L'imprenditore ha il dovere di assicurarsi del funzionamento della propria casella di posta elettronica certificata

Pietro Calorio
13 Gennaio 2017

In tema di notifica telematica del ricorso di fallimento, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 3, l.fall. nella parte in cui non prevede...
Massima

In tema di notifica telematica del ricorso di fallimento, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 3, l.fall. nella parte in cui non prevede una nuova notifica dell'avviso di convocazione in caso di aggressione ad opera di esterni all'account di posta elettronica del resistente: quest'ultimo, infatti, tenuto per legge a munirsi di un indirizzo PEC, ha il dovere di assicurarsi del corretto funzionamento della propria casella postale certificata e di utilizzare dispositivi di vigilanza e di controllo, dotati di misure anti intrusione, oltre che di controllare prudentemente la posta in arrivo, ivi compresa quella considerata come “posta indesiderata” dal programma gestionale utilizzato.

Il caso

Una s.r.l. riceveva a mezzo PEC (con notifica formalmente perfezionata) avviso di convocazione all'udienza nel procedimento volto a dichiarare il fallimento della stessa, ma non si costituiva nel procedimento; il Tribunale di Milano, pertanto, dichiarava con sentenza il fallimento della società.

Avverso la sentenza la società proponeva reclamo ex art. 18 l.fall. davanti alla Corte d'Appello di Milano, argomentando come la comunicazione di cancelleria non potesse considerarsi perfezionata, giacché la casella PEC della reclamante era stata interessata da malfunzionamenti (asseritamente cagionati da virus informatici) che avevano comportato l'accumulo di migliaia di messaggi nella posta indesiderata, tra i quali si era confuso, e non era quindi stato visionato, quello relativo al procedimento per dichiarazione di fallimento.

La Corte d'Appello di Milano rigettava il reclamo, ascrivendo il problema a cattiva manutenzione e trascuratezza da parte della società rispetto al proprio account di posta elettronica e alla mancata vigilanza sul funzionamento del proprio client di posta.

La società fallita ricorreva quindi per cassazione, denunciando la violazione e falsa applicazione delle norme processuali sul tema (artt. 149-bis, 160 c.p.c., art. 45 d.lgs. n. 82/2005, art. 6, comma 3, d.P.R. n. 68/2005, e art. 15 l.fall.) e il travisamento dei fatti relativi al proprio account di posta elettronica, producendo una consulenza di parte e una dichiarazione del provider PEC sulla base delle quali sosteneva che l'account era stato vittima di aggressioni esterne (virus informatici) e non di trascuratezza; eccepiva altresì, subordinatamente, la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui sopra in relazione agli artt. 24, 42, e 111 Cost., nella parte in cui non viene prevista, in caso di assenza del debitore all'udienza di cui all'art. 15 l.fall., una nuova notifica dell'avviso di convocazione ex art. 15, comma 2,l.fall..

La questione

La questione giuridica affrontata è quella del perfezionamento della comunicazione telematica ex art. 15, comma 3, l.fall. (nel testo risultante dalle modifiche apportate dall'art. 17 d.l. n. 179/2012, convertito con modificazioni nella l. n. 221/2012), a fronte di malfunzionamenti nel sistema di posta elettronica del destinatario che abbiano in concreto determinato la mancata comparizione di quest'ultimo all'udienza ex art. 15 l.fall..

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione dichiarava il ricorso manifestamente infondato (con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e con raddoppio del contributo unificato versato), confermando la decisione della Corte d'Appello di Milano.

Richiamando un recente precedente (Cass. civ., sez. I, sent., n. 22352/2015) proprio in tema di notifica telematica del ricorso per la dichiarazione di fallimento, la Corte osservava che per verificarne il perfezionamento «occorre aver riguardo unicamente alla sequenza procedimentale stabilita dalla legge» (ossia verificare la generazione di una ricevuta di accettazione e di una ricevuta di avvenuta consegna), la quale fornisce adeguate garanzie «date dalle specifiche tecniche elaborate da appositi comitati in sede ministeriale e collaudate da un lungo periodo di sperimentazione».

La Corte rilevava altresì che «è onere della parte che eserciti l'attività di impresa, normativamente obbligata […] a munirsi di un indirizzo PEC e ad assicurarsi del corretto funzionamento della propria casella postale certificata, se del caso delegando tale controllo, manutenzione o assistenza a persone esperte del ramo [...], e senza che tali problematiche possano integrare né oneri straordinari di diligenza [...]».Conseguentemente affermava che, nel caso di specie, l'anomalia era ascrivibile unicamente ad un non diligente utilizzo della posta elettronica da parte della società debitrice, che aveva omesso un controllo delle email pervenute nella casella di posta, che dovrebbe essere eseguito scrupolosamente anche ove le email vengano contrassegnate come “indesiderate” dal programma di gestione della posta elettronica.

Da ultimo, veniva liquidata in breve l'eccezione di legittimità costituzionale degli artt. 149-bis, 160 c.p.c., art. 45 d.lgs. n. 82/2005 e art. 6, comma 3, d.P.R. n. 68/2005, e art. 15 l.fall. in relazione agli artt. 24, 42, e 111 Cost.: in effetti l'ultima parte del comma 3 dell'art. 15 l.fall. prevede, in caso di impossibilità di notifica in via telematica, una notifica in modalità tradizionale dell'avviso di convocazione ex art. 15, comma 2, l.fall., e tanto bastava per fugare ogni ombra di illegittimità costituzionale della disciplina in esame.

Osservazioni

La decisione della Corte appare del tutto ineccepibile, sia nel percorso argomentativo che nelle conclusioni a cui perviene.

Va osservato che, a norma dell'art. 15, comma 3, l.fall., l'avviso di convocazione all'udienza del procedimento per la dichiarazione di fallimento deve contenere ricorso e decreto di convocazione e va notificato, a cura della cancelleria, all'indirizzo PEC del debitore (risultante dal Registro Imprese o dall'INI-PEC di cui all'art. 6-bis CAD); l'esito della comunicazione viene automaticamente trasmesso all'indirizzo PEC del ricorrente.

Dal testo della sentenza è dato ricavare che la notifica a mezzo PEC, da parte della cancelleria, dell'avviso di convocazione, ha avuto esito positivo: al sistema informatico del Tribunale di Milano, in altre parole, risultavano pervenute le due ricevute (quella di “accettazione” e, soprattutto, quella di “avvenuta consegna”), e il Tribunale riteneva correttamente perfezionata la notificazione.

A dispetto di ogni affermazione della ricorrente per cassazione, emergeva chiaramente che non si era verificata alcuna anomalia tecnica nella ricezione. Era invece stata, banalmente, omessa la lettura del messaggio, determinata da inescusabile incuria nella gestione e consultazione dell'applicativo informatico dedicato alla posta elettronica in uso presso la società.

È appena il caso di ricordare che, a norma dell'art. 45, comma 2, CAD, il documento trasmesso per via telematica «si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all'indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore»,e che a norma dell'art. 6, comma 3, d.P.R. n. 68/2005 (le regole tecniche sulla PEC), «la ricevuta di avvenuta consegna fornisce al mittente prova che il suo messaggio di posta elettronica certificata è effettivamente pervenuto all'indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario»: ciò comporta che, se al mittente (in questo caso, il Tribunale di Milano) perviene una ricevuta di avvenuta consegna, il messaggio è stato inoppugnabilmente messo a disposizione del destinatario nella sua casella di posta, e ciò in maniera totalmente indipendentemente dall'effettiva lettura (che a nulla rileva, giuridicamente parlando).

Dal punto di vista tecnico, va rimarcato come fosse onere e obbligo dell'impresa, che è tenuta per legge a munirsi di un indirizzo PEC, manutenere correttamente e gestire con attenzione l'account, eventualmente anche delegando l'incombente a soggetti terzi sostenendo (all'occorrenza) costi che sono da considerarsi pienamente inerenti all'attività d'impresa.

Sotto il profilo giuridico, del tutto priva di pregio doveva ritenersi (e tale è stata ritenuta) l'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 15 l.fall. e della normativa in materia di PEC sopra richiamata: in effetti la citata disposizione della Legge Fallimentare prevede già un'ipotesi di notifica tradizionale, e di persona, presso la sede risultante dal Registro Imprese, ma «solo quando, per qualsiasi ragione, la notificazione [telematica, n.d.r.] non risulta possibile o non ha esito positivo»: il caso di cui alla sentenza in commento era, invece, quello di una notifica telematica con esito del tutto positivo.

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