legge non possa determinare invalidità dello stesso, in applicazione dei principi di libertà delle forme (art. 121 c.p.c.) e del raggiungimento dello scopo (art. 156 comma 3 c.p.c.); in ciò dichiarava di conformarsi a quanto sostenuto dal Tribunale di Asti (pronuncia appena citata) e dal Tribunale di Vercelli (ord. 4 agosto 2014). Osservava il Collegio come, nononostante inosservanza della modalità di deposito prescritta dalla legge, il reclamo avesse raggiunto la sua funzione tipica: veniva infatti fissata la prima udienza, notificato il reclamo e il provvedimento di fissazione alle controparti e instaurato il giudizio, nel rispetto del contraddittorio. Veniva pertanto rigettata l'eccezione di inammissibilità del reclamo per inosservanza dell'obbligo di deposito telematico; il reclamo peraltro veniva dichiarato inammissibile sotto un altro profilo (mancata instaurazione del giudizio di merito). Osservazioni
La pronuncia in commento affronta il delicato tema delle conseguenze processuali dell'inosservanza dell'obbligo di deposito telematico degli atti c.d. “endoprocessuali”, stabilito dall'art. 16-bis, comma 1, d.l. 179/2012, a norma del quale il deposito «degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche». Le pronunce di merito note sul punto sinora propendono più spesso per l'inammissibilità del deposito di atto “endoprocessuale” effettuato con modalità non telematica (così Trib. Reggio Emilia, decr., 1 luglio 2014, Trib. Torino, ord., 6 marzo 2015 e 26 marzo 2015; Trib. Foggia, ord., 15 maggio 2015; Trib. Trani, sent., 24 novembre 2015). Altre pronunce ritengono ammissibile (ed in ogni caso non invalido) il deposito effettuato, ancorché con modalità difforme da quella prevista dalla legge (Trib. Asti, ord., 23 marzo 2015; Trib. Brescia, ord.,15 luglio 2015). Anche il Collegio anconetano conclude per l'ammissibilità del deposito non telematico, pur qualificando il reclamo come “atto endoprocessuale”. Tuttavia, ad avviso di chi scrive, tale decisione è affetta da alcune contraddizioni e profili di illogicità, oltre a concludere in maniera errata. Viene affermato, da un lato, che il reclamo è atto endoprocessuale, e quindi soggetto all'obbligo di deposito telematico; d'altro lato il relatore ritiene che la nullità non possa essere sanzionata «in assenza di una disposizione che sanzioni con l'inammissibilità il deposito degli atti introduttivi in forma diversa da quella del deposito telematico» (testualmente dall'ordinanza). È palese la contraddizione: se è vero che l'atto endoprocessuale deve essere depositato in via telematica, che significato ha sottolineare l'assenza di una norma che si applicherebbe ad un caso diverso (quello di atto introduttivo)? Il Collegio di Ancona, inoltre, ritenendo sanata per raggiungimento dello scopo la nullità del reclamo depositato “in cartaceo”, dichiarava di conformarsi a quanto ritenuto dal Tribunale di Vercelli, con ordinanza del 4 agosto 2014. Il richiamo a tale pronuncia è però del tutto inconferente: il Tribunale piemontese, nell'affermare come valido e ammissibile il deposito di un reclamo, decideva su un caso diametralmente opposto a quella in esame, e cioè su un reclamo depositato in via telematica, e non cartacea (concludendo per la sua ammissibilità in epoca ancora anteriore a quella dell'introduzione del comma 1-bis all'art. 16-bis d.l. n. 179/2012, a norma del quale il deposito telematico di ciò che non è soggetto ad obbligo è “sempre ammesso”). Altro richiamo dal quale il Collegio trae un ulteriore argomento è quello alla pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione (Cass. civ., S.U., 4 marzo 2009, n. 5160) che definisce l'attività di deposito come «priva di un requisito volitivo autonomo», e che come tale può non «essere compiuta necessariamente dal difensore o dalla parte che sta in giudizio personalmente», ma «anche da persona da loro incaricata (c.d. nuncius)» (l'ufficiale postale, in quel caso), con la conseguenza che il deposito di un atto processuale realizzato tramite invio a mezzo posta alla cancelleria è affetto da mera irregolarità, o tutt'al più da nullità (sanabile ex art. 156, comma 3, c.p.c., appunto, ove l'atto raggiunga il proprio scopo). Anche questo richiamo appare quantomeno improprio: a ben vedere, le Sezioni Unite si sono dovute interrogare sulla validità del deposito di un atto effettuata con uno strumento non consentito o non previsto dall'ordinamento; qui, invece, si sta riflettendo circa la validità del deposito effettuato con una modalità diversa da quella non solo prevista e consentita, ma addirittura imposta dalla legge. Ad avviso di chi scrive, in conclusione, una volta affermata la natura “endoprocessuale” del reclamo, il Giudice avrebbe dovuto necessariamente concludere per l'inammissibilità del deposito effettuato con modalità non telematica. Come già ricordato a commento del decreto del Trib. Reggio Emilia 30 giugno 2014, l'orientamento che ritiene applicabili a questo caso i principi di libertà delle forme (art. 121 c.p.c.) di tassatività delle nullità e della loro sanatoria per raggiungimento dello scopo (art. 156 commi 1 e 3 c.p.c.), svuoterebbe di significato le norme sull'obbligatorietà del deposito telematico. È ovvio, infatti, che anche mediante il deposito con modalità diversa da quella imposta dalla legge l'atto raggiunge il suo scopo processuale (poter essere visionabile dal giudice e dalle parti del processo). Invero, le norme di legge ordinaria sull'obbligatorietà della “modalità telematica” di deposito sono poste a tutela dell'interesse generale al buon funzionamento dell'amministrazione della Giustizia, che deve essere ritenuto prevalente sul principio della conservazione dell'atto processuale viziato nella forma. Conseguentemente, il deposito effettuato con modalità diversa da quella telematica è affetto da inammissibilità, improcedibilità o comunque dovrebbe essere considerato irricevibile; la rilevabilità del vizio è da ritenersi d'ufficio, se è vero (come è vero) che deve essere tutelato l'interesse generale.
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