Valida la notifica della sentenza in cancelleria anche se l'avvocato non indica la PEC

11 Aprile 2016

La Cassazione si è pronunciata in merito alla validità della notifica della sentenza presso la Cancelleria nel caso in cui l'avvocato non abbia indicato nei propri atti l'indirizzo PEC e abbia eletto domicilio in luogo diverso dalla sede dell'autorità procedente.
Massima

Ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione, ove l'avvocato non abbia eletto domicilio nel circondario dell'autorità procedente e non abbia indicato il suo indirizzo di posta elettronica certificata, la notifica della sentenza può eseguirsi presso la cancelleria.

Il caso

Dichiarato inammissibile l'appello proposto contro una sentenza di primo grado per tardività della notifica effettuata oltre il termine breve di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c., l'appellante si rivolge alla Corte di cassazione.

Anche tale ricorso è sottoposto ad una preliminare censura di inammissibilità in quanto il medesimo sarebbe stato notificato oltre il termine di 60 giorni decorrente dalla notifica della sentenza di secondo grado presso il procuratore costituito del ricorrente, domiciliato ex lege presso la cancelleria della Corte di appello di Milano, non avendo egli eletto domicilio nel circondario dell'Autorità procedente.

Nella relazione riportata in ordinanza, l'eccezione di inammissibilità è ritenuta fondata sulla scorta del seguente principio di diritto: «ai fini della decorrenza del termine breve per l'impugnazione la notifica della sentenza alla parte presso il procuratore costituito - ancorché eseguita nel luogo ove questi deve considerarsi elettivamente domiciliato a norma dell'art. 82 R.D. n. 37/1934 - deve considerarsi equivalente alla notifica al procuratore stesso ai sensi degli artt. 170 e 285 c.p.c., soddisfacendo, l'una e l'altra forma di notificazione, l'esigenza di assicurare che la sentenza sia portata a conoscenza della persona professionalmente qualificata ad esprimere un parere tecnico sulla convenienza e l'opportunità della proposizione del gravame» (Cass. civ., sez. lav., 28 aprile 2000, n. 5449).

Condividendo i motivi esposti in relazione, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso ritenendo valida, ai fini della decorrenza del termine di impugnazione, la notificazione della sentenza d'appello effettuata presso la cancelleria ai sensi e per gli effetti dell'art. 82 R.D. n. 37/1934.

Sotto altro profilo, nel ricorso si deduce che il resistente, già appellato, avrebbe dovuto effettuare la notificazione, ai fini del decorso del termine breve per l'impugnazione della sentenza d'appello, all'avvocato dell'appellante presso l'indirizzo PEC del medesimo, che, a detta del ricorrente, sarebbe stato indicato in atti e comunicato all'ordine di appartenenza.

Nel respingere anche tale profilo di censura, i Giudici di legittimità osservano che «testuale è (…) la mancata indicazione di un indirizzo di posta elettronica certificata utilizzabile per le notificazioni ad istanza di parte e testuale è l'elezione di domicilio in luogo diverso dalla sede della Corte d'Appello», così confermando la validità della notifica eseguita presso la cancelleria.

La questione

La questione in esame è la seguente: qualora l'avvocato non abbia indicato nei propri atti l'indirizzo PEC ed abbia eletto domicilio in luogo diverso dalla sede dell'autorità procedente, è valida, ai fini della decorrenza del termine breve per proporre l'impugnazione, la notificazione della sentenza effettuata presso la cancelleria?

Le soluzioni giuridiche

L'art. 82 R.D. n. 37/1934 impone agli avvocati che patrocinano una causa al di fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati di eleggere domicilio, all'atto della costituzione in giudizio, nel luogo dove ha sede l'autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, intendendosi, in caso di mancato adempimento di detto onere, lo stesso eletto presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria adita.

Con l'intervento della posta elettronica certificata e delle conseguenti modifiche legislative, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria sembra in via di definitivo superamento.

In particolare, a seguito delle modifiche degli artt. 125 e 366 c.p.c., intervenute ad opera della l. n. 183/2011, che ha introdotto l'obbligo per il difensore di indicare la PEC negli atti di parte e nel ricorso per cassazione, si è presto affermato in giurisprudenza l'orientamento secondo cui esigenze di coerenza sistematica e d'interpretazione costituzionalmente orientata impongono di ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria procedente consegua soltanto ove il difensore, non adempiendo all'obbligo prescritto dall'art. 125 c.p.c., per gli atti di parte, e dall'art. 366 c.p.c., specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine(cfr. Cass. civ., sez. I, 1 settembre 2015, n. 17400).

Compatibile con tale indirizzo è dunque il principio per cui è da ritenersi valida, ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione, la notifica tramite posta elettronica certificata qualora il relativo indirizzo risulti indicato nell'atto introduttivo del difensore.

Il suddetto principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione nell'ambito del processo fallimentare, laddove le modalità di notifica della pronuncia dichiarativa di fallimento sono stabilite dall'art. 137 c.p.c. ex art. 17 l. fall., cui rinvia l'art. 18, comma 4, l. fall. per individuare il termine di decorrenza del reclamo. Nella specie, la Suprema Corte ha chiarito che, ove risulti che il legale della parte reclamante abbia indicato nell'atto introduttivo il proprio indirizzo PEC, ivi la Cancelleria dovrà notificare il provvedimento, con la conseguenza che il termine di 30 giorni per proporre ricorso in Cassazione decorre dall'adempimento di tale formalità; solo in difetto di detta indicazione la Cancelleria potrebbe utilizzare lo strumento della notifica cartacea a mente del citato art. 137 c.p.c. (Cass. civ., ord. 3 settembre 2015, n. 17574).

Si tratta, com'è evidente, dello stesso principio affermato dalla pronuncia in commento, seppur espresso in termini negativi. Come già anticipato, i Giudici di legittimità hanno chiarito che qualoral'avvocato non indichi colpevolmente nei propri atti un valido indirizzo PEC e non elegga domicilio nel circondario dell'autorità procedente, deve ritenersi valida la notifica della sentenza presso la cancelleria ex art. 82 R.D. n. 37/1934 anche ai fini della decorrenza del termine breve per impugnare.

Osservazioni

Non è chiaro il motivo per cui la Suprema Corte, nel caso di specie, abbia ritenuto mancante l'indicazione di un indirizzo PEC utilizzabile per le notificazioni. Difatti, sebbene il difensore abbia erroneamente qualificato l'indirizzo come “email” anziché “PEC”, quello poi in concreto trascritto era senza dubbio un indirizzo di posta elettronica certificata, tenuto conto che il nome DNS conteneva il riferimento alla PEC, sicché l'erronea qualificazione avrebbe potuto essere facilmente superata.

Ad ogni modo, a prescindere da tali considerazioni di carattere tecnico, l'ordinanza non ha approfondito l'incidenza sulla questione del d.l. n. 90/2014, conv. con modif. nella l. n. 114/2014, in quanto non applicabile al caso di specie.

Com'è noto, il decreto semplificazioni, intervenendo nuovamente sull'art. 125 c.p.c., ha eliminato definitivamente l'obbligo in capo al difensore di indicare l'indirizzo PEC nei propri atti visto che lo stesso è estraibile in modo automatico dal ReGIndE tramite il codice fiscale dell'avvocato. Nel contempo, il d.l. n. 90/2014 ha inserito nel d.l. n. 179/2012 l'art. 16-sexies, rubricato “domicilio digitale”, che prevede, salvo quanto stabilito dall'art. 366 c.p.c., l'ammissibilità della notificazione in cancelleria su istanza di parti private solo quando la notificazione tramite PEC sia impossibile per causa imputabile al destinatario.

Ad oggi, pertanto, l'unica ipotesi in cui può ritenersi legittima la notifica in cancelleria nei confronti del procuratore che eserciti fuori dal proprio circondario e non abbia eletto domicilio nel comune dove si svolge il processo è quella in cui non sia possibile notificare all'indirizzo di posta elettronica certificata “per colpa” del titolare della casella PEC.

Una disciplina in parte diversa si applica in tema di ricorso in cassazione visto che l'art. 16-sexies fa salva la disposizione di cui all'art. 366 c.p.c., il cui comma 2 riconosce la possibilità di effettuare le notifiche presso la Corte di cassazione solo qualorail ricorrente non abbia eletto domicilio in Roma ovvero non abbia indicato l'indirizzo PEC comunicato al proprio ordine. In virtù di tale disposizione, quindi, nel giudizio in Cassazione resta fermo l'obbligo del difensore di indicare il proprio indirizzo PEC o di eleggere domicilio in Roma, con la conseguenza che, solo in difetto di tali adempimenti, le notifiche potranno legittimamente eseguirsi presso la cancelleria.

Guida all'approfondimento

- M. Minardi, L'elezione di domicilio e la posta elettronica certificata nel processo civile, 21 gennaio 2015.

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